I frammenti conservati di alcune commedie di Eupoli, Cratino e Ermippo consentono di capire, sia
pure attraverso la lente deformante dell'iperbole comica, quale fosse l'opinione corrente su di lei
dell'Ateniese medio: un'etera di alto bordo che approfittava della relazione con Pericle per tenere un
comportamento pubblico scandaloso e diffondere l'eterismo. Che poi lo scandalo più grande fosse
quello di frequentare apertamente i clubs intellettuali maschili della città e di esercitare al loro
interno un ruolo non solo non subordinato, ma anzi di riconosciuta autorità, è taciuto, ma tuttavia
evidente dall'analisi delle fonti a lei non sfavorevoli, costituite soprattutto dal circolo degli allievi di
Socrate: Senofonte,Eschine di Sfetto, Antistene.Socrate stesso mostra una apertura mentale non
comune per il suo tempo quando accetta di avere interlocutrici femminili, e giunge a parlare di
Aspasia addirittura come di una sua maestra, hJ didavskaloç.
6
Aspasia fu uno scomodo personaggio per la morale corrente e per la società intellettuale ateniese,
dove si veniva cooptati tramite pratiche omo-sociali ed omosessuali tra uomini
7
. La devianza del
suo comportamento sul piano sociale, il suo non conformarsi alla prospettiva di silenzio e
invisibilità pubblica prevista per le donne, viene letta allora come devianza sul piano sessuale, e le
viene affibbiata volta a volta la poco rispettabile etichetta di concubina, etera, prostituta o ruffiana:
tutto insomma tranne che moglie legittima, unico ruolo socialmente accettabile per una donna. Tale
ipotesi è per lei da escludere, visto il suo status di meteca di Mileto, città con la quale Atene non
aveva rapporti di epigamia, ossia di riconoscimento del contratto matrimoniale tra cittadini delle
due città, per effetto della
stessa legge periclea del 451/450 a.Cr. che restringeva la legittimità dei matrimoni ai soli sposi figli
di Ateniesi per parte di madre e di padre.
Il ruolo che meglio le si addice, o dal quale sembra meno lontana in quanto donna nubile,
intellettuale e non cittadina, è quello dell'etera, la compagna istruita ed amabile destinata ad allietare
il rito del simposio maschile.Questo è l'unico tipo di donna con cui un ateniese pensa di poter avere
uno scambio intellettuale oltrechè, se lo desidera, sessuale, proprio perche' il rapporto è a
pagamento e la libertà di istruirsi della donna non è fine a sè stessa ma realizzata in vista
dell'appagamentodi un bisogno maschile: l'ordine sociale non ne risulta dunque turbato.Aspasia è
l'etera abile tessitrice di discorsi, non una donna da prendersi sul serio.
La tradizione antica ha lasciato durature tracce anche negli studi moderni; Wilamowitz
8
è convinto
che Aspasia sia un'etera, poiché il suo nome, derivando dal verbo ajspavzesqai, desiderare, ne
costituirebbe una prova.Anche Sarah Pomeroy
9
, più recentemente, ha espresso lo stesso avviso.
Anche in studi molto recenti avviene di vederla presentata come l'etera di Mileto compagna di
Pericle,
10
personaggio di contorno rispetto alla personalità predominante del grande stratega, dedita
alla professione poco edificante di formatrice di ragazze da destinare all'intrattenimento nei simposi.
E' evidente la necessità di rivedere questa tradizione sfavorevole,proprio perchè esistono diverse
testimonianze che ci parlano di lei come maestra riconosciuta dei più influenti cittadini ateniesi e
allieva del grande retore Gorgia.
Eschine di Sfetto e Antistene scrissero due dialoghi socratici che portavano il suo nome. Platone
scrive un intero dialogo, il Menesseno, che riporterebbe per intero un suo discorso di elogio per i
caduti nella guerra corinzia. Plutarco, nella Vita di Pericle, pur riportando tradizioni diverse su
Aspasia, ne sottolinea le qualità intellettuali e ne fa una consorte degna dello stratega.
