5
Tra le varie possibilità a disposizione dei protagonisti della politica, quindi,
oltre a quella della promozione di se stessi, c’è la ricerca delle argomentazioni
tramite le quali porsi in una luce migliore rispetto agli altri. In questa ottica, ciascun
soggetto della scena politica può tentare di dimostrare che non solo l’ascesa del suo
o dei suoi rivali sarebbe deleteria, ma addirittura estremamente pericolosa; si entra
perciò nell’ambito di una contrapposizione che non fa più dell’interlocutore un
semplice opponente, ma un vero e proprio nemico. L’evocazione di questa figura,
inoltre, è tanto più redditizia quanto più chi la costruisce e la usa riesce a dipingere
l’altro come un pericolo per tutti, e non solo come una minaccia per il proprio
personale prestigio o alla propria affermazione. Come in tutte le questioni, poi,
altra faccenda è stabilire se il nemico sia realmente tale o costituisca solo un
espediente tramite il quale convogliare consenso o serrare le fila.
Ma chi è il nemico? Edelman ritiene che
Nemici politici possono essere paesi stranieri, seguaci di ideologie detestate,
gruppi che esprimono una differenza di qualsiasi natura, anche se soltanto frutto della
fantasia: in ogni caso, tutti costoro rappresentano una parte costitutiva della scena
politica.
1
L’approfondimento sulla figura del nemico, sulla sua costruzione e sul suo
uso nella comunicazione politica, è il tema di questo lavoro.
1
Edelman, M. – Costruire lo spettacolo politico – 1992, Nuova Eri, Torino.
6
Il nemico compare nella comunicazione politica come prodotto del processo
di simbolizzazione, attraverso il quale si fornisce all’opinione pubblica un concetto
nel quale si condensano diversi significati, in questo caso di segno negativo. Il
contesto nel quale la figura del nemico viene costruita ed utilizzata si serve di una
scelta di linguaggio studiata e di una proposta costante del nemico negli argomenti
trattati nell’agenda politica, tale da farne un vero e proprio tema.
Nell’analisi del nemico si cerca di definire le caratteristiche e gli aspetti,
evidenziando quali siano gli intendimenti ed i processi che portano i protagonisti
dell’universo politico a creare questa figura; l’uso del nemico, poi, come ogni atto
che abbia rilevanza pubblica, innesca delle reazioni che sono conseguenti alla
percezione che gli individui hanno di ciò che gli viene mostrato.
L’analisi verte inizialmente sui momenti storici salienti che hanno visto la
figura del nemico utilizzata in maniera rilevante; avvicinandosi al presente, si
interessa allo scenario creatosi, con considerazioni sui nuovi e recenti sviluppi
sull’utilizzo della figura del nemico.
L’attualità propone un contesto nel quale sono intervenute le profonde
trasformazioni che hanno interessato la vita politica ed il concetto stesso di politica,
e la vertiginosa ascesa dei mezzi di comunicazione di massa, favorita dal continuo
miglioramento tecnologico.
Dopo i fatti di questo secolo in politica vengono meno sia la forma
tradizionale del partito, sia la dimensione “corale” sia questo rappresentava
7
nell’ambito della vita politica, a favore di una crescente personalizzazione, ed il
sorgere di figure guida, i leader, che hanno assunto una sempre maggiore
importanza e notorietà presso il pubblico. Tutto questo ha causato una massiccia
introduzione di elementi personalistici nella dialettica politica, ed il concetto di
nemico, attraverso nuove rielaborazioni, è sempre presente.
Per avere un quadro dello scenario attuale ho analizzato lo svolgimento delle
recenti votazioni amministrative a Bologna, per l’elezione del Sindaco e del
Consiglio Comunale.
Questo caso risulta interessante fin dalle premesse per il fatto di
rappresentare un confronto tra due candidati in una città che è sempre stata
caratterizzata politicamente da maggioranze e giunte comuniste o di sinistra, e
sempre in controtendenza rispetto al governo nazionale.
Si tratta quindi di una città che ha vissuto scontri molto serrati, così come è
stato quello di cui si sta parlando, che però ha in più le incognite legate al riflusso
dei connotati ideologici che avevano caratterizzato le precedenti consultazioni, e la
presenza di un candidato volutamente apartitico, che intende far valere questa sua
caratteristica nei confronti di un politico di professione.
