L’accettazione dell’Euro non può avvenire per imitazione di altre realtà
internazionali o per improvvisa, miracolistica metamorfosi: bisogna aiutare gli
italiani - veri protagonisti della rivoluzione monetaria - ad abbandonare forme di
avido provincialismo e di oscuro localismo. E’ necessario renderli devoti alla
strategia della sussidiarietà che è vincente. Perché non c’è un’isola felice, un
micro-mondo dove trovare rifugio, piuttosto che competere nel cambiamento! La
forza che deriva dalla piena coscienza di tale assunto è straordinaria, capace di
orientare gli eventi, al di là di ogni disegno di ostinato opportunismo o di
machiavelliche orchestrazioni. Bisogna marciare insieme. La stessa vicenda
dell’Euro ci mostra come la necessità diventi poi virtù, di come gli stretti
parametri di convergenza abbiano reso virtuose le politiche di spesa pubblica.
Sono proprio i cittadini europei con l’Euro in tasca, i protagonisti della più grande
rivoluzione pacifica dell’Europa di tutti i tempi. La riuscita nell’impresa si legge
nei fatti prima ancora che negli slogan.
Nell’epoca della multimedialità e delle reti di comunicazione ciascun
individuo è l’intero scenario, il nazionalismo, la chiusura a riccio, la non
collaborazione di potenti con i potenti, non hanno più la connivenza del silenzio,
della disinformazione, della buona fede di devoti ed ingenui proseliti.
Il 2002 è l’epoca della trasparenza, educare all’Euro richiede chiarezza, le
frasi già fatte e i luoghi comuni non stupiscono più….il cittadino vuole capire e
oggi (e lo diciamo con orgoglio) l’italiano ne ha tutte le potenzialità.
Ci troviamo sulla soglia di un periodo di caotica trasformazione del sistema
economico europeo. L’introduzione della moneta unica non è infatti solo un
semplice processo di sostituzione di contanti - fatto di per sé già complesso - è
uno dei più formidabili cambiamenti del sistema internazionale dal dopo guerra ad
oggi. Come in tutti i periodi di gran dinamismo, occorrerà garantire correttezza di
informazioni, chiarezza di indirizzi, risorse accessibili.
L’Euro ha messo in crisi quell’abitudinaria tradizione tanto cara agli italiani!
Ha scosso le imprese, mettendole finalmente di fronte ai loro limiti, mostrando
loro con un’allarmante e schietta chiarezza che “le idee, i concetti, gli assunti su
cui sono state costruite e sono gestite le organizzazioni, semplicemente non sono
più in sintonia con la realtà” (Peter F. Drucker). Riformarne il sistema è
d’obbligo, e, in un mondo in cui “l’irreversibilità e l’indeterminatezza sono la
regola” (Ilya Prigogine) la pozione per l’immortalità è unica: l’impresa virtuale
1
.
Primo gennaio, 28 febbraio 2002: l’Euro entra nel quotidiano. La lira va in
pensione e gradualmente viene ritirata; prende il suo posto l’Euro, anche in
monete e in banconote. Rispetto al triennio precedente in cui tutte le operazioni
potevano essere effettuate con l’uso dell’Euro elettronico (carte di credito,
pagobancomat….) o dell’Euro scritturale (assegni, mandati di pagamento…) si
aggiunge l’uso dei contanti.
1
Secondo Enrico Valdani, l’impresa virtuale è “una struttura permeabile, legata alle nuove
tecnologie, senza confini fisici che la separano dal suo ambiente. In grado di ricercare
continuamente le modalità più efficaci per integrarsi e scambiare valore con i suoi fornitori ed i
suoi clienti”.
Un passaggio che può creare disagio o confusione, specie tra le categorie
sociali più deboli, come anziani o persone a bassa scolarità. Da qui la necessità di
tempi rapidi, sia per il ritiro delle vecchie monete, sia per la diffusione della
nuova.