Il presente lavoro intende dunque dimostrare:
a) l'infondatezza della caratterizzazione di Aspasia in quanto etera, tradizione che nasce con la
Commedia antica e attraversa i secoli praticamente inalterata. Essa tramanda una visione misogina e
deformante di una donna che intende svolgere un ruolo pubblico nella città, nonostante il
relegamento delle donne nella sfera del privato.
b) l'esercizio da parte di Aspasia di un potere insieme politico e intellettuale,che ne fa da una parte
l'obiettivo dell'opinione pubblica moderata in un momento particolarmente difficile, quale gli anni
immediatamente precedenti la Guerra del Peloponneso, e dall'altra un punto di riferimento
riconosciuto fra i protagonisti della scena culturale greca del V secolo a.Cr.
Si analizzeranno allo scopo:fonti teatrali: frammenti delle commedie di Cratino, Eupoli, Ermippo;
Aristofane
Per la tragedia: Euripide, Medea;
fonti storiografiche:: Senofonte , Memorabili , Economico, Simposio; Plutarco, Vita di Pericle,
capp. 24,30,32
fonti filosofiche: Eschine di Sfetto, frammenti dall'Aspasia; Antistene, frammenti
dall'Aspasia;Platone , Menesseno; Sinesio di Cirene, Dione.
Da Mileto ad Atene
L'arrivo in Atene di Aspasia è tuttora circondato di mistero. Nessuna fonte letteraria ne parla e sorge
il problema del perchè una donna presumibilmente molto ricca e sicuramente colta trasmigrasse
dalla vicina Asia Minore verso la metropoli attica.Un'ipotesi interessante è stata avanzata da Peter
J.Bicknell. Lo studioso analizza
11
un'iscrizione funeraria
12
della prima metà del quarto secolo a.Cr.
proveniente dal Pireo:
jAspavsioç Aijscivnou Skambwnivdhç
Eu]kleia : Swstravth jAspasiva
Aijscivnhç jAspasivou Skambwnivdhç
L'iscrizione reca i nomi di una coppia di sposi, Aspasios ed Eukleia, e dei loro tre figli Eschine,
Sostrate e Aspasia. Sulla stele tombale Eukleia è rappresentata seduta sulla sinistra e tende la mano
al suo barbuto sposo Aspasios, raffigurato sulla destra. In mezzo a loro sta il figlio Eschine, non
compaiono le figlie nominate nell'iscrizione.
E' notevole il fatto che il nome Aspasios non sia attestato altrimenti in Atene prima del secondo
secolo a.Cr. Ancora più sorprendente che questo Aspasios fosse un cittadino ateniese del demo di
Skambonide, cui apparteneva un altro ateniese il cui nome era altrettanto raro: Assioco figlio di
Alcibiade.
Alcibiade il vecchio, nonno del più famoso e scandaloso omonimo, aveva due figli, Clinia e,
appunto, Assioco. Il giovane Alcibiade sarebbe stato particolarmente legato a questo zio, forse a
causa della piccola differenza di età tra i due.Delle loro imprese parla Lisia
13
ricordando che, quando
Alcibiade, dopo la sua presentazione ufficiale al demo da parte del tutore Pericle, si recò ad Abido
per dare sfogo alla sua natura viziosa, convivendo con la giovane Medontis, anche Assioco lo seguì
e condivise con lui la stessa amante.Costei ebbe una figlia, non si sa da chi dei due, che quando fu
cresciuta divenne l'amante, come la madre, di entrambi. Il destino di Alcibiade e di Assioco fu
nuovamente legato nel corso dello scandalo della profanazione dei misteri eleusini nel 415 a.Cr.:
anche Assioco venne accusato di empietà in questa circostanza e condannato a morte e alla confisca
dei beni, come il nipote
14
.Egli fece ritorno ad Atene nel 407/6, come Alcibiade.
Il demo di appartenenza di Assioco era appunto quello di Skambonide.L'unico altro Assioco di cui
si ha notizia è il padre di Aspasia (è notizia concorde che fosse nativa di Mileto e figlia di un certo
Assioco
15
). Resta ora da domandarsi se si può considerare del tutto casuale che nel demo di
Skambonide si concentrassero ben due nomi, Aspasios/Aspasia e Assioco, che non hanno altra
attestazione in Atene per lungo tempo.
Bicknell non lo crede. Egli fornisce una spiegazione della coincidenza trovando un possibile legame
tra Mileto, città dalla quale provengono i nomi Aspasia ed Assioco, e la famiglia degli Alcmeonidi.
