2
immaginario che possiede istituzioni diverse e migliori di quelle
vigenti nella realtà, ispirate a principi etici e sociali ritenuti, di
solito, irrealizzabili.
Partendo dal concetto dell’utopia si è giunti ad analizzare un
esempio di isola del XIX secolo, in piena Età Vittoriana,
concretizzato nel Coral Island di Robert Michael Ballantyne.
Si tratta di un’opera che delinea un concetto di utopia proprio di
un’epoca di piena espansione dell’Impero Britannico in cui si
avverte, anche alla luce di un’esaltazione sia economica che
politica, la visione di una realtà romanticizzata, in cui l’isola
appare come un paradiso terrestre dove non esistono conflitti e
dove tutto viene risolto usando il semplice buon senso.
Proseguendo nell'individuazione delle caratteristiche comuni
alle due opere, l’attenzione è stata maggiormente focalizzata sul
concetto stesso di isola, che viene esplicitato in maniera differente
dai due autori, a causa della differente condizione di naufraghi in
Lord of the Flies e di viaggiatori alla ricerca di un’alternativa in The
Beach.
In questo processo si sono evidenziate le somiglianze all’interno
delle differenze, sottolineando il comune tentativo di voler dar vita,
pur al di fuori della propria realtà conosciuta, ad un’organizzazione
sociale con compiti e ruoli ben definiti e un leader riconosciuto
dalla comunità.
3
Ci si è scontrati così con il fantasma di un’isola e di una spiaggia,
l'isola dei grandi ideali, dei sognatori dove tutto sembra perfetto e
reale, e ci si è domandati se le due isole in questione fossero vere o
regni di pura illusione. In entrambi i casi si è assistito alla
completa degenerazione dovuta a quella che si può definire “la
malattia dell’essere umani”, che comporta l’uscita dal paradiso e la
discesa all’inferno. L’isola può essere un luogo incontaminato e
perfetto nel suo essere microcosmo, ma l’inserimento stesso
dell’essere umano al suo interno apre le porte alla disintegrazione
dell’ideale.
Durante il corso della ricerca, attraverso la messa a fuoco
degli inevitabili conflitti che emergono all’interno delle due
comunità, si sono evidenziate delle caratteristiche che hanno
portato l’analisi dei due testi in un contesto più circoscritto,
dimostrando la vicinanza di Lord of the Flies e The Beach nello
sviluppare un concetto di dissolvimento di un’utopia che, partendo
da Tommaso Moro, si è venuto delineando attraverso l’opera di
Ballantyne.
I tempi sono cambiati, le guerre mondiali hanno portato
distruzione e morte ad un livello mai conosciuto prima e non ci si
può dimenticare che, pur su di un’isola che sembra un paradiso,
gli esseri umani si trovano sempre a combattere con i propri istinti
e la propria storia, ciò che impedisce ai protagonisti delle opere di
4
Golding e di Garland di portare a compimento quell’esperienza
idilliaca già vissuta nel romanzo di Ballantyne.
5
Capitolo I
L’ISOLA E L’UTOPIA
1.1 L’Utopia di Thomas More (1516)
Uno dei più alti rappresentanti dell’Umanesimo inglese, Tommaso
Moro, è l’autore di un’opera fondamentale, De optimo rei publicae
statu desque insula Utopia, o più semplicemente Utopia, un’opera
scritta in latino nel 1516 e nata sullo sfondo di un Umanesimo
critico di stampo erasmiano; non a caso Erasmo e Tommaso Moro
furono legati da profonda amicizia.
Utopia rappresenta il capostipite del genere letterario-filosofico
moderno che da essa prende l’appellativo di utopistico e proprio a
Moro si deve il conio della parola.
Se la parola nasce con Moro, il concetto che essa esprime è
molto più antico
1
. L'aspirazione ad una società ideale in cui le
incongruenze e le ingiustizie della società reale siano sanate e
redente, accompagna costantemente il corso della storia ed è uno
degli impulsi fondamentali e permanenti del suo divenire. Essa ha
cercato soddisfazione, a seconda delle situazioni storiche, nella
fede religiosa, negli schemi tracciati dalla ragione, in motivi
passionali che si condensano nel mito. Già la Repubblica di
™
1
Cfr. L. Firpo, introduzione a T. Moro, Utopia, Napoli, Guida Editori, 1984
6
Platone, nell'antichità, se da un lato è connessa alla concreta base
della polis greca, trascende dall'altro ogni formazione politica reale
per delineare ed esaltare, in un ideale posto fuori del tempo, nel
sopramondo astratto della ragione, i valori etici eterni, le esigenze
che presiedono alla formazione di ogni tipo di stato. Sotto questo
aspetto Platone è il padre dell'utopismo, e ne fissa per sempre una
forma a cui si richiamerà per secoli il pensiero politico.
