Leadership and Change Management
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Guidare un’organizzazione lungo le fasi di una difficile, ma indispensabile
trasformazione è rischioso ed ha costituito la rovina di molti leader. Questo perché il
leader può essere emarginato e la sua autorità messa in discussione; oppure, timoroso di
perdere l’appoggio e la fiducia dei suoi sostenitori, fallisce nell’ottenere da quest’ultimi
i sacrifici necessari al successo della sua iniziativa; o, ancora, l’attenzione del leader
sull’obbiettivo prefissatosi viene deviata da collaboratori che lo sommergono
quotidianamente di problemi e dettagli, tenendolo così occupato e preoccupato
9
.
La gestione del cambiamento organizzativo (change management) è difficile, ma
non impossibile, e soprattutto può essere sistematizzata. Allora, l’obbiettivo centrale di
questo lavoro è arrivare a presentare e descrivere le tappe del percorso di change
management : pur rimanendo un modello di riferimento generale e teorico, può servire
da riferimento a chi sia professionalmente interessato all’argomento. Infatti, il
linguaggio è accessibile, la descrizione delle fasi sfiora la schematicità e, soprattutto, le
fonti sono recentissime e autorevoli.
S’è analizzato, nel primo capitolo, le problematiche inerenti il cambiamento
organizzativo: le principali forze che lo alimentano e le vie più efficaci per gestirlo. Il
capitolo getta lo sguardo su quei cambiamenti macroeconomici nella concorrenza, nella
tecnologia e nelle scelte del consumatore, che attualmente rendono necessarie
trasformazioni organizzative. Le modalità descritte, per portare a termine con successo
tali trasformazioni, sono quelle che stanno riscotendo maggior interesse tra consulenti e
manager : Business Process Reengineering (BPR) , Information Comunication
9
V. cfr. 3.
6
Tecnology (ICT), etc.
Il secondo capitolo è molto differente dal primo, sia per l’argomento che per la
struttura. Infatti, parlando di leadership, s’è ritenuto opportuno esporre le principali
teorie a partire dagli inizi del 1900, vista la ricca letteratura sull’argomento. Il capitolo,
dunque, segue questa volta un ordine cronologico: si esordisce con la “Great Man
Theory” (fine del XIX e inizi del XX secolo), per poi studiare autori del calibro di Blake
e Mouton, Hersey e Blanchard, Bass, Schein, Tichy e Devanna. Si arriva, così, agli anni
90 e alle ultime e più notevoli riflessioni in tema di leadership: intelligenza emotiva,
empowerment e coaching, apprendimento, etc.
Il terzo e ultimo capitolo, intitolato Leading Change, fissa e descrive quattro tappe
che devono scandire il ritmo di ogni iniziativa di cambiamento organizzativo, affinché
si consegua un successo duraturo nel tempo: il tutto in un contesto di leadership
adeguato e diffuso.
Fin dall’inizio di questo lavoro, si nota che l’approccio vincente al Change
Management e alla leadership vuole la rivoluzione del ruolo delle persone
nell’organizzazione. La serie di iniziative che il leader, al timone dell’azienda, deve
lanciare, ridisegnano le caratteristiche del lavoro, non soltanto della base operativa, ma
anche dei manager: comunicazione informale, accesso alle informazioni, team –
building, nuovo sistema di compensi e carriere, coaching, etc.
Naturalmente, l’analisi di questi argomenti ha incontrato alcuni ostacoli, dei quali
rimante traccia nello sviluppo della tesi.
Leadership and Change Management
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Innanzitutto, le esperienze e i modelli più significativi di Change Management
nascono nella realtà socio – economica anglosassone (Regno Unito e Stati Uniti), quindi
l’applicazione di detti modelli alla realtà italiana va incontro ad alcune inevitabili
forzature.
In secondo luogo, un’analisi completa del fenomeno leadership ha bisogno di
ricorrere a nozioni psicologiche e psicoanalitiche (come il processo di transfert), che in
questo lavoro non compaiono.
Infine, lo studio del cambiamento è stato, storicamente, relazionato ad aziende
grandi, mature ed afflitte da un declino competitivo. Però, le soluzioni qui presentate
sono valide anche per le imprese della cosiddetta New Economy, dimensionalmente
minori ma bisognose di gestire una rapida crescita.
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CAPITOLO PRIMO. IL CAMBIAMENTO
1.1 PREMESSA
Figura I.1. Ideogramma rappresentante la crisi
1
L’interpretazione, proposta in questo lavoro, del cambiamento è ben sintetizzata
da un ideogramma giapponese concepito migliaia di anni fa. L’ideogramma, che è
l’insieme di due sotto-ideogrammi, si legge kiki che vuol dire crisi; se però li separiamo,
il primo si legge abunai, che sta per pericolo / problema, e il secondo ki, ovvero
opportunità.
