2
Al di là dei dati sulla qualità percepita, o di quelli rintracciabili sulla così detta
qualità oggettiva, è largamente condivisa nel nostro paese la necessità di migliorare la
qualità dei servizi sanitari. In questi ultimi anni infatti molti sono i cambiamenti che
hanno investito il SSN in generale e le organizzazioni ospedaliere più in particolare, e
molte sono le attività e i progetti all’interno delle singole strutture che mirano a
implementarne la qualità.
Di seguito viene presentata una ricerca che ha il fine di analizzare cosa stia
concretamente avvenendo all’interno delle organizzazioni ospedaliere per migliorare la
qualità.
Il punto di vista utilizzato è quello della psicologia del lavoro e delle
organizzazioni, punto di vista dal quale vengono prima di tutto analizzati i servizi alla
persona (capitolo 1). Usufruendo della letteratura disponibile vengono approfondite le
caratteristiche delle organizzazioni che producono servizi e che ne determinano
l’elevata complessità: la loro intangibilità e immaterialità, la sovrapposizioni delle fasi
di produzione e consumo, l’impossibilità di standardizzare prodotto e processo
produttivo. Dall’analisi di tali fondamentali caratteristiche emergono altri aspetti di
rilevanza centrale in questi contesti: la relazione tra operatore e soggetto utente del
servizio e la sua implicazione nella costruzione di una condivisa rappresentazione
mentale dell’oggetto di lavoro fra i diversi soggetti implicati, la centralità e
l’importanza della domanda del soggetto e della sua analisi, la centralità del soggetto
utente. Viene inoltre approfondito il macro contesto di cambiamento e mutamento in
cui sono inserite le organizzazioni di servizio alla persona.
Viene poi più specificatamente analizzata l’organizzazione ospedaliera (capitolo
2), il suo fine (la tutela-promozione della salute) e la sua complessità. Complessità
determinata dagli elevati livelli di specializzazione che la caratterizzano, dalla
compresenza dei diversi modelli burocratico e professionale e dalla sua articolata storia.
Si tratta di un insieme di elementi che hanno nel tempo determinato un ruolo particolare
delle organizzazioni ospedaliere nella nostra società, un ruolo carico di significati
culturali che hanno inoltre profondamente risentito della figura centrale del medico e
del suo modello operativo. Vengono inoltre riportate le principali riforme legislative
che hanno, anche recentemente, investito il SSN in generale, e più in particolare le loro
3
implicazioni sulle organizzazioni ospedaliere. In una parola si tratta del così detto
processo di aziendalizzazione.
Il terzo capitolo affronta le motivazioni che hanno portato al centro del dibattito
odierno le tematiche della qualità e i diversi significati, dimensioni e punti di vista dai
quali vederla e trattarla. Vengono quindi approfonditi i principali modelli di
miglioramento della qualità rintracciabili in letteratura, soffermandosi più
specificatamente sugli approcci tecnico-professionale, organizzativo-gestionale e
umanistico-partecipativo.
Tema inevitabilmente associato alla qualità, ma non identificabile con esso, è
quello della valutazione (capitolo 4). Anche in questo caso viene fatta una panoramica
sulle diverse valenze che può avere un processo valutativo all’interno delle
organizzazioni di servizio, soffermandosi sui seguenti punti: gli oggetti della
valutazione, la collocazione temporale della valutazione rispetto a un processo
decisionale, i possibili approcci metodologici e strumentali della valutazione, gli attori
della valutazione. Vengono infine confrontati i processi valutativi che possono
assumere significati organizzativi differenti a seconda delle opzioni rappresentate dai
punti appena menzionati e delle differenti culture progettuali nei quali si inseriscono. A
questo proposito viene posta particolare attenzione alla prospettiva che si basa su un
assunto di razionalità assoluta, a quella che si basa su un assunto di razionalità limitata
e a quella che cade sotto l’etichetta di “approccio dialogico alla progettazione”.