L'utopia, nel senso più proprio e pertinente del termine,
nasce tuttavia insieme col mondo moderno quando, col
Rinascimento, la posizione dell'uomo nei confronti della natura e
della società muta radicalmente
2
.
Mentre le scoperte geografiche rompono gli orizzonti tradizionali e li
allargano all'infinito, e le ricerche scientifiche moltiplicano il potere
dell'uomo sulle cose, le forme sovvertitrici dell'economia borghese,
stimolando la concorrenza, dilatando il profitto ed elevando il
denaro a potenza nuova, provocano la crisi delle oligarchie
dirigenti, attuando un vasto ricambio di ceti e introducendo nuove
forme e costumi di vita.
Nell’Utopia di Moro l’Io narrante immagina di aver incontrato
un tale Raffaele Itlodeo, il quale, compagno di viaggi di Amerigo
Vespucci, si imbatte in America in una terra sconosciuta. E’ Utopia
™
2
Cfr. N. Abbagnano, “Rinascimento e politica” in Storia della filosofia, vol. II, La
filosofia del Rinascimento, Utet 1995
7
(lett. U-tòpos = senza luogo), un posto che non c’è, il luogo irreale,
l’isola che non ha luogo.
Definito lo stato come una congiura dei ricchi, il libro si rivela come
una forma di attacco ai mali del secolo, la corruzione, il dispotismo
delle monarchie, la vendita delle cariche, l’immoralità del clero. Il
fondamento destabilizzante del testo spiega perché lo stesso fu
messo all’indice dall’Inquisizione spagnola.
Tommaso Moro opera il recupero della cultura classica che viene
posta al servizio di un progetto filosofico di critica politica, che
trova la sua più immediata motivazione nella necessità di
comprendere e fronteggiare la complessità dei processi di
mutazione economico-sociale, nonché dei contrasti civili in atto
nell’Inghilterra agli inizi del Cinquecento
3
. Crea così una specie di
romanzo politico e sociale in cui è immaginato uno Stato ideale,
con un sovrano che è il contrario assoluto de Il Principe di
Machiavelli.
L’opera è divisa in due parti. La prima parte analizza il
malessere che percorre l’Inghilterra del suo tempo, i cui sintomi
erano guerre, vagabondaggio e delinquenza, miseria delle classi
popolari. Moro ne individua così i fattori principali:
™
3
Cfr. M. Isnardi Parenti, prefazione a T. Moro, Utopia, traduzione a cura di T.
Fiore, Editori Laterza, 2000 (1516)
8
a) le recinzioni gettano in rovina le masse:
“le vostre pecore, che di solito son così dolci e si
nutrono di così poco (…) cominciano ad essere così
voraci e indomabili da mangiarsi financo gli uomini,
da devastare, facendo strage, campi, case e città…”
4
b) ne consegue il vagabondaggio e una situazione di povertà con
facile sbocco alla malvivenza:
“ I coltivatori vengono cacciati via e…son anche
spogliati del proprio, ovvero, sotto l’aculeo di ingiuste
vessazioni, son costretti a venderlo…che altro resta
loro se non rubare (…) o andar in giro pitoccando?”
5
La causa viene dunque individuata nella rapacità di nobili, ricchi e
alto clero che, oziando e scialacquando beni, depredano le classi
lavoratrici di contadini e artigiani, in particolare con le recinzioni
delle terre comuni, che vengono ridotte a pascoli privati,
producendo abbandono di case e villaggi, con conseguente
disoccupazione e vagabondaggio.
In realtà,
™
4
T. Moro, Utopia, traduzione a cura di T. Fiore, Editori Laterza, 2000 (1516), p.
24
5
T. Moro, op. cit., p. 25
9
“dove c’è la proprietà privata, dovunque si
commisura ogni cosa col denaro, non è possibile che
tutto si faccia con giustizia e tutto fiorisca con lo
Stato”
6
.
La proposta di Moro è una società di tipo essenzialmente agricolo,
caratterizzata da antimonetarismo (oro e argento non hanno valore,
ma sono usati per costruire gli utensili più umili) e dall’abolizione
della proprietà privata. Tutti vi lavorano al massimo per 6 ore,
scambiandosi periodicamente i mestieri (per evitare la divisione del
lavoro); “l’occupazione comune a tutti indistintamente, uomini e
donne, è l’agricoltura”
7
, in più ciascuno impara un mestiere
specifico, nessuno ozia, sei ore di lavoro, otto di sonno, il resto non
sciupato ma speso bene
“secondo i gusti in qualche occupazione prediletta”
8
.
