5
l�efficienza produttiva delle public utilities favorendo uno sviluppo dinamico della
tecnologia ed ha gettato le basi per l�apertura dei mercati ed alla conseguente riduzione
delle inefficienze allocative. La privatizzazione pu� rappresentare infatti uno strumento
estremamente efficace di promozione della concorrenza se indirizzato a favorire, anche
attraverso interventi di riorganizzazione e separazione societaria oppure contabile
amministrativa delle imprese, una sostanziale trasformazione degli assetti strutturali dei
mercati, tali da garantire una maggiore articolazione dell�offerta e una pi� netta
distinzione fra attivit� in monopolio ed attivit� aperte alla concorrenza. Se quest�ultima
risulta sufficientemente intensa, le rendite monopolistiche possono essere trasferite ai
consumatori riducendo le inefficienze informative della regolamentazione e
confinandola al cuore del monopolio, cio� la rete, dove il mercato �fallisce�.
L�accesso alla rete, che rimane unica, viene ora liberamente consentito ad operatori
diversi dal gestore di essa (third party access) ed � possibile attraverso la separazione
verticale (unbundling), come si sta verificando nel settore del gas naturale, oppure,
attraverso il libero accesso alla rete dell�ex monopolista verticalmente integrato, come �
avvenuto nelle telecomunicazioni.
In questi nuovi assetti di mercato, il ruolo del regolamentatore risulta comunque
complesso: specialmente nel definire le condizioni di accesso alla rete e nel prevenire,
almeno nelle fasi transitorie, comportamenti anticompetitivi dell�ex monopolista
(incumbent) il quale gode, rispetto agli entranti, di considerevoli vantaggi collegati al
suo status di precedente fornitore unico.
I processi di liberalizzazione, ristrutturazione e privatizzazione che hanno investito e
stanno investendo i settori delle public utilities si accompagnano ad una revisione
radicale delle �regole del gioco� e quindi dei tradizionali sistemi di regolazione
settoriale. Al diretto controllo governativo, attuato attraverso uno o pi� ministeri o
commissioni interministeriali, si sostituiscono nuove istituzioni di regolamentazione
caratterizzate da gradi pi� o meno elevati di indipendenza, autonomia e competenza
tecnica specifica, poich� ogni industria a rete presenta una struttura di costi ed un
comportamento di mercato diverso. In Italia, con la legge n. 481 del 14 novembre 1995,
� stata istituita l�Autorità per l’energia elettrica ed il gas e, con la legge n. 249 del 31
luglio1997, l�Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Queste Autorit�, istituite al
fine di promuovere la concorrenza, di assicurare adeguati livelli di qualit� e diffusione
6
dei servizi di pubblica utilit�, di definire un sistema tariffario certo e trasparente, di
promuovere la tutela e gli interessi dei consumatori, collaborano con gli altri regolatori
europei ed internazionali ed interagiscono con l�Autorità Garante della concorrenza e
del mercato, istituita con la legge del 10 ottobre 1990. Tale legge vigila sul rispetto
della concorrenza, vieta intese restrittive di essa e gli abusi di posizione dominante e
controlla le operazioni di concentrazione.
In ciascun paese europeo la liberalizzazione procede su tre livelli ugualmente necessari:
il riconoscimento ai clienti della libert� di scelta del fornitore, lo sviluppo di
concorrenza nell�offerta, la disponibilit� di accesso alle reti e la loro utilizzazione in
condizioni di effettiva uguaglianza. La velocit� e l�intensit� della liberalizzazione �
diversa nei vari paesi per ciascuno dei tre livelli. Alla luce di un nuovo contesto di
integrazione europea, che aprir� ulteriori spazi all�iniziativa ed all�innovazione,
fondamentale risulta il ruolo delle Autorit� nazionali nell�applicare le direttive europee.
