Introduzione   
intende, in quanto la legge 410/2001 ha introdotto la figura del fondo immobiliare 
semi-chiuso o semi-aperto come vedremo in seguito.  
I fondi comuni di investimento immobiliare non vanno considerati solo come una 
delle tante attività finanziarie a cui un investitore privato o istituzionale può 
destinare le proprie risorse ma, bensì, come uno dei  risultati dell’evoluzione delle 
tecniche e delle forme di gestione dei patrimoni immobiliari. Infatti 
tradizionalmente l’attività di gestione di patrimoni immobiliari è stata definita 
come “insieme organizzato di attività di conservazione del patrimonio e di sua 
messa a reddito”
1
. Tale accezione vedeva l’investimento immobiliare in chiave 
inevitabilmente statica e disinteressata alla dinamica dei flussi economico-
finanziari e proiettato alla conservazione e all’amministrazione del patrimonio e 
dei servizi a esso correlati. Naturali conseguenze di questo modello gestionale 
sono una redditività ridotta, la  perdita di opportunità e l’incapacità di evolvere in 
sintonia con il cambiamento della domanda.  
Oggi, invece, l’attività di gestione dei patrimoni immobiliari è intesa come  
“attività volta alla massimizzazione del reddito corrente, alla minimizzazione dei 
costi di gestione e all’impiego dei cespiti secondo il criterio del massimo e 
miglior utilizzo possibile (high end best use)”
2
.  
La gestione è basata su una concezione dinamica dell’investimento, il cui 
obiettivo è la gestione ottimale dei flussi economico-finanziari. Tale modello si 
fonda sulla logica reddituale per cui il valore di un immobile è in funzione della 
sua redditività. 
L’adesione a tale logica ha portato ad una radicale revisione delle attività che 
devono essere svolte. Se, infatti, nella concezione tradizionale le attività erano 
essenzialmente di natura tecnica, manutentiva e amministrativa — la prima e la 
seconda, volte alla conservazione fisica dei beni componenti il patrimonio, la terza 
volta alla gestione degli aspetti connessi con l’amministrazione degli stessi — 
nella nuova concezione è necessario un più ampio spettro di attività. In questo 
                                                 
1
 Paviera M.G., Marzo 2000 
2
 Paviera M.G., Marzo 2000 
Introduzione   
caso è utile riferirsi a paesi più evoluti dal punto di vista immobiliare e quindi 
all’esperienza anglosassone. Secondo tale esperienza l’attività di gestione deve 
comprendere
3
: 
• asset management: attività di gestione strategica di un portafoglio di beni 
immobili, che si concentra sulle scelte di investimento e disinvestimento 
definendo strategie di medio e lungo termine; 
• building management: attività di gestione prevalentemente tecnico-
manutentiva di un patrimonio esistente; 
• facility management: attività di fornitura di servizi accessori relativi a ciascun 
edificio o unità immobiliare; 
• property management: attività di gestione prevalentemente amministrativa di 
un patrimonio immobiliare; 
• commercializzazione: attività di promozione e vendita del bene (diretta e 
indiretta). 
Quanto appena descritto si rivolge naturalmente all’attività di gestione di un 
patrimonio nell’ottica dell’investitore immobiliare e non all’attività di gestione di 
un patrimonio nell’ottica del proprietario-utilizzatore. Quest’ultima attività, se è 
riferita al mondo delle imprese, e definita come Corporate Real Estate 
Management (Cre)
4
. In particolare il Cre si può definire come l’attività di gestione 
degli immobili e dei terreni a disposizione di organizzazioni pubbliche o private, 
che non hanno come attività principale l’attività immobiliare, nell’intento di 
allineare le strategie immobiliari con le strategie aziendali al fine di contribuire 
alla creazione di valore. Comprende quattro differenti macroattività: 
• il general business management: è costituita da tutte quelle attività volte 
ad allineare le strategie immobiliari a quelle aziendali e a contribuire al 
conseguimento di profitti aziendali nel lungo periodo; 
• l’asset management: si intende, in questo caso, l’analisi delle modalità di 
finanziamento del portafoglio immobiliare in relazione alle esigenze 
                                                 
