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High tech devono riuscire a convivere e accettare un contesto che cambia e si evolve
in continuazione. Possedere la tecnologia appropriata e al momento giusto, infatti,
non basta per assicurare la sostenibilità del vantaggio competitivo nel tempo.
L’impresa deve perciò continuamente generare l’innovazione necessaria per restare
nell’arena competitiva anche quando sono entrati in campo nuovi giocatori.
Le radicali modificazioni del fenomeno competitivo appena descritte sono
accompagnate e contemporaneamente anche spiegate dall'emergere di una nuova
economia, l’Information Economy, di una nuova impresa, l'impresa post-fordista e
dalle dinamiche trasformative della domanda.
L'economia e più in generale la società si terziarizzano, in seguito allo sviluppo delle
nuove tecnologie ed al conseguente emergere dell'informazione come «key factor».
L'informazione è tipicamente un'attività immateriale: si assiste pertanto da un lato
alla rapida crescita dei settori dei servizi e dall'altro, nell'industria, all'incremento di
importanza delle componenti immateriali nella produzione, commercializzazione e
consumo dei beni. L'impresa vive un periodo di forte trasformazione, nel momento in
cui al modello di impresa-macchina tipico dell'era fordista si va sostituendo un
modello di impresa (di capitalismo e di economia) postfordista, che pone al centro la
criticità delle risorse immateriali, della capacità di apprendimento, delle relazioni
intra ed inter organizzative, degli assetti e delle configurazioni reticolari, nell'ambito
di una concezione sistemica.
In tale situazione è innegabile che il management si trovi a vivere in un'impresa che è
essa stessa intrinsecamente differente e che compete certamente in un ambiente
differente. I modelli di interpretazione e di analisi della concorrenza sembrano
perdere gradualmente la loro capacità descrittiva e normativa.
Per quanto concerne in particolare la concorrenza e l'analisi competitiva, per molti
anni l'analisi settoriale ha rappresentato un punto di riferimento cruciale per i
decisori d'impresa ai fini della valutazione della concorrenza e della costruzione
della strategia competitiva. In particolare, ci si riferisce alle impostazioni
dell'Economia Industriale, con il noto paradigma Struttura-Condotta-Performance ed
alla traduzione, in termini aziendali e strategico-competitivi, dei fondamenti
dell'Economia Industriale effettuata da Porter nel corso degli anni Ottanta.
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Nel passaggio dall'era fordista a quella postfordista, le certezze che tali modelli
riuscivano ad infondere nel management entrano in crisi.
Del pari, il management si trova a dover gestire un'impresa che:
o sempre più è costruttrice consapevole della propria strategia competitiva e del
proprio futuro;
o sempre meno riconosce, nell'ambito di tale strategia, confini settoriali di ri-
ferimento, ma li sconvolge e li fa convergere in una prospettiva coevolutiva;
o sempre meno è rispettosa delle regole scritte e consolidate, delle ortodossie e
delle convenzioni, ma le distrugge e le cambia continuamente in una
dinamica ipercompetitiva che sconvolge gli assetti concorrenziali.
Si tratta di cambiamenti che rappresentano una sfida sia per gli studiosi, che devono
fornire nuovi modelli di interpretazione dei fenomeni e di facilitazione dei processi
decisionali, sia per il management, che si trova a vivere «in prima linea» tali
cambiamenti. Quest'ultimo, in particolare, necessita di modelli e di strumenti, ed
ancor prima, di nuove impostazioni mentali e di nuove prospettive, per assumere
scelte strategico-competitive corrette.
A fronte dei cambiamenti radicali descritti e del disagio manageriale connesso
all'inadeguatezza dei modelli interpretativi, si apre la strada per l'emergere di una
nuova concezione della concorrenza e dell'analisi competitiva, che si fondi su di un
approccio resource based ed accolga i più recenti avanzamenti nella teoria dell'im-
presa.
Si vuole pertanto proporre un cambio di prospettiva e l'adozione del punto di vista
dell'impresa nella considerazione dell'analisi competitiva.
Nella prospettiva dell'impresa, è possibile ribaltare il rapporto tra impresa ed
ambiente: l'ambiente diventa un «ambiente attivato» dall'impresa in funzione della
propria dotazione di risorse. La strategia competitiva si configura conseguentemente
come continuo accrescimento del patrimonio di risorse dell'impresa (con il
conseguente abbandono della logica dello sfruttamento, tipica del paradigma
precedente) e come percorso continuo di progettazione del proprio futuro.
L'adozione del punto di vista dell'impresa permette di sfuggire alla trappola della
«rincorsa affannosa» del fenomeno competitivo, affermando viceversa la proattività
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dell'impresa, la capacità strategica dell'impresa di progettare e costruire il proprio
ambiente competitivo.
