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Una vicenda significativa nel panorama editoriale. L’abbiamo raccontata
per evitare che si ripeta qualcosa di analogo.
Gabriele Mastellarini
3
CAPITOLO I
LA P2 E IL CONTESTO
1. Dal compromesso storico alla Commissione Anselmi.
L’anno 1976 è cruciale nella storia della Repubblica italiana. Nel ’76
termina l’egemonia della Democrazia cristiana, che dal dopoguerra ave-
va tenuto saldamente in mano le fila del Governo (prima con il centrismo
degasperiano, poi con la formula del centro-sinistra), e si apre la terza fa-
se
1
, quella del compromesso storico Dc-Pci.
Le elezioni del giugno ’76 segnarono un successo schiacciante del Pci
che fece registrare il massimo storico con un sensazionale balzo in avanti
di oltre sette punti percentuali toccando il 34,4% dei suffragi, mentre il
Psi restava stabile al 10% e la Dc si attestava 38,7%. Numeri impietosi
che costrinsero Andreotti ad affermare:”Senza i comunisti non si posso-
no neppure fare gli auguri di Natale”2.
Le elezioni di quel 20 giugno aprirono dunque un vero e proprio rebus
politico, sullo sfondo del quale emergeva una grave crisi economica e va-
lutaria in cui il Paese era piombato.
L’unica strada per garantire la governabilità era quella di mettere insieme
non solo due schieramenti, ma due ideologie che si contrapponevano dal
termine del secondo conflitto mondiale, ed era incomprensibile che nella
logica della “Guerra Fredda” l’Italia, notoriamente allineata al blocco oc-
cidentale, dovesse proporre un governo di alleanza tra i cattolici e i co-
1
L’espressione di Aldo Moro è riportata in Pietro Scoppola, La Repubblica dei Partiti,
Bologna, Il Mulino, 1997.
2
Cfr. Di Giulio-Rocco, Un ministro ombra si confessa, in Piero Craveri, La Repubbli-
ca dal 1958 al 1992, Torino, Utet, 1995.
4
munisti di Berlinguer.
Fu proprio il leader comunista, a pensare e proporre la soluzione del
compromesso per tirar fuori il partito dalla condizione di immobilismo
dignitoso3 e superare l’annosa crisi della democrazia italiana, divenuta
ormai un vero e proprio “caso”.
Non ha dubbi Piero Craveri:
Il male vero stava piuttosto nel sistema politico in quan-
to tale. L’inizio era stato semplice e ne era stata protago-
nista la Dc di Fanfani degli anni 50, quando aveva fatto
dell’amministrazione pubblica il suo sistema di clientela
e delle imprese pubbliche la fonte dei suoi finanziamen-
ti.
Il regime dorotoeo, che si formò dopo la crisi del fanfa-
nismo, rispondeva già ad una regola diversa, che era
quella della collegialità allargata condominialmente agli
altri partiti di governo. Fattisi fragili gli argini politici
del centro-sinistra era suonata l’ora dell’allargamento
consociativo di questo sistema di cui l’ultimo Moro do-
veva divenire il padre nobile e Berlinguer il partner più o
meno consapevole. […] E, come è stato notato, il feno-
meno della corruzione nel triennio 1976-1978 verrà ad
intrecciarsi con quello della “crisi del Welfare italiano” e
nel decennio seguente (1979-1986) distribuendosi e-
quamente su tutto l’arco dei partiti politici.4
3
P. Scoppola, op. cit. p. 391
4
P. Craveri, op. cit. pp. 547-548
5
Il consociativismo era l’unica strada per permettere la sopravvivenza del-
la Repubblica. Come l’alleanza De Gasperi – Togliatti, nel 1944, aveva
permesso allo Stato di nascere, adesso il “patto” tra Moro e Berlinguer
era fondamentale per permettergli la sopravvivenza. E la soluzione alla
crisi arriva da chi la ha originata, cioè dalla partitocrazia.