3
 Paviera M.G., Marzo 2000 
4
 Paviera M.G., Giugno 2002 
Introduzione   
finanziarie aziendali e al ridotto ritorno che, normalmente, hanno le risorse 
finanziarie impiegate in attività immobiliari; 
• il cost control: è l’attività di controllo dei costi e delle spese relative al 
patrimonio immobiliare; 
• il facility management. 
Tornado ai fondi immobiliari, alla fine del primo semestre del 2002, rispetto 
all'ingente patrimonio dei fondi complessivamente gestiti in Italia, quelli immobi-
liari coprivano una percentuale inferiore allo 0.7% del totale dei capitali investiti 
in fondi, ma la dinamica attuale della quota di investimenti immobiliari, anche 
tramite fondi immobiliari, appare significativa per almeno quattro motivi: 
• è in aumento, in relazione alle attese positive per i mercati immobiliari 
occidentali, in particolare per quelli europei, e ai bassi tassi di interesse; 
• è in aumento, perché il mattone, in quanto classico bene rifugio, può 
servire come opportuna diversificazione in uno scenario di mercati 
azionari volatili e di inflazione in ripresa; 
• si è individuato, in una ricerca dell’Economist
5
 di quest’anno, 
nell’andamento del mercato immobiliare la variabile chiave per sostenere 
le fiducia dei consumatori e, in ultima analisi, l’intera economia dei paesi 
occidentali in base alla circostanza che negli Stati Uniti come in Italia la 
gran parte della ricchezza familiare (almeno la metà) è rappresentata da 
immobili, in primis dalla propria abitazione. Quindi i prezzi delle case 
aiutano l’economia infondendo fiducia alle famiglie; 
• vi è una crescente attenzione da parte delle imprese alla valorizzazione 
della leva immobiliare col fine, da un lato, di ridurre/eliminare gli 
investimenti in attività non core, e quindi di cedere tutti i beni immobili 
non strumentali, e, dall’altro, per i beni immobili nei quali è investita 
l’attività, di ridurre il capitale investito. Le operazioni che rispondono a 
questa esigenza sono quelle di finanziarizzazione, perché consentono di 
ridurre l’investimento nel patrimonio immobiliare strumentale pur 
                                                 
5
 Marchesini E., 9 Marzo 2002. 
Introduzione   
mantenendone l’utilizzo
6
. La prima operazione di securitizotion 
immobiliare è stata fatta in Italia dal Gruppo Fiat nel 1998. 
Infatti dai rapporti semestrali di Assogestioni sui fondi immobiliari risulta che al 
31 dicembre 2001 il patrimonio ha raggiunto quota 2.686 milioni di euro e si è 
avuto un incremento del 12% nel primo semestre di quest’anno, a riprova 
dell’attenzione rivolta dagli investitori. Negli ultimi diciotto mesi sono stati circa 
68.000 i sottoscrittori di fondi di nuova istituzione per un totale di circa 160.000 
partecipanti. Inoltre, secondo la stima di Assogestioni relativa all’andamento del 
patrimonio del settore dei fondi immobiliari per il prossimo futuro, saranno circa 
40 miliardi di euro entro i prossimi sette anni gli investimenti destinati a questo 
tipo di fondo
7
. Questa stima trova riscontro nell’osservazione dei maggiori 
mercati internazionali dove lo strumento del fondo immobiliare è presente da 
decenni: è evidente ed elevatissimo il gap dimensionale tra l’Italia, dove i fondi 
immobiliari raggiungono appena i tre miliardi di euro, e i 155 miliardi di euro 
degli Stati Uniti, i 46 miliardi di euro della Germania, i 10.7 miliardi della Francia 
e i 9.4 miliardi della Gran Bretagna
8
. 
Il trend di crescita è ormai evidente: se dall’anno della loro nascita (legge 25 
gennaio 1994, n. 86) al 2000, i fondi immobiliari hanno “partorito” sei prodotti, 
solo negli ultimi due anni, sei delle nove Sgr impegnate oggi nel settore, ne hanno 
fatti nascere altri otto, a testimonianza della crescita di attenzione degli asset 
manager su questo mercato. E sono attese importanti modifiche regolamentari, a 
seguito dell’ultimo intervento normativo in tema di fondi immobiliari, che 
influiranno positivamente sulla futura crescita. 
I fondi comuni immobiliari sono stati istituiti in Italia con la legge n.86 del 25 
Gennaio 1994. Con tale intervento il mercato finanziario fu completato con tale 
figura giuridica dopo avere già introdotto il fondo comune di investimento 
mobiliare di tipo aperto (legge 77/83), la società di investimento a capitale 
                                                 