1
Fonte: D’EGIDIO F. Il Global Service Management (GSM), Franco Angeli, Milano, 1989.
Leadership and Change Management
9
Quindi, il cambiamento è un’occasione, un’opportunità di crescita, da dove trarre i
massimi vantaggi. Va vissuto “non come una minaccia ma come una sfida eccitante;
anticiparlo e non subirlo”
10
.
Il cambiamento che caratterizza la nostra era è velocissimo e discontinuo. Società
che solo pochi anni fa sembravano invulnerabili, sono oggi in bancarotta o in grosse
difficoltà finanziarie, e vengono acquistate.
Allora, l’organizzazione della società post – capitalista
11
deve essere modellata
per affrontare il cambiamento costante, per abbandonare sistematicamente ciò che è
affermato, abituale, familiare, confortevole, si tratti di prodotti, servizi o processi, di
rapporti umani o sociali, capacità o organizzazione. La sua funzione è mettere all’opera
la conoscenza: il cambiamento rapido e la trasformazione delle certezze di oggi in
assurdità di domani sono nella natura stessa della conoscenza.
Una recente ricerca
12
sugli atteggiamenti della popolazione adulta italiana (14 –
79 anni) ha registrato il superamento della fatidica soglia del 50% degli adulti
appartenenti alla cultura definita post – industriale, la quale si caratterizza, tra l’altro,
proprio per il suo strutturale favore per il cambiamento (tradizionale è qui un disvalore,
nuovo è di per sé – indipendentemente dai contenuti della novità vantata – un termine
positivo, un valore).
Il quadro sociale italiano è, insomma, nuovo. Ciò produce una serie di effetti nel-
10
D’EGIDIO F., Il Change Management. Il pensiero creativo e le strategie delle aziende ultraveloci,
Franco Angeli, Milano, 1990, p. 15.
11
DRUCKER P.F., La società post – capitalista, Sperling & Kupfer, Milano, 1993.
12
FINZI E., Quelle stupide cinque parole (vere) …., “Sviluppo & Organizzazione”, Milano, settembre –
ottobre 2000.
10
le scienze manageriali: l’environment è divenuto più consone all’innovazione d’ogni
tipo, meno frenante e resistente; i leader, per essere percepiti come tali, devono essere
ed essere riconosciuti come leader d’innovazione, più pionieri e meno rassicuratori di
un tempo: la competizione sociale ed economica tende a premiare non chi dà garanzie e
protezione, ma chi offre sfide e risultati al di fuori di ogni rendita di posizione.
Il cambiamento è quindi essenziale, difficile, ma può anche rappresentare una
sfida eccitante. Restituisce la carica, spezza la monotonia e la routine. E’ una forma per
esprimere il massimo del proprio potenziale e una fonte d’energia e d’impulso.
Cambiamento è sinonimo di crescita e “le imprese capaci di avviare processi di
cambiamento sono anche meno vulnerabili”
13
.
13
FROVA S. GALBIATI P., MASSARI M., Cambiamento e rischio aziendale, “Finanza Marketing
Produzione”, Milano, n.° 4 / 92, pag. 10.
Leadership and Change Management
11
1.2 GLI INPUT AL CAMBIAMENTO
A partire dagli anni 80, tre forze hanno sconvolto, da sole o con un’azione
combinata, lo scenario competitivo preesistente. Esse sono
1
:
− i Clienti, i quali, più informati ed esperti, pretendono un prodotto ed un servizio
“su misura”;
− la Concorrenza che, superando i limiti geografici e sfruttando le nuove
tecnologie, è più intensa e si confronta su più aspetti (prezzo, gamma, qualità,
servizio);
− il Progresso Tecnologico che favorisce continue innovazioni, sia nei prodotti
che nei processi produttivi.
Analizzeremo ora ognuno dei più importanti fattori di cambiamento.
1.2.1 Concorrenza
“La strategia competitiva deve nascere da una conoscenza approfondita delle
regole della concorrenza che determinano l’ attrattività di un settore industriale”
14
.
Quindi, nelle economie di mercato, la concorrenza è considerata il fattore più
importante dell’ attività economica. Porter riassume le regole della concorrenza di un
1
HAMMER M., CHAMPY J., Ripensare l’azienda, Sperling & Kupfer, Milano, 1994.