Fondamentale è la progressiva immissione di un’informazione aggiornata,
qualificata, affidabile, ma soprattutto tempestiva, nell’assistere gli italiani,
affinché la transizione all’Euro possa essere un momento non traumatico di
crescita, in quello che diventa, ogni giorno di più, un unico, grande mercato
domestico: l’Europa.
Dal 1 marzo 2002 l’Euro diventa la sola moneta utilizzabile: la lira perde
definitivamente il suo valore legale.
Scopo del mio lavoro, dopo 14 mesi di ricerca del materiale in un universo
sconfinato di pareri ed idee spesso confuse e contrastanti, è parlare dell’Euro non
come spettatore di una prima teatrale unica, ma spiando dietro le quinte! Cercare
di dare un volto alle paure degli italiani e un colore alle loro speranze. Capire
perché questa moneta scuote tanti animi, perché si sarebbe dovuta chiamare
“neuro”, afferma scherzosamente il regista comico Carlo Verdone
2
perchè per
Nicole Fontaine
3
non occupa ancora il posto che le spetta nelle nostre menti!
Ho cercato di materializzare le inquietitudini inconscie degli italiani e dare
una risposta ad alcune delle loro domande; ho annullato completamente le mie
idee di 14 mesi fa e con esse le mie convinzioni, spesso scontate, perché da
2
Il VENERDI’ di REPUBBLICA, Noi e l’Euro: parola di vip, 21 settembre 2001.
3
Il MATTINO, La nuova frontiera dell’Euro, 5 marzo 2001.
“euroignorante”, temendo l’ignoto, mi sentivo indissolubilmente legata al passato
e inconsapevolmente rifiutavo di impulso ogni forma di cambiamento.
Ho aperto la mia mente, studiando economisti, sociologi, psicologi e
giornalisti, persino politici, senza tralasciare la gente comune, navigando nel
mondo di internet e nelle biblioteche locali, alla ricerca di una risposta personale
al problema. Oggi, pur peccando di presunzione, credo di esserci andata vicina.
La conclusione è che il passaggio all’euro è una transizione sociale di grande
complessità che comporta implicazioni, economiche e culturali aventi interazione
indissolubili con altri processi e sistemi di vita.
“Nulla sarebbe più errato che ridurre la questione dell’abbandono delle
monete nazionali a semplici problemi tecnici.
Nulla sarebbe più pericoloso che fermarsi alla sola fiducia dei mercati
finanziari
4
”.
Ridurre il passaggio all’euro ad una questione puramente economica,
significherebbe ridurre i cittadini allo stato di consumatori-utenti, semplici
utilizzatori di mezzi di pagamento e socialmente indifferenziati. Per farli sparire,
basterebbe in tal caso ignorare le loro paure e il loro malessere, ma non sarebbe
giusto.
La moneta non è pura e semplice questione economica, esprime un rapporto
sociale e nella sua funzione di oggetto complesso dipinge la società nel suo
insieme e con tutte le sue sfumature.
4
Così sentenzia il “Gruppo di lavoro Euro sugli aspetti psico – sociologici del passaggio alla
moneta unica” istituito dalla Commissione europea nel 1996 e che le rilascia pareri motivati sulle
politiche e le azioni attinenti ai consumatori.
Il legame monetario è allo stesso tempo:
- intimo e individuale (quando l’interessato pensa in modo cosciente o
meno alle sue relazioni esistenziali in termini di “argeant”);
- sociale (tramite la funzionalità degli scambi e i rapporti di solidarietà).
E’ questo il motivo per cui ho cercato di approfondire, in un contesto
pluridisciplinare, le dimensioni: psicologica, giuridica, sociologica ed
economica, del fenomeno.
Senza una lettura intellettualmente rigorosa del cambiamento in atto, anche i
traguardi più semplici, potrebbero manifestarsi presto quali miraggi o illusioni.
