™ Infine, gli si consente di riportare indietro la merce se
questa si sia rivelata non di suo gradimento.
Anche se in condizioni ambientali molto diverse, i grandi
magazzini sorgono in modo simile e il successo nei confronti
delle botteghe tradizionali è dirompente.
Un’altra sostanziale diversità tra il vecchio e il nuovo modo di
intendere il commercio è ben presente nella comparazione che
segue.
Il negozio tradizionale, soprattutto nell'abbigliamento, si occupa
di una linea di prodotti molto delimitata, le buone regole del
mestiere gli dicono che non si tratta di vendere molto, ma di
vendere con forte profitto.
Il grande magazzino offre invece un ampio assortimento,
cioè una vasta gamma di prodotti.Il punto di partenza è dato
di solito dagli articoli di vestiario, dalle stoffe e dai tessuti, ma
ben presto l'attività si diversifica: si forma una sezione per
l'arredamento e i prodotti per la casa, per la gioielleria, per la
cartoleria e per i giocattoli.
Fondamentale diventa vendere grandi quantità di merci a
moltissimi clienti e ad un prezzo notevolmente inferiore a quello
praticato dalla concorrenza.
Come già affermato, i margini di guadagno sono volutamente
tenuti bassi poiché come è facile intuire l'obbiettivo è mantenere
la merce in magazzino il più breve tempo possibile…
Ci si serve della pubblicità, attraverso cataloghi, annunci,
manifesti, come mai era avvenuto in passato. Si cura la
disposizione delle vendite in modo che nessun angolo rimanga
deserto, ma dappertutto ci siano clienti e confusione, e soprattutto
sia affollato l'ingresso, motivo certo di curiosità per i passanti.
All'interno l'ambiente è confortevole con più di un tocco esotico.
L’accostamento delle merci è tale da colpire l'occhio con la
contiguità dei colori più accesi, mentre sui banchi stoffe e tessuti
sono posti in modo apparentemente disordinato. Le sezioni sono
collocate in modo che il cliente si muova il più possibile e venga
stimolato ad acquisti cui non aveva pensato al momento
dell'entrata.
La "vendita porta vendita" e quindi l'ingresso libero e l'aver
posto sotto uno stesso tetto prodotti molto diversi si rivela un
elemento molto favorevole.
Il grande magazzino, infine, non concede generalmente credito e
il flusso di denaro è tale da renderlo indipendente da finanziatori
esterni. Tutti questi nuovi criteri di gestione del punto di vendita
rappresentano un'evidente soluzione di continuità con il passato.
Superiorità organizzativa, grandi superfici di vendita, ampi
assortimenti merceologici, disponibilità finanziaria divengono i
fattori chiave della moderna gestione delle strutture di vendita
in termini imprenditoriali NASCE COSI’ LA
DISTRIBUZIONE MODERNA.
1.2. L'ESEMPIO DEL BON MARCHÉ
Storicamente le prime forme distributive moderne nacquero
nella seconda metà dell’800 grazie ad Aristide Boucicaut che
nel 1852 applica gradualmente questi innovativi criteri
gestionali ad un florido negozio di tessuti ed abbigliamento di
Parigi: il Bon Marché.
Il successo è irresistibile. Le vendite passano da 500.000
franchi nel primo anno a cinque milioni nel 1860, a venti
milioni nel 1870. Quando muore, nel 1877, Boucicaut è
probabilmente il proprietario della maggiore impresa al
dettaglio esistente al mondo.
L'esempio del Bon Marché trova rapidamente degli imitatori a
Parigi, come il Magazzino Louvre che punta su una clientela a
più alto reddito, e poi Printemps, alla cui guida è un ex-
dipendente di Boucicaut, e la Samaritaine.
Ma è negli Stati Uniti che fra il 1860 e il 1880 i "departement
stores" si moltiplicano: a New York, con il più vasto mercato
della nazione, per proseguire a Chicago, Filadelfia, Boston,
Baltimora, Detroit. Più lenta è l'evoluzione della nuova forma
di organizzazione commerciale in Gran Bretagna, in
Germania, nei Paesi Bassi, in Svizzera, in Scandinavia, paesi
nei quali però dopo il 1890 consegue notevoli affermazioni.
