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Capitolo 1
CENNI STORICI SUL PROCESSO DI
CODIFICAZIONE DEL DIRITTO DELLA
RESPONSABILITA’
1.1 Introduzione
Nel 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituì la
Commissione per la “codificazione e lo sviluppo” del Diritto
Internazionale
2
(d’ora in poi in questo documento indicata con la
sigla ILC) allo scopo di realizzare l’obiettivo indicato all’art. 13 (1)
(a) della carta delle Nazioni Unite
3
. Durante la prima sessione,
svoltasi nell’anno 1949, la ILC pose la “responsabilità degli Stati”
nella lista provvisoria degli argomenti idonei alla codificazione;
lista che venne adottata dall’Assemblea Generale con la risoluzione
373 (IV) del Dicembre 1949; tuttavia non ci si dedicò
all’argomento fino al 1953 quando la risoluzione 799 (VIII) del 7
Dicembre 1953 dell’Assemblea Generale richiese alla ILC di
intraprendere la codificazione dei principi di diritto internazionale
che regolavano la responsabilità degli Stati e di includerla tra gli
argomenti degni di priorità. La ILC iniziò i propri lavori
sull’argomento nel 1955.
2
GA res. 174 (II) del 21 Novembre 1947. Statuto della ILC: GA res. A 1647 (XVI) del 6 Novembre
1961, in: GAOR 16° sess., suppl. N. 17, 61.
3
Art. 13 (1) (a): “L’Assemblea Generale intraprende studi e fa raccomandazioni allo scopo di
promuovere la cooperazione internazionale nel campo politico ed incoraggiare lo sviluppo
progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione;”
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1.2 Le fasi del processo di codificazione
E’ possibile individuare cinque fasi nel processo di codificazione
che ormai si protrae da più di cinquant’anni. La prima fase
coincide con l’apertura dei lavori sotto l’egida del Relatore Speciale
Garcia-Amador che decise di focalizzare l’attenzione sulla
responsabilità degli Stati per danni alla persona o alle proprietà
degli stranieri.
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Il tentativo fallì, perché ben presto gli sviluppi del
diritto internazionale fecero risultare inadeguato quest’approccio e
la ILC decise di riconsiderare il tutto eliminando la delimitazione
di campo che ci si era proposti. Le obiezioni ai lavori, sollevate
soprattutto nel dibattito all’interno della Sixth Committe,
giudicarono questo approccio limitato poiché ometteva di
codificare norme di peculiare importanza, quali le norme
sull’autodeterminazione dei popoli, sui diritti umani e sul divieto
dell’uso della forza. La presenza di queste norme influiva sul modo
di essere del diritto internazionale perché volte a tutelare interessi
fondamentali ed era necessario codificare le conseguenze di
possibili violazioni così come sottolineare l’importanza di tali
norme rispetto ad altre norme internazionali. Questo cambio di
rotta segnò appunto l’inizio della seconda fase. Questa volta i
lavori vennero intrapresi seguendo le direttive stabilite da una
sottocommissione dell’Assemblea Generale che decise sia il
programma di lavoro che il metodo da adottare nei lavori della
ILC sulla codificazione della Responsabilità degli Stati. Le linee
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cfr. i sei rapporti redatti da F. V. Garcia-Amador: Primo rapporto, YILC 1956, vol.II, 173; Secondo
rapporto, YILC 1957, vol. II, 104; Terzo rapporto, YILC 1958, vol. II, 47; Quarto rapporto, YILC
1959, vol. II, 1; Quinto rapporto, YILC 1960, vol. II, 41; Sesto rapporto, YILC 1961, vol. II, 1.