L’analisi delle varie fasi della campagna elettorale è stata condotta su tre
quotidiani nazionali di differente indirizzo e diversa zona di pubblicazione:
“Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Il Tempo”.
Si è scelto di condurre la ricerca sui quotidiani perché in un contesto di
comunicazione politica che viaggia sui media che fanno dell’immagine e
8
dell’immediatezza il loro pezzo forte, la stampa ha la possibilità di mettere a fuoco
determinati aspetti delle varie vicende, fornendo in questo modo il maggiore
approfondimento sui temi e le questioni che non può essere fatto con gli altri mezzi
di comunicazione.
9
I Capitolo
Il processo di comunicazione
1. La comunicazione come processo sociale.
Il processo di comunicazione è un elemento basilare nell’ambito di tutte le
forme di aggregazione sociale. Dove c’è contatto tra diversi soggetti si verifica uno
scambio, laddove c’è scambio c’è comunicazione, e dove c’è comunicazione c’è
organizzazione. La comunicazione in combinazione con le forme più evolute di
organizzazione produce la comunicazione di massa.
Ciascun processo di comunicazione fa riferimento a precisi elementi,
rinvenibili anche nei tipi di comunicazione più evoluti e complessi.
Il primo di questi elementi è sicuramente l’altro, vale a dire il terminale
verso il quale la comunicazione è diretta. Può essere una sola persona, od un
aggregato di diversi individui. Il soggetto dal quale parte la comunicazione ha una
sua immagine di questo altro, una costruzione di lui del tutto soggettiva e maturata
attraverso il suo proprio modo di percepire la realtà, in breve un altro interiorizzato,
valutato secondo la sua discrezione. E’ attraverso questa immagine costruita che
l’autore del messaggio modula gli elementi del messaggio stesso. Vale a dire che
questo messaggio può essere costruito con elementi veri, falsi o modificati, secondo
la concezione dell’autore dello stesso, considerando i fattori di calcolo ed efficacia,
che possono produrre risultati differenti negli effetti o nelle reazioni. Come
10
conseguenza, anche le reazioni dell’altro sono il prodotto dell’immagine che egli
riceve dal soggetto agente e dalle valutazioni che egli fa riguardo agli scopi di
questo, o ciò che ha voluto affermare, falsificare, o modificare.
Questo processo è quindi riconducibile ad un modello di stimolo e reazione,
influenzato dalla realtà e dalle percezioni di ciascuno dei soggetti coinvolti. Come
conseguenza si possono individuare come variabili di questo processo alcuni
elementi quali: lo spazio dove avviene la comunicazione; il tempo, inteso soprattutto
come durata della comunicazione; la popolazione, vale a dire l’insieme di persone
che con il loro contatto rendono possibile il processo di comunicazione e la cultura,
cioè l’apparato normativo e simbolico nel quale e attraverso il quale la
comunicazione può essere codificata, espressa e interpretata.
2
Nell’ambito del processo di comunicazione si può distinguere poi un tipo di
comunicazione interpersonale diretta, che avviene con il contatto personale diretto
tra i soggetti, ed indiretta, che invece si avvale del progresso tecnologico per poter
diffondere il messaggio tramite strumenti, senza bisogno di un contatto diretto.
E’ appunto in questo secondo tipo di comunicazione, scaturito dal processo
tecnologico e dalla diffusione di sempre più sofisticati strumenti di comunicazione,
che si può annoverare il fenomeno della comunicazione di massa. La
2
“Quale che sia la tipologia e il significato della comunicazione è comunque possibile individuare alcune sue
grandezze costitutive: lo spazio, il tempo, la popolazione, la cultura. La trasmissione del messaggio ha infatti sempre
luogo nello spazio e nel tempo, all’interno di una popolazione e di una cultura definite.”(Mongardini/Pacelli - Cultura
moderna e comunicazione di massa - Milano, F.Angeli, 1993).
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comunicazione, a questo livello, non comporta più lo scambio di messaggi a livello
di due soggetti, o tra un numero comunque limitato di essi, ed il contatto diretto
non è più condizione necessaria. Entra in gioco il concetto di massa, che, come si
vedrà tra poco, non può essere definito in modo univoco.
