Ho scelto di introdurre l’argomento del lavoro con questo brano
perché lo ritengo particolarmente adatto a dare un’idea della problematica
che intendo trattare. In effetti l’esperienza di Buffagni non ha niente di più
di quella di chiunque altro, né la sua testimonianza racchiude una “verità”
più corretta: semplicemente la sua distrazione mentre ha lanciato le prime
occhiate al televisore gli ha consentito di credere per qualche istante alla
finzionalità di quelle tragiche immagini. L’11 settembre 2001 le televisioni
di tutto il mondo hanno trasmesso innumerevoli volte le scene reali e
drammatiche dei Boeing che si schiantavano contro le Twin Towers. In
effetti pochi di noi le avranno anche solo temporaneamente confuse con
immagini di fiction; la lettura adeguata era agevolata in modo decisivo
dalla “cornice” di quelle scene: si assisteva a un telegiornale. Quelle
immagini restavano però incredibili, assolutamente fuori dall’ordinario. In
qualche modo l’istinto ci diceva di non crederci, per tanti le prime reazioni
sono state di resistenza, di incredulità. Sicuramente in questo ha giocato
molto il fatto che “quello” che vedevamo era una novità sconvolgente, mai
nella storia qualcosa di simile era accaduto. Ma contemporaneamente non
possiamo dire che qualcosa del genere non lo avessimo mai “visto”.
Quell’immagine, o almeno quel tipo di immagine, era in qualche modo
familiare. Come Buffagni nella sua deconcentrazione aveva istintivamente
colto, scene analoghe ci erano state già proposte al cinema, con grande
dovizia di effetti speciali. Anche la “trama” avrebbe potuto essere stata
facilmente scritta a Hollywood. Solo che stavamo guardando un
telegiornale e “dovevamo” credere alla realtà di quanto ci veniva mostrato,
cercando di prescindere dalla sua enormità e spettacolarità.
Con questo lavoro vorrei provare ad approfondire i motivi di questa
difficoltà a cogliere l’evento per quello che è stato. Certo, in definitiva la
mera comprensione di quanto è accaduto è riuscita a tutti: nessuno ha
potuto portare fino in fondo l’inaccettabile sovrainterpretazione
1
di ritenere
in qualche modo finzionali quelle immagini. Ma credo che tutti, anche se
con modalità fortemente differenti a seconda di un buon numero di variabili
(di cui tratterò più avanti), abbiamo avuto delle difficoltà iniziali a mettere
nella giusta luce quei fatti.
In sostanza, quindi, intendo esaminare i processi interpretativi di
questi eventi e soprattutto delle immagini che ce li hanno fatti conoscere.
Un fenomeno tanto sconvolgente dal punto di vista storico e culturale può
venire analizzato (e già lo è) secondo numerose prospettive disciplinari e
con molteplici obiettivi. Del tutto naturale per un evento che porta con sé
molti aspetti di novità: per cominciare, è stato immediatamente definito
come il più grave e sensazionale attentato terroristico della storia. Subito si
sono chiamati in causa confronti con le due Guerre Mondiali per
descrivere la gravità e l’eccezionalità del fatto; indipendentemente dalla
legittimità di questo raffronto (non è questa la sede per discutere una
questione pure così interessante e gravida di significati), sarebbe comunque
la prima volta in cui le immagini di un massacro di questa portata vengono
mostrate in diretta al mondo e con grande dispiego di mezzi tecnici. Inoltre
è stato da più parti sottolineato che questa è stata la prima occasione nella
storia in cui la superpotenza statunitense è stata minacciata da un nemico
all’interno del suo stesso territorio. Questi sono in primissima analisi alcuni
decisivi aspetti di novità di questo evento, che merita, come accennato, di
essere studiato sotto tanti punti di vista. Per parte mia scelgo un obiettivo
circoscritto: esaminare quale può essere stato l’apporto del nostro
preesistente immaginario mediale nell’interpretazione di questo evento e
delineare gli esiti principali di questo processo interpretativo. Dico subito
che nel caso delle Twin Towers, a mio parere, è imprescindibile il
1
Sul concetto di sovrainterpretazione vd. Eco 1995.
contributo che a livello cognitivo ha portato la nostra esperienza di fruitori
di fiction, e più specificamente nel cinema, dato che, come ho già
accennato, è lì che si ritrovano i “precedenti” mediatici di queste immagini.