6
 Paviera M.G., Marzo 2000 
7
 Assogestioni, Ottobre 2001 
8
 Nareit, Marzo 2002; Bvi, Aprile 2002; Ima, Aprile 2002; Scpi, Settembre 2002. 
Introduzione   
variabile (d.lgs 84/92), il fondo comune di investimento mobiliare di tipo chiuso 
(legge 344/93) e il fondo pensione ( d.lsg 124/93). 
Il quadro normativo fissato dalla legge su indicata è stato modificato con 
l’approvazione del decreto  legislativo 58/98 che ha provveduto, insieme ai propri 
regolamenti attuativi, a riscrivere integralmente la normativa in materia. Il 
decreto, infatti, meglio noto come Testo Unico della finanza, ha abrogato la legge 
86/94, salvo gli articoli 14-bis e 15, relativi rispettivamente ai fondi immobiliari 
costituiti mediante apporto di beni pubblici e al regime fiscale . 
Il processo evolutivo che ha interessato lo strumento fondo immobiliare non è, a 
tutt’oggi, terminato. Infatti nel corso del 2001 il quadro normativo nel quale 
operano i fondi comuni immobiliari chiusi è stato sostanzialmente modificato dal 
D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge 23 novembre 2001,  n. 410. 
Con tale provvedimento, in cui sono presenti le 'Disposizioni urgenti in materia di 
privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di 
sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare', il legislatore ha voluto 
perseguire la finalità di accrescere l'interresse degli investitori nei confronti di 
questa categoria di prodotti, oltre a quella di favorire il processo di dismissione 
del patrimonio immobiliare pubblico. Infatti il punto chiave della legge è rendere 
questo strumento di investimento più flessibile attraverso la possibilità di 
raccogliere il patrimonio del fondo anche mediante più emissioni di quote, nonché 
nella facoltà del fondo stesso di prevedere sottoscrizioni in natura e nel più 
agevole utilizzo della leva finanziaria, come si vedrà in seguito. 
L'obiettivo di questa lavoro è di studiare il tema dei fondi immobiliari in modo 
completo. Lo studio si articola in cinque fasi: l’analisi normativa, l’analisi dei 
caratteri e dell’evoluzione della domanda e dell’offerta immobiliare nel tempo, 
l’analisi delle caratteristiche, dell’evoluzione e delle prospettive del settore 
immobiliare e del mercato dei fondi immobiliari in Italia, l’analisi dei mercati 
esteri, dove lo strumento dei fondi immobiliari si è già diffuso, l’analisi 
finanziaria dei prodotti presenti in Italia ed in particolare dei due fondi 
immobiliari gestiti da Nextra Investement Management Sgr. 
Capitolo Primo 
 
L’evoluzione normativa dei fondi comuni di investimento 
immobiliari di diritto italiano  
 