Il processo rimane inalterato nei suoi elementi di base, ma va giocoforza
incontro a modificazioni rilevanti per via delle differenze appena citate. Cambia il
mezzo, che è capace di raggiungere un grosso numero di persone non fisicamente a
contatto tra loro o con il soggetto agente; cambia l’interazione, nel senso che il
ricevente non può reagire di nuovo nei confronti del primo soggetto, ma potrà solo
esprimersi genericamente con consenso/dissenso od altre sensazioni; si modifica
anche il tipo di codice del messaggio, perché deve rivolgersi ad una generica massa, e
non ad un pubblico definito in maniera particolare; questa massa si trova poi, per il
fatto di subire un messaggio a essa genericamente inviato come soggetto-massa non
ulteriormente definito, e per l’impossibilità di reagire, in una condizione di
anonimità.
Come brevemente accennato, il concetto di massa risulta di difficile
definizione, per via del fatto che è stato concepito e definito in maniera diversa da
diversi studiosi. Da questo deriva l’impossibilità di trattare tale termine come se
avesse un’accezione univoca.
Il termine si affermò con la società industriale, essendo utilizzato
genericamente per intendere i vasti insiemi di individui coinvolti nei fenomeni
12
dinamici che interessarono l’epoca come le migrazioni, l’urbanizzazione, la
divisione del lavoro. Contemporaneamente furono individuati come fenomeni di
massa i processi che accompagnarono la formazione del proletariato industriale,
l’ascesa delle classi piccolo borghesi e gli eventi che ne conseguirono.
Oggi si può generalmente affermare che la massa è un insieme di individui
che tende a manifestare uguali comportamenti e uguali atteggiamenti che -a detta
di H. Blumer- sono dettati dalla “convergenza di linee di azioni individuali che
come risposta a bisogni e interessi propri si concentrano su qualcosa che è però al
di fuori dell’esperienza individuale dell’individuo”
3
.
I molteplici studi che si sono succeduti possono essere ricondotti
essenzialmente a due grossi filoni: quello facente capo a Gustav Le Bon e quello
facente capo alla scuola marxista. Il primo concentra la propria attenzione
sull’uniformità del comportamento riscontrabile nella massa, il secondo propone
una interpretazione in chiave progressista del concetto di massa, dando una lettura
che respinge gli elementi negativi della prima interpretazione.
4
3
Cfr. Blumer, H. - The Mass, the Public and Public Opinion, tr. It. in Livolsi, Marino (a cura di) - Comunicazione e
cultura di massa - Milano, Hoepli, 1969.
4
L’analisi di Le Bon si sofferma sull’aspetto dell’uniformità del comportamento, dettato, a suo dire, non dalla vicinanza
fisica tra individuo e individuo, quanto da un vero e proprio annullamento dell’individualità di soggetti che si
“modificano” in massa ed assumono atteggiamenti non razionali rispondenti ad istinti immediati ed incontrollabili.
L’interpretazione marxista rilegge in chiave progressista la massa, respingendo le connotazioni negative e irrazionali
suggerite da Le Bon, per considerare che proprio coloro che sono al centro delle contraddizioni del sistema capitalistico
non cercano gli esiti della loro condizione di sfruttati in una espressione emotiva, poiché solo in tale condizione
maturano la coscienza della propria forza. Le masse, intese come proletari sfruttati ed ancora incapaci di una vera e
propria mobilitazione sociale e politica, trovano nella coscienza di classe la condizione della loro emancipazione
sociale. La scuola di Francoforte si inserirà in questo filone, aggiungendo che nelle società del ‘900 a capitalismo
avanzato, le masse, pur avendo raggiunto un elevato grado di emancipazione sociale e preparazione culturale,
sottostanno pur sempre ad un elevato grado di alienazione per via delle pressioni esercitate da coloro che detengono il
potere economico e politico, mediante i mezzi dell’industria culturale.
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L’aspetto rilevante da sottolineare è senz’altro l’influenza che i mezzi di
comunicazione di massa esercitano nella costruzione del sociale e del politico.