La trattazione che segue pu� essere suddivisa in due parti. Nella prima, di impronta
teorica, vengono esposte le linee generali della teoria economica della regolamentazione
dei monopoli naturali (Cap.1) e le problematiche riguardanti la determinazione del
prezzo di accesso alla rete dell�ex monopolista in un mercato liberalizzato (Cap.2). In
particolare nel primo capitolo si illustrano le condizioni di esistenza e sostenibilit� del
monopolio naturale, i vantaggi di una integrazione verticale, le caratteristiche dei
mercati contendibili, la concorrenza per il mercato attraverso aste, concludendo con
l�analisi di alcuni meccanismi pratici di regolamentazione. Nel secondo capitolo si
analizza la teoria pi� recente del prezzo ottimale di accesso, sottolineando come la
determinazione dello stesso dipenda dalle ipotesi sulla struttura ed organizzazione del
mercato considerato, dal grado di informazione che il regolatore dispone e da molte
altre variabili.
Nella seconda parte si illustrano i diversi processi di liberalizzazione realizzatisi nella
pratica, analizzando il settore italiano delle telecomunicazioni (Cap.3) e del gas naturale
(Cap.4). L�attenzione di questi due capitoli � focalizzata sul passaggio dal monopolio
all�apertura del mercato, sottolineando la necessit� di interventi delle rispettive Autorit�
soprattutto nelle prime fasi di liberalizzazione dove coesistono attivit� in monopolio
naturale ed attivit� potenzialmente concorrenziali. Infine la trattazione si chiude con
delle considerazioni sulla realt� presente e futura dei due settori analizzati.
7
CAPITOLO 1
IL MONOPOLIO NATURALE E LA
REGOLAMENTAZIONE DELLE PUBBLIC UTILITIES
8
1.1 Il monopolio naturale
La definizione di monopolio naturale ha subito, alla fine degli anni settanta, una
significativa evoluzione rispetto alla definizione data da Henry Carter Adams nel 1887
secondo la quale “le industrie dominate dai rendimenti crescenti di scala, dove la libera
concorrenza risulta incapace di esercitare una salutare influenza regolatrice, sono per
natura monopoli”. Il tradizionale concetto di monopolio naturale si impernia quindi
sull�esistenza di economie di scala legati alla tecnologia dell�impresa in questione.
In un�impresa monoprodotto, con costi fissi di produzione elevati, la presenza di
economie di scala indica che i costi medi della stessa decrescono all�aumentare della
quantit� prodotta come � rappresentato in figura 1.1:
P
AC
P(Q)
AC(Q’/2)
AC(Q’) AC
0 Q’/2 Q’ Q
fig. 1.1
L�impresa produce secondo una funzione di costo C(Q) ed il suo costo medio indicato
in figura � AC = C(Q)/Q dove Q � l�output totale; la funzione di domanda � assunta per
semplicit� lineare P(Q) dove P � il prezzo del bene o servizio. Dall�intersezione tra le
due funzioni si ottiene il livello ottimale di produzione Q� con un costo medio pari a
AC(Q�), se un�altra impresa, con la stessa tecnologia, entrasse sul mercato le due
imprese si dividerebbero l�output totale producendo la quantit� Q�/2 sopportando un
costo medio pari a AC(Q�/2) superiore a quello che dovrebbe sopportare un'unica
impresa.
9
Tale dimostrazione giustifica la presenza di un monopolio naturale. La presenza di
economia di scala � condizione sufficiente per l�esistenza dello stesso.
Secondo l�accezione corrente
1
un�industria � un monopolio naturale se, e solo se, per
tutti i livelli di output rilevanti
2
la sua funzione di costo � subadditiva. In altri termini, la
subadditivit� � condizione di esistenza del monopolio naturale.
Una funzione di costo � subadditiva se: C(Q)< C(Q�) +C(Q��) per ogni livello di output
Q, Q� e Q�� tale che Q= Q�+ Q�� e, in generale, C(Q)< Σ
i
C(Q
i
) dove Σ
i
Q
i
= Q ;
pertanto il costo per fornire, da parte di una sola impresa, la quantit� di output che
soddisfi la domanda, � inferiore alla somma dei costi che dovrebbero sopportare due o
pi� imprese di dimensioni minori, le quali contribuiscono solo parzialmente all�offerta
complessiva.