Nella realtà invece qualcosa di simile non era mai accaduto, o quand’anche
siano esistite situazioni visivamente analoghe (ma intendo qui, ad esempio,
esplosioni dovute a bombe, non certo aerei che collidono con dei
grattacieli), non sono mai state mostrate a un pubblico di massa. Dunque il
materiale visivo, ma anche narrativo, nel quale abbiamo potuto rintracciare
delle significative analogie e al quale abbiamo potuto attingere per provare
a dare un senso a ciò che vedevamo è di derivazione cinematografica.
Il concetto di interpretazione rischia, poi, di essere un po’ troppo
esteso o sfumato. Specifico quindi che il livello di cui intendo occuparmi è
soprattutto quello della comprensione dei fatti e delle immagini, quindi un
livello fondamentalmente denotativo, tralasciando invece le possibili derive
di tipo connotativo decisamente più soggettive e al di fuori di questo
ambito di analisi.
L’impostazione dal punto di vista disciplinare non sarà unitaria. Il
percorso sarà finalizzato a studiare al meglio la materia secondo la
prospettiva che ho delineato precedentemente, e dunque verranno toccati,
con maggiore o minore approfondimento, diversi ambiti ritenuti fecondi. Se
dunque la sociologia della comunicazione è l’ambito di riferimento
principale, si faranno comunque rimandi ad altre discipline come la storia e
la teoria sul cinema, la psicologia cognitiva e altre ancora in misura minore.
Il focus, dunque, è del tutto centrato sulla problematica trattata, non invece
sulla applicazione omogenea di una serie di strumenti derivanti da un’unica
prospettiva disciplinare, che risulterebbe generalizzante. In questo risiede
però una delle principali difficoltà incontrate per svolgere questo lavoro:
non riferendomi a una tradizione disciplinare precisa, ho avuto una certa
difficoltà a reperire il materiale da consultare per approfondire la
prospettiva che mi interessa. Vale a dire che spesso il taglio dei testi
consultati era differente da quanto sarebbe stato più utile per i miei fini.
Oppure, più semplicemente, mi sono imbattuto in settori di studio nei quali
le conoscenze a nostra disposizione sono ancora piuttosto scarse. In ogni
caso darò notizia di queste difficoltà nella prosecuzione del lavoro e
cercherò di procedere con le dovute cautele laddove si dimostri necessario.
Il lavoro inizierà con una rapida rassegna di testimonianze mutuate
dalla carta stampata, che mostreranno la rilevanza di questa analogia fra
immagini di fiction e immagini dell’11 settembre, che è stata notata da più
parti. Successivamente dedicherò una parte al filone cinematografico
catastrofico, che sembra avere delle caratteristiche piuttosto precise, e a una
breve analisi di qualche esempio significativo. Dopodiché analizzerò i
processi che hanno guidato la comprensione di queste immagini, con
particolare riguardo agli schemi cognitivi, e traccerò delle ipotesi sui loro
esiti. In aggiunta, ritengo interessante fare anche un raffronto fra il processo
di comprensione dei fatti dell’11 settembre e quello di un caso a noi italiani
ben noto, ma che ha avuto una forte eco anche a livello internazionale: lo
schianto di un aereo da turismo sul grattacielo Pirelli di Milano, avvenuto il
18 aprile 2002. Questo evento è decisamente interessante, in particolare per
le analogie con l’episodio delle Twin Towers che sono state istintivamente
rintracciate, salvo poi accorgersi che buona parte di queste era priva di
fondamento. Infine dedicherò un capitolo al confronto fra i processi
interpretativi dei due eventi e a una sintesi dei principali risultati del lavoro.
Voglio infine precisare che non ritengo che il presente lavoro
esaurisca in alcun modo l’argomento affrontato. Una valutazione
complessiva (se mai questa sarà possibile) dell’influenza che l’immaginario
mediatico può aver esercitato sui processi di comprensione di questi eventi
richiede lavori più ampi ed approfondimenti in diverse direzioni. Credo
però che questa ricerca possa costituire una valida mappatura della
problematica, tanto più in considerazione del carattere interdisciplinare del
presente lavoro.