14
M. E. PORTER, Il vantaggio competitivo, Edizioni di Comunità, Milano, 1987, pp. 10 – 12.
12
qualunque settore industriale, sia esso nazionale o internazionale, in cinque forze
competitive:
1) L’ entrata di nuovi concorrenti
2) La minaccia di sostituti
3) Il potere contrattuale dei clienti
4) Il potere contrattuale dei fornitori
5) La rivalità fra i concorrenti presenti
Porter afferma che le aziende, attraverso le loro strategie, possono influire su
queste forze, modificare le regole della concorrenza ed ottenere successo.
Nei decenni addietro la trasformazione non era un fenomeno comune, il
cambiamento si verificava di rado ed in modo incrementale. La stabilità costituiva la
regola di un ambiente caratterizzato da un minor grado di competizione globale e
dinamismo economico: “Finchè non si rompe, non aggiustarlo”
15
.
L’ intorno economico odierno porta da affrontare sfide ben differenti. Il ritmo
accelerato dei grandi cambiamenti in corso ( globalizzazione, tecnologia, politica
governativa, etc. ) e la loro natura particolarmente difficile da dominare, modificano
notevolmente sia singoli settori industriali che intere economie.
L’ abolizione delle barriere protezionistiche ha fatto sì che costi e prezzi
scendessero e ha gettato le imprese in un contesto in rapido mutamento, sotto la spinta
di una concorrenza dalla quale in precedenza erano artificialmente protette.
15
J. P. KOTTER, Guidare il cambiamento. Rinnovamento e leadership, Etaslibri, Milano, 1998, p. 15.
Leadership and Change Management
13
La globalizzazione, cioè “lo sforzo a lungo termine di integrare le dimensioni
globali della vita nella politica, economia, società e cultura di ciascuna nazione”
16
, crea
quindi nuovi rischi e opportunità per le imprese e vantaggi potenziali per l’ intero
sistema economico: la concorrenza obbliga le aziende ad accrescere la produttività e
mantenere bassi i prezzi e i costi, a investire nell’ innovazione e sviluppare la creatività.
Per evitare i rischi e capitalizzare le opportunità, le imprese devono divenire più
competitive; nessuno è immune dall’ influsso di queste forze: anche le imprese che
operano in aree geografiche ristrette possono avvertire l’ impatto della globalizzazione
attraverso catene di effetti indiretti. I confini nazionali sono sempre più impedimenti
e centri di costo, ma nello stesso tempo non sono destinati cadere; sono attenuati dalle
nuove regioni economiche, come Unione Europea, Nafta ( North American Free Trade
Area ) e Mercosur in Sudamerica.
Quindi le imprese devono fare della competitività globale un obbiettivo strategico;
devono adeguarsi agli standard posti dai leader di settore, dovunque si trovino. Questo
vale per tutte le funzioni: design, marketing, finanza, innovazione. Il protezionismo non
protegge più le aziende che non operano su standard di livello mondiale: può soltanto
renderle più vulnerabili.
Pensare competitivo oggi significa evitare errori comuni quali
l’autocompiacimento generato dal successo , il non tener conto delle esigenze e dei
16
A. MARTELLI, Il management alla svolta del millennio, “Sviluppo & Organizzazione”, Milano,
Gennaio – Febbraio 2000, p. 31.
14
desideri mutevoli dei clienti, non effettuare un’ analisi della concorrenza o effettuarla
con metodi illegali ( ad esempio, lo spionaggio ) ed infine non usare sistematicamente i
dati e le informazioni raccolte per lo sviluppo di strategie.
1.2.2 Tecnologia
“Se avete un vantaggio competitivo potete
contare di mantenerlo almeno per … 10 giorni”
Franco D’Egidio
“La tecnologia è il più importante singolo fattore di cambiamento”
17
. Il
cambiamento tecnologico è al centro di molte delle attuali trasformazioni
dell’economia, come il diffondersi delle tecnologie dell’ informazione e della
comunicazione.
La tecnologia è un utile strumento per acquisire un vantaggio competitivo
18
se in
grado di migliorare la qualità e il servizio o di ridurre i costi. Quindi tutte le aziende che
vogliono mantenersi competitive devono inevitabilmente adottare qualunque
innovazione tecnologica capace di consentire miglioramenti significativi. I cambiamenti
che le aziende operano per mantenere il passo con l’ innovazione tecnologica non
riguardano solamente la progettazione di nuovi prodotti: oggigiorno l’ influenza
17
M. G. CEPPATELLI, Gestione del cambiamento. L’ analisi dei processi aziendali, Cedam, 2000,
Padova, pp. 22.
18
“si dice che una impresa ha un vantaggio competitivo quando ha una redditività superiore alla media
del settore”, PELLICELLI G., Emergere in tutto, non solo nella produzione, “Iter”, Torino, Dicembre
2001, p. 15.
Leadership and Change Management
15
esercitata dalla tecnologia riguarda moltissimo il modo in cui le aziende possono essere
organizzate.