Nell�industria monoprodotto esiste uno stretto legame fra la subadditivit� e l�esistenza
di economia di scala: la presenza di quest�ultima implica l�esistenza della prima, ma non
viceversa. La presenza di economie di scala � condizione sufficiente ma non necessaria
per l�esistenza del monopolio naturale, si pu� avere subadditivit� con funzione di costo
medio crescente per qualche livello di output, come dimostra la fig. 1.2 .
P
AC
ACb
ACe
ACa
0 Qb Qa Qe Q
fig. 1.2
1
Baumol, Panzar, Willig (1982).
2
Se la funzione di domanda traslasse verso destra (aumento della quantit� domandata per ogni livello di
prezzo) l�industria cesserebbe di essere un monopolio naturale.
P(Q)
AC
10
Per produrre la quantit� Qa i costi medi sono decrescenti e quindi ci sono economie di
scala, per produrre Qe= Qa +Qb (dove 0Qb = QaQe), i costi medi sono crescenti, quindi
non ci sono economie di scala. L�industria � un monopolio naturale se per il livello di
output Qe la funzione di costo � ancora subadditiva: la somma delle due aree
evidenziate, corrispondenti ai costi totali sostenuti qualora due imprese si
suddividessero la produzione dell�output totale, una producendo fino al punto in cui vi
sono economie di scala ( 0Qa), l�altra soddisfando la domanda residua (QaQe ), sarebbe
pertanto maggiore del costo totale sopportato da una sola impresa (area 0 ACe E Qe ).
Nell�industria multiprodotto, il concetto di subadditivit� si distacca significativamente
dalla visione tradizionale che lega il monopolio naturale alle economie di scala. Queste
ultime non sono n� condizione necessaria n� sufficiente per la subadditivit� e, quindi,
per l�esistenza del monopolio naturale. La subadditivit� comprende, oltre agli effetti
interni di variazione di costo di aumenti della scala produttiva, quelli derivanti dalla
diversificazione della produzione, dovuti alla presenza di complementariet� nel
processo produttivo di beni o servizi distinti.
La produzione congiunta pu�, infatti, essere pi� costosa della rispettiva produzione
singola, a causa di un�esternalit� negativa tra le due linee di produzione. Si hanno
invece economie di diversificazione (economies of scope) se, considerando due soli
output q1 e q2, si verifica la seguente condizione: C(q1,0)+C(q2,0)>C(q1,q2). La
contemporanea presenza di economie di scala e di diversificazione non � ancora
sufficiente a garantire la subadditivit� della funzione di costo. Occorre introdurre la
nozione di costo incrementale IC1 (q1,q2) = C(q1,q2)-C(0,q2) ovvero il costo aggiuntivo
che il monopolista deve sostenere per produrre q1 quando gi� produce q2. Se il costo
incrementale decresce al crescere della produzione di q2, la tecnologia presenta delle
complementariet� di costo tra i due beni, inoltre, poich� il costo medio incrementale del
bene 1 decresce all�aumentare della quantit� q1 prodotta, ci sono delle economie di scala
specifiche per quell�output.
La simultanea presenza di costi medi incrementali decrescenti ed economie di
diversificazione � condizione sufficiente per garantire la subadditivit� della funzione di
costo e per avere quindi un monopolio naturale.