In Italia i primi grandi magazzini furono avviati alla fine
dell’800 per iniziativa di due commercianti, Bocconi a Milano
e Mele a Napoli. Grazie all'attività dei fratelli Bocconi, che
operavano nel commercio milanese per tradizione famigliare,
nel 1877 viene aperto il primo grande magazzino nel
capoluogo lombardo, seguito da filiali nei maggiori centri
urbani del Paese.
I magazzini della ditta Bocconi saranno poi acquistati da "La
Rinascente", la società che perseguirà il preciso obiettivo di
portare alla definitiva affermazione anche in Italia la nuova
formula commerciale.
1.3. I MAGAZZINI A PREZZO UNICO
I primi anni del nostro secolo, hanno visto nascere anche in
Italia i magazzini a "prezzo unico", sulla base del modello
americano promosso da Woolworth.
Il termine "vendita a prezzo unico" non è del tutto corretto: in
realtà ci si avvale di una scala di prezzi che corrispondono a
multipli e sottomultipli dell'unità monetaria, una scala tanto
più estesa quanto più si passa dal mercato americano e dal
mercato inglese a quello dell'Europa continentale, nel quale i
gusti e le preferenze individuali incidono in misura maggiore.
Cosi', se la più grande impresa in questo campo degli Stati
Uniti e della Gran Bretagna, la Woolworth, attorno al 1935,
vende con un sistema che prevede tre prezzi, in Italia nello
stesso periodo la Upim scagliona le sue merci su una
cinquantina di prezzi.
L'essenziale è che si tratti di prodotti soggetti a vendite di
massa, che rispondano cioè a una domanda vasta e
costante, non influenzabile dalla moda o da gusti personali.
Non solo quindi si limitano i tipi di merci, ma soprattutto si
limita l'assortimento delle singole merci che in genere non
supera i cinquemila articoli cosi da andare incontro alle
ordinarie esigenze della clientela.
L’obiettivo del magazzino a "prezzo unico" è dunque
quello di raggiungere la più ampia fascia possibile di
consumatori e, a questo scopo, si colloca non solo nelle
metropoli, ma anche nelle città medie e piccole, ovunque vi
sia un notevole addensamento demografico.
Il magazzino a "prezzo unico" mantiene dunque alcune
caratteristiche proprie del grande magazzino, sia dal punto di
vista del tipo di offerta presentata, sia dal punto di vista
organizzativo.
Innanzitutto può effettuare acquisti di massa per una gamma
più ristretta di prodotti, riuscendo ad esercitare una maggiore
pressione sui fornitori e perciò a spuntare prezzi più bassi.
Si differenzia inoltre in modo abbastanza netto dal grande
magazzino per altri elementi caratteristici, determinati proprio
dal largo consumo della merce posta in vendita. Non si
presenta più la necessità della grandiosità e del lusso tipici del
grande magazzino, bastano locali spaziosi, appositamente
disegnati per permettere al cliente ampia libertà di movimento.
Non è più necessario spendere somme notevoli per la
pubblicità; e neanche è necessario attirare la clientela
offrendole servizi come sale di lettura o da tè o cabine
telefoniche o particolari benefici come la possibilità di
restituire i prodotti ritenuti insoddisfacenti.
D'altra parte l'atto della vendita appare molto semplificato,
tanto che è possibile utilizzare forza lavoro meno qualificata
rispetto a quella in servizio presso i grandi magazzini.
Infine nel nostro Paese le più importanti imprese che si
presentano sul mercato con questa innovativa formula
commerciale sono Upim dapprima e Standa subito dopo.
Nel 1928 La Rinascente, costituita nel 1917 dall’industriale
Senatore Borletti allo scopo di rilevare i magazzini Bocconi,
aprì il primo magazzino Upi a Verona, la cui insegna sta per
"Unico Prezzo Italiano", lo stesso fu poi ridenominato UPIM
(dove la M sta per Milano). Il capitale della società è
interamente posseduto da La Rinascente, ma per precisa
volontà di Franco Monzino, il dirigente che più aveva voluto
l'introduzione in Italia della nuova formula commerciale, il
grosso del pubblico avrebbe dovuto ignorare la comune
origine delle due aziende. In tal modo gli avversari non
avrebbero avuto interesse a svalutare l'iniziativa, mentre il
pubblico avrebbe visto un fenomeno di dinamismo nelle due
ditte separate e si sarebbe appoggiato ora all'una ora all'altra.