L'adozione della prospettiva dell'impresa, porta naturalmente a spostare il focus
dell'analisi maggiormente sull'interno dell'impresa, caratteristica tipica di tutti i
contributi che attingono al filone resource based, piuttosto che sull’esterno.
La Resource Based View (RBV) ha il grande merito di porre con forza il problema
delle fonti e delle radici dei vantaggi competitivi, individuandole nelle risorse, nelle
competenze e nelle capacità uniche e specifiche di un'impresa.
Se si concorda appieno con gli studiosi della RBV sulla centralità delle risorse in
termini di direzione dei nessi di causalità che determinano il vantaggio competitivo e
sull'opportunità di volgersi maggiormente all'interno nella formulazione della
strategia competitiva, è ben evidente tuttavia che la questione fondamentale di chi
attribuisca valore alle risorse trova una risposta solamente nell'ambiente esterno.
Alla prospettiva dell'impresa, in un approccio resource based, si intende pertanto
affiancare una prospettiva esterna, e segnatamente la prospettiva del cliente come
motore del processo concorrenziale, tipica degli studi di marketing. Per approccio
marketing oriented si intende che il valore delle risorse, in una prospettiva di
equilibrio interno-esterno, è funzione del valore differenziale attribuito, dai clienti
dell'impresa, nei confronti dei concorrenti, ai prodotti che dalle risorse stesse
originano.
L'adozione della prospettiva marketing based in congiunzione con quella resource
based, consente, nella nostra ottica, nella lunga catena di nessi di causalità nella
generazione dei vantaggi competitivi, di salire più a monte, avvicinandosi alle fonti
prime della generazione delle risorse d'impresa, ed in particolare alla relazione
impresa-cliente, da cui scaturiscono, vengono alimentate ed incrementate le risorse
di conoscenza e le risorse di fiducia. In questo senso, viene addirittura a sfumare la
distinzione tra interno ed esterno, se, si considera che il cliente, o meglio le relazioni
fiduciarie tra impresa e cliente, costituiscono una risorsa fondamentale delle imprese.
La crescita dell’impresa può realizzarsi mettendo a frutto risorse interne, da quelle
finanziarie a quelle tecnologiche, da quelle umane ad altre risorse di tipo materiale e
immateriale, ma può ottenersi anche attivando risorse che sono fuori dell’impresa,
presso altri attori dell’ambiente competitivo.
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Più in particolare, la varietà di forme attraverso le quali possono realizzarsi in
generale le diverse opzioni strategiche può essere ricondotta a due grandi gruppi di
modalità:
a) indipendenti e autonome;
b) strategicamente collaborative.
Il primo gruppo di modalità è costituito da un percorso evolutivo tutto fondato sulla
disponibilità e sullo sviluppo di risorse (umane, tecnologiche, finanziarie), interne
all’azienda. Esso si articola, a sua volta, in due sottogruppi con modalità fra loro
opposte: quelle che si realizzano strettamente all’interno dell’impresa con la messa a
frutto di risorse e capacità sviluppate entro l’organizzazione e che denominiamo
«modalità interne» e il gruppo di quelle che fanno leva sull’unica risorsa interna
veramente fungibile, cioè la disponibilità di risorse finanziarie proprie e/o di credito
che si può trasformare nell’acquisizione di risorse e capacità operative di business
già formate e sperimentata, che vengono denominate «modalità esterne».
Il secondo gruppo di modalità (collaborative) si fonda sull’attivazione e sull’utilizzo
di risorse esterne, che presuppongono dunque forme di collaborazione
interorganizzativa.
In un progressivo allargamento delle dimensioni della concorrenza, la
collaborazione, sotto forma di alleanze, Joint Ventures, accordi, etc. , diviene una
determinante della competitività delle imprese. La competitività dell'impresa, infatti,
viene a dipendere sempre più dalla sua configurazione reticolare, ed in particolare
dal grado di collaborazione che l'impresa stessa riesce a stabilire con i clienti, i
fornitori, i distributori e anche i concorrenti.
Gli elevati tassi di crescita, caratterizzanti molte delle iniziative del nuovo settore, e
la necessità di presenza globale, che rendono improbabile il ricorso
all’autofinanziamento (mediante le risorse dei promotori ed i fondi generati dalla
gestione), determinando un forte bisogno di finanziamento esterno.
Le imprese operanti nel settore high tech, producono nelle fasi iniziali della loro vita,
forti uscite finanziarie, non ripagate da adeguati flussi finanziari in entrata; i
fabbisogni finanziari in molte di queste nuove iniziative sono elevati ma anche
difficili da prevedere, con tutto quello che ne consegue per la politica di
approvvigionamento finanziario.