Quando le condizioni per l�esistenza risultano soddisfatte, occorre affrontare il
problema del �fallimento del mercato�. La presenza di una sola impresa implica prezzi
11
pi� alti di quelli che massimizzerebbero il benessere sociale e si affermerebbero
nell�ideale di concorrenza perfetta. Il monopolista sfrutterebbe il suo potere di mercato
fissando un prezzo ed una quantit� in corrispondenza dell�uguaglianza ricavi costi
marginali, ottenendo extra profitti senza curarsi della minimizzazione dei costi. Lo Stato
interviene attraverso l�impresa pubblica oppure regolamentando l�impresa privata:
l�intervento dello Stato ha come obiettivo la fissazione di meccanismi di regolazione
che consentano di estrarre la rendita del monopolista, riducendo l�inefficienza allocativa
e produttiva del monopolio, considerando tutti quei limiti che s�incontrano nel definire
il rapporto fra regolatore e regolato. I summenzionati limiti riguardano la presenza di
costi di transazione dovuti all�impossibilit� di stipulare contratti completi, vincoli
politici amministrativi e problemi di asimmetria informativa traducibili in problemi di
moral hazard e di adverse selection. Ogni forma di regolamentazione presenta il grave
limite di non fornire all�impresa regolata un sufficiente incentivo ad evitare forme di
inefficienza, perci� la stessa deve essere utilizzata solo dove non sia possibile introdurre
qualche forma di concorrenza.
1.2 I vantaggi dell’integrazione verticale
Le public utilities prima dei processi di ristrutturazione e liberalizzazione erano
verticalmente integrate, nel senso che svolgevano all�interno della stessa impresa tutte le
attivit� della filiera produttiva. Il monopolista, che gestisce la rete, estendeva cos� il
proprio potere di mercato sulle altre attivit� connesse all�utilizzo della stessa.
La scelta dell�integrazione verticale � giustificata dal problema dell�internalizzazione
delle esternalit� che si creano fra i vari segmenti della filiera e da finalit� di tipo
strategico, miranti ad incrementare il potere di mercato dell�impresa.
Vengono considerate internalizzazioni di esternalit� la soluzione al problema della
doppia marginalizzazione, del �blocco� degli investimenti in assets specifici, dei costi di
transazione e della ripartizione dei rischi.
Consideriamo due imprese con potere di mercato: la prima (impresa A) gestisce il
segmento a monte della filiera, per esempio la generazione di energia elettrica, la
seconda (impresa B) gestisce il segmento a valle della stessa filiera, per esempio la
12
trasmissione e la distribuzione di energia elettrica attraverso l�utilizzo della rete. Il
fornitore a valle (impresa B) determina il prezzo del bene finale, applicando una
maggiorazione al prezzo dell�input, il quale, a sua volta, incorpora una maggiorazione
rispetto al costo marginale per produrlo. In altri termini, il monopolista a valle acquista
l�input dal monopolista a monte il cui prezzo comprende un mark-up ed, a sua volta,
aggiunge un ulteriore mark-up.
In questo caso, la somma dei profitti del fornitore dell�input e del fornitore del bene
finale, � inferiore al profitto che un fornitore integrato (A+B) potrebbe ottenere.
Considerando sempre la presenza delle imprese (AeB) l�impresa a monte pu� rifiutarsi
di effettuare investimenti ad elevato capitale fisso (nuovi impianti di produzione),
poich� non � in grado di trasferire sull�impresa B i maggiori costi, attraverso aumenti di
prezzo dell�input. L�integrazione verticale risolve questo problema, evitando il
decadimento delle infrastrutture. Una possibile alternativa sarebbe una struttura
contrattuale a lungo termine che disciplini le relazioni fra le due imprese; tuttavia il
problema non viene risolto poich� vi sono elevati costi di transazione dovuti
dall�impossibilit� di stipulare contratti completi.
Coase (1937) per primo afferm� che “quando i costi delle transazioni sono elevati è
conveniente per l’impresa eliminare queste ultime svolgendo il complesso delle attività
che danno loro origine, anziché affidarsi al mercato per l’acquisto degli input o la
vendita dei propri prodotti”.
L�integrazione verticale permette di ripartire i rischi dell�attivit� di impresa, all�interno
della stessa, evitando il problema di attribuirli alle varie imprese della filiera.