Alcibiade il vecchio fu ostracizzato da Atene nel 460 a.Cr
16
.Seguendo l'indicazione di Tucidide,
secondo cui egli sarebbe stato in amicizia con le famiglie più importanti di Mileto, (ejpithvdeioç
toi§ç proestw§si tw§n Milhsivwn, VIII 17.2) Bicknell ipotizza che durante questo esilio egli si sia
recato nella città dell'Asia Minore e qui si sia risposato. Il primo figlio nato dal nuovo matrimonio
prende il nome dal nonno materno, Assioco.Il secondo figlio si chiamerebbe Aspasios nuovamente
in onore di un membro molto stretto della famiglia, secondo Bicknell la stessa Aspasia in quanto
sorella minore della moglie di Alcibiade.
Passato il decennio dell'esilio, Alcibiade il vecchio avrebbe fatto ritorno in Atene con la moglie e i
figli, portando con sé anche la nubile Aspasia, forse rimasta orfana del padre, morto di vecchiaia o
nel corso del colpo di stato oligarchico del 455/454 a.Cr. durante il quale Mileto si rifiuta di pagare
il tributo alla lega delio-attica e non compare per un anno nella lista dei contribuenti.Assioco e
Aspasio, in quanto nati prima del decreto pericleo del 451/450 a.Cr. che escludeva dalla
cittadinanza chi non avesse entrambi i genitori ateniesi, diventano cittadini a tutti gli effetti.
Frequentando assiduamente la famiglia di Alcibiade, Pericle avrebbe incontrato Aspasia e di lì
avrebbe avuto inizio la loro relazione.E' possibile che l'Aspasios figlio di Alcibiade il vecchio si
fosse sposato in Atene e avesse chiamato un suo figlio Eschine.Questi a sua volta avrebbe chiamato
il proprio figlio Aspasios, e costui sarebbe proprio l' Aspasios figlio di Eschine protagonista
dell'iscrizione del Pireo.
Questa ricostruzione, per quanto puramente ipotetica, rappresenta a tutt'oggi l'unica traccia per
mettere a fuoco il contesto storico e sociale in cui Aspasia visse, e consentirebbe di spiegare
l'incontro con Pericle alla luce di una normale frequentazione tra famiglie aristocratiche; la stessa
caratterizzazione di Aspasia in quanto etera ne risulterebbe fortemente ridimensionata.
Aspasia in Plutarco
Mentre la maggior parte delle citazioni che le fonti antiche riservano ad Aspasia ci è pervenuta in
frammenti,la testimonianza di Plutarco contenuta nella Vita di Pericle è ancora oggi la più completa
di cui disponiamo; di qui la scelta, pur essendo di epoca relativamente tarda (fine I – inizio II sec.
d.Cr.), di trattarla prima delle altre. Essa raccoglie su di lei i giudizi dei suoi contemporanei, sia
favorevoli che contrari.Aspasia è la protagonista di due capitoli dell'opera, il XXIV e il XXXII, e
viene citata nel XXX..
Plutarco scrive all'inizio del cap. XXIV che Pericle iniziò la guerra contro Samo per compiacere
Aspasia, e che quindi è venuto il momento di affrontare lo spinoso problema che la riguarda. E'
significativo che Plutarco introduca il personaggio di Aspasia attraverso il verbo
diaporh§sai,letteralmente, trovarsi in un aporia, in una situazione senza via di uscita ( a-poros,
senza passaggio; non sapere che partito prendere
17
); e subito dopo spiega che cosa in particolare
costituisse l'”aporia di Aspasia”::tivvna tevcnhn h;j duvnamin tosauvthn e[cousa, tw§n te
politikw§n tou;ç prwtevuontaç ejceirwvsato,
18
Egli si chiede attraverso quale arte o potere fosse
giunta a tenere in pugno gli uomini politici di maggior spicco. E oltre a ciò, perchè ella costituì
oggetto di discussione per i filosofi:
kai; toi§ç filosovfoiç ouj fau§lon oujd' j ojlivgon uJpe;r auJth§ç parevsce lovgon
19
.
Uomini politici e filosofi: non era davvero nella norma che una donna in Atene avesse tali
frequentazioni. Plutarco orchestra la sua apparizione in scena in modo da presentarla come un
essere dotato di strani poteri, al limite tra conoscenza umana (tevcnh) e potere magico (dvuvnamin).
Comunque sia, Plutarco apre il ritratto di Aspasia suggerendo che emanava da lei un fascino
misterioso e potente: che questo fosse dovuto alla sua bellezza?