Pietro Scoppola spiega che il disegno del compromesso si colloca dentro
la logica della democrazia dei partiti, Piero Craveri pone invece
l’accento sul clientelismo e la corruzione che soggiaceva al sistema; Ser-
gio Turone ha parlato chiaramente di “Politica ladra”, puntando il dito
proprio sulla Democrazia Cristiana:
Esiste certamente un voto clientelare che resta per sua
natura attaccato anche ai partiti più corrotti; ed esiste un
voto ingenuo, che si ripete per fede cieca; ma c’è pure un
elettorato consapevole, che abbandona le forze politiche
più disoneste. Non è un caso che la Dc, dal 1948 al 1992
ha perduto quasi la metà dei propri voti.5
Uno dei periodi più bui della nostra storia, inizia proprio con l’epoca del-
la solidarietà nazionale, vista come la panacea di tutti i mali ma che si ri-
vela causa di accesi contrasti.
Dopo i successi elettorali comunisti del 75 e 76 si pensò
ad una sostanziale alterazione della forma di governo e
che l’alternativa politica dovesse invece necessariamente
5
Sergio Turone, Politica Ladra, storia della corruzione in Italia¸ Roma-Bari, Laterza,
1992
6
passare attraverso una profonda revisione del modello
politico-costituzionale.La crisi del sistema dei partiti
(frammentazione) non permetteva al Governo di eserci-
tare il proprio ruolo.6
Inoltre, tra la fine del 1976 e i primi mesi del 1977 deflagrava in Italia un
conflitto sociale e politico la cui entità andava oltre i connotati
dell’azione terroristica, che pure prese allora a svilupparsi in forme senza
precedenti, investendo soprattutto alcuni rilevanti segmenti dei tessuti
sociali metropolitani e con essi le università e le fabbriche. Fu l’inizio
dell’inverno della Repubblica7, da cui la nazione sarebbe uscita diversi
anni più tardi.
Nella seconda metà del 1976 si ricostituiscono quasi integralmente le
Brigate Rosse, sotto la guida di Mario Moretti, nel 1977 il terrorismo
prese a dilagare in modo incontenibile. Il 1978 rappresenta poi l’anno in
cui questa endemica deflagrazione raggiunse la massima sua estensione
ed anche nel 1979 tutti gli indici dell’attività terroristica rimarranno al
massimo livello.
L’episodio più importante del 1978 fu sicuramente l’affaire Moro, se-
questro di 55 giorni e brutale uccisione dello statista più importante del
nostro Paese, che da tempo aveva strizzato l’occhiolino alla sedia di Pre-
sidente della Repubblica.
Come ha spiegato Francesco Maria Biscione, consulente della prima
Commissione Stragi, il caso Moro fu “il più grande fallimento dello Sta-
6
P. Craveri, op. cit. p. 479
7
Alberto Ronchey, L’inverno della Repubblica, in “Il Corriere della Sera” del 17 otto-
bre 1976
7
to di fronte ad un’emergenza reale e percepita da tutti”8.
Crisi della politica, terrorismo, corruzione e sullo sfondo la “paura dei
rossi” che rievocava in Italia il fenomeno tutto americano del maccarti-
smo (red scared)9.
Con la morte di Aldo Moro si chiuse definitivamente una pagina impor-
tante della storia italiana che mai più verrà riaperta. Non perché Moro
fosse l’unico interprete di questa tradizione politica, ma perché fu
l’ultimo a saperla tenere viva.
Alla scadenza della VII legislatura, (giugno 1979) la crisi politica e isti-
tuzionale della Repubblica poteva già dirsi interamente consumata, con
la caduta del progetto del compromesso storico, che era stato il trave por-
tante dell’esperienza politica di quella legislatura e il dissiparsi di quella
“nuova fase” della politica italiana, che Moro aveva annunziato con en-
fasi prima delle elezioni del giugno 1976.
Nelle elezioni del 4 giugno 1979 il PCI perdeva un milione e mezzo di
voti, pari al 4% (il 30,4% contro il 34,4% del 1976), la DC conservava le
sue posizioni (dal 38,3% al 38,7%). Il PSI arrestava la tendenza alla ca-
duta e rimaneva fermo sul 9,8%, così come i tre partiti laici. Ne usciva
con un vistoso successo il Partito Radicale di Marco Pannella (3,5% con-
tro 1,1%).