Per quanto riguarda le finalit� di tipo strategico, assumiamo che sul mercato siano
presenti un monopolista M proprietario della rete e due fornitori (G1, G2) che
necessitano della stessa per fornire il servizio finale. Il monopolista pu� fissare ad un
fornitore, (ad esempio G2) un prezzo di accesso alla rete elevato ed escluderlo dal
mercato, integrandosi verticalmente con G1. Se, la configurazione industriale che
minimizza il costo della fornitura del bene � caratterizzato da due fornitori, l�esclusione
di G2 d� luogo ad un�inefficienza tecnica ed a una possibile inefficienza allocativa, la
quale dipende dal grado di concorrenza esistente fra le due imprese. L�integrazione
verticale realizza cos� un trade-off fra la doppia marginalizzazione che viene evitata e
13
l'aumento del prezzo causato dall�eliminazione della concorrenza per la fornitura del
bene finale.
Se il monopolista pu� stipulare contratti completi con G1 e G2, conosce quindi
perfettamente i loro costi, l�integrazione verticale non � necessaria per la
massimizzazione del suo profitto. Infatti, praticando una tariffa a due parti per l�input
venduto, otterrebbe lo stesso livello di profitto od uno superiore. Eliminando l�ipotesi di
informazione perfetta, si dimostra che l�integrazione verticale pu� essere necessaria per
massimizzare il profitto di M; la stessa permette di estrarre parte della rendita che il
fornitore pi� efficiente otterrebbe sul mercato del bene finale. Il monopolista non
conosce la disponibilit� a pagare di G1 e G2 per l�accesso; l�integrazione verticale
elimina l�asimmetria informativa tra G1 e M, aumentando il potere contrattuale
dell�impresa integrata rispetto a G2 . Il monopolista pu� contrattare con G2 con un
contratto del tipo �prendere o lasciare�. M decide di fornire l�accesso a G2 fissando il
prezzo ā; tenendo conto di ā, che per G2 � un costo, tale impresa trover� conveniente
acquistare l�accesso se, e solo se, il suo costo medio costante � strettamente inferiore al
costo medio costante di G1, cio� del produttore integrato; G2 realizza profitti pari alla
differenza dei due costi. Tuttavia, M potrebbe fissare un prezzo d�accesso superiore ad
ā, avendo la possibilit� di ottenere maggiori profitti e di catturare l�efficienza di G2 ,
naturalmente, in questa situazione G2 potrebbe rifiutare l�accesso.
Un altro motivo favorevole all�integrazione verticale riguarda il desiderio di M1 di
opporsi alla minaccia dell�ingresso di un secondo fornitore alla rete, M2. Il fornitore
originale pu� acquistare sia G1 che G2; in tal modo M2 verr� escluso dal mercato, se era
presente, oppure non trover� conveniente l�ingresso. Il monopolista M1 pu� ricorrere ad
una diversa strategia: acquistare solo G1, aumentando il potere di mercato di G2 nel
stipulare i contratti con M2 fino al punto in cui, quest�ultimo, decide di abbandonare il
mercato oppure di non entrare in esso, poich� i costi di contrattazione con G2 sono
troppo elevati.
Hart e Tirol (1990) introdussero un altro motivo che conduce all�integrazione verticale,
giustificato da limiti di capacit�; per esempio, nel caso dell�energia elettrica, l�impresa
di trasmissione pu� servire solo un generatore. Una fusione fra M1 e G1 implica che G2
non possa pi� contrattare con M1, ci� indebolisce la posizione di M2 fino al punto in cui
sar� costretto a lasciare il mercato, oppure a decidere di non entrare.
14
Nonostante i vantaggi derivanti dall�internalizzazione dell�esternalit�, l�integrazione
verticale consente al monopolista di catturare i profitti attesi dei rivali e di mettere a
punto pratiche anticompetitive, come l�incremento dei costi dei rivali ed il rifiuto di
formulare un�offerta credibile. Strategie di questo tipo, si basano su assenza di
regolamentazione, rafforzano il potere di mercato dell�impresa integrata ma, conducono
all�inefficienza produttiva ed allocativa.