Un insieme di strumenti capace di raggiungere un grosso numero di
individui oltrepassando il limite del contatto diretto ha senz’altro il potenziale per
poter influenzare, dirigere, imporre. Per descrivere questo fenomeno si è coniata la
definizione di “media-power”, o potere dei mezzi di comunicazione, un potere che
qualcuno paventa essere la forza nuova e incontrollata tramite la quale si possono
muovere le leve della società, dell’economia e del potere politico. Occorre
comunque sottolineare che questo “potere”, se agisce in un contesto di trasparenza,
libertà di espressione e piena rappresentanza, può essere anche la forza tramite la
quale mettere a nudo meccanismi poco chiari, scorrettezze o ingiustizie delle
istituzioni e delle autorità, come ha dimostrato il caso che poi è passato alla storia
col nome di Watergate; una indagine giornalistica che, sorretta da solide
documentazioni e testimonianze, è riuscita a fare breccia nell’opinione pubblica,
costringendo il Presidente degli Stati Uniti, Nixon, alle dimissioni.
5
5
Marletti in questo caso si pone l’interrogativo riguardo questo evento domandandosi “se il Watergate sia stato il
risultato della superiorità ‘funzionale’ e quindi ‘politica’ dell’apparato emergente delle comunicazioni di massa rispetto
alla ‘macchina’ di partito, rimasta un apparato di tipo tradizionale; oppure se quello di Nixon sia stato invece un ‘caso’,
un infortunio accidentale che ha prodotto uno squilibrio di poteri che non rispecchiava gli effettivi rapporti di forza e la
reciproca funzionalità dei due apparati”.
Tale osservazione si inserisce nel contesto del discorso sul media power dove si tende a distinguere tra due diverse
versioni di questo potere. Parafrasando un’affermazione di Thomas Jefferson, il quale dichiarava di preferire una
condizione in cui vi fossero “giornali senza governo”, piuttosto di una dove vi fosse un “governo senza giornali”, in
ossequio al fatto che una nazione può sopravvivere per un certo tempo ragionevole senza una guida, ma è destinata a
cadere senza la libera circolazione di idee e opinioni, Marletti sostiene che “la situazione venutasi a creare con il
Watergate [...] è senza dubbio una situazione di media power, ma non già nel senso forte che i media siano diventati,
essi, un effettivo potere di governo, ma piuttosto nel senso debole che dopo il Watergate non è più possibile in America
governare contro i media e senza un qualche appoggio del giornalismo di opinione. In altre parole, dopo Nixon, si è
aperto un decennio di ‘giornali senza governo’. Cfr. Marletti - Media e politica - Milano, F.Angeli, 1984.
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Una delle accuse più ricorrenti mosse ai mezzi di comunicazione di massa è
quella di causare, con la loro azione, il processo detto di massificazione, tramite il
quale si giunge ad una sostanziale omogeneizzazione culturale per via dei
contenuti proposti, che riproducono uno schema definito di modelli e
comportamenti. In realtà i mass-media non producono e non creano nulla, essi non
fanno che riportare quelli che sono i valori e le norme diffuse, vale a dire tutto ciò
che è modello culturale nella società. Il messaggio dei mass-media non impone
nuovi modelli, perché suo obiettivo è quello di poter raggiungere la maggior parte
del pubblico, e questo è possibile solo puntando su contenuti che siano
immediatamente riconoscibili e percepiti con facilità dalla gran parte dei soggetti
riceventi. Ecco perché sovente il contenuto dei mezzi di comunicazione appare (ed
è), superficiale: il suo obiettivo è quello di poter essere fruibile dalla maggior parte
degli individui
6
.
6
In questo senso si parla anche piuttosto diffusamente di ‘cultura di massa’, riguardo il contenuto dei messaggi veicolati
dal mezzo di comunicazione di massa. “Tale termine [...] ha finito con l’essere identificato con il tipico contenuto dei
media. Il fatto è che fin dall’inizio questa nuova cultura si contrapponeva alla cosiddetta ‘cultura colta’ per via di alcune
sue caratteristiche perfettamente rispondenti alle esigenze - anche di mercato - che aveva (ed ha) il prodotto delle grandi
comunicazioni. Essendo infatti questo un prodotto creato per il mercato, deve necessariamente puntare su una larga
diffusione e quindi essere di vasta popolarità e richiamare numerose fasce di applicazione. Questa produzione e
diffusione su larga scala comporta da un lato una riduzione al minimo dei costi e dall’altro perdita di originalità,
stereotipia e quindi più in generale, standardizzazione di un prodotto il cui consumo si realizza mediante un
comportamento (o situazione di massa).”