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guida vennero riportate nel rapporto annuale della ILC
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e
dividevano i futuri lavori in due stadi successivi: il primo collegato
all’origine della responsabilità internazionale ed il secondo dedicato
al contenuto, alle forme e ai gradi della responsabilità
internazionale. Nel 1962, il nuovo Relatore Speciale Ago si
raccomandò che l’attenzione della Commissione si accentrasse
intorno alla definizione delle regole generali che governavano la
responsabilità internazionale degli Stati. Il prof. Ago produsse otto
rapporti
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sulla Prima Parte del Progetto di Articoli (d’ora in poi
solo Progetto) che trattava proprio l’origine della responsabilità
internazionale. Nel 1980 la ILC riuscì ad adottare in prima lettura i
trentacinque articoli che costituivano la Prima parte del Progetto
che vennero poi sottoposti all’Assemblea Generale e agli Stati per
eventuali commenti. Nello stesso anno il prof. Ago venne eletto
membro della Corte Internazionale di Giustizia, e il suo posto in
seno alla ILC venne ricoperto da Mr. Riphagen. A questo punto la
ILC era pronta a delineare i contenuti, le forme e i gradi della
responsabilità internazionale, immergendosi nella terza fase del
programma di codificazione. Il Relatore Speciale Riphagen
propose sette rapporti sull’argomento
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che riportavano un
5
YILC 1969, vol. II, Rapporto della Commissione all’Assemblea Generale.
6
Primo rapporto YILC 1969, vol. II, 125; Secondo rapporto, YILC 1970, vol. II, 177; Terzo rapporto,
YILC 1971, vol. II- 1p., 199; Quarto rapporto, YILC 1972, vol. II- 1p., 71; Quinto rapporto, YILC
1973, vol. II- 1p., 3; Sesto rapporto, YILC 1974, vol. II-1p., 3; Settimo rapporto, YILC 1975, vol. II-
1p., 31; Ottavo rapporto, YILC 1976, vol. II-1p., 3.
7
Primo rapporto, YILC 1980, vol.II-1p., 107; Secondo rapporto, YILC 1981, vol. II-1p., 79; Terzo
rapporto, YILC 1982, vol. II-1p., 22; Quarto rapporto, YILC 1983, vol. II-1p., 3; Quinto rapporto,
YILC 1984, vol. II-1p., 1; Sesto rapporto, YILC 1985, vol. II-1p., 3; Settimo rapporto, YILC 1986,
vol. II-1p., 1.
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progetto di articoli insieme ai rispettivi commentari. Dando, però,
la priorità ad altri argomenti, la ILC riuscì ad adottare in via
provvisoria soltanto cinque articoli in un periodo di sei anni. A
causa di forti critiche sia all’interno della Sixth Committee che
della ILC, il prof. Riphagen non venne rieletto e il nuovo Relatore
Speciale fu nominato nella persona del prof. Arangio – Ruiz. In
questa quarta fase vennero presentati altri sette rapporti
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ma tutto
venne rimandato al quinquennio 1992-’96 e la ILC non riuscì ad
approvare in prima lettura le restanti parti del Progetto.
Finalmente nel 1996 giunse la sospirata approvazione della
Seconda e Terza parte del Progetto che si rifacevano ai rapporti
dei due precedenti Relatori Speciali e venne programmata
l’approvazione in seconda lettura dell’intero Progetto entro il 2001.
La quinta fase, tutt’ora in corso, prevede l’analisi dei rapporti
prodotti dal Relatore Speciale Crawford
9
e dei commenti inviati dai
Governi dei vari Stati.
La seconda lettura è un buon momento, per fare riflessioni e
considerazioni, soprattutto se si tiene conto dell’enorme clamore
suscitato da una delle questioni più dibattute degli ultimi anni: il
regime di responsabilità per i crimini internazionali di Stati.
Sicuramente la distinzione tra le categorie di illeciti, introdotta con
l’art. 19 nella Prima parte del Progetto, è l’elemento più criticato e
controverso dell’intero documento per tutta una serie di ragioni.
8
Primo rapporto, YILC 1988, vol.II-1p.; Secondo rapporto, YILC 1989, vol. II-1p.; Terzo rapporto,
YILC 1990, vol. II-1p.; Quarto rapporto, YILC 1991, vol. II-1p.; Quinto rapporto, YILC 1992, vol.
II-1p.; Sesto rapporto, YILC 1993, vol. II-1p.; Settimo rapporto, YILC 1994, vol. II-1p.
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cfr. riferimenti bibliografici.
