3
Se infatti molte sono le direzioni in cui si sviluppa la vicenda
intellettuale di Camus, tuttavia esse si intersecano a costituire un
unico itinerario di pensiero condotto all’interno stesso della
negatività avvertita e vissuta come insuperabile. Il male, che ne
rappresenta l’inevitabile contrassegno sul piano dell’esistenza
quotidiana, è il nucleo tematico dell’intera sua riflessione; attorno
ad esso si sviluppano in modo complesso, ma unitario gli aspetti
principali del suo pensiero.
Sottolineata l’origine e l’importanza della questione del male in
Camus, particolare attenzione è dedicata alla tesi di laurea
dell’Autore, Métaphysique chrétienne et Néoplatonisme, in cui egli
si confronta con la dottrina gnostica, quella neoplatonica e quella
di Agostino. Di particolare importanza è il confronto con il Vescovo
d’Ippona, poiché la lettura camusiana della dottrina cristiana di
Agostino lo porta ad allontanarsi dalla soluzione religiosa del male,
verso una prospettiva esclusivamente antropologica e quindi
terrena. Neanche questa prospettiva però dà ragione del male: la
realtà è contrassegnata dall’assurdo di cui il male è una
manifestazione.
4
Il male resta quindi il tema cardine della meditazione di
Camus; però fra la prima e la seconda fase della sua produzione
cambia il modo di rapportarsi a tale realtà. Inizialmente Camus, ne
Il Mito di Sisifo, descrive ed analizza l’assurdo come orizzonte in
cui necessariamente si svolge la vicenda umana. A causa
dell’insignificanza che getta un’aura sinistra su ogni aspetto della
realtà tutti i valori e le esperienze si equivalgono. L’atteggiamento
pratico che inizialmente meglio si addice a questa sconcertante
scoperta è quello della lucida quanto passiva presa di coscienza di
tale realtà, concepita come unica risposta che l’uomo ha a
disposizione per reagire e realizzare il proprio essere. Tale
atteggiamento è espresso soprattutto ne Lo Straniero, ne Il
Malinteso e in Caligola.
Successivamente Camus guarda la negatività da un altro
punto di vista, quello cioè dell’esistenza di una natura umana che
si configura come il valore per il quale vale la pena rivoltarsi e
combattere l’assurdo. La sofferenza individuale legata
all’esperienza assurda si fa peste collettiva, che accomuna tutti gli
uomini in un solo ed identico destino, rispetto al quale però è
possibile porre in atto l’atteggiamento della rivolta, che sebbene
5
non riesca ad eliminare definitivamente il male dall’orizzonte
umano, tuttavia restituisce dignità all’individuo. Essa non ha che
un valore morale, ma conferisce all’uomo il senso dell’esistenza e
la speranza della solidarietà con gli altri uomini. Questo è lo
scenario inquietante, ma, al tempo stesso, esaltante che
dischiudono le opere della maturità: L’uomo in rivolta, La Peste, I
Giusti. Il male resta ancora un enigma senza risposta, ma con la
rivolta l’esistenza si rivela degna di essere vissuta.
6
CAPITOLO I
La ragione di fronte al male
1. Un problema comune
Albert Camus si laurea in filosofia nel 1936 con una
dissertazione dal titolo Métaphysique chrétienne et
Néoplatonisme in cui confronta Cristianesimo ed Ellenismo.
Il Cristianesimo fin da quest’opera appare a Camus già in
parte “preformato” nel pensiero ellenico. Scrive infatti a questo
proposito: “Considérer le christianisme comme une nouvelle forme
de pensée succédent brusquement à la civilitation grecque, serait
donc ésquiver les difficultées. La Grèce se continue dans le
Christianisme. Lui meme se trouve preformé dans la pensée
helléne”
1
. Da ciò si evince che, secondo Camus, piuttosto che di
rottura tra i due indirizzi di pensiero, si deve parlare di continuità.
In tal modo il pensiero cristiano si rivela radicato nella stessa
cultura ellenica. La prova di questa continuità, che è poi quella tra
ragione e fede, è rintracciata nell’opera di Agostino, al quale va
riconosciuto il merito, secondo Camus, di aver intrapreso la via
1
A. Camus, Métaphysique chrétienne et Néoplatonisme in Essais éd. R. Quillot,
Gallimard, Paris 1993, p. 1228.
7
della conciliazione tra la ragione, come strumento prioritario di
conoscenza, proprio della filosofia greca, e la fede, affermatasi
con il Cristianesimo.
La fede, opponendosi alla ragione, genera nel pensiero di
Agostino quel dualismo che egli cercò per primo di comporre,
incorporando la ragione greca nel sistema di pensiero cristiano in
cui essa viene a perdere la sua carica eversiva. “A voir S.
Agostino – scrive Camus - on peut comprendre tout le travail de
l’evolution chrétienne: assouplir de plus en plus la raison grecque
et l’incorporer à son édifie, mais dans une domaine où elle est
inoffensive”
2
.