Ecco allora l’importanza dell’informazione razionale quale elemento cardine per
sviluppare ciò che molti definiscono già con precoce ottimismo: il radicamento
alla moneta unica. Il cambiamento si impone per ogni forza politica, per tutta la
società italiana, per l’Occidente ed il mondo intero. Sarebbe ingenuo ed ipocrita
attribuire al “caso italiano” un valore separato e peculiare rispetto agli altri soci
del “Club dei 12”. Eppure l’Italia sotto molti aspetti resta colpita da vicende
particolari. Quasi per uno scherzo del destino, la sorte sembra ripetersi, e, come la
nostra Nazione ha una forma geografica a sé, bellezze uniche e storie irritrovabili,
così lo stivale presenta oggi una sorta di problema….all’italiana, unico nel suo
genere.
E’ un campanello d’allarme inquietante. Dopo l’impetuosa cavalcata italiana
di grande intensità e vitalità collettiva, da maggio 1998 in poi, dopo la
soddisfazione di essere nell’Euro, ci siamo improvvisamente “seduti”. Il nostro
ritmo di sviluppo è vistosamente calato in una preoccupante regressione della
psicologia collettiva del Paese. Tanto che l’allora Ministro Ciampi in
un’intervista ripeteva indispettito….”non ci mettiamo l’anima,” mentre il
Presidente D’Alema nutriva dubbi che “nelle viscere di questa società” ci fosse
ancora voglia di combattere e crescere. Cos’è successo?…è come se
l’integrazione europea abbia causato un rilassamento che, mal curato, è sfociato in
un “prolasso di virtù”. Una volta in Europa ci siamo sentiti stretti nei suoi
obblighi, imprigionati dalla moneta, dal patto di stabilità, dalla contrazione degli
investimenti. Abbiamo alimentato una sorta di autosfiducia all’italiana,
improvvisamente allo specchio, ci siamo visti incapaci di rimontare una sfida
collettiva che ci permetta di competere in modo aggressivo. Prodi scherzando
disse che “avremmo fatto vedere i sorci verdi ai nostri partners europei”, ma oggi
non cantiamo più quegli “animal spirits” alla base dei nostri ultimi decenni di
sviluppo.
“Forse non siamo fatti per la virtuosità dei parametri fissi e degli
automatismi di mercato, per esprimerci abbiamo bisogno di libertà”, ha scritto
qualche studioso, forse un po’ troppo viscerale e pessimista. Chi però come me
ricerca la vitalità, spesso sommersa, del nostro Paese, non può arrendersi di fronte
a tale interpretazione.
Eppure sono in tanti a parlare di “sindrome da demotivazione”, in effetti,
l’Italia non si è risparmiata nella corsa a perdifiato per tagliare il traguardo
dell’Euro, ma non condivido l’opinione diffusa che una volta riuscita nell’impresa
l’Italia si senta svuotata. E’ stanca sì, ma non demotivata. Abbiamo raggiunto un
risultato impensabile fino a qualche anno fa, e parlare di “depressione post-parto”
mi sembra riduttivo. E’ vero non ci sono molti entusiasmi in giro, le difficoltà
economiche persistono, gli indici di crescita sono costantemente ritoccati al
ribasso, l’Euro non fa faville, però sono sicura che questa sorta di entusiasmo
perduto, di rassegnazione e stanchezza siano passeggere. I segni di una nuova fase
di sviluppo sembrano esserci tutti.
In fondo cos’è la storia se non un continuo alternarsi di stagioni. Tra lo
splendore iniziale della novità e il declino. Tutto è compreso tra l’alfa e l’omega,
in una sorta di periodica, familiare ciclicità. Se proietto al futuro la mia personale
idea sulla dinamica dell’Euro, vedo, dopo il gran “baccano” iniziale, condito con
l’eterna paura dell’ignoto: ….alti e bassi a intermittenza regolare, poi un
inevitabile crollo e, …all’orizzonte, brillante…la ripresa, lenta ma costante.
Per esprimere l’evolversi di questa nuova avventura, che si fa strada, tra il
pessimismo degli eurodelusi e la voglia di crescere degli eurocontenti, non ho
resistito alla tentazione di rubare dei versi a “Matthew Hurt” “…si ode l’aspro
rotolare delle brecce che le onde richiamano e poi scaraventano via, al loro
nuovo infrangersi, nel punto più alto della banchigia dove tutto è inizio e fine, per
poi ripartire, lentamente, con tremula cadenza.” Credo che l’Euro, (e noi con lui,)
si sia già infranto “nel punto più alto della banchigia”, non ci resta che
ricominciare la marcia. A noi trovare il carburante (anche psicologico) per avviare
il motore della ripresa.