1.1  La legge n. 86 del 25 Gennaio 1994 
 
Nel sistema italiano i primi progetti legislativi organici in materia di fondi comuni 
di investimento immobiliari risalgono agli anni 80, in particolare, si ricordano
1
: 
• il d.d.l. n. 318 approvato dal Senato nella seduta del 20 marzo 1985; 
• lo schema di iniziativa del Ministero del Tesoro del 18 settembre 1986; 
• il d.d.l. n. 332 approvato dal Senato nella seduta del 13 ottobre 1988. 
La legge n. 86 del 25 Gennaio 1994 (“Istituzione e disciplina dei Fondi Comuni di 
Investimento Immobiliari Chiusi”) istituì per la prima volta i fondi comuni di 
investimento immobiliare in Italia secondo il modello del fondo chiuso. La 
suddetta legge, composta originariamente da 15 articoli, risultava distinta in due 
parti: 
• il Capo I prevedeva la disciplina relativa alla società di gestione del fondo; 
• il Capo II conteneva le disposizioni relative al fondo comune. 
Gli elementi caratterizzanti delle legge erano
2
: 
• l’autonomia patrimoniale del fondo rispetto alla Società di gestione, ai 
singoli partecipanti e agli altri fondi gestiti dalla stessa società di gestione; 
• la natura chiusa del fondo: ammontare predeterminato del patrimonio del 
fondo e mancanza del diritto di recesso dal fondo per l’investitore. La 
monetizzazione dell’investimento si verificava solo in sede di liquidazione 
finale del fondo. 
                                                 
1
 Zitiello L., Maggio 2002 
2
 Zitiello L., Maggio 2002 
Capitolo Primo 
  
In seguito ci furono i seguenti interventi di modifica:  
• introduzione dell’art 14 bis relativo ai cosiddetti “fondi immobiliari ad 
apporto pubblico”  (legge 503/1995 e legge finanziaria 662/1996). 
• modifica dell’art. 15 relativo al regime tributario dei fondi (legge 
503/1995). 
Tale disciplina fu, in seguito, quasi completamente rimpiazzata dalla legislazione 
successiva. Infatti il decreto legislativo 58/98 (“Testo unico delle disposizioni in 
materia di intermediazione finanziaria” – TUF), unitamente ai suoi regolamenti 
attuativi hanno definito la nuova disciplina di riferimento in materia di fondi 
comuni di investimento immobiliare lasciando in vita solo gli articoli 14-bis e 15 
della legge istitutiva relativi rispettivamente ai fondi immobiliari istituiti mediante 
apporto di beni pubblici e al regime fiscale. Infine nel corso del 2001 con il 
decreto legislativo del 25 settembre n. 351 vi è stato l’ultimo intervento in 
materia.  
Nei paragrafi seguenti si esaminerà l’assetto normativo introdotto dal TUF e dai 
suoi regolamenti attuativi in materia di fondi immobiliari e successivamente lo si 
analizzerà alla luce delle modifiche conseguenti all’ultimo intervento legislativo 
del 2001. 
 
1.2 Il Decreto legislativo 58/98 
 
Il decreto legislativo 58/1998 e i successivi regolamenti emanati dal ministero del 
Tesoro, dalla Banca d’Italia e dalla Consob hanno introdotto numerose importanti 
modifiche rispetto al precedente quadro normativo di riferimento dei fondi 
immobiliari. 
Fra i regolamenti più importanti per la definizione del quadro normativo di 
riferimento rientrano il decreto del ministero del tesoro 24 maggio 1999, n. 228 
relativo alla determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i 
fondi comuni di investimento, il provvedimento della Banca d’Italia del 1° luglio 
Capitolo Primo 
  
1998 e quello emanato il 20 settembre 1999 relativo ai limiti di investimento degli 
Oicr e ai provvedimenti della Consob n. 11522 del 1998 e n. 11971 del 1999. 
Gli effetti principali del decreto legislativo sono stati
3
: 
• eliminare la distinzione tra “fondi mobiliari” e “fondi immobiliari” 
introducendo una disciplina generale del genus fondo comune di 
investimento inteso come “patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di 
pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte” (art. 1, comma 
1, lett. j); 
• introduzione della distinzione tra fondi aperti (“il fondo comune di 
investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi 
tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di 
funzionamento del fondo” – art. 1, comma 1, lett. k) e fondi chiusi (“il 
fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene 
riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate” – art. 1, 
comma 1, lett. l). Nell’ambito dei fondi chiusi un’apposita disciplina è 
dettata per la fattispecie dei fondi immobiliari con apporto pubblico, come 
vedremo alla fine di questo capitolo. 
Quindi la normativa primaria distingue tra fondi chiusi e fondi aperti in relazione 
alla possibilità data ai suoi partecipanti di chiedere il rimborso delle quote 
sottoscritte durante la vita del fondo. Invece, il decreto attuativo del Ministero del 
Tesoro n. 228/99 individua la forma chiusa o aperta di un fondo in relazione 
all’oggetto in cui investe, in particolare si parla di fondi chiusi quando investono 
in: 
1. Beni immobili e diritti immobiliari; 
2. Crediti e titoli rappresentativi di crediti; 
3. Altri beni per i quali esiste un mercato e che abbiano un valore 
determinabile con certezza e con periodicità almeno semestrale; 
4. Strumenti finanziari non quotati diversi dalle parti di OICR aperti 
in misura superiore al 10 per cento. 
                                                 