La “paura dei rossi”, all’indomani delle elezioni del 1979, era ormai pal-
pabile e lo stesso Berlinguer avvertiva che:
8
Un’intervista completa a Francesco M. Biscione è presente nel documentario audio-
visivo realizzato dall’autore dal titolo Il caso Aldo Moro tra cronaca e politica, Uni-
versità di Teramo, Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione, Cattedra di Storia
del giornalismo, 2001
9
Per un quadro sulla Guerra Fredda e sul “maccartismo” si veda Bruno Bongiovanni,
Storia della guerra fredda, Roma-Bari, Laterza, 2001
8
La discriminazione anticomunista è diventata il tarlo che
corrode le istituzioni, che colpisce la democrazia e che
finisce per danneggiare perfino quelli che se ne fanno i-
niziatori, vessilliferi e custodi. Questo attacco al “centra-
lismo democratico” del Pci diventa, com’è diventato, at-
tacco ai partiti in quanto tali e alla cosiddetta “forma-
partito. […] Non dovrebbe essere difficile capire che
l’attacco non riguarda solo il Pci, ma tutti partiti che ten-
dono ad organizzare le masse e a ordinare in modo nuo-
vo la società in vista di certi ideali.10
Da parte della Dc la chiusura alla linea della collaborazione fu altrettanto
netta. Nel XIV congresso democristiano (febbraio 1980), la segreteria
Zaccagnini escluse ogni possibilità di collaborazione con i comunisti.
Verso la fine dello stesso anno, il 27 novembre, il Pci rispose con una
chiusura netta alla linea del compromesso e formulò a sua volta la propo-
sta di un’alternativa di Governo che avrebbe visto esclusa la Dc, con il
Pci e il Psi a farla da padrone. L’ipotesi del Governo delle sinistre non
trovò proseliti, e tornò invece a verificarsi la conventio ad excludendum11
nei confronti dei comunisti.
In un sistema fondato sul connubio fra parlamentarismo
e proporzionalismo, antitetico non solo al bipartitismo
ma anche al bipolarismo, il centro è uno spazio la cui
occupazione garantisce un potere decisivo. Quando que-
10
P. Craveri, op. cit. p. 902
11
P. Scoppola, op. cit. p. 425
9
sto spazio è occupato da un partito che ha il più largo se-
guito nel paese, si ha una democrazia senza ricambio.12
Si arrivò alla crisi il sistema, e all’interno della DC, c’era chi pensava ad
una soluzione in senso presidenzialista, da istituire attraverso una modi-
fica della Costituzione. Il sistema dei partiti non poteva funzionare13, e la
governabilità svanì proprio all’inizio del decennio, quando i due maggio-
ri partiti formularono le due reciproche clausole di esclusione, tracciando
come unica via quella dell’alternativa e chiudendo ogni eventualità ad un
compromesso-bis.
Il duello tra Pci e Dc, si risolse nella maniera più clamorosa e fragorosa
nell’estate del 1981. Infatti, dopo 36 anni la Democrazia Cristiana perse
la Presidenza del Consiglio che andò al Repubblicano Giovanni Spadoli-
ni, leader laico di uno dei partiti della coalizione.
La presidenza Spadolini era il risultato di un progressivo
logoramento di un sistema politico che, dopo aver dato
tutti i suoi frutti, si trovava ormai in una situazione di
stallo nella quale i partiti intermedi acquistavano un po-
tere e una incidenza di gran lunga superiori al loro peso
elettorale.14
Prima dell’insediamento di Spadolini, un evento aveva scosso la nazione
ed aveva, di fatto, precluso al Governo presieduto da Arnaldo Forlani
12
Ibidem, p. 426
13
P. Craveri, op. cit. p. 479
14
P. Scoppola, op. cit. p.427
10
ogni altra speranza di sopravvivenza.
L’evento che cambiò le sorti della Repubblica è la scoperta delle liste
della Loggia Massonica “Propaganda 2” (che in seguito chiameremo P2)
il 17 marzo 1981.