1.3 La sostenibilità del monopolio naturale
Nel primo paragrafo sono state definite le condizioni di esistenza del monopolio
naturale, che sussistono quando un singolo produttore pu� operare a costi medi inferiori
a quelli ottenuti da pi� produttori: nel caso monoprodotto e multiprodotto.
Riprendendo la figura 1.1 possiamo constatare che il monopolio naturale � anche
sostenibile; il monopolista pratica un prezzo P=AC' dove l�entrata nel mercato da parte
di altre imprese non � conveniente. Se entrassero non verrebbe rispettato il vincolo del
pareggio di bilancio poich� produrrebbero in perdita; perci� se il monopolio naturale �
sostenibile, i profitti del monopolista sono nulli.
Nella figura 1.2 il monopolio naturale pur esistendo (se � soddisfatta la subadditivit�
della funzione di costo) non � sostenibile. Qualunque impresa, con la stessa tecnologia
dell�incumbent, in assenza di costi di entrata ed uscita dal mercato
3
potrebbe entrare,
produrre la quantit� Qa corrispondente al minimo costo e praticare un prezzo pi� basso
del monopolista che vende la quantit� Qe. In generale possiamo affermare che, nel caso
monoprodotto, un monopolio naturale � sostenibile quando la curva di costo medio
interseca la domanda nel suo tratto decrescente o costante.
Generalizziamo l�analisi, estendendola al caso multiprodotto. Introduciamo il concetto
preliminare di configurazione industriale fattibile: dato un insieme di n mercati sui quali
siano presenti m imprese che producono utilizzando la stessa tecnologia, la
configurazione industriale di m imprese � descritta dai vettori q
1
� q
m
delle quantit� di
output prodotte da ciascuna impresa e dal vettore dei prezzi p a cui tali output sono
3
Una delle condizioni per un mercato contendibile, si rimanda al � 1.4
15
forniti
4
. Una configurazione industriale si definisce fattibile se valgono le seguenti
condizioni:
m
1) ∑i q
i
= Q(p)
1
n
2) ∑k p
k
q
i
k
� C(q
i
) ≥ 0 ∀
i
1
dove Q(p) � il vettore delle quantit� domandate dei beni ai prezzi p, c�� equilibrio fra
domanda e offerta e per ogni impresa i il profitto non � negativo.
Una configurazione industriale fattibile � anche sostenibile se dato un qualsiasi vettore
di prezzi p tale che p ≤ p e un vettore di quantit� q tale che q ≤ Q ( p ) si ottiene:
n
3) ∑k p
k
q
k
� C(q ) ≤ 0
1
Non esiste possibilit� per un�altra impresa di ottenere profitto dall�entrata; in altri
termini non si pu� applicare un vettore di prezzi inferiore a quelli vigenti, per mezzo dei
quali, l�impresa potrebbe offrire un output su quel mercato ed ottenere profitti non
negativi. Il monopolio naturale � sostenibile se esiste almeno un vettore di prezzi
sostenibile.
Un ulteriore requisito di una configurazione industriale sostenibile, � che il prezzo di
ciascun bene o servizio non pu� essere inferiore al relativo costo marginale. In caso
contrario, la fornitura dell�unit� marginale dell�output sarebbe, per il monopolista,
un�operazione in perdita che potrebbe essere evitata da un eventuale competitore
producendo una quantit� leggermente inferiore con profitti strettamente positivi.
Nel caso multiprodotto la produzione di una linea aggiuntiva non deve essere effettuata
in perdita. In una configurazione industriale sostenibile � esclusa la presenza di sussidi
incrociati, i quali renderebbero possibile il finanziamento della vendita sottocosto di
alcuni beni o servizi attraverso i profitti ottenuti su altri beni o servizi.