Se infatti nell’ambito della filosofia greca la forza della
ragione ha prodotto le categorie fondamentali del pensiero
occidentale, essa, incorporata nel pensiero cristiano, viene
subordinata alla fede: lo strumento conoscitivo pertanto non è più
la ragione, ma la ragione unita alla fede.
Il Diplome , titolo con il quale comunemente la dissertazione
di laurea è indicata, contiene la ricerca sistematica di una risposta
2
Id. , p. 1306.
8
soddisfacente al problema del male, attraverso l’analisi delle
principali dottrine in cui esso è affrontato.
Tale riflessione è maturata in Camus sulla scorta della
propria esperienza di vita ad Algeri, dove ha condotto un’esistenza
“a metà strada tra la miseria e il sole” come egli scrive. La miseria
gli ha impedito “di credere che tutto sia bene sotto il sole e nella
storia”, il sole gli ha insegnato “che la storia non è tutto”
3
. E’ infatti
proprio a partire da tale giovanile scoperta del male che il tema
giunge a compimento nella speculazione successiva del nostro
Autore.
L’esperienza personale, che ha affinato la sua sensibilità nei
confronti del problema, si pone al centro del suo pensiero quando
si confronta con la soluzione di Agostino, dal momento che
anch’egli si era insistentemente posto la domanda sull’origine del
male: “Io cerco da dove venga il male, ma non riesco a darmi una
risposta”
4
.
In un primo momento il giovane Camus è molto affascinato
sia dalla sensibilità sottile e tormentata di Agostino sia
3
A. CAMUS, Prefazione ai saggi letterari, tr. it. di L. Magrini, Bompiani, Milano 1966,
p. 8.
4
AGOSTINO, Conf.,VII, 12.
9
dall’interesse di questi nei confronti del male. Con queste parole
infatti nella Conferenza di Latour-Maubourg del 1948, nella piena
maturità del suo pensiero, si rivolge ai domenicani presenti:
“Siamo dinanzi al male. Da parte mia invero mi sento un po’ come
Agostino prima della conversione al Cristianesimo”
5
.
Tale interesse trova conferma anche nelle parole di Archambault,
secondo cui Camus “ …evoque dès les premièrs pages de son
analyse la personnalité ardente et tourmenté que fut celle du
jeune Augustine et témoigne secrètement de sa sympathie pour
cet autre Africain dont il semble saisir intuitivement le
tempérament”
6
.
La simpatia di Camus per Agostino è anzitutto connessa
alla conterraneità: entrambi infatti sono originari della stessa terra.
Per questo Camus parla di Agostino come di un “altro africano”. In
secondo luogo, sono accomunati da un medesimo temperamento,
segnato dall’inquietudine e dalla ricerca incentrata sull’uomo.
Condividono inoltre esperienze di vita giovanile abbastanza
5
Conferenza di Latour-Maubourg , in A. RIGOBELLO, Camus tra la miseria e il sole,
Istituto Editoriale del Mezzogiorno, Napoli 1963, p. 44.
6
P. ARCHAMBAULT, Augustin et Camus, “Recherches augustiniennes”, VI, 1969, p.
194.
10
simili: Agostino tuttavia in seguito dà una svolta fondamentale alla
sua esistenza abbracciando la fede, Camus invece continuerà a
condurre una vita mondana, improntata a valori laici e terreni.
Agostino è quindi fortemente presente nella riflessione di Camus,
tanto che quest’ultimo sente di condividere con lui la stessa ansia
nei confronti del male e lo stesso desiderio di porvi rimedio. Ma è
proprio su questo terreno che le loro strade si dividono: Agostino
abbraccia il Cristianesimo, trovando in Dio la risposta che cercava,
Camus pone l’accento sulla valenza esistenziale del problema del
male per cui, prescindendo da Dio, si concentra sull’uomo e sul
suo rapporto con esso.
Il problema centrale rimane sempre l’esperienza che l’uomo
fa del male. La fede non può essere una soluzione soddisfacente
al problema, in quanto offre una risposta non razionale.
2. La prospettiva gnostica
Una parte rilevante del Diplome è dedicata allo gnosticismo.
E’ questo un indirizzo di pensiero sulla strada della continuità tra
Cristianesimo ed Ellenismo. Scrive Camus: “On doit considérer
l’hérésie gnostique comme une des premièrs essais de
11
collaboration gréco-chrétienne. Le gnosticisme c’est en effet une
réflexion grecque sur des thèmes chrétiens”
7
. Possiamo quasi
dire l’altra faccia dell’agostinismo.
Camus annota subito che lo gnosticismo è una dottrina non
semplicemente incentrata sul problema del male, ma da questo
addirittura ossessionata :“C’est le mal qui obsède les gnostiques”
8
,
allo stesso modo con cui il problema ossessiona Agostino.
Lo gnosticismo, più che una dottrina, è un sincretismo di dottrine e
rituali anche di antica tradizione: il pitagorismo, il platonismo, il
neo-platonismo, i riti egizi, caldaici e persiani. Tale sincretismo
rinvia a sua volta ad elementi preesistenti derivati da varie religioni
misteriche, dalle correnti magico-astrologiche dell’Oriente,
dall’ermetismo, dal giudaismo alessandrino e dalle filosofie
ellenistiche. Certamente però questo insieme dottrinario, tutt’altro
che coerente e compatto, ha poi trovato nel Cristianesimo il suo
naturale punto di approdo.