L’inchiesta, istituita nell’ambito del “caso” Sindona, dai magistrati mila-
nesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone15 portò a quattro perquisizio-
ni: la prima a “Villa Wanda” l’abitazione privata del Gran Maestro Licio
Gelli, la seconda in una suite dell’Hotel Excelsior di Roma, dove Gelli
teneva le “iniziazioni” massoniche, in un’azienda di Frosinone ed ancora
negli uffici di una fabbrica di abbigliamento, la “Gio.Le” di Castiglion
Fibocchi.
Proprio nella cassaforte della “Gio.Le” i militari trovarono e sequestraro-
no una mole imponente di materiale, tra cui la lista dei componenti della
Loggia, definita un vero e proprio “Stato nello Stato”.
La scoperta della P2 spiazza totalmente il Presidente del Consiglio For-
lani che il 21 maggio rende pubblici gli elenchi (in cui compaiono tre
ministri e quarantaquattro parlamentari in carica) e rassegna le sue dimis-
sioni, aprendo de facto il nuovo-corso Spadolini. Tra i primi provvedi-
menti del Repubblicano l’istituzione di una Commissione Parlamentare
d’inchiesta sulla Loggia P2 (Legge 23 settembre 1981, n. 527 -IX Legi-
slatura) sotto la presidenza dell’onorevole Tina Anselmi16.
15
Le modalità della perquisizione e i particolari sono raccontati dallo stesso Gherardo
Colombo, Il vizio della memoria , Milano, Feltrinelli, 1998
16
Composizione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla P2 (CommParlP2)
nel corso della VIII legislatura.
Presidente: ANSELMI Tina (deputato)
Commissari: ANDO’ Salvo (d), ARMELLIN Lino (d), BALDI Carlo (Senatore),
BAUSI Luciano (s), BONDI Giorgio (s), BOZZI Aldo (d), CALAMANDREI Franco
(s), CALARCO Antonino (s), CANULLO Leo (d), CECCHI Alberto (d), CIOCE
11
L’Italia lacerata dai conflitti sociali e dal “sistema dei partiti” si lasciava
alle spalle l’avventura del compromesso storico.
Quello che da più parti emergeva era comunque un len-
Dante (s), D’AMICO Errico (s), D’AREZZO Bernardo (s), DE CATALDO Francesco
(d), DE SABBATA Giorgio (s) FALLUCCHI Severino (s), FONTANA Elio (d),
FONTANARI Sergio (s), GAROCCHIO Alberto (d), GIUST Bruno (s), MELANDRI
Leonardo (s), MORA Giampaolo (d), NOCI Maurizio (s), OCCHETTO Achille (d),
OLCESE Vittorio (d), PADULA Pietro (d), PISANO’ Giorgio (s), RICCARDELLI
Liberato (s), RICCI Raimondo (s), RIZZO Aldo (d), SEPPIA Mauro (d), SPANO Ro-
berto (s), SPERANZA Edoardo (d), TATARELLA Giuseppe (d), VALORI Dario (s),
VENANZI Mario (s) VENTRE Antonio (d), VITALE Giuseppe (s), ZURLO Giusep-
pe (d).
Nel corso della VIII legislatura: BELLOCCHIO Antonio sostituisce CANULLO Leo,
TREMAGLIA Mirko – TATARELLA Giuseppe, BATTAGLIA Adolfo – OLCESE
Vittorio, CIACCI Aurelio – CALAMANDREI Franco, TEODORI Massimo – DE
CATALDO Franco, SANGALLI Carlo – SPERANZA Edoardo, FORMICA Salvatore
– SPANO Roberto.
Composizione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla P2 nel corso della IX
legislatura.