Come detto in precedenza, l’analisi delle tematiche riportate nelle precedenti
righe viene svolta ponendosi dal punto di vista della psicologia del lavoro e delle
organizzazioni. Dallo stesso vertice di lettura è stata progettata la ricerca che, partendo
proprio dalle riflessioni sviluppate attorno a quelle tematiche, ha lo scopo di indagare e
scoprire qual è il significato organizzativo dei processi di miglioramento della qualità
nei servizi ospedalieri, ove per significato organizzativo si intende il senso che essi
hanno per le persone che li hanno commissionati e per quelle che li hanno progettati
all’interno di organizzazioni reali e concrete.
Le ipotesi di partenza della ricerca si configurano come essenzialmente
“deboli”, nel senso che non viene ricercata una verifica o una falsificazione, ma
semplicemente una risposta, al fine appunto di scoprire come nascono e si sviluppano i
processi di miglioramento della qualità.
4
L’approccio metodologico utilizzato, di conseguenza di tipo qualitativo-
narrativo, ha permesso ai soggetti incontrati di raccontare le storie dei progetti-qualità
da loro seguiti. È proprio da questi racconti che, nell’ottica della grounded theory, sono
emerse delle particolari aree tematiche e contenutistiche oggetto di analisi e
discussione.
In poche parole la ricerca di seguito presentata ha la valenza di un’azione
valutativa trasversale, in quanto viene sviluppata su più di una realtà, e in itinere,
perché indaga processi di miglioramento della qualità già pienamente avviati ma ancora
lontani dalla conclusione.
I miei ringraziamenti vanno prima di tutto ai soggetti intervistati, che hanno
manifestato grande interesse dando la loro disponibilità per questa ricerca, al Dott.
Pincetti Nervi, che mi ha aiutato nella loro individuazione, e alle Dott.sse Caterina
Gozzoli e Andreina Bruno, che mi hanno pazientemente seguito durante la
realizzazione di questa tesi di laurea. Vorrei infine ringraziare Edoardo Lozza per le
innumerevoli e piacevoli discussioni avute con lui in questi anni universitari.
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CAPITOLO 1
STATO DEI SERVIZI
1
“La realizzazione concreta e fattuale dei diritti civili dipende dalla maggiore o minore presenza
di organizzazioni che, attraverso il servizio, rendano tali diritti operanti” (Capranico, 1992, pag. 8).
“Senza servizi la vita sociale quotidiana della nostra civiltà, quella vita quotidiana che non di
rado diamo per scontata, sarebbe semplicemente impossibile” (Capranico, 1992, pag. 9).
Queste due frasi di Capranico appaiono adatte a rendere ragione dell’interesse,
dell’importanza e della numerosa e variegata letteratura rintracciabile sui servizi. I
servizi rappresentano infatti al giorno d’oggi una realtà estremamente estesa che
coinvolge praticamente qualunque cittadino, sia in qualità di usufruente che di
produttore.
Ma cosa sono i servizi? Come definirli?
Il Dizionario Italiano Ragionato (1988) definisce il termine servizio
letteralmente come “la condizione propria del servo”. Servizio deriva infatti dal
sostantivo latino servus e dal verbo inglese service. Se al giorno d’oggi non è più
diffusa, e soprattutto accettata e accettabile socialmente, la condizione del servo, ha
invece destino opposto il desiderio e il piacere di essere serviti. Piacere che deriva, oltre
che dal sentimento di essere sollevati da una fatica, dal sentimento di padronanza, dal
“sentirsi padroni” proprio di colui che un tempo aveva posizione complementare al
servo: il padrone. Infatti:
1
“Stato dei Servizi” è il titolo di un testo di F. Olivetti Manoukian (1988), che ho qui ripreso in quanto
particolarmente suggestivo.
6
“Al decremento dell’uso sociale del termine servo sembra corrispondere un contemporaneo e
inverso incremento dell’uso del termine signore.” (Capranico, 1992, pag. 29).