Eppure non una riga, nè in questo racconto nè presso altre fonti, ricorda una particolare bellezza di
Aspasia, l'unica dote che per i Greci potesse suscitare l'ammirazione per una donna
20
.Anzi, l'idea che
non fosse la bellezza l'arma che Aspasia usava per attrarre a sè gli uomini è sottolineata poco dopo a
§ 5, dove Plutarco riferisce che alcuni – oiJ me;n -
affermano che Aspasia fu amata da Pericle in quanto sapiente ed esperta di politica -wJç
sofhvn tina kai; politikh;n .Chi fossero questi alcuni è chiaro dal successivo immediato accenno a
Socrate, del quale dice che gli capitava di farle visita insieme ai suoi conoscenti, mentre coloro che
la frequentavano abitualmente - oiJ sunhvqeiç - conducevano da lei ad ascoltarla addirittura le mogli.
La notizia è riferibile all'ambiente socratico, di cui la stessa Aspasia doveva quindi essere sunhvqhç,
frequentatrice abituale.
Ma subito dopo, quasi a stemperare l'immagine di maestra di retorica e dotta interlocutrice di
filosofi, Plutarco rovescia con un' avversativa il giudizio precedente: kaivper ouj kosmivou
proestw§san ejrgasivaç oujde; semnh§ç, pur esercitando un mestiere per nulla onesto (onorevole) nè
rispettabile, poichè educava ragazze alla professione di cortigiane - paidivskaç eJtairouvsaç
trevfousan. Appaiono a confronto le due tradizioni biografiche su Aspasia : l'intellettuale e la
mezzana. L'unica cosa su cui sono tutti d'accordo - oJmologei§tai - , è che fosse originaria di Mileto
e fosse figlia di un certo Assioco. Subito dopo Plutarco ritorna al campo del "si dice" quando
menziona il fatto che il suo modello nel cercare la compagnia solo di uomini potenti fosse un'antica
cortigiana ionica di nome Targhelia.Di essa ricorda la bellezza - diversamente che per Aspasia - la
grazia non disgiunta da abilità , e afferma che convisse con i greci più in vista, acquistandoli alla
causa del re di Persia, diffondendo così attraverso di loro i semi del medismo nelle città in cui essi
avevano massimo potere e prestigio.
L'accostamento delle due donne parrebbe suggerire che Aspasia condivideva con Targhelia non
solo la frequentazione dei potenti, ma anche il loro “traviamento” verso la causa della Persia. Al § 6
Plutarco torna a riferire la tradizione favorevole ad Aspasia.Secondo Eschine di Sfetto, dopo la
morte di Pericle fu proprio la sua unione con Aspasia che consentì al mercante di pecore Lisicle di
assumere - fino al 428, data della sua morte - un ruolo di guida all'interno del partito democratico.
Aijscivnhç dev fhsi kaiv Lusikleva to;n probatokavphlon eJx ajgennou§ç kai; tapeinou§ th;n
fuvsin Ajqhnaivwn genevsqai prw§ton Ajspasiva/ sunovnta meta; th;n Periklevouç
teleuthvn.
21
Come si vede, in questa prima parte Plutarco riserva ai lettori una sequenza di docce
scozzesi sulla tradizione biografica che riguarda Aspasia, passando continuamente da una
favorevole a una contraria e viceversa, secondo uno schema duplice e ambiguo.
Negativo: Richiesta di guerra contro Samo per cause personali.
Positivo: frequentazione dei filosofi e degli uomini di stato.
Negativo: parallelo con Targhelia, la spia ionica dei Persiani.
Positivo: Pericle la ama in quanto saggia ed esperta di cose politiche; frequentazione di Socrate.
Negativo: esercita una professione non rispettabile né onesta.
Positivo: Lisicle diventa primo cittadino frequentandola.
Se Plutarco era in preda al dubbio, ormai lo è anche chi legge. Ma potrebbe trattarsi di un artificio
retorico voluto, teso a dare alla materia la stessa inafferrabilità del personaggio, in modo da
focalizzare l'attenzione su di lei.
Plutarco torna presto a ciò che gli sta a cuore, definire il ruolo di Aspasia in riferimento alla vita di
Pericle.Era dunque solo l'aspetto intellettuale della personalità di Aspasia che interessava
Pericle,dopo aver costituito l'iniziale motivo di interesse per lei,oppure esisteva un reale legame
amoroso tra i due?