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Prima fra tutte l’esistenza o meno di tale distinzione nel diritto
internazionale vigente, per l’idoneità della definizione di crimine
data nel Progetto, per la terminologia facilmente soggetta ad
equivoci “penalistici” ed infine per tutta una serie di lacune più o
meno gravi nel sistema di conseguenze delineato nella Seconda
parte e nelle procedure di accertamento, lasciate alla valutazione
soggettiva degli Stati individualmente considerati senza alcun
collegamento con le istituzioni della comunità internazionale
organizzata. Ad alimentare la diatriba sulla distinzione tra crimini e
delitti internazionali ha sicuramente contribuito il fatto che il
crimine internazionale è un istituto recente. Fino agli anni ’50 non
si parlava di differenziazione degli illeciti internazionali e in materia
di responsabilità internazionale vi era una ricostruzione unitaria e
molto più semplice: la responsabilità veniva riconosciuta da tutti
per tutti gli illeciti. Esisteva di già, però, una pluralità di opinioni
dottrinali che riconducevano in parte a concezioni privatistiche
della responsabilità, che ne raffiguravano il contenuto nel rapporto
tra Stato autore e Stato vittima, ed in parte a concezioni
pubblicistiche che ravvisavano il contenuto della responsabilità
nella sanzione conseguente all’illecito. Tuttavia la differenziazione
nel regime di responsabilità non nasce in dottrina, ma dagli Stati
stessi. Negli anni ’70 la Corte Internazionale di Giustizia recepisce
le trasformazioni subite dall’ordinamento internazionale nella
famosa sentenza Barcelona Traction
10
. Qui si distinguono le
norme internazionali in obblighi reciproci di uno Stato verso un
10
Cfr Barcelona Traction Case, ICJ Reports (1970) 3, para. 32.
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altro Stato, e obblighi erga omnes che corrispondono ad un
interesse giuridico fondamentale di tutta la comunità
internazionale. Questa distinzione viene esemplificata con
riferimenti a quelle stesse norme indicate come importanti
all’interno della Sixth Committee. La trasformazione normativa
però non è accompagnata da una trasformazione istituzionale e
questo significa che all’epoca non esistevano istanze predisposte
alla gestione e alla tutela di questi interessi. Nello specifico si era in
piena guerra fredda, gli strumenti del cap. VII della Carta delle
Nazioni Unite erano bloccati dal gioco del veto contrapposto delle
Grandi Potenze e i lavori sull’istituzione di un tribunale penale
internazionale ostacolati dal pretesto di guerre tra organi dei due
blocchi a fini politici e di rappresaglia. In questo contesto storico la
responsabilità degli Stati si configurava come l’unico mezzo
idoneo di garanzia a tutela di obblighi così importanti per
l’ordinamento internazionale ecco perché il Relatore Speciale Ago
decise di introdurre nel Progetto l’art. 19 che trattava proprio la
distinzione tra illeciti ordinari e illeciti particolarmente gravi. A
tutt’oggi lo scenario è certamente cambiato: la Guerra Fredda è
terminata e con essa il bipolarismo U.S.A. – U.R.S.S. così che il
Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite non è più lettera
morta, bensì un meccanismo pienamente funzionante; si è
cominciata ad analizzare la responsabilità penale individuale di
organi di Stato, rimasta congelata per anni, cui è conseguita
l’istituzione di Tribunali penali internazionali ad hoc e della Corte
Penale Internazionale con competenza a giudicare gli organi di
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Stato per le violazioni più importanti quali i crimini internazionali.
Ed è in questa nuova situazione che vengono adottate la Seconda
e la Terza parte del Progetto in cui ritroviamo la sezione dedicata
alle conseguenze specifiche di un crimine internazionale, il
Capitolo IV, una situazione ben lontana da quella in cui ha visto la
luce l’art. 19 della Prima parte.