Servizio sarebbe quindi associato a una condizione di subalternità. Ma, come
detto, nel contesto odierno nessuno nei servizi vuol fare il servo. Eppure la società
moderna è passata, nei paesi tecnologicamente più evoluti, dall’antico predominio
dell’attività primaria (agricoltura) e dal più recente predominio dell’attività secondaria
(industria), al predominio dell’attività terziaria (servizi). Così è divenuto o diventerà
proprio della maggioranza il “servire”, ma non come ai tempi della schiavitù.
Sorge quindi la domanda: di che tipo di servire si tratta? E quali valori motivano
questo servire? Anche rispetto al fatto che oggi sempre più persone sono impegnate nel
volontariato, una modalità di “mettersi al servizio di” connotata e connotante grande
attenzione alle relazioni sociali.
7
1.1 LA COMPLESSITA’ DELLE ORGANIZZAZIONI DI
SERVIZIO
Le organizzazioni che producono servizi si caratterizzano per essere a elevata
complessità, complessità in parte condivisa con le organizzazioni che producono beni.
Senza anticipare tematiche che verranno fra poco affrontate, è importante sottolineare il
fatto che qualunque sistema, sociale o naturale che sia, è caratterizzato da elevata
complessità. Il termine complesso fa riferimento al tessuto, all’intreccio di parti diverse.
Il tessuto possiede infatti caratteristiche che le singole parti non hanno e che solo
limitatamente possono essere spiegate riconducendosi a elementi semplici (Zanarini,
1990).
Accanto all’idea di organizzazione come gestalt si rilevano altri aspetti. Per
organizzazione complessa va inteso un sistema non riducibile alle sue singole parti
costituenti, aperto e in continuo interscambio con l’ambiente esterno, in continuo
cambiamento, alla continua ricerca di un equilibrio, che deve far fronte a molteplici
esigenze e obiettivi sia interni che esterni, costituito da molteplici livelli compresenti e
intrecciati fra di loro, attraversato da plurime e differenti logiche di funzionamento
(Zanarini, 1990; Bifulco, 1996).
Se tali caratteristiche sono presenti sia nelle organizzazioni che producono beni,
sia in quelle che producono servizi, in queste ultime va sottolineata la presenza di altri
aspetti che assumono più importanza e peculiarità. Si tratta di caratteristiche che
possono essere viste sia come elementi di complessità che come elementi di “caos”. In
questa sede verranno trattati secondo la prima accezione, e comunque nella convinzione
che si tratti in entrambi i casi di caratteristiche che la realtà non possiede in sé ma che
gli attribuiamo noi.
In questa breve carrellata sulle principali caratteristiche dei servizi, si farà più
che altro riferimento ai servizi alla persona. Si tratta sia di servizi people processing,
rivolti ai corpi umani (trasporti, servizi sanitari), che di servizi mental stimulus
processing, rivolti alle menti umane (educazione, formazione, psicoterapia) (Ferrari,
1998).
Vediamo quindi quali sono questi ulteriori fattori specifici dei servizi.
8
INTANGIBILITA’ E IMMATERIALITA’ DEI SERVIZI.
Nelle organizzazioni che producono servizi, rispetto a quelle che producono
beni, vengono esasperate le caratteristiche di intangibilità e immaterialità dei prodotti.
Si tratta di caratteristiche non peculiari dei servizi, ma che in questi assumono maggiore
rilevanza (Normann, 1985; Capranico, 1992). Al giorno d’oggi, infatti, praticamente
qualunque bene – basti pensare a un’automobile, un elettrodomestico, ma anche ad altri
prodotti dal valore monetario di gran lunga inferiore – è accompagnato da servizi.