Plutarco, da parte sua, almeno ora non ha dubbi. Pericle amava realmente questa donna. Molti
Ateniesi si intrattenevano con lei a discutere di retorica, dice Platone nel Menesseno
22
; ma Pericle
era un interlocutore davvero speciale, come Plutarco spiega poco sotto.faivnetai mevntoi ma§llon
ejrwtikhv tiç hJ tou§ Periklevouç ajgavphsiç genomevnh pro;ç jAspasivan.
23
Pericle aveva avuto una moglie, a sua volta precedentemente sposata con Ipponico, da cui ebbe un
figlio,Callia. L'unione non fu però felice e Pericle acconsentì di buon grado che essa si legasse ad
un altro uomo; solo dopo la fine di questo legame, dice Plutarco, egli prese con sè Aspasia e la amò
in maniera assolutamente speciale (diaferovntwç).
Plutarco sembra qui preoccupato di non far coincidere il periodo di matrimonio di Pericle con il suo
legame con Aspasia, temendo forse che la sua passione potesse sembrare di tipo volgare e
interessata.Egli tiene invece a rappresentare il legame tra i due come un vero matrimonio,
comprensivo di quella necessaria componente affettiva e sessuale che deve caratterizzare un'unione
solida e duratura.
24
Tuttavia il comportamento di Pericle, che si recava due volte al giorno, entrando e uscendo
dall'agorà, a salutare – sia pure con significato erotico - la propria concubina è sottolineato come
anomalo, uno dei motivi per cui egli la amò diaferovntwç,in maniera speciale.
Questo atteggiamento era inoltre considerato estremamente effeminato e doveva suggerire ai
commediografi una rappresentazione della coppia secondo una prospettiva di ruoli sessuali
rovesciati, con un elemento femminile nel ruolo dell'erotes - l'amante attivo - e uno maschile in
ruolo passivo - l'eromenos; non meraviglia che essi scegliessero, per mettere alla berlina la coppia,
delle situazioni del mito in cui l'uomo venisse ridotto alla passività.
La commedia polarizza l'attenzione su questo elemento, il rovesciamento o l'intercambiabilità dei
ruoli attivo e passivo, che doveva essere effettivamente peculiare della coppia. Aspasia diventa
allora Onfale, la mitica regina della Lidia che costrinse Eracle a lavori femminili, oppure Deianira,
la gelosa sposa che per riconquistarlo manda a morte lo stesso Eracle con un mantello intriso del
sangue del centauro Nesso, oppure Era, la biliosa sposa -sorella di Zeus
25
. Plutarco cita vari passi da
commedie del V secolo che fanno riferimento ad Aspasia. Cratino le dedica i seguenti versi
26
; nei
Chironi, in una Teogonia parodiata, Crono si unisce con l'Impudicizia:
Hran tev oiJ jAspasivan tivktei [ kai; ] Katapugosuvnh pallakh;n kunwvpida
27
Plutarco continua qui la citazione di Cratino iniziata al cap. 3, § 5 dove si parla ancora delle unioni
mitiche di Crono:
Stavsiç de; (fhsiv) kai; presbugenh;ç Krovnoç ajllhvloisi migevnte mevgiston tivkteton
tuvrannon, o;;;Jvn dh; Kefalhgerevtan qeoi; kalevousi
28
Plutarco cita ancora Eupoli, dalla commedia I Demi.
29
Qui Pericle redivivo dall'oltretomba chiede
notizie del figlio suo e di Aspasia: "E' vivo il mio bastardo?"- oJ novqoç dev moi zh§/ -
L' altro personaggio, Mironide, risponde : "E da tempo sarebbe uomo se non temesse la vergogna di
essere figlio di una prostituta ".
-kai; pavlai g jaj;n hj§n ajnhvr
eij mh; to; th§ç povrnhç uJpwrrwvdei kakovn
Plutarco dimostra particolare scetticismo nei confronti degli autori della Commedia antica come
fonti degne di fede, pur citandoli per offrire un quadro completo dei giudizi sulla coppia Pericle-
Aspasia, e anche per rendere più vivace e frizzante il racconto.Egli li accusa di aver diffuso molte
maldicenze
30
su Pericle e di essere essi stessi dei dissoluti volti a fomentare l'invidia popolare contro
i potenti
31
, dimostrando verso di loro il massimo disprezzo. Plutarco chiude il capitolo 24 ricordando
la notizia che Ciro il giovane, aspirante al trono di Persia, diede nome di Aspasia alla sua concubina
preferita, il cui vero nome era Milto.