Lo stesso Monzino, lasciata La Rinascente per alcuni
disaccordi, fonda nel 1931 la "Società Anonima Magazzini
Standard", la quale aprirà nello stesso anno il suo primo
magazzino a Milano con l’insegna "MODERNO 33", che in
seguito, e più precisamente nel 1937, prenderà il nome di
"Standa".
Ciò che risulta in definitiva è un organismo agile e flessibile
con un elevato indice di rotazione delle merci, che consente di
ottenere un ottimo livello di profitto totale anche se quello per
unità di merce è basso.
Tra le maggiori imprese operanti nel settore ricordiamo
Woolworth, importata in Inghilterra dall'omonimo
imprenditore americano. Sempre in Inghilterra vanno citate
Marks and Spencer e The British Home Stores.
In Germania sono presenti Leonard Tietz e Karstadt; mentre in
Francia conquistano un facile successo Nouvelles Galeries e
Printemps.
1.4. LA NASCITA DI NUOVE FORMULE
DISTRIBUTIVE
Dalla metà degli anni '50 anche nei paesi europei compare la
formula commerciale maggiormente destinata al successo e
alla diffusione: il supermercato.
Alla base di questa nuova tipologia di vendita, stanno una serie
di importanti cambiamenti economici e sociali che hanno
particolarmente caratterizzato lo scenario europeo nel secondo
dopoguerra.
⌢ INCREMENTO DEI CONSUMI PRIVATI
PRO CAPITE
⌢ CONSIDEREVOLI FENOMENI DI INURBAMENTO
⌢ PROFONDE MODIFICAZIONI INTERVENUTE
NELLE CONDIZIONI DI VITA DEI CONSUMATORI
Sono tutti elementi che hanno fortemente condizionato il
mutamento dell'offerta di servizi commerciali da parte delle
imprese operanti nel settore.
1.5. I COMPARTI GROCERY E NON GROCERY
Un connotato di grande rilievo del nuovo mercato dei servizi
commerciali è rappresentato dalla separazione, sempre più
netta, tra due tipologie commerciali di beni: quella dei beni di
largo consumo, o non problematici, o cosiddetti banali
(GROCERY), e quella dei beni problematici (NON
GROCERY).
Si tratta di due comparti fondamentali della distribuzione
commerciale, caratterizzati da tecniche di vendita, da
meccanismi competitivi, da rapporti con l'industria,
sostanzialmente differenti.
Un prodotto viene considerato "bene di largo consumo" in
relazione alla sua idoneità ad essere sottoposto alle regole della
distribuzione di massa, indipendentemente dalla frequenza di
acquisto o dal suo valore unitario.
Questa idoneità dipende si dalle caratteristiche merceologiche
e dal grado di conoscenza del bene di cui dispone il
consumatore, ma anche dalla capacità del sistema distributivo
(e industriale) di convincere il consumatore ad accettare un
trattamento commerciale dei beni sostanzialmente differente
dal grande magazzino e caratterizzato dalla standardizzazione
del servizio, e dalla diminuzione del costo di distribuzione.
Più specificamente, si può parlare di beni "BANALI" quando:
l'attività di acquisto assume un significato routinario;
l'acquirente è disposto a rinunciare al servizio di assistenza
offerto dal commerciante, manifestando una forte propensione
agli acquisti di tipo a self-service; il consumatore non è
disposto ad investire risorse di tempo nell'attività di acquisto
dei prodotti;il consumatore tende a preferire i punti di vendita
con un assortimento molto ampio, tale da favorire la
concentrazione degli acquisti.
Diversamente, i beni sono ritenuti "PROBLEMATICI"
quando: le decisioni di consumo sono rese complesse da
innumerevoli variabili; oltre ai prezzi e alla qualità dei
prodotti tendono infatti ad assumere una particolare rilevanza
le caratteristiche socio-economiche dei consumatori e gli stili
di vita; l'attività di acquisto non assume un significato
routinario; il consumatore attribuisce un'enorme importanza
al servizio offerto; gli acquirenti sono disposti ad investire
tempo nell'attività di acquisto, tanto da considerarla
un’attività gratificante ed appagante; i consumatori tendono a
preferire i punti di vendita con un assortimento specializzato e
profondo, in grado cioè di offrire diverse alternative di
acquisto per lo stesso genere di prodotto.
Riporto di seguito alcuni degli esempi più caratteristici delle
due categorie di prodotti. In ragione di queste considerazioni,
appare evidente l'esigenza di proporre un'offerta commerciale
ben differente a seconda della tipologia di prodotti considerata.