Possiamo dire, quindi, che mentre nella prima parte Moro dà
un’interpretazione pessimistica della situazione a lui
contemporanea, nella seconda al dato storico viene contrapposto il
™
6
T. Moro, op. cit., p. 50
7
T. Moro, op. cit., p. 62
8
T. Moro, op. cit., p. 64
10
progetto riformatore, sotto la forma dell’invenzione di una societas
perfecta, quella appunto dell’immaginaria isola di Utopia.
In un duplice senso l’utopia è quindi l’annuncio di una
trasformazione della società: nella critica, spesso intrisa di ironia e
di sarcasmo, delle istituzioni vigenti, che contribuisce così a
logorare e a screditare, e nel disegno esemplare di società nuove e
liberanti. Nell'Utopia di Moro i due momenti sono chiaramente
distinti: all'acuta critica della società inglese dell'epoca, svolta nel
primo libro, corrisponde, nel secondo, l'elogio dello Stato felice dove
quei mali storici sono risanati.
Il testo è sicuramente da apprezzare sia nella parte critica che in
quella utopistica.
11
1.1.1 L’isola immaginaria
Ma come prende forma il concetto di utopia?
“Utopia giace al di là dei confini del mondo
conosciuto: si tratta di una delle isole Fortunate,
forse non lontana dai campi Elisei”
9
.
Ha la forma di un ferro di cavallo, fortificata e artificiale. Prima che
Utopo la conquistasse era una penisola e si chiamava Abraxa;
civilizzatane la popolazione, la staccò nel 254 a.C. dalla terraferma
rendendo così i suoi abitanti “isolati”.
Utopia è il “regno della perfetta felicità” dove si trovano
“54 città quasi uguali per lingua, usanze, istituzioni e
leggi; identica architettura”
10
,
a pianta quadrata organizzata secondo un tracciato regolare. Il
numero 54 ricorda quello delle contee d’Inghilterra.
Tutti i personaggi, tutte le cose, sono ironicamente contrassegnate
dalla privazione e dalla lontananza: Ademo il re, ossia il re che non
™
9
lettera di G. Budè a T. Lupset nel 1517
10
T. Moro, op. cit., p. 56
12
ha popolo; Anidro, il fiume senz’acqua; Alxopoliti, gli abitanti senza
terra e senza patria; Amauroto la capitale, città ignota ed oscura.
Come già accennato l’occupazione fondamentale per i cittadini di
Utopia è l’agricoltura alla quale si dedicano a turno tutti i
componenti delle varie famiglie in modo che nessuno debba
svolgere sempre un lavoro pesante.
Quest’isola beata è la società ideale, a base democratica, priva di
proprietà privata dove tutto è diviso, secondo la teoria platonica
della spartizione dei beni. Le cure ospedaliere sono gratuite per
tutti; è ammessa l’eutanasia. Si praticano tutte le religioni e la
gente vive tranquilla.
A Utopia vi è uguaglianza assoluta di tutti, con assenza dunque dei
privilegi di classe; ogni città è composta di famiglie e tutto vi è
equamente distribuito e pianificato. E’ divisa in quattro parti
uguali, con una piazza del mercato al centro di ciascuna, in cui
ognuno porta i prodotti del suo lavoro, perché chiunque ne chieda,
ne possa avere quanto gli occorre.
Per gli abitanti di Utopia non esiste il denaro e l’oro e l’argento non
valgono più del ferro, ed è quindi ritenuto stupido e inutile
abbellirsi con questi materiali. L’oro è talmente disprezzato che
viene usato per farne vasi da notte e catene per gli schiavi di cui gli
Utopiani si servono per macellare gli animali.
13
Si evita ogni tipo di spreco e i vestiti ad esempio sono tutti dello
stesso materiale e forma. Moro sottolinea che se qualcuno si
vestisse in maniera più ricercata, non sarebbe né più riparato dal
freddo né migliore agli occhi degli altri Utopiani.
Il diritto di eredità non esiste poiché i bambini si spostano spesso
da una famiglia all’altra a seconda del lavoro che vogliono
imparare.
Considerata quindi la lieve differenza nel lavoro, vestiario, dimora o
l’uso del tempo libero, non esiste alcuna forma di orgoglio a Utopia.
Per la stessa ragione ogni casa ha un giardino, e l’unica forma di
competizione è forse quella di riuscire a coltivare il giardino più
bello.
Poiché gli Utopiani non si devono preoccupare del cibo, e di ogni
altra necessità, possono godere altre gioie della vita; derivano
grande piacere dal piacere fisico come mangiar bene, bere e
divertirsi, ma senza l’uso di alcolici. Amano particolarmente la
musica, ritenuto un piacere per il corpo e la mente.
Ma il piacere fisico non è la ragion d’essere degli Utopiani; essi
trovano grande piacere sia nella filosofia che nella religione: nella
ricerca filosofica cercano la virtù mentre in quella religiosa
contemplano la verità.