3
 Maffei S., Aprile 2002 
Capitolo Primo 
  
La struttura di funzionamento dei suddetti fondi prevede la presenza di tre 
soggetti: 
• La società di gestione; 
• La banca depositaria; 
• I partecipanti al fondo. 
L’attività di controllo dei fondi immobiliari è affidata ad: 
• organi istituzionali: 
1. Ministero del Tesoro; 
2. Banca d’Italia; 
3. Consob. 
• organi privatistici: 
1. la società di revisione; 
2. la banca depositaria; 
3. gli esperti indipendenti. 
Vediamo in dettaglio la normativa. 
 
1.2.1 Forma giuridica e oggetto sociale della società di gestione 
 
L’art 34 del Testo Unico della finanza prevede che la società di gestione deve 
essere costituita nella forma di società per azioni e ciò non apporta alcuna 
variazione rispetto a quanto previsto anche dalla legge istitutiva dei fondi di 
investimento immobiliari. Ora, però, la società di gestione non deve (art. 200 del 
t.u.), come stabilito dalla precedente normativa, avere per oggetto esclusivo la 
gestione di fondi comuni di investimento collettivo in immobili o partecipazioni 
in società immobiliari. La società di gestione dei fondi comuni immobiliari ricadrà 
quindi nella piu’ ampia definizione di società di gestione del risparmio. 
Le attività che la Sgr può esercitare sono:  
1. la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio; 
2. la prestazione del servizio di gestione su base individuale di portafogli di 
investimento per conto terzi; 
Capitolo Primo 
  
3. l’istituzione e la gestione dei fondi pensione; 
4. lo svolgimento delle attività connesse e strumentali. 
Per attività connessa si intende quella che consente di promuovere e sviluppare 
l’attività principale; mentre per attività strumentale si intende: lo studio, la ricerca 
e l’analisi in materia economica-finanziaria, l’elaborazione, la trasmissione, la 
comunicazione di dati e di informazioni economiche e finanziarie, la 
predisposizione e la gestione di servizi informatici o di elaborazione dati, 
l’amministrazione di immobili ad uso funzionale (prov. 1/7/98 Banca d’Italia). 
E’ previsto che il gestore possa affidare specifiche scelte di investimento a 
intermediari abilitati a prestare servizi di gestione di patrimoni (art. 33 t.u.). 
Quindi è possibile delegare la gestione di una quota del fondo, specializzata su un 
comparto specifico, ad un operatore esterno. Inoltre vi è la possibilità che una Sgr 
istituisca e commercializzi fondi comuni la cui gestione operativa sia curata da 
un’altra Sgr (art. 36, comma 1 t.u.). Questa delega, però, non implica alcun 
esonero o limitazione di responsabilità della Sgr delegante. Inoltre la delega può 
essere revocata con effetto immediato e non deve avere carattere di esclusività 
(provv. 1/7/98 Banca d’Italia). 
Per quanto riguarda i soggetti che operano nelle Sgr quelli che svolgono funzioni 
di amministrazione, direzione e controllo devono possedere i requisiti di 
professionalità e onorabilità stabiliti dal ministero del Tesoro, del Bilancio e della 
Programmazione economica (art. 13 t.u.). 
L’art. 40 del Testo unico indica che le Sgr dovranno operare con diligenza, 
correttezza e trasparenza nell’interesse dei partecipanti al fondo, organizzarsi in 
modo tale da ridurre al minimo il rischio dei conflitti di interesse anche tra i 
patrimoni gestiti, e adottare misure idonee a salvaguardare il diritto dei 
partecipanti al fondo/i. Tali comportamenti sono ulteriormente specificati nel 
regolamento Consob relativo alla disciplina degli intermediari in attuazione del 
Testo Unico 
  