Aggiungendo a questo il fatto che tale produzione è destinata al consumo delle classi lavoratrici emergenti della
società industrializzata “è chiaro che pur non creando la massa, i grandi mezzi di comunicazione mantengono una
situazione di massa lasciando scorrere il messaggio a livello superficiale.
I messaggi che assumiamo come pubblico delle comunicazioni di massa non vengono interiorizzati sia per come sono
contenuti sia perché ponendo la fruizione nella condizione di massa, il messaggio riesce solo ad attraversare l’audience
incentivando al massimo ad atteggiamenti superficiali, come appunto la moda, che nella sua mutevolezza e forte
esteriorizzazione, di per sé rafforzano la condizione di massa. E’ vano quindi ricercare nei media un’azione volta alla
crescita culturale in quanto loro meta finale non è mai la differenziazione di atteggiamenti, ma, al contrario, la ricerca di
reazioni comuni e quindi l’assunzione di atteggiamenti di massa la cui capacità di tradursi in comportamenti trova il suo
punto di arrivo nei fenomeni di moda” (Mongardini/Pacelli - Op. cit.).
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Il messaggio inviato dal mezzo di comunicazione è posto in stretta
correlazione con il ricevente, e prende in considerazione tutte le variabili che sono
state esaminate: si tratta di un ricevente in condizione anonima, disperso nella
massa, e unito agli altri componenti non dal fattore di spazio, bensì solo da quello
di tempo, nel momento in cui viene raggiunto come gli altri dal messaggio, un
messaggio a cui non può dare immediata reazione di risposta.
Il tipo di società costruisce dunque le forme e i mezzi della comunicazione di
massa e questi non fanno che lanciare messaggi i cui contenuti sono conformi alle
norme e ai valori della società in cui si trovano. I media non servono quindi a creare
la società, ma non sarebbe nemmeno esatto sostenere che si limitino a rilanciare e
amplificare i significati di essa. In realtà, se si immagina la società come un insieme
di contenuti, valori, significati, si può dire che i mass-media danno forza,
espressione e consapevolezza a quello che sarebbe un insieme allo stato magmatico.
La conseguenza di questo fatto è che il mezzo di comunicazione assume la
valenza di uno strumento di socializzazione, vale a dire quel processo che dà
all’individuo la possibilità di interiorizzare valori, norme e comportamenti vigenti
nella società di cui è partecipe
7
; questa osservazione ha sempre dato origine ad
interpretazioni discordanti in quanto questo processo facilita l’inserimento e
l’accettazione dell’individuo nel contesto culturale, tramite la fornitura di una serie
7
E’ importante notare che il processo di socializzazione riguarda tutti gli individui di una società, perché “anche se le
posizioni sociali ideologiche e simboliche all’interno del gruppo si differenziano, i valori, le rilevanze e i significati
costituiscono un quadro di riferimento comune al quale il messaggio delle comunicazioni di massa continuamente
ritorna per confermarlo e rinforzarlo. Ecco quindi che pur rispondendo a interessi e bisogni diversificati questo
messaggio tende a fissare e a considerare come dato l’insieme di valori e significati che in quel momento costituiscono
il tessuto di base dell’esperienza culturale.”(Mongardini/Pacelli - Op. cit.).
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di comportamenti standardizzati accettati nella società; di contro la cultura della
società in questione realizza tramite questo stesso processo la propria
autoconservazione.
2. La comunicazione come processo politico.
Se, come si è visto, nella comunicazione in ambito sociale occorre fare
riferimento al contesto sociale nel quale il processo della comunicazione è inserito,
nello specifico aspetto della comunicazione politica non si può che fare riferimento
al contesto politico.