Presidente: ANSELMI Tina (deputato)
Commissari: ANDO’ Salvo (d), ARMELLIN Lino (d), BASTIANINI Attilio (Senato-
re), BATTAGLIA Adolfo (d), BATTELLO Nereo (s), BELLOCCHIO Antonio (d),
COVATTA Luigi (s), COVI Giorgio (s), CRUCIANELLI Famiano (d), DE CINQUE
Germano (s), FALLUCCHI Severino (s), FLAMIGNI Sergio (s), FONTANA Elio (s),
FORMICA Salvatore (d), GABBUGIANI Elio (d), GAROCCHIO Alberto (d), GHI-
NAMI Alessandro (d), GIUGNI Luigi Gino (s), GIUST Bruno (s), IANNI Manlio (s),
MATTARELLA Sergio (d), MELANDRI Leonardo (s), MORA Giampaolo (d), OC-
CHETTO Achille (d), PADULA Pietro (s), PETRUCCIOLI Claudio (d), PINTUS
Francesco (s), PISANO’ Giorgio (s), RICCI Raimondo (s), RIZZO Aldo (d), RUF-
FILLI Roberto (s), SPANO Roberto (s), TEODORI Massimo (d), TESINI Giancarlo
(d), TRABACCHI Felice (d), VALORI Dario (s), VENTRE Antonio (d), VINCENZI
Bruno (d), VITALE Giuseppe (s).
Nel corso della IX legislatura: MATTEOLI Altero sostituisce BERSELLI Filippo,
BEORCHIA Claudio – DE CINQUE Germano, ANGELINI Piero – ARMELLIN Li-
no, GRAZIANI E. Giuseppe – VALORI Dario.
12
to, inesorabile, pervasivo abbandono delle regole di
comportamento scritte e non scritte, essenziali
all’identificazione di un regime politico democratico e
ad uno Stato di diritto, sempre più avulse dal sostrato e-
tico e culturale proprio della politica italiana. E questo si
manifestava per via di personali disegni di potere, che
avevano solo indirettamente carattere politico ed espri-
mevano invece immediatamente ben determinati progetti
speculativi, finanziari, nella migliore delle accezioni, in-
dustriali.
Era tuttavia comune a tutti coloro che si muovevano in
questo contesto la preferenza per un governo forte ed ef-
ficiente, con un’inclinazione tendenzialmente presiden-
zialistica e un’intonazione nazional-popolare.17
L’obbiettivo, più o meno dichiarato, era quello di riformare in senso pre-
sidenzialista un sistema che non garantiva governabilità. Per la prima
volta l’Italia era esposta ad una svolta a sinistra che avrebbe chiuso ogni
rapporto con il blocco occidentale, e prefigurato un improbabile allinea-
mento nei confronti dell’Unione Sovietica. Questa ipotesi fa tornare in-
dietro di qualche anno quando:
A seguito degli effetti destabilizzanti del sistema politico
e sociale determinati dagli avvenimenti del 1968-1969,
si era messa in moto una fitta trama di interventi più o
meno occulti, di cui furono protagonisti settori della de-
17
P. Craveri, op. cit. p. 479
13
stra eversiva e apparati deviati dello Stato, con una diret-
ta o indiretta copertura internazionale. […] Era dunque
prevedibile che, dopo le vittorie elettorali comuniste del
1975 e 1976 e il terremoto politico che ne era consegui-
to, cose analoghe si sarebbero ripetute. Tanto più che il
quadro internazionale nel quale l’Italia era ora inserita
risultava ancora più carico di tensioni.18
La struttura che maggiormente tentò di influenzare la vita politica del
Paese fu proprio la “Loggia Massonica Propaganda 2” del Gran Maestro
Licio Gelli. Un’associazione che si celava dietro l’anonimato garantito
dalla massoneria, ma che poco aveva a che spartire con la stessa “Libera
Muratoria”19.
La P2 era un vero e proprio centro di potere, ramificato in tutti i settori, e
poteva contare su un numero vastissimo di alti ufficiali, burocrati di pri-
mo piano, politici, giornalisti, imprenditori, finanzieri, banchieri. I suoi
18
Ibidem, p. 714
19
Dopo la seconda guerra mondiale la Loggia P2 era stata riorganizzata, trasferendovi
i massoni più in vista o che dovevano restare "coperti". Nel Dicembre 1965 il Gran
Maestro aggiunto Roberto Ascarelli presenta l'apprendista Licio Gelli al Gran Maestro
Gamberini, il quale lo eleva immediatamente di grado nella gerarchia massonica e lo
inserisce nella loggia P2. Nel 1969 Ascarelli e Gamberini affidano a Gelli un non me-
glio precisato incarico speciale nella loggia. Nel 1971 Gelli diviene segretario orga-
nizzativo e ha il totale controllo della loggia. Nel 1972 la loggia viene chiamata "Rag-
gruppamento Gelli-P2", accentuandone le caratteristiche di segretezza evitando qual-
siasi tipo di controllo. Nel 1973 la loggia segreta "Giustizia e Libertà" si fonde con la
P2. Alla Gran Loggia di Napoli del Dicembre 1974, qualcosa di simile a un conclave
massonico alcuni tentarono di sciogliere la P2 e di abrogarne i regolamenti particolari.