Servizi che possono essere più o meno simbolici – per rimanere nell’esempio
dell’automobile, si passa dai vari tipi di garanzia e assistenza, al significato
simbolico/psicologico aggiunto – e che hanno sempre più peso nel determinarne il
valore
2
. Nella produzione, acquisto e utilizzo dei beni rimane però, a differenza dei
servizi, un ancoraggio forte alla concretezza fisica del prodotto, che essendo
“afferrabile” dai cinque sensi ne permette anche una più facile rappresentazione
mentale. Per di più, le tradizioni e i linguaggi della cultura occidentale contemporanea
fanno sentire molto più a proprio agio nell’affrontare il materiale, il concreto, il
tangibile che non l’astratto e l’intangibile (Normann, 1985).
Vari autori sottolineano a questo proposito la maggiore percezione di rischio che
si ha nell’acquistare servizi e alla quale sia il soggetto acquirente che l’operatore
cercano di far fronte. Per cercare di ridurre e contenere l’incertezza degli acquirenti, i
fornitori di servizi si muovono offrendo informazioni concrete, visibili e tangibili,
destinate a mostrare natura e qualità del servizio offerto. In altri casi invece si offrono
garanzie sulla soddisfazione, o ancora si fa leva sul contatto personale. Si tratta di
strategie che hanno il fine di ridurre la percezione di rischio attraverso una
“presentificazione dell’assente” che permette più facilmente di “tangibilizzare” il
beneficio
3
(Capranico, 1992).
2
Appunti delle lezioni del corso di “Psicologia delle Organizzazioni” tenuto dal Professor C. Kaneklin,
anno accademico 1999/2000, Università Cattolica di Milano. Si veda anche Normann (1985).
3
Sempre seguendo Capranico (1992), è interessante anche il processo logico sviluppato da parte
dell’acquirente per far fronte alla percezione di rischio. Si tratta del ragionamento abduttivo. Nei servizi,
infatti, di deduzioni (che seguono la logica: regola-caso-risultato) se ne possono fare poche, e altrettanto
si può dire per le induzioni (caso-risultato-regola). Invece l’abduzione (che segue la logica risultato-
regola-caso) a partire dall’esperienza di un bisogno o di una mancanza, formula una ipotesi, una
conclusione valida nel suo immediato futuro.
9
I servizi alla persona si configurano così come sfuggevoli e ambigui, come una
“scatola nera” invisibile e impalpabile.
L’intangibilità/immaterialità dei servizi implica altre caratteristiche proprie di
questi contesti produttivi, prima fra tutte la sovrapposizione delle fasi di produzione e
consumo.
LA PRODUZIONE DEI SERVIZI COINCIDE CON IL LORO
CONSUMO.
I servizi non possono essere prima immaginati, realizzati, quindi immagazzinati
e infine consumati. Queste fasi, distinguibili per la produzione dei beni grazie alla loro
concretezza fisica, si sovrappongono nella stessa unità spazio-temporale nel caso dei
servizi. Questo implica anche una contemporanea presenza delle diverse competenze, ed
eventualmente dei diversi ruoli, necessarie alla produzione del servizio, sia per quanto
riguarda i diversi livelli della catena produttiva, sia per la contemporanea presenza del
produttore e del consumatore
4
.
Così:
“L’organizzazione che produce servizi […] è costretta a considerare come centrale il rapporto
tra produttore e consumatore” (Capranico, 1992, pag. 12).
La produzione dei servizi si differenzia quindi molto da quella dei beni. Se
questi ultimi consistono nella trasformazione di materie prime che vengono trattate e
trasformate sulla base di un prototipo, la produzione dei servizi invece si caratterizza per
il fatto di:
“Lavorare trattando dati e informazioni; produrre in dipendenza dalle capacità di
simbolizzazione che si riescono (operatori ed utenti) ad attualizzare” (Kaneklin, 2000, pag. 36).
4
Si veda al proposito: Normann, 1985; Capranico, 1992; Barbarino, Leonardi, 1997; Olivetti Manoukian,
1998.