La comunicazione politica consiste secondo Rush “nella trasmissione di
informazioni politicamente rilevanti da una parte del sistema politico ad un’altra, e
tra i sistemi politico e sociale”
8
. Nella definizione di Rush per ‘informazioni
rilevanti’ si intendono fatti ed argomenti concreti, ma anche espressioni relative
“alla trasmissione di idee, valori, atteggiamenti”; la conseguenza di questa
affermazione, per Rush -in controtendenza rispetto a chi sostiene l’uso della
comunicazione politica solo in ambito politico- porta alla conclusione che “la
8
Rush, Michael - Politica e società – Bologna, Il Mulino, 1994.
17
comunicazione politica non è strutturalmente parte del sistema politico, ma parte
integrante del sistema di comunicazione nella società”.
9
In ogni caso, comunque si ponga la questione, è possibile affermare che
nell’ambito della comunicazione politica sono individuabili scenari similari
riconducibili alla comunicazione massmediologica in generale.
Anche nella comunicazione politica vi è un soggetto emittente, che
oggigiorno, visto il processo di personalizzazione della politica, è sempre più
identificabile con un individuo. Vi è il soggetto ricevente, rappresentato da una
moltitudine di individui non accomunati da nessun elemento in particolare, e
quindi descrivibile in termini del tutto generali (c’è anche la possibile eccezione di
una comunicazione politica “mirata”, vale a dire rivolta ad un certo specifico
pubblico, in questo caso accomunato da qualche elemento o interesse). Vi è il
mezzo, tramite il quale il messaggio viene veicolato. Vi è l’argomento trattato nel
messaggio, che verte su temi di certo interesse per il pubblico.
La comunicazione politica è, in buona sostanza, una componente
fondamentale per la socializzazione politica, che contribuisce alla formazione
dell’opinione pubblica, e dell’ideologia, elementi che verranno definiti più avanti.
9
Per giungere a questa conclusione Rush afferma che “è perfettamente accettabile, sotto un profilo analitico, parlare di
comunicazione politica piuttosto che di comunicazione in generale. Infatti è possibile identificare messaggi
specificamente politici, come discorsi dei politici, manifesti elettorali, decisioni governative, discussioni politiche, e
così pure ci sono canali di comunicazione prevalentemente o esclusivamente politici, come dibattiti parlamentari,
conferenze o congressi di partito, riunioni politiche e programmi radiofonici e televisivi sulle questioni del giorno”,
aggiungendo che “è possibile definire come politici, in misura maggiore o minore, alcuni particolari modelli di
comunicazione, nel senso che la politica è il loro tema principale [...] ma i processi di comunicazione che si usano in
questi casi non sono peculiarmente politici. La circolazione di documenti prima di un incontro e la discussione
interpersonale durante una riunione sono fenomeni comuni anche al di fuori della sfera politica. In alcune società i mass
media possono essere sottoposti ad un pesante controllo politico, ma non sono strumenti esclusivamente politici”.
(Rush, M. - op. cit.).
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La comunicazione politica, ricapitolando, secondo Rush opera attraverso un
sistema di comunicazione sociale. Se, come è stato detto, è possibile identificare
messaggi e mezzi di carattere prettamente politico, occorre però specificare che la
maggior parte della comunicazione politica viene effettuata attraverso canali
sociali, nei quali i messaggi politici non sono sempre differenziati o distinguibili dai
restanti messaggi.
Nell’ambito della comunicazione politica è possibile distinguere tre canali
principali di comunicazione: i mass-media, i gruppi di pressione e i partiti politici.
L’importanza dei già citati mass-media sta nel fatto che la loro diffusione
capillare consente a individui o gruppi di portare a conoscenza della loro opinione
una larga fetta di cittadini, influenzando in tal modo l’opinione pubblica. I mass-
media infatti, hanno il potere di riuscire a dettare la priorità delle questioni
politiche, tramite ciò che è stato definito come agenda setting, vale a dire la capacità
di stabilire l’ordine e l’importanza delle questioni che di volta in volta vengono
affrontate, e quindi in buona sostanza, di definire, letteralmente, l’agenda politica.
E’ un potere che consente, date le già ricordate capacità dei mass-media di
raggiungere larga parte della popolazione, di fare in modo che le scelte che si
compiono riguardo l’importanza da dare o non dare a certe notizie, temi, idee,
influenzino sia la vita politica, sia il pubblico, che tendenzialmente è portato ad
adottare le scelte di priorità dettate dai mass-media.