La non sostenibilit� dei prezzi del monopolio naturale multiprodotto rende possibile
entrate puramente speculative volte a �scremare� il mercato (cream skimming),
4
La definizione comprende anche il caso di monopolio (m=1)
16
praticando un prezzo pi� basso su un sottoinsieme di output servendo, praticamente,
soltanto la parte pi� profittevole della clientela dell�impresa esistente
5
.
La subadditivit� della funzione di costo, come � possibile vedere anche attraverso la
figura 1.2, pur essendo condizione necessaria perch� i prezzi applicati da un
monopolista possono costituire una configurazione sostenibile, non � sufficiente a
garantire che tale configurazione esista.
La necessit� di garantire un servizio universale o, comunque, di soddisfare il pi�
possibile la domanda dei servizi di pubblica utilit�, hanno costretto il regolamentatore a
proteggere i monopoli naturali non sostenibili dall�insidia del cream skimming
attraverso, ad esempio, l�istituzione di barriere legali che assicurino al monopolista il
diritto ad operare in esclusiva sul mercato in questione.
1.4 I mercati contendibili
Il monopolio naturale, come � stato sottolineato, necessita di una regolamentazione.
Alla fine degli anni settanta, tale impostazione fu messa in discussione dalla nuova
importanza attribuita alla concorrenza potenziale nel �regolare� i mercati, in modo tale
che essi raggiungano automaticamente l�ottimo di second best (P=AC). Il first best di
concorrenza perfetta, non � infatti raggiungibile proprio per l�esistenza delle condizioni
di monopolio naturale.
La teoria dei mercati contendibili di Baumol, Panzar e Willig (1982) sottolinea
l�importanza della concorrenza potenziale. Un mercato si definisce perfettamente
contendibile, quando per qualsiasi impresa � possibile entrare ed uscire senza costi dallo
stesso. I potenziali entranti sono quindi in grado di entrare sul mercato, applicare un
prezzo inferiore a quello applicato dal monopolista operante ed uscire prima che
quest�ultimo possa reagire provocando perdite all�entrante. Questa concorrenza
potenziale di tipo hit and run impedisce al monopolista l�esercizio del potere di
mercato, ma richiede il rispetto delle seguenti condizioni:
a) Tutte le imprese esistenti o potenziali entranti devono avere accesso alla medesima
tecnologia.
5
Si rimanda la trattazione al � 2.2. Casi di entrata non efficiente.
17
b) L�impresa entrante non deve sopportare costi non recuperabili (sunk costs). I costi
non recuperabili riguardano gli investimenti irreversibili, cio� quegli investimenti
strettamente connessi ad una particolare attivit� produttiva e non riutilizzabili in
altre attivit�; quindi, in caso di uscita dal mercato, andrebbero perduti.
c) Le imprese esistenti sul mercato possono reagire all�entrata di nuove imprese
cambiando i propri prezzi, solo con un certo ritardo temporale rispetto all�entrata.
d) I consumatori reagiscono rapidamente alle differenze di prezzo spostando la propria
domanda verso il produttore con prezzi pi� bassi.
La condizione b), che rende possibile una strategia di entrata hit and run � collegata
alla condizione c), nella quale deve risultare credibile la congettura �alla Bertrand�.
Nel tempo precedente la reazione delle imprese operanti, l�entrante pu� recuperare il
costo sostenuto e lucrare profitti positivi.
Se tutte queste condizioni sono valide, la sola minaccia di entrata � sufficiente a
spingere il monopolio naturale a comportamenti efficienti (second best) senza la
necessit� di un regolamentazione.
Come � stato dimostrato nel Weak Invisible Hand Theorem di Baumol, Panzar e Willig,
�in un mercato perfettamente contendibile una configurazione industriale di equilibrio �
sostenibile�; si realizza la massimizzazione del benessere sociale, sotto il vincolo di
pareggio del bilancio del monopolista, come si evince dalla figura 1.3
P
P(Q)
AC
P*
0 Q* Q
fig. 1.3