Nel capitolo XXX Plutarco ha nuovamente occasione di fare riferimento ad Aspasia trattando
dell'ostilità fra Ateniesi da una parte e Spartani e Megaresi dall'altra prima dello scoppio della
Guerra del Peloponneso.
Gli Spartani chiedevano a gran voce la revoca del decreto pericleo del 433/32 che impediva ai
Megaresi di utilizzare i mercati di Atene e i porti delle città della lega delio-attica, come punizione
per avere lavorato il terreno sacro di Eleusi a confine tra Attica e Megaride e per avere, a quanto
dice Tucidide, dato rifugio a schiavi fuggitivi
32
.La tensione crebbe talmente che un araldo ateniese,
inviato a Megara e a Sparta per chiarire l'inflessibilità di Atene sulla questione, venne ucciso; i
Megaresi rifiutarono ogni responsabilità sull'accaduto e ribaltarono l'accusa su Atene, citando in
quell'occasione,dice Plutarco, la battuta degli Acarnesi di Aristofane
33
pronunciata da Diceopoli:
povrnhn de; Simaivqan ijovnteç Megavrade
neanivai klevptousi mequsokovttaboi :
kaj§q j oiJ Megarh§ç ojduvnaiç pefusiggwmevnoi
ajntexevkleyan jAspasivaç povrnaç duvo.
Plutarco individua nella mancata revoca dell'embargo contro Megara il motivo principale dello
scoppio della guerra, perchè le tensioni occasionate dall'assedio di Potidea, l'aiuto a Corcira in
guerra coi Corinzi, la ribellione dell'Eubea, non avrebbero da sole causato un tale conflitto
34
Questa
è anche la posizione che Tucidide attribuisce agli Spartani nel discorso alla città pronunciato poco
prima dello scoppio delle ostilità
35
, cioè che Megara era la questione principale in causa; anche in
questa occasione, come nella guerra contro Samo, Aspasia è vista come l'elemento scatenante della
guerra.
Per la verità, confessa Plutarco, non è facile stabilire con certezza le vere cause di questa guerra
36
;
ma la scelta di non revocare l'embargo contro la potente città mercantile venne addossata come
colpa allo stesso Pericle, insieme ad un'altra accusa anche peggiore per un
magistrato:appropriazione di denaro pubblico.Ma era difficile attaccare Pericle accusandolo di
malversazione, vista la sua fama di morigeratezza e parsimonia. Pericle aveva però molti amici, e
l'opposizione cercò fra questi qualcuno da attaccare per colpire indirettamente l'uomo politico più in
vista di Atene. Nacquero così i processi contro i collaboratori di Pericle.Plutarco
37
racconta che tra
Pericle e lo scultore Fidia, incaricato di realizzare una statua di Atena Parthenos completamente
rivestita d'oro, nacque un legame di amicizia. L'opposizione sfruttò questo legame per accusare
Fidia di essersi appropriato di oro destinato alla statua della dea, per saggiare l'atteggiamento del
popolo nel caso che una tale
accusa fosse rivolta a Pericle. Non furono trovate prove del fatto,nonostante la testimonianza di un
oscuro artista, Menone. Fidia fu ugualmente condotto in carcere, dove morì forse avvelenato dagli
stessi nemici di Pericle.Nella Pace di Aristofane
38
, Ermes sostiene che a seguito del processo contro
Fidia, avendo constatato la precarietà della sua situazione politica, Pericle aveva deciso di scatenare
la guerra.
Anche Diodoro Siculo
39
che attinge la notizia da Eforo, afferma che la messa in stato di accusa di
Fidia e Anassagora fece temere il peggio a Pericle, che decise così di scatenare la guerra per
distogliere la città dall'attenzione verso la propria persona.
In questo clima di accuse e sospetti, anche Aspasia dovette difendersi in tribunale, e dalla peggiore
delle accuse: ajsevbeia, offesa contro gli dei.