Qualcuno è arrivato a parlare di “opportunità perse”. Non condivido questa
diagnosi, perché sono sicura che abbiamo ancora tempo per reagire. Il nostro
rischio non sta nelle discrepanze ideologiche, né nell’antagonismo fra Stati. In
Europa, forse con più forza che altrove, si è sentito il peso dell’inerzia dello status
quo e dell’immobilismo, così come la mitizzazione del passato. L’ètè passèe in
quanto stabile e storica, è già oggetto di culto, ad essa taluni guardano con
tristezza qualcuno addirittura spera di tornarci, come quell’uccello mitico che…..
narra Borges nel “Libro degli Esseri Immaginari”, vola con la testa voltata
all’indietro perché non gli importa dove va, ma dov’è stato. “Il vero pericolo per
l’Europa del domani” disse Josè Maria Aznar
5
in un’intervista rilasciata alla
Repubblica il 27 aprile 2001, “ lo pongono coloro i quali vogliono restare isolati
rispetto alle profonde trasformazioni che sta attraversando il mondo e che
vogliono reagire ad esse con la paralisi e l’isolamento”.
5
Presidente del governo spagnolo.
C A P I T O L O I
Primo gennaio 2002: nasce l’euro… “il futuro è
cominciato”!
1. Euro anno zero.
1.1 La moneta unica quale “strumento di educazione
alla libertà”.
La creazione della “moneta unica” costituisce “l’evento politico più
straordinario di questo scorcio di secolo dominato dall’economia” – dirà il
ministro degli esteri Lamberto Dini. – Doppiamente straordinario per l’Italia, che
“ha recuperato quel bene essenziale e a lungo smarrito che è la nostra credibilità
a livello internazionale ma” - continua - “mi sembra ancor più incoraggiante che,
all’indomani della nascita dell’Euro
1
, nel day after, non si faccia strada una sorta
di “sindrome da sollievo” per il risultato raggiunto. Al contrario, diviene ora
1
L’essenza della moneta unica è racchiusa nel REGOLAMENTO (CE) N. 1103/97 del
CONSIGLIO, datato giugno 1997 ed in particolare: nella proposta della Commissione (….. il
Consiglio europeo ha confermato nella riunione svoltasi a Madrid nei giorni 15 e 16 dicembre
1995 che la terza fase dell'Unione economica e monetaria avrà inizio il 1° gennaio 1999, come
previsto dall'articolo 109 J, paragrafo 4 del trattato, conformemente allo stesso, gli Stati membri
che adotteranno l'euro come moneta unica sono denominati, ai fini del presente regolamento,
«Stati membri partecipanti» ). Nel parere del Parlamento europeo (….. nella riunione del
Consiglio europeo a Madrid è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata dal trattato per
indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; (…..) la denominazione della
moneta europea sarà «euro»; quale moneta degli Stati membri partecipanti sarà suddiviso in
cento unità divisionali denominate «cent»; il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la
denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione
europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi). Nel parere dell'Istituto monetario europeo
(….. per definire il quadro giuridico dell'euro sarà adottato, sulla base dell'articolo 109 L,
paragrafo 4, un regolamento del Consiglio relativo all'introduzione dell'euro non appena saranno
noti gli Stati membri partecipanti. Alla data d'inizio della terza fase il Consiglio, conformemente
all'articolo 109 L, paragrafo 4, del trattato adotterà i tassi di conversione irrevocabilmente
fissati;). Tre apporti fondamentali alla predisposizione materiale del Regolamento.
ancor più evidente che la moneta unica apre una straordinaria accelerazione
dell’economia”. La sfida è troppo grande, incombente, concreta, perché non si
tenti tutti insieme: governo, imprenditori, sindacati e consumatori, di dare una
risposta comune, o quanto meno riflettere sull’ormai indissolubile trinomio: Italia,
Euro
2
, Europa.