Le assunzioni sulla tecnologia sono fondamentali affinché le imprese portino a
termine un cambiamento tecnologico di successo e così acquisiscano un vantaggio
competitivo
19
. La dimostrazione di ciò risale ai primi albori della rivoluzione
industriale. Alla fine del XVIII secolo le attività tessile, carbonifera, etc. superarono la
soglia artigianale quando fu chiaro che ogni industria aveva una sua tecnologia
esclusiva. Detta assunzione permise la nascita e il longevo successo di imprese
moderne, come l’industria elettronica del tedesco Werner Siemens ( 1816 – 1892 )
20
.
Che ogni industria si fondi su una tecnologia propria diede vita alle grandi imprese di
tutto il mondo: chimiche, elettroniche, automobilistiche, telefoniche, e così via.
Oggi queste assunzioni sono diventate insostenibili perché le tecnologie a più alto
impatto su un’ industria sono quelle estranee al campo specifico di attività. L’ esempio
più convincente è quello dell’ industria farmaceutica, sempre più dipendente da
tecnologie completamente diverse da quelle su cui si basa il laboratorio di ricerca
farmacologica: per esempio la genetica, la microbiologia, la biologia molecolare, etc.
Un altro esempio importante riguarda l’industria di strumenti musicali: ormai da diversi
anni vi è entrata prepotentemente la tecnologia elettronica, che si è convertita in una
importante barriera all’entrata del settore.
19
DRUCKER P.F., Le sfide di management del XXI secolo, Franco Angeli, Milano, 1999. Il termine
assunzione è qui sinonimo di opinione, idea, punto di vista.
20
V. cfr. 2
16
Quindi nel 21° secolo le tecnologie si incrociano costantemente e queste
tecnologie provenienti dall’esterno obbligano un settore ad imparare, ad acquisire nuove
conoscenze, ad adattarsi, a modificare la sua mentalità, oltre naturalmente al suo
patrimonio di conoscenze tecniche. Le barriere tecniche d’ entrata di un settore vengono
spazzate via e sostituite da altre dettate da tecnologie differenti: conseguentemente
aumentano rischi ed opportunità per tutti, il dominio delle grandi imprese è espugnabile
e il gioco concorrenziale è spietato.
Attualmente, le previsioni più attendibili sul ruolo della tecnologia possono essere
le seguenti:
a) In futuro saranno privilegiate le nuove tecnologie che creano valore per il cliente
finale;
b) Le aziende che le sviluppano acquisiranno un vantaggio competitivo sui
concorrenti;
c) Queste tecnologie devono supportare gli obbiettivi di business delle aziende che
le adottano.
L’ innovazione tecnologica, però, può non avere alcun duraturo impatto sull’
impresa se non è in grado di attivare un effettivo processo di apprendimento: come la
conoscenza o il sapere di un individuo è frutto delle sue capacità di apprendimento,
similmente
21
, nelle imprese, l’ apprendimento genera conoscenza e lo stesso produce
effetti sui costi e sulla competitività.
21
il meccanismo è nell’ impresa più complesso
Leadership and Change Management
17
Il processo di apprendimento richiede a sua volta una particolare cooperazione
tra tecnologia ed organizzazione d’ impresa, cioè realizzare un ponte tra l’ ambiente
scientifico e la concreta applicazione. Tuttavia, per molti dirigenti e quadri aziendali, la
R&S rimane una scatola nera nella quale si riversano risorse finanziarie e dalla quale
dovrebbero uscire nuovo prodotti e nuove applicazioni, cosa che invece si verifica solo
in una piccola minoranza. In parte questo problema dipende dal fatto che i cicli vitali dei
prodotti diventano sempre più brevi ( “se funziona è già obsoleto”
22
), mentre le
tecnologie maturano sempre più rapidamente.
Concludendo, la soluzione di questo conflitto sta nel vedere l’ attività di R&S
come parte integrante della strategia aziendale. Se si parte da questo presupposto, tre
sono i passi da compiere
7
:
I. Valutare ogni progetto di ricerca in termini di costi e benefici attesi;
II. Vedere la ricerca come una fase, per quanto importante, di un processo che
comincia con la definizione degli obbiettivi strategici e finisce con l’assistenza
tecnica post – vendita;
III. Stabilire un sistema di regole per assicurare il successo complessivo dello sforzo
di ricerca evitando per quanto possibile i conflitti interni.
22
MacLuhan, noto esperto in comunicazione e ideatore del concetto di villaggio globale.
7
MARTELLI A., Il management alla svolta del millennio, “Sviluppo & Organizzazione”, Milano,
gennaio – febbraio 2000.