Capitolo Primo 
  
1.2.2 Capitale sociale 
 
Il d.lgs. 58/98 prevede che il capitale sociale versato sia di ammontare non 
inferiore a 1 milione  di euro. Il capitale deve essere interamente versato. La 
normativa precedente, invece, prevedeva un capitale sociale versato almeno pari a 
10 miliardi di lire incrementati di un ulteriore ammontare di mezzi patrimoniali 
pari alla quota obbligatoria di partecipazione della società a ciascuno dei fondi 
gestiti. In particolare tale quota risultava essere pari al 5% del patrimonio 
complessivo di ciascun fondo gestito, se le quote venivano offerte al pubblico 
risparmio, mentre pari al 3% in caso di offerta destinata agli investitori 
istituzionali. Quindi con la nuova normativa si ha una notevole riduzione del 
requisito del capitale sociale rispetto alla normativa precedente. 
 
1.2.3 Autorizzazione 
 
Alla Banca d’Italia, sentita la Consob, è affidata l’autorizzazione del servizio di 
gestione collettiva del risparmio e del servizio di gestione su base individuale di 
portafogli di investimento da parte delle società di gestione del risparmio (art. 34 
t.u.). Precedentemente la legge 86/94 prevedeva l’autorizzazione dal ministero del 
Tesoro, sentita la Banca d’Italia. 
L’autorizzazione dipende da uno serie di condizioni (provv. 1/7/98):  
a) sia adottata la forma di società per azioni; 
b) la sede legale e la direzione generale della società siano situate nel territorio 
della Repubblica; 
c) il capitale sociale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato 
in via generale dalla Banca d'Italia; 
d) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo 
abbiano i requisiti di professionalità e onorabilità indicati nello stesso D.lgs; 
e) i partecipanti al capitale abbiano i requisiti di onorabilità indicati nello stesso 
D.lgs; 
Capitolo Primo 
  
f) la struttura del gruppo di cui è parte la società non sia tale da pregiudicare 
l'effettivo esercizio della vigilanza sulla società stessa e siano fornite almeno le 
informazioni richieste ai sensi dell'articolo15, comma 5 nello stesso D.lgs; 
g) venga presentato, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto, un programma 
concernente l'attività iniziale nonché una relazione sulla struttura organizzativa; 
h) la denominazione sociale contenga le parole «società di gestione del 
risparmio». 
La Banca d'Italia, sentita la CONSOB, disciplina la procedura di autorizzazione e 
le ipotesi di decadenza dall'autorizzazione quando la società di gestione del 
risparmio non abbia iniziato o abbia interrotto lo svolgimento dei servizi 
autorizzati e le operazioni di fusione o di scissione (art. 34, comma 2 e 3 t.u.). 
La Banca d’Italia nella valutazione della domanda di autorizzazione verifica 
l’esistenza delle condizioni atte a garantire la sana e prudente gestione della Sgr 
valutando sul piano tecnico la sussistenza delle condizioni di idoneità dei 
partecipanti al capitale e del gruppo di appartenenza, oltre al programma delle 
attività (provv. 1/7/98 Banca d’Italia). Il programma è un documento che ha lo 
scopo di indicare, in base al provv. 1/7/98 Banca d’Italia, le attività che la società 
intende svolgere, la tipologia di fondi che la società di gestione intende istituire e 
la clientela a cui si indirizza il servizio, le modalità di svolgimento dell’attività 
gestoria, se cioè si intende soltanto promuovere o anche gestire, l’ambito 
territoriale di riferimento, i canali di distribuzione che si intendo attivare e, infine, 
è necessario allegare i bilanci revisionali dei primi 3 esercizi . 
La Banca d’Italia rilascia l’autorizzazione entro il termine di novanta giorni dalla 
data di ricezione della domanda (prima il termine era di 2 mesi). Se trascorre un 
anno (prima 2 anni) dal rilascio della autorizzazione senza che l’attività di 
gestione della società sia iniziata l’autorizzazione decade automaticamente. 
 