10
IMPOSSIBILITA’ DI STANDARDIZZARE PRODOTTO E PROCESSO
PRODUTTIVO.
La produzione dei servizi non può avvenire in serie ed essere routinizzata, sia
per la sua sovrapposizione con la fase del consumo, sia per l’impossibilità di
standardizzare un prodotto che dovrebbe rispondere a una domanda anch’essa non
standardizzabile in quanto mai uguale a se stessa, e mai uguale a se stessa perché
soggettiva. Il servizio non può essere prodotto “chiavi in mano” secondo una logica che
non comprende l’usufruente (Kaneklin, 1999; 2000).
A questo si aggiunge il fatto che oggi i clienti hanno rafforzato le loro
competenze, occupano posizioni più attive e hanno a disposizione più informazioni che
permettono loro un aumento di conoscenze ed esigenze. Il rafforzamento della loro
“identità di acquirenti” porta a una maggiore eterogeneità di domande rispetto alle quali
ci si aspetta risposte altrettanto eterogenee. Quindi i servizi godono di scarsa o nulla
brevettabilità. Si vuole qui sottolineare quanto in questi contesti ogni “storia produttiva”
sia singolare, e di conseguenza, quanto sia difficile stabilire obiettivi e modalità
produttive routinarie, predefinite a prescindere dal particolare interlocutore che si ha di
fronte.
“La produzione dei servizi richiede di attivare dei processi relazionali che non sono
predefinibili” (Olivetti Manoukian, 1998, pag. 53; si veda anche Normann, 1985; Caprinico, 1992).
Questo non vuol dire che ci sia totale e completa indeterminatezza, ma piuttosto
che operatore e soggetto debbano costruirsi una prefigurazione di ciò che è possibile
produrre da una parte, e dall’altra che l’organizzazione abbia sufficiente elasticità e
flessibilità per poter adeguarsi alle caratteristiche e alle esigenze del soggetto, al fine di
erogare un servizio realmente utile (Olivetti Manoukian, 1998).
D’altra parte è anche vero che la domanda stessa è spesso già codificata in
termini di possibile risposta. C’è cioè una condivisione (e a volte imposizione) sociale
che determina a priori cosa poter (e a volte dover) chiedere a un ente. Questo è
determinato dal fatto che:
11
“Il gruppo e l’organizzazione definiscono i problemi generali […] entro cui vengono poi
costruiti quelli specifici. I problemi specifici sono dunque più o meno dinamicamente declinati o
sovrapposti a quelli canonici, tipici, per i quali esistono già pensieri organizzati e possibili strategie
d’azione” (Orsenigo, 1999B, pag. 12).
Data l’impossibilità di standardizzare i servizi, le unità di confine, ovvero tutti
gli operatori che hanno un contatto diretto con gli elementi esterni all’organizzazione, si
devono destreggiare fra innumerevoli vincoli e contingenze che l’organizzazione non
controlla (variabili esogene) al fine di perseguire un continuo adattamento (Thompson,
1994).
Date queste caratteristiche maggiormente stressate dalle organizzazioni di
servizio, emergono altri aspetti che diventano di importanza peculiare in questi contesti
produttivi. Infatti l’intangibilità degli oggetti, l’impossibilità di standardizzarli, il
bisogno di elasticità e flessibilità, la sovrapposizione di produzione e consumo,
sottolineano la necessità di porre maggiore attenzione, tanto nella teoria quanto nella
pratica, ad alcuni importanti punti.
LA RELAZIONE.
La relazione rappresenta lo strumento produttivo più importante nei servizi.
Stante il fatto che i servizi si producono e consumano nella stessa unità spazio-
temporale, contenitore e spazio di questa unità è proprio la relazione. I servizi si
caratterizzano infatti per l’essere a elevata “tecnologia umana”, consistono in azioni e
interazioni che sono eventi sociali (Normann, 1985). Si può addirittura arrivare a dire
che il servizio coincide con la relazione, è la relazione, e:
“Se servizio coincide con relazione, il rimando è a una dimensione di singolarità, irripetibilità e
non trasferibilità propria della relazione stessa” (Regalia, Bruno, 2000, pag. 21-22; si veda anche:
Bruno, 1999; Olivetti Manoukian, 1998).