Nel cap. XXXII Plutarco riporta la notizia che, dopo quello di Fidia, altri due processi coinvolsero
persone dell'entourage pericleo; uno fu intentato contro Aspasia, l'altro contro Anassagora di
Clazòmene, scienziato-filosofo e consigliere di Pericle sin dall'inizio della sua carriera politica. I
processi avvennero secondo Plutarco nello stesso periodo di tempo di quello di Fidia (peri; de;
tou§ton to;n crovnon). Se è vero che il processo a Fidia doveva servire da “esperimento” per
verificare la possibilità di attaccare Pericle tramite i suoi amici e collaboratori, questi altri due
vennero strettamente a seguire, visto il buon successo del primo.Gli oppositori politici di Pericle
intendevano infatti sfruttare la circostanza che Aspasia e Anassagora, essendo meteci in Atene, non
potevano comparire in giudizio autonomamente -Aspasia a maggior ragione in quanto donna – e
che sicuramente Pericle, in quanto loro garante o prostates
40
, si sarebbe quindi esposto
indirettamente all'accusa mossa contro i propri amici.
Plutarco ci informa che l 'accusatore di Aspasia fu il poeta comico Ermippo e che all'accusa di
empietà si aggiunse quella di gestire un traffico di donne di libera condizione per l'intrattenimento
erotico di Pericle.
41
Plutarco prosegue ricordando che un tale Diopite, di professione
indovino,sarebbe riuscito a far approvare dall'assemblea un provvedimento che permetteva di poter
colpire coloro che non credevano negli dei
42
oppure che insegnavano dottrine ritenute empie sui
fenomeni celesti. Questo provvedimento avrebbe riguardato soprattutto Anassagora, il quale non
ammetteva la divinità dei corpi celesti e professava la dottrina
43
che il sole è una massa di metallo
rovente e non una divinità.
Anche questa volta Plutarco crede che il vero obiettivo da colpire fosse Pericle attraverso l'accusa
ad un suo stretto collaboratore e maestro.
Aspasia venne prosciolta. Citando esplicitamente la sua fonte, Eschine di Sfetto, Plutarco ricollega
l'assoluzione della milesia al comportamento di Pericle, il quale, presente in aula, versò calde
lacrime e supplicò i giudici:polla; pavnu para; th;n divkhn, wJç Aijscivnhç fhsivn, ajfei;ç uJpe;r
aujth§ç davkrua
44
,comportandosi così in maniera assolutamente fuori del comune per un capo di stato
e un uomo greco, abituato a esercitare sempre un rigido controllo sulle proprie passioni.
Quale credito si può dare a questa storia? Ma soprattutto, è verosimile che Aspasia subisse un
processo per empietà?
Lo Pseudo-Aristotele riporta questa definizione di empietà: “ajsevbeia me;n hJ peri; qeouvç
plhmmevleia kai; peri; daivmonaç h;j kai; peri; tou;ç katoicomevnouç kai; peri; gonei§ç kai; peri;
patrivda”
45
(l'empietà (è) la mancanza di rispetto verso gli dei, i demoni, i defunti, i genitori, la
patria). In questa definizione il motivo religioso, familiare e civico dell' empietà vengono raccolti
insieme, dando al reato uno spettro di applicazione veramente ampio.
Mario Montuori ha dedicato ad Aspasia uno studio
46
in cui cerca di risolvere il problema del reale
contenuto dell'accusa contro di lei, a suo avviso mai chiarito in modo esauriente.
1)
Egli esclude che Aspasia sia stata giudicata sulla base del decreto di Diopite che colpiva , come
abbiamo visto, i casi di comportamento irreligioso
47
, per due ragioni. Da una parte, chi intentava
un'accusa che non venisse poi confermata dai tribunali si esponeva ad una forte multa, e, in caso di
insolvenza, alla pena dell'atimìa
48
(perdita dei diritti politici), e non risulta che Ermippo sia incorso
in questa punizione, pur essendo stata assolta Aspasia. Dall'altra,egli argomenta, il decreto di
Diopite era inapplicabile ai meteci residenti in Atene poiché l'accusa di non credere negli dei della
città non poteva essere rivolta a persone non tenute al culto degli dei poliadi. Egli rifiuta anche di
considerare reale l'accusa di proagogheia, in quanto tutte le testimonianze concordano nel riferire
un rapporto particolarmente felice e passionale tra lei e Pericle
49
, difficilmente conciliabile con un
giro di prostituzione a casa dello statista orchestrato dalla milesia.