L’elenco dei temi affrontati dallo gnosticismo ci è fornito dallo
stesso Camus :“ Le problème du mal, le rédemption, la théorie des
7
A. CAMUS, Métaphysique chrétienne et Néoplatonisme, cit. , p. 1250.
8
Id. , p. 1268.
12
intermédiaires et une conception de Dieu comme etre ineffable et
incomunicable”
9
.
E’ evidente come Camus voglia ancora una volta
sottolineare la matrice cristiana di questi temi, a dimostrazione di
quanto il Cristianesimo sia “preformato” nel pensiero greco.
Elemento comune a tutte le tendenze gnostiche è
l’insistenza sull’elemento “conoscitivo”, inteso come illuminazione
riservata a pochi iniziati, in virtù della quale essi pervengono alla
visione del divino, del vero e alla loro personale salvezza.
Il mondo per gli gnostici è teatro di lotta tra il Bene e il Male che se
ne contendono il dominio, così come la luce e le tenebre si
dividono il tempo col giorno e con la notte. In questa visione
pessimistica il predominio spetta al male che, come per Plotino, è
legato alla materia.
L’uomo, dal canto suo, è anch’egli ancorato alla materialità e non
può liberarsene se non grazie all’aiuto della gnosi, la conoscenza
rivelata da Gesù Cristo inviato dal Padre. Non siamo ancora di
fronte al Cristo evangelico dispensatore di Grazia, bensì ad un
9
Id. , p. 1252.
13
semplice inviato il cui unico compito è quello della rivelazione della
gnosi.
Camus si sofferma sullo gnosticismo analizzando la risposta
di tale credenza al problema del male. Allo stesso tempo, però,
sottolinea come in questa dottrina siano rintracciabili sia influssi
del pensiero greco che credenze cristiane: il pensiero gnostico su
questo terreno continua quello greco nella lettura razionalistica del
male.
Tale lettura interessa Camus perché la ragione è lo
strumento del sapere. Ognuno vuol “sapere” cosa sia il male, per
questo è naturale ed istintivo che si faccia appello alla ragione.
Non si può dire che la soluzione gnostica soddisfi del tutto Camus:
lo gnosticismo guarda il male esclusivamente dal punto di vista
della ragione, egli invece lo considera da un’ottica esistenziale,
cioè da un punto di vista che concerne tutto l’universo. Nel male,
che attraversa l’intera esistenza, è in gioco l’essere al mondo
dell’uomo, per cui Camus, se vuole escludere la metafisica,
chiama in causa l’antropologia.
Mentre gli gnostici arrivano a razionalizzare il male,
accettato come componente ineliminabile e necessaria
14
dell’universo, egli invece mantiene costante la domanda sul suo
significato e sulla sua ragione d’essere: la razionalizzazione non
ne implica la giustificazione.
Nella tradizione filosofica, attorno a questi temi, oltre alla
posizione gnostica, si era imposta parimenti quella manichea,
della quale il nostro Autore non sembra tenere conto alcuno.
Questo forse si deve al fatto che l’ambiente culturale in cui egli si
è andato formando è prevalentemente impregnato dello
gnosticismo, piuttosto che dal manicheismo, anch’esso incentrato
sul problema del male. Inoltre Camus considera i due movimenti
affini sulla base di alcune loro tematiche comuni quali la ragione, il
dualismo, la purificazione, la lotta tra bene e male, l’ascesa per
gradi.
E’ propria infatti del manicheismo la concezione secondo cui nella
realtà il bene e il male operano costantemente come due principi
distinti e contrapposti: quello della Luce e quello delle Tenebre.
Inizialmente i due principi esistono separatamente; nel momento
intermedio le Tenebre hanno invaso la Luce e, mediante la
“grande calamità”, cioè il corpo, “si ottiene il disgusto che ci spinge
a separarci dal corpo..”, nel terzo momento infine si ritorna a
15
quello anteriore, ma ormai la liberazione è definitiva e la
coesistenza dei due principi è sostituita dal definitivo trionfo della
Luce. Scopo dell’uomo è separare in sé l’io divino dall’io
demoniaco. Il grado perfetto di liberazione, che richiede sacrifici
gravissimi, può esser raggiunto da pochi; da qui una rigida
gerarchia, imperniata sulla distinzione tra reprobi ed eletti: gli eletti
sono organizzati a loro volta in cinque gradi, culminanti in un
supremo pontefice-maestro.
Il manicheismo, come lo gnosticismo, pone a fondamento
dell’universo il dualismo dei due principi del Bene e del Male,
finendo, sull’esempio degli gnostici, col razionalizzare il male
quale principio cardine dell’universo. Il limite di queste posizioni
sta nell’identificare il male con un principio razionale autonomo ed
indipendente di cui l’uomo non può che prendere atto: esiste il
male contrapposto al bene. L’uomo vive e soffre tale realtà,
nessuna sua intromissione è possibile, neanche sotto forma di
domanda sul perché del male.