Il primo impegno è dunque il mantenimento di una “cultura della stabilità
finanziaria che per noi ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nella
nostra costituzione economica.
L’Italia ha pagato un prezzo elevato per avere avuto un governo della
moneta e della finanza non indipendente dalla politica”.
Un governo disposto a perseguire la crescita anche a costo di una inflazione
alta, a favorire il finanziamento del disavanzo pubblico a discapito
dell’economia, a privilegiare la stabilità del sistema bancario anziché la sua
efficienza concorrenziale.
“I parametri della finanza virtuosa” non sono un totem che richiede
quotidiani sacrifici in termini di occupazione, bensì “i più leali alleati delle
generazioni future”.
Le regole intendono porre degli argini alla condotta economica di ciascun
Paese onde evitare la lesione degli interessi degli altri fratelli dell’Unione
Monetaria.
2
Il nome euro è la radice di Europa ed è un termine identico in tutte le lingue ufficiali dell’Unione
Europea. E’ inoltre una parola facile da memorizzare e, nel contempo, non contiene alcun rimando
al nome delle valute nazionali dei paesi europei che partecipano all’Unione Economica e
Monetaria.
L’Euro esige un drastico adeguamento del “sistema Italia”, credibilità
istituzionale anzitutto, a seguire una valida capacità concorrenziale.
Con la moneta unica il terreno di scelta del consumatore è destinato ad
espandersi. L’Euro, questo “grande strumento di educazione alla libertà”, serve a
costruire una ”economia più forte”. Ci sono principi, diritti e aspettative che
occorre far valere, tutelare e perseguire.
Ecco allora, che l’Euro è solo l’inizio e non la fine di una avventura iniziata
nel migliore dei modi. “E’ una sfida più che una certezza”.
Poiché enormi sono ancora le energie da impiegare e valorizzare, il lavoro
da liberare, le opportunità da cogliere”.
1.2 Dall’Ecu all’Euro: le regole comuni del terzo
millennio.
Dalle prime flebili scintille di collaborazione economica tra Paesi europei, si
è giunti nel 1979 alla creazione dell’Ecu
3
(European currency unit), un “cocktail”
delle varie monete presenti sul mercato, che avrebbe dovuto fungere da unità di
conto per i commerci transnazionali. In vigore solo alla fine del 1998, non è mai
stata una vera e propria moneta, bensì un “paniere” nel quale le unità di conto
3
L'ecu ai sensi dell'articolo 109 G del trattato e secondo la definizione contenuta nel regolamento
(CE) n. 3320/94 del Consiglio del 22 dicembre 1994, cesserà al 1° gennaio 1999 di essere definito
come paniere di valute e l'euro diverrà una moneta a pieno titolo; la decisione del Consiglio
riguardante l'adozione dei tassi di conversione non modificherà di per sé il valore esterno dell'ecu;
di conseguenza un ecu, diverrà un euro; Il regolamento (CE) n. 3320/94 diventa pertanto obsoleto
e deve essere abrogato.
nazionali erano presenti in quantità proporzionali all’importanza economica del
Paese rappresentato.
Le monete dei singoli Paesi non avevano un valore di cambio fisso nei
confronti dell’Ecu, tuttavia le fluttuazioni erano libere nei limiti della “fascia di
oscillazione”. Svalutazioni e rivalutazioni erano dunque consentite entro il
2,25%, per salire fino al 6% per alcune monete più deboli.Tale meccanismo
implicava automaticamente un aggancio, seppur flebile, del valore delle monete
tra loro. Ad esempio se la lira italiana fosse stata svalutata dell’8% nei confronti
del marco tedesco, componente l’Ecu nella misura del 40% circa, si sarebbe
svalutata automaticamente nei confronti dell’Ecu pressappoco del 3,2%, valore
che corrisponde a quattro decimi dell’8%. Un tale esempio seppur imperfetto,
(perché una moneta non potrebbe svalutarsi solo nei confronti di un’altra,
lasciando immutato il suo valore rispetto a quelle restanti), da comunque un’idea
del legame elastico che si era creato tra le diverse monete europee con
l’introduzione dell’Ecu.