Lino Salvini, maestro del Grande Oriente d'Italia, il 12 Maggio 1975 decretò ufficia l-
mente la ricostituzione della loggia P2 elevando Gelli al grado di maestro venerabile.
14
gangli arrivarono in Parlamento e a Palazzo Chigi dove “contava” anche
tre ministri: Enrico Manca, socialista, Franco Foschi e Gaetano Stamma-
ti, democristiani, con il Guardasigilli Adolfo Sarti che aveva firmato la
domanda di adesione, non ancora perfezionata.20
“Si trattava di un’alleanza filo-atlantica e anti-comunista”, ha senten-
ziato Francesco Biscione, capace di controllare capillarmente la vita di
uno Stato e di modificarla in qualsiasi momento21.
La prima fase d’azione della Loggia P2 viene fatta risalire al periodo
1965-1974, vi è poi un periodo transitorio dal 1974 al 1977 in cui il ruolo
del “raggruppamento Gelli” si era di molto ampliato oltre la cerchia dei
servizi di sicurezza, ottenendo il controllo di una larga fetta del settore
finanziario ed industriale e influenzando il sistema dell’informazione.
Gli anni che vanno dal 1977 al 1981 sono quelli di maggior influenza di
questo singolarissimo apparato. Dalle missive che lo stesso Gelli inviava
agli associati riusciamo a capire quali erano gli argomenti all’ordine del
giorno:
La situazione politica ed economica dell’Italia, la minac-
cia del Partito comunista italiano, in accordo con il cleri-
calismo, volta alla conquista del potere, la carenza di po-
tere delle forze dell’ordine, il dilagare del malcostume,
della sregolatezza, di tutti i più deteriori aspetti della mo-
ralità e del civismo.22
20
S. Turone, op. cit. p. 249n
21
E’ un passaggio dell’intervista realizzata dall’autore nel documentario audiovisivo Il
caso Aldo Moro, cit.
22
AA. PP. IX Legislatura; Commissione bicamerale d’inchiesta sulla Loggia Masso-
nica Propaganda 2 (Com. Parl. P2), Relazione di maggioranza On. Tina Anselmi. p.
15
Inviando il verbale della riunioni agli iscritti, Licio Gelli così si esprime:
Come potrai osservare, la filosofia è stata messa al ban-
do ma abbiamo ritenuto, come riteniamo, di dover af-
frontare solo argomenti solidi e concreti che interessano
la vita nazionale”; ed aggiungeva: “Molti hanno chiesto
e non ci è stato possibile dar loro nessuna risposta perché
non ne avevamo come dovremmo comportarci se un
mattino, al risveglio, trovassimo i clerico-comunisti che
si fossero impadroniti del potere: se chiuderci dentro una
passiva acquiescenza, oppure assumere determinate po-
sizioni ed in base a quali piani di emergenza.
23
Nel 1976 a causa di una “sospensione” a tempo indeterminato, la Loggia
P2 uscì formalmente dalla Massoneria e divenne una formazione intera-
mente nella mani e nella disponibilità esclusiva di Gelli. Nella relazione
stilata per il Presidente del Consiglio Forlani, tre illustri giuristi Aldo
Sandulli, Vezio Crisafulli e Lionello Levi Sandri scrissero che:
La P2 di creazione gelliana visse [dal ’76] di una vita au-
tonoma e dall’anno successivo si incrementò notevo l-
mente per numero e autorevolezza degli adepti. […]
16
23
AA. PP. IX Legislatura. Com.Parl.P2, rel. maggioranza, On. Anselmi p. 17