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Le attività che in questi settori assorbono la maggior parte dei fondi sono quelle
meno adatte a prestarsi come garanzia a fronte dei finanziatori. Le risorse, sono
infatti assorbite non tanto da investimenti in immobili, in scorte o in crediti, ma sono
a fronte di prestazioni per lo sviluppo del software, per la costruzione di piattaforme
tecnologiche, per attività di ricerca, oppure per investimenti di pubblicità. In breve, si
traducono nella predisposizione di beni intangibili, spesso anche di difficile
valutazione, dove al finanziatore esterno è pressoché impossibile distinguere se le
spese relative hanno dato luogo alla formazione di valore, oppure semplicemente ad
uscite senza risultati.
E’ quindi improbabile un intervento finanziario da parte delle banche commerciali,
tramite lo strumento del prestito, perché il livello di rischio da sopportare è troppo
alto ed esula dagli obiettivi istituzionali che queste si pongono.
Questa situazione può essere superata attraverso il ricorso ad un intermediario che si
appropria di una parte del valore creato dal progetto imprenditoriale, ma al contempo
effettua un’attività di monitoring delegato (che riduce i benefici privati espropriabili
dagli insider a scapito degli azionisti) oppure impegna la propria reputazione a
garanzia della trasparenza del progetto presentato al mercato. Le fonti più
appropriate per il finanziamento delle imprese innovative appaiono, dunque, le
seguenti:
o il finanziamento informale attraverso business angel;
o il Venture Capital;
o la quotazione sul nuovo mercato.
I business angel sono investitori privati con competenze tecniche specifiche e
disponibilità di mezzi finanziari, interessati ad apportare nell’impresa le proprie
competenze, relazioni e contatti; in genere si tratta di manager in pensione, fondatori
di imprese di successo poi vendute sul mercato, oppure consulenti e professionisti.
Il Venture Capital costituisce quindi una delle più importanti fonti di finanziamento
delle iniziative imprenditoriali nei settori ad alta tecnologia. Fornendo i capitali
necessari alla realizzazione di nuove idee diviene un sostegno fondamentale al
processo di sviluppo dell’innovazione, soprattutto nelle sue fasi iniziali.
I Venture Capital riducono, il divario tra l’impresa e gli investitori grazie alla
capacità di selezionare un portafoglio di opportunità che fornisce complessivamente
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un rendimento tale da compensare il rischio che gli investitori si troverebbero ad
assumere.
Il ricorso al mercato azionario è la forma più importante di finanziamento.
Il ricorso al mercato azionario deve avvenire al momento opportuno, sulla base non
solo del grado di maturazione dell’impresa ma anche del livello di rischio che grava
sulle sue azioni.
L’impresa deve poi tenere in dovuta considerazione gli obblighi di trasparenza e
comunicazione che la borsa richiede. Questi impegni, seppur comunque necessari ed
importanti, rischiano di caricare la giovane impresa di una ulteriore pressione.
Queste considerazioni non devono però ridurre «l’importanza in termini strategici
della quotazione»: le azioni, una volta quotate, diventano uno strumento di scambio
alla stregua della moneta (sono cioè in gergo acquisition currency) e la società può
adeguatamente utilizzarle per scambiare quote e avviare nuove acquisizioni.
Quindi per un’impresa ad alto tasso di crescita, con un bisogno cronico di nuove
risorse per finanziare con equità il proprio percorso accelerato di sviluppo, il Nuovo
Mercato rappresenta la strada naturale.
La rapida diffusione di Internet, gli sviluppi delle tecnologie di comunicazione e la
nascita di nuovi servizi derivanti dalla «convergenza digitale» richiedono la
disponibilità di contenuti sempre più ricchi e l'accesso sempre più veloce ai mezzi di
trasmissione.
Ciò sta dando luogo ad una vera e propria «economia della connessione», costituita
da un contesto socioeconomico in cui il bene maggiormente scambiato è
rappresentato dalle informazioni e che di fatto riguarda tutti i settori dell’industria e
dei servizi.
L'aggiornamento tecnologico delle reti di telecomunicazioni è quindi un fattore
determinante per assicurare al paese e ai relativi sistemi produttivi locali un alto
livello di competitività e di crescita economica.
La «Larga Banda» nella cosiddetta rete di accesso è oggi la caratteristica più
evidente dei sistemi di telecomunicazione aggiornati, rappresentando un siffatto
processo di implementazione e di adeguamento che interessa oggi tutti i principali
paesi.
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Con «Banda Larga» generalmente si identificano una vastissima gamma di soluzioni
tecnologiche, diverse per caratteristiche tecniche, ambiti di applicazione (rete di
trasporto, reti metropolitane, accesso), tempi di realizzazione, livelli di investimento,
capacità di resistere alla rapida evoluzione tecnologica e di mercato, comunicazioni
fisse o mobili, accomunate da una peculiarità: quella di consentire il collegamento e
la trasmissione dei dati largamente superiore a quelle supportate dai modem
tradizionali.