Inoltre la maggior parte dei servizi sono fortemente personality intensity. Ciò
vuol dire che il prodotto-servizio fornito al cliente è fondamentalmente il risultato del
12
modo in cui gli attori coinvolti nella produzione operano, al di là del fatto che
dispongano o meno di una grande quantità di capitale e attrezzature (Normann, 1985).
Anche Bruno (1999) sottolinea quanto nei servizi la tecnologia arrivi a
coincidere con l’operatore che è un “knowledgeworker”, cioè lavora trattando dati e
informazioni, e in questo ha ampia discrezionalità. Emerge così l’alto grado di socialità
presente nei servizi, ove la componente umana non è una semplice aggiunta ma la
risorsa fondamentale e ove le componenti relazionali acquistano un’importanza centrale.
LA RAPPRESENTAZIONE MENTALE DELL’OGGETTO DI LAVORO.
La relazione non è solo il principale strumento produttivo dei servizi, è anche il
principale strumento e luogo in cui poter costruire una rappresentazione mentale
dell’oggetto a cui si intende pervenire, del prodotto-servizio a cui si vuole arrivare. Non
avendo infatti forti riferimenti alla realtà fisica, è di fondamentale importanza per tutti
coloro che sono coinvolti nel processo produttivo, quindi sia per l’operatore che per
l’usufruente, la costruzione mentale di quello che si intende raggiungere (Olivetti
Manoukian, 1998). Si tratta di un lavoro che può essere difficilmente fatto a priori,
pensato e progettato prima della concreta e soggettiva presenza del soggetto, come
vorrebbe l’approccio tayloristico, perché, come detto sopra, siamo in contesti non
standardizzabili e ad elevata quota di soggettività. Il servizio:
“Non deriva dall’adempimento di un mandato organizzativo e/o tecnico scientifico, ma dalla
costruzione (processuale) degli oggetti di lavoro attraverso le aperture di senso che possono derivare
dall’analisi delle rappresentazioni mentali disponibili” (Kaneklin, 2000, pag. 36).
Si evidenzia così la necessità di trovare tempi e spazi logici per svolgere un
lavoro dialogico tra i soggetti coinvolti, al fine di poter co-costruire una
rappresentazione mentale condivisa dell’oggetto di lavoro, e in tal modo, come
vedremo nel capitolo sulla valutazione, poterlo anche valutare e apprezzare. Tale lavoro
coinvolge non solo la relazione tra operatore e usufruente, ma anche il gruppo di
operatori, che deve attivarsi al suo interno per poter trovare un comune e condiviso
obiettivo, confrontandosi in tale lavoro con le differenti professionalità, competenze,
ruoli, percorsi formativi, linguaggi utilizzati e anzianità sia anagrafiche che
professionali. Si tratta di un lavoro che va continuamente reiterato e non certo facile a
13
realizzarsi, in quanto poco o nulla standardizzabile e sempre e inevitabilmente
attraversato da elementi di contrasto e conflitto.
Nell’individuazione e costruzione dell’oggetto di lavoro giocano una parte
fondamentale le professioni. Le professioni forniscono i quadri di riferimento e gli
schemi mentali che indirizzano e determinano l’individuazione dei problemi.
“Il sapere professionale può essere inteso come una serie di routine di pensiero ed operative,
che portano od indirizzano a scegliere problemi ed oggetti di lavoro rassicuranti, perché già noti. In
questi casi riconosciamo i problemi, più che costruirli. Scegliamo e organizziamo i dati guidati da un
sapere precostituito che ci protegge dalla confusione, dall’indeterminatezza, dal vuoto. Nelle professioni
questo sapere è organizzato generalmente in maniera tale da far corrispondere definizioni di problemi a
soluzioni già disponibili” (Orsenigo, 1999B, pag. 24; si veda anche: Olivetti Manoukian, 1998; Gagliardi,
Quarantino, 2000).