Capitolo Primo 
  
1.2.4 Obblighi della società di gestione 
 
La società di gestione assume verso i partecipanti al fondo gli obblighi e le 
responsabilità del mandatario (provv. 1/7/98 Banca d’Italia). Qualora venga scelta 
una struttura organizzativa che distingue tra società promotrice e società di 
gestione dovrà esserne fatta menzione nel regolamento del fondo e le due società 
saranno, comunque, responsabili in solido nei confronti dei partecipanti, così 
come previsto dal provv. 1/7/92 della Banca d’Italia. 
La società di gestione è tenuta a comunicare le sostituzioni comportanti la 
modifica dell’identità dei soggetti componenti la propria persona giuridica. Il 
consiglio di amministrazione o assemblea ordinaria istituisce con propria delibera 
il fondo/i e ne approva contestualmente il regolamento. Il consiglio di 
amministrazione deve provvedere alla valutazione semestrale del patrimonio del 
fondo/i e alla redazione del relativo prospetto. 
 
1.2.5 Albo delle società di gestione 
 
La legge istitutiva dei fondi prevedeva l’esistenza di un albo tenuto dalla Banca 
d’Italia per le società autorizzate alla gestione di fondi comuni di investimento 
immobiliare. Il d.lgs 58/98 ha introdotto un albo unico per tutte le società di 
gestione abrogando i singoli albi precedenti. Quindi oggi è prevista l’iscrizione di 
diritto al nuovo albo per le società di gestione già iscritte negli albi 
precedentemente previsti. L’albo è tenuto dalla Banca d’Italia che provvede a 
comunicare alla Consob l’iscrizione delle Sgr. 
 
1.2.6 Istituzione del fondo 
 
Il regolamento del ministero del Tesoro n. 228, successivo al decreto lgs.58/98, 
prevedeva che i fondi che investono in beni immobili e diritti reali immobiliari 
fossero istituiti nella forma chiusa. Tale norma è stata parzialmente modificata 
Capitolo Primo 
  
dalla legge 410/2001, come vedremo in seguito. Va ricordato che nella normativa 
vigente, precedente all’ultima legge in tema di fondi immobiliari, non è presente 
la figura legislativa di fondo comune di investimento immobiliare ma solo di 
fondi, che se investono il capitale in beni immobili e diritti reali immobiliari, 
vanno istituiti nella forma chiusa. 
Non vi è alcun limite obbligatorio per l’ammontare minimo di sottoscrizione a 
differenza della legge istitutiva che prevedeva la quota minima per i fondi 
immobiliari non inferiore a 3 milioni di lire. Inoltre mentre la legge istitutiva 
86/94 prevedeva l’indicazione di una durata minima del fondo immobiliare pari a 
10 anni e una massima di 30 anni ora il nuovo quadro normativo prevede che la 
durata dei fondi deve essere coerente con la natura degli investimenti, senza però 
poter essere superiore al termine di durata della Sgr che li ha promossi e istituiti. 
Quindi viene eliminata la durata minima del fondo, mentre si mantiene la durata 
massima dei fondi a 30 anni.  
La società di gestione può richiedere alla Banca d’Italia un periodo di grazia, pari 
a 3 anni, di prolungamento della durata del fondo per far fronte ai necessari 
disinvestimenti. 
 
1.2.7 Patrimonio del fondo 
 
La legge istitutiva 86/94 prevedeva che ciascun fondo costituisse patrimonio 
autonomo, distinto, a tutti gli effetti, dal patrimonio della SGR e da quello di 
ciascun partecipante, nonché da ogni altro fondo gestito dalla medesima società. 
Su tale patrimonio non erano ammesse azioni dei creditori della SGR. Le azioni 
dei creditori dei singoli investitori erano ammesse soltanto sulle quote di 
partecipazione dei medesimi.  
Quando detto è pienamente ripreso dalla normativa successiva sui fondi 
immobiliari con alcune integrazioni. Sul patrimonio del fondo non sono ammesse 
azioni neanche  dei creditori del depositario o del subdepositario. Inoltre la SGR,