Molti sono i motivi che hanno spinto gli operatori di telecomunicazione a puntare
sulla banda larga. Un primo motivo si trova dal lato dell’offerta. I gestori di
telecomunicazioni si trovano di fronte a ricavi dal traffico voce inesorabilmente
decrescenti, che non potranno essere compensati dai pur indispensabili sforzi per la
riduzione dei costi. Se vorranno in tempi non troppo lunghi ripristinare modelli di
business credibili e maturare buoni utili di bilancio dovranno pensare in grande (e in
fretta) e capire che la voce è una componente alla quale occorre accostare le
immagini, il movimento, il colore, la musica, che sono essenziali nella nostra vita. E
per farlo si dovranno appunto impiegare massicciamente le tecnologie che lo
consentono e che, fortunatamente sono diverse e si presentano con potenzialità
diverse nei differenti paesi, influenzate dalle preesistenti disponibilità e architetture
delle reti di telecomunicazione, dalla densità geografica e dalle abitudini di consumo.
Il secondo fattore di spinta, dal lato della domanda, si chiama già Internet, ma ad
esso si aggiungono le varietà di impieghi che sono già possibili con ampiezze di
banda non eccessive come quelle delle offerte attuali della DSL e da quelle maggiori
della fibra ottica. La possibilità di collegamento istantaneo ad Internet, già da sola,
una volta sperimentata sarebbe sufficiente a far sentire la necessità della banda larga.
La rete a banda larga comprende la rete «di accesso» che collega ogni utente alla
centrale di smistamento e la «rete di trasporto» che connette le varie centrali in
ambito regionale, nazionale, internazionale. Mentre quest’ultima, grazie agli sviluppi
degli anni ’90 nella trasmissione in fibra ottica, consente già capacità su singola fibra
fino a 10 milioni di Mbit/s e costi del traffico ridotti, la criticità è rappresentata dalla
rete di accesso, dove la capacità attuale è di 64 Kbit/s. Su questo terreno competono
diverse tecnologie, oggi in corso di sviluppo e di sperimentazione come l’ADSL, il
satellite, la tecnologia Wireless e la Fibra Ottica
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Chi ha puntato in modo massiccio su quest’ultima tecnologia è la e.Biscom di Silvio
Scaglia e Francesco Micheli.
Nata a Milano, e.Biscom ha da subito attirato l’interesse del mondo sull’avveniristica
struttura di connettività attiva nel nostro paese. L’obiettivo è ambizioso: portare nelle
case e nelle aziende degli italiani un unico filo in fibra ottica basato sul protocollo Ip
(Internet Protocol) per la trasmissione veloce e unificata di voce, dati e video.
Grazie all’IP, e.Biscom ha costruito, quindi, il proprio core business: la fibra ottica.
Questo lungo cavo di vetro diventa innovativo proprio nel momento in cui parla il
linguaggio standard dell’internet di oggi e si trasforma nella rete di domani.
Invece di utilizzare la classica tecnologia a commutazione di circuito delle costose e
rigide centrali telefoniche tradizionali, Scaglia e soci hanno puntato su
apparecchiature di nuova concezione in grado di gestire in modo integrato il
potenziale di velocità fornito dalla fibra. E’ per questo che su un semplice cavo di
vetro ora possono passare ed essere disponibili per la casa e l’ufficio servizi che
spaziano dalla navigazione di internet alla fonia, dall’audio/video alla televisione. Al
centro di tutta la dorsale di telecomunicazione in fibra ci sono dispositivi chiamati
routers che vanno a sostituire le centrali tradizionali e diffondono la connessione ad
alta velocità ad aziende ed utenze domestiche.
e.Biscom è stata quindi costruita per essere protagonista della seconda generazione
di Internet: non solo testo e immagini, ma anche video interattivi di alta qualità, voce
e dati in grado di mettere tutti in contatto video con tutti a domanda, o tutti in
contatto video con qualunque contenuto a domanda di nuovo.
Quello che differenzia e.Biscom rispetto agli altri alternative carriers è la rete.
e.Biscom, infatti, dispone dell’unica infrastruttura alternativa al doppino telefonico
in grado di collegare l’utente residenziale alla rete.
Questo permetterà alla società guidata da Scaglia e Micheli di affrontare l’evoluzione
verso un mondo in cui il servizio voce perderà progressivamente la sua importanza a
vantaggio di nuovi servizi (Video on Demad, Videotelefonia, Videoconferenza,
Telemedicina, ecc.) che richiederanno una disponibilità di banda maggiore rispetto ai
tradizionali modem, e l’affrontare questa sfida prima di tutti, disponendo di
un’infrastruttura d’accesso proprietaria, rappresenta un vantaggio non di poco conto.