2)
Montuori ritiene invece che il reato contestato ad Aspasia fosse quello di medismo, ossia
cospirazione politica a favore della Persia, nel tentativo di instaurare in Atene un clima favorevole
al ritorno della tirannide.L'affluenza in Atene e la benevola accoglienza che Pericle assicurava a
personaggi come Anassagora di Clazòmene, Damone di Oa, Protagora di Abdera, Erodoto di
Alicarnasso, Ippocrate di Cos, Parmenide e Zenone di Elea, Prodico di Ceo, Ippia di Elide,
Ippodamo e Aspasia di Mileto, lasciava perplessi i cittadini-opliti della classe media, i veri
protagonisti delle guerre persiane che impersonavano i valori civici di Maratona e Salamina; essi
vedevano ora abbassarsi il livello di diffidenza e aumentare la curiosità verso un ambiente
geograficamente e culturalmente più vicino al nemico, portatore di idee nuove, cosmopolite, ma
politicamente sospette.
3)
La dottrina di Anassagora (monismo) sulla supremazia di un solo ente, il Nous, come principio
ordinatore di tutto l'universo, poteva sembrar giustificare l'azione politica di Pericle come l'azione di
uno solo, anche se conoscitore del bene del popolo, e attirargli l'accusa di tirannide. Aspasia non
viveva reclusa nei recessi dell'oikos, ma frequentava e promuoveva riunioni dove si discuteva di
politica e di retorica
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.Protagora, avendo ricevuto da Pericle l'incarico di redigere la legislazione per
la colonia panellenica di Thurii, si sarebbe ispirato ad una costituzione di origine aristocratica.
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Damone, musico, retore e stretto consigliere politico di Pericle, fece erigere un Odeon dalla forma
di tenda da campo del re persiano
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. Nulla di politicamente scorretto, o realmente pericoloso, come
si vede, ma un insieme di comportamenti e atteggiamenti che agli occhi dei cittadini ateniesi
potevano richiamare pericolose relazioni con il nemico di sempre. A questo sentimento di
diffidenza e disapprovazione fa riferimento Plutarco quando accosta Aspasia a Targhelia, la potente
etèra - ionica di Mileto anch'essa - che diffondeva i germi del partito filopersiano attraverso le sue
relazioni con i più influenti uomini greci, cui Aspasia si sarebbe ispirata nella sua frequentazione di
uomini politici. Aspasia = Targhelia = spia; questa equazione doveva essere ben in mente ai
contemporanei di lei, e quando Plutarco riferisce la storia della seconda Aspasia, la preferita tra le
concubine di Ciro il giovane così rinominata in ossequio alla fama di lei, accosta nuovamente il suo
nome a quello del nemico.
4)
Il reato di medismo, argomenta lo studioso, era però in Atene ancora agraphos nomos, cioè reato
non contemplato nella giurisdizione penale. In questi casi il giudice “come spesso accade nella
legislazione penale attica,doveva prima definire il reato e poi il fatto che costituiva reato”,
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come
avvenne per il processo di Socrate, in quanto non esisteva il reato di corruzione della gioventù
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.
Quindi, secondo Montuori, Ermippo non poteva accusare Aspasia tramite una graphè
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, o atto di
citazione in giudizio, per cui non sussistevano i requisiti legislativi, ma solo tramite una probolè
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, o
richiesta che l'assemblea,e non ancora i tribunali, si pronunciasse in via preliminare sulla liceità o
meno di un comportamento giudicato penalmente rilevante, ma per il quale non esisteva ancora
riconoscimento e sanzione. Se l'assemblea decideva di non considerare il fatto un reato, l'accusatore
non doveva temere le pesanti ripercussioni dell'atimìa, e poteva abbandonare semplicemente
l'accusa.
5)
Montuori crede quindi che Ermippo avesse intentato contro Aspasia una semplice probolè presso
l'assemblea per un reato che, pur non essendo ancora contemplato nella legislazione, era nondimeno
molto pericoloso, quello di medismo. In seguito, essendo stata ritenuta Aspasia innocente, Ermippo
non fu colpito da atimìa e incassò semplicemente la sconfitta senza subire altre conseguenze. D'altra
parte, egli argomenta, un poeta comico, abituato a trattare sulla scena situazioni anche poco
edificanti, come avrebbe potuto seriamente essere scandalizzato dal fatto che Aspasia procurasse
donne a Pericle, o preoccupato che diffondesse dottrine non ortodosse ugli dei?
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Per colpirla in
quanto personaggio pubblico, gli sarebbe bastato accusarla sulla scena, diffamandola in una sua
commedia.