In modo immediato, è come se tante persone fossero legate le une alle altre da
corde elastiche: possono avvicinarsi tra loro o allontanarsi in varie direzioni, ma
solo finchè l’elastico non è teso al massimo; andare oltre non è possibile.
Da questa immagine dell’Ecu, il passo all’Euro è breve. Immaginiamo il
gruppo delle monete destinate a confluire nell’Euro, trattenute da corde elastiche,
si muovono su versanti diversi l’una rispetto alle altre. Se le fotografiamo in un
preciso istante e decidiamo che non possono mai più oscillare, se le immortaliamo
per sempre nelle posizioni reciproche che appaiono nella foto, otterremo due
risultati interessanti:
™ da quel momento in poi il valore di cambio di una
qualsiasi moneta rispetto ad un’altra non può più essere modificato (la
fotografia, infatti è un’immagine statica);
™ corollario della precedente tesi è che il valore di cambio dell’Ecu
rispetto a qualunque altra moneta del paniere, è definitivamente fisso.
Tale “fotografia” è stata scattata il 31 dicembre 1998, congelando
definitivamente i valori di cambio tra le monete prescelte, e, tra ciascuna di loro e
l’Ecu. Tale paniere ribattezzato in Euro si è trasformato finalmente in una vera e
propria moneta, grazie al cambio irrevocabilmente fissato (1 euro equivale a
1936,27 lire).
Ci sarà un periodo di transizione di tre anni durante i quali l’uso dell’euro sul
mercato interno sarà facoltativo ed equivalente all’uso della lira. Entro tre anni al
massimo tutto dovrà essere espresso in Euro: il futuro è cominciato.
1.3 Periodo transitorio (Primo gennaio 1999 – 31
dicembre 2001) e principi cardini.
Le monete metalliche
4
e le banconote euro saranno comunque introdotte solo
il 1° gennaio 2002. I tre anni del "periodo transitorio", consentiranno ai
consumatori di abituarsi gradualmente alla nuova unità monetaria. Due principi
fondamentali struttureranno il passaggio dalle unità monetaria nazionali all'euro.
• “Principio di equivalenza”.
Esiste la totale equivalenza tra la nozione di "unità euro" e la nozione di
"unità monetaria nazionale", attraverso i tassi di conversione fissati
definitivamente.
Durante questo periodo uno strumento giuridico in euro o in una qualsiasi
denominazione nazionale avrà esattamente lo stesso valore giuridico, e, in
applicazione delle norme di conversione, anche lo stesso valore monetario.
4
Le otto monete da 1,2,5,10,20, e 50 cent e da 1 e 2 euro hanno una faccia comune a tutti i paesi
dell’Unione Economica e Monetaria ed una faccia nazionale. I disegni prescelti per la faccia
comune sono stati realizzati a cura della zecca reale belga.
Per quanto riguarda la faccia nazionale gli 11 paesi ( più la Grecia, a partire dal primo gennaio
2001), che aderiscono all’UEM hanno scelto l’effige dei propri sovrani, i principali monumenti o i
simboli legati alla storia o alle tradizioni del proprio paese. In Italia la faccia nazionale è stata
scelta tramite un sondaggio avvenuto nel corso di una trasmissione televisiva alla presenza
dell’allora ministro del Tesoro Ciampi. Le monete in euro riprodurranno rispettivamente l’effige di
Castel del Monte, della Mole Antonelliana, del colosseo, della Venere di Botticelli, dell’opera
futurista “Forme uniche nella continuità dello spazio” di Boccioni, del Marco Aurelio di piazza del
Campidoglio a Roma, dell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci e del Dante Alighieri di
Raffaello.
5
Tale principio che con la sua stringatezza, può apparire uno slogan pubblicitario è espresso
giuridicamente nell’articolo 8 del Regolamento della Comunità europea numero 974 del 3 maggio
1998.