È interessante a questo proposito il concetto di compito primario, approfondito
da Bruno (1999). L’Autrice mette in evidenza come l’organizzazione di servizi debba
scoprire e riscoprire continuamente il suo compito primario, obiettivo dinamico,
sfaccettato e mutevole, rispetto al quale, proprio per queste caratteristiche vi deve essere
confronto e riflessione all’interno di gruppi e organizzazioni.
CENTRALITA’ E IMPORTANZA DELLA DOMANDA E DELLA SUA
ANALISI.
La domanda rappresenta il punto di partenza temporale e logico per la
produzione del servizio. Se quest’ultimo, come prodotto e come processo, si deve
adeguare alle caratteristiche del soggetto e del problema da lui posto, al fine di essere
realmente utile, assume rilevanza centrale la domanda e la modalità con cui questa viene
trattata. La domanda infatti, per quanto influenzata dal contesto sociale di appartenenza,
che ne determina l’indirizzo a un’organizzazione o ente piuttosto che altri e che fa sì che
in qualche maniera sia già formulata nei termini della possibile risposta, si presenta
come un dato grezzo, che necessita di elaborazione.
La domanda deve essere trattata in quanto non appare, il più delle volte, espressa
in forma chiara e univoca, e ciò è dovuto al fatto che non viene richiesto un oggetto
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concreto, ma qualcosa di intangibile. Per di più i problemi sottostanti la domanda spesso
non esistono “in natura”, nella realtà.
“Potremmo affermare che i problemi hanno bisogno di essere pensati per esistere, non essendo
dati naturali, […] in una qualche misura li dobbiamo costruire. Per fare ciò, quindi per pensarli,
individui e organizzazioni devono ricorrere – in genere lo fanno inconsapevolmente – a strumenti per
pensare, quadri di riferimento, contenitori, pezzi di pensieri già pensati” (Orsenigo, 1999B, pag. 14-15;
si veda anche: Orsenigo, 1999A; Olivetti Manoukian, 1998).
Alla base della richiesta vi è una rappresentazione mentale spesso confusa,
offuscata, non chiaramente definibile, maneggiabile e trattabile, che ha a che fare con
bisogni, sofferenze, disagi, mancanze e non con elementi materiali. Così, o la domanda
viene accolta e trattata solo nel caso in cui si uniforma a ciò che organizzazione, gruppo
e operatore possono riconoscere e manipolare come tale, all’interno quindi di una
modalità autoreferenziale standardizzata e di una visione dei problemi come oggetti
statici; oppure viene accolta attraverso un lavoro dialogico tra le persone che ha come
fine non solo quello della chiarificazione, ma anche e soprattutto quello di una vera e
propria co-costruzione mentale, una rappresentazione condivisa dell’oggetto su cui si
andrà a lavorare, considerando in questo caso i problemi come elementi dinamici,
instabili e sfuggenti. L’analisi della domanda – e del problema – ha cioè il fine di
evitare una modalità autoreferenziale di agire, al fine di erogare servizi realmente utili,
che non possono essere pensati, progettati e realizzati prima della loro erogazione.
Servizi che, come vedremo fra poco, coinvolgono inevitabilmente il soggetto in
posizione attiva, a partire da ciò che lui ha “denunciato” come problema.
Emerge così l’importanza di uno strumento apparentemente banale, ovvero
quello dell’ascolto. L’ascolto, sia letteralmente che metaforicamente, può aiutare
l’operatore a farsi “contenitore” del soggetto e di ciò che questo si porta dietro.
L’ascolto permette cioè non solo l’accoglimento del bisogno e della sofferenza del
soggetto, ma anche la sua interpretazione (Capranico, 1992).