In conclusione di questa introduzione sento la necessità di dare una
breve avvertenza. L’argomento scelto ha per me un grande interesse ed è
molto stimolante, ma lavorare su eventi di questo genere ha comportato in
certe fasi un peso morale non indifferente a causa della drammaticità di
questi fatti. Desidero semplicemente chiarire che tuttavia è necessario
trattare di questi eventi con un certa freddezza per mantenere una
sufficiente obiettività e a questo atteggiamento distaccato cercherò di
attenermi.
Desidero ringraziare il chiarissimo professor Marino Livolsi per le consulenze
iniziali e la chiarissima professoressa Barbara Gasparini per l’assiduità e la disponibilità
con cui ha seguito lo svolgimento di questo lavoro.
1. Testimonianze
1.1 Il rapporto tra 11 settembre e fiction nella stampa
quotidiana e periodica
In questo capitolo presenterò una serie di spunti e di testimonianze,
ricavati in prevalenza dalla stampa quotidiana, al fine di fornire una
documentazione che mostri la rilevanza della problematica che sarà
affrontata, rilanciata con una certa insistenza dai mezzi d’informazione. In
un certo senso, quindi, questa parte ha una funzione ulteriormente
introduttiva, ma serve anche a mostrare come il richiamo alla fiction per
spiegare i modelli interpretativi dei fatti dell’11 settembre non abbia
solamente un sapore retorico, ma possieda un fondamento. La frequenza
delle allusioni al mondo del cinema – ma non solo – nei vari articoli
dimostra la presenza forte di questo parallelismo nella mente di molti
(giornalisti e non) e suffraga l’idea che la fiction abbia un ruolo importante
nella decodifica di questi eventi e immagini. Inoltre fin da questo capitolo
sarà possibile fare delle osservazioni utili per il successivo sviluppo della
tematica.
L’insieme delle testate analizzate non è particolarmente ampio: per
esempio ho deciso di circoscrivere alla realtà italiana questa breve
indagine, ritenendo che nella sostanza essa possa essere sotto questo
aspetto sufficientemente rappresentativa. Del resto a fornire la
testimonianza sulla presa di coscienza diffusa dell’apparenza
paradossalmente finzionale di questi eventi bastano pochi esempi. Inoltre in
alcuni casi sarà interessante soffermarsi su singoli aspetti di alcuni articoli.
Procederò a questa disamina secondo una serie di spunti che ho ritenuto
degni di nota.
Quello dell’11 settembre 2001 è stato un evento di portata storica e
gravido di conseguenze, non solo dal punto di vista concreto, ma anche
sotto il profilo della presa di coscienza del mondo occidentale rispetto alle
problematiche connesse alla globalizzazione e all’islamismo. Naturale che
questo accadimento ottenesse grande risalto sulla stampa (e in generale sui
newsmedia) di tutto il mondo. Il fatto possedeva una serie di valori notizia
molto rilevanti. L’evento è giunto inaspettato, aveva tutti i crismi della
negatività, ha riguardato la nazione più potente del mondo (ma in una certa
misura tutto il mondo occidentale), ha coinvolto a vario titolo un gran
numero di persone e ha comportato delle conseguenze pratiche per milioni
di individui
2
. Dunque lo spazio concesso a questo evento sulla stampa
mondiale è stato abbondante come poche volte in passato. I commenti, gli
articoli, le foto riguardanti questo accadimento sono stati numerosissimi e
si sono sparpagliati lungo diverse direttrici d’analisi, in parte assecondando
quella che è parsa una diffusa strategia di spazializzazione. E’ anche in
questo contesto di disponibilità alla pubblicazione di commenti e analisi
riguardanti le varie sfaccettature dell’evento che si ritrovano frequenti
allusioni al suo rapporto con la fiction. Ma la frequenza dei riferimenti alla
dimensione finzionale e, in certi casi, la loro visibilità rivendicano la
rilevanza di questa suggestione.
2
Sui valori-notizia vd. Papuzzi 1998, pp. 22-27.