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Capitolo 2
LA CATEGORIA DEI CRIMINI INTERNAZIONALI
DI STATI
2.1 Introduzione
Per comprendere appieno la portata critica del dibattito recente
sulle conseguenze della commissione di crimini internazionali di
Stati è necessario tratteggiare il quadro generale della questione
così come si presenta dopo l’approvazione del Progetto in prima
lettura. E’ doveroso prendere in considerazione l’art. 19 che
delinea una differenziazione tra categorie di illeciti internazionali e
le posizioni dottrinali che esso ha suscitato, ma per far ciò è altresì
utile ricordare brevemente i fondamenti teorici su cui si basa
l’origine della responsabilità internazionale per atti illeciti di uno
Stato. Non va, infatti, dimenticato che il crimine internazionale è
prima di tutto un illecito internazionale e quindi le considerazioni
di seguito trattate sono da considerarsi pienamente valide. Siamo
in presenza di una violazione di un obbligo internazionale quando
la condotta di uno Stato, che consista in un’azione o un’omissione,
non è conforme a quanto richiesto dal diritto internazionale con
tale obbligo
11
e quando tale condotta sia imputabile allo Stato
stesso. Se esistono, rispettivamente, l’elemento oggettivo (la
condotta non conforme al diritto internazionale) e l’elemento
11
Cfr. art. 16 del Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale dello Stato
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soggettivo (l’imputabilità della condotta allo Stato)
12
siamo in
presenza di un atto illecito ai sensi del diritto internazionale. Da un
atto illecito ha origine la responsabilità internazionale di uno
Stato
13
, ovvero ogni tipo di nuova relazione che può sorgere, in
diritto internazionale, dalla commissione di un illecito, sia che tali
relazioni siano limitate al rapporto tra Stato autore e Stato vittima,
sia che esse si estendano a tutti gli altri soggetti di diritto
internazionale.
L’art. 19 tratta primariamente della distinzione tra delitti
internazionali, cioè tra illeciti ordinari, e crimini internazionali di
Stati. Pur essendo il punto più controverso e dibattuto dell’intero
Progetto, un aspetto di questo articolo non ha suscitato particolari
reazioni né in dottrina, né nei commenti inviati dai Governi degli
Stati alla ILC. Si tratta del paragrafo (1) dove viene enunciato il
principio per cui un atto di uno Stato che costituisce una
violazione di un obbligo internazionale è un atto
internazionalmente illecito quale che sia l’oggetto dell’obbligo
violato. Alla base di questo principio, pur non citata nel
commentario
14
, troviamo la dichiarazione della Corte Permanente
di Giustizia secondo cui “il diritto di assumere impegni
internazionali è un attributo della sovranità statale”
15
e può essere
12
cfr art. 3 del Progetto.
13
cfr. art. 1 del Progetto.
14
commentario all’art. 19, YILC 1976, vol. II- 2 p.
15
P.I.C.J. Serie A, N. 1 (1923), p. 14, para. 131. Principio riaffermato anche in altri casi e contesti come
in Tunis and Marocco National Decrees, P.I.C.J., Serie B, N. 4 (1923), p. 24; Interpretation of Peace
Treaties (First Phase), I.C.J. Reports 1950, p. 65, para. 70-71; Nottebohm Case (Second Phase), I.C.J.
Reports 1955, p. 4, para 20-21; Interhandel Case (Preliminary Objections), I.C.J. Reports 1959, p. 6,
4
esercitato su qualsiasi materia riguardi quello Stato. Questo
equivale a dire che, a priori, non esiste un limite alle materie in cui
lo Stato può assumere degli obblighi internazionali. In questo
paragrafo perciò ritroviamo soltanto un’ ulteriore chiarificazione
del linguaggio generico degli articoli 3, 16 e 17 (1). Ecco quindi che
il Relatore Speciale Crawford, qualora si decida di trattenere il
paragrafo all’interno del Progetto, ne propone l’accorpamento con
gli articoli sopra citati in un nuovo unico articolo che potrebbe
apparire così:
Article 16
16
- Existence of a breach of an international obligation
“There is a breach of an international obligation by a State when
an act of that State does not comply with what is required of it
under international law by that obligation, regardless of the source
(whether customary, conventional or other) or the content of the
obligation.”
para. 24; Case concernine Right of passage over Indian Territori (Merits), I.C.J. Reports 1960, p. 6,
para. 33.
16
Cfr A/CN.4/498, p. 16, para. 34.