II
conquista di un nuovo cliente è normalmente assai più onerosa rispetto agli
interventi che possono essere messi in atto per conservarlo (Reichheld,
1997), per cui le strategie aziendali dovrebbero privilegiare, invece, la
salvaguardia del “capitale”, seriamente minacciato, rappresentato dai clienti
fedeli.
Prima di procedere all’illustrazione di questo lavoro, alla luce di quanto
appena esposto, si è pensato di voler fornire, in via preliminare, una rapida
panoramica relativa alle tendenze che stanno significativamente
influenzando gli scenari economici e sociali attuali, per poter meglio
comprendere come la gestione della fedeltà della clientela stia diventando
un imperativo necessario per le imprese. Tra tali tendenze si possono
ricordare:
• la crescita del potere cognitivo e informativo del consumatore,
favorito anche da un processo di diffusione e integrazione delle
tecnologie applicate al mondo delle telecomunicazioni (si veda a
riguardo il Cap.VI). I consumatori, specie per gli acquisti più
impegnativi, stanno affinando le proprie capacità di “saper
spendere”, di assicurarsi il miglior prodotto/servizio alle
condizioni più favorevoli, mediante comparazioni più attente e
consapevoli, condotte con un minor dispendio di tempo;
• l’“eclettismo” del consumatore, ossia l’infedeltà rispetto ai
prodotti e alle marche che caratterizza oggi una larga parte dei
consumatori (quelli che sono sempre più disincantati e mutevoli
nelle loro scelte) (Codeluppi, 2000). La fedeltà alla marca va,
infatti, diminuendo in molti comparti del consumo.
L’ampliamento e l’approfondimento dei portafogli-prodotti, il
moltiplicarsi dei canali distributivi, la diffusione degli acquisti via
Internet, l’incremento delle iniziative promozionali, la maggiore
consapevolezza e autonomia del consumatore generano infatti
tassi crescenti di infedeltà. Nel largo consumo si sta riducendo
III
costantemente la quota di chi si orienta verso una sola brand e
aumenta, parallelamente, quella di chi sceglie all’interno di una
famiglia, più o meno ampia, di marche: la decisione finale avviene
sempre più spesso all’interno di un ventaglio di marche, a seconda
dell’offerta o dell’umore prevalente al momento dell’acquisto.
Secondo alcune ricerche (Bertoli, 2000) una marca perde
mediamente, nel corso di un anno, il 10-15% dei suoi clienti: in
cinque anni quasi la metà di coloro con cui è entrata in contatto.
Se l’impresa vuole evitare di perdere competitività e, nel peggiore
dei casi, di uscire dal mercato, non può rinunciare a contrastare,
con comportamenti proattivi, l’erosione della customer loyalty;
• l’affermazione di modelli di consumo individuali e personalizzati
che portano a un processo di demassificazione della società. La
presenza di una domanda instabile e tendenzialmente eterogenea
tende a creare, con maggior evidenza rispetto al passato, una
frammentazione del mercato e determina la nascita di stili di vita
differenti, caratterizzati da una crescente necessità di identità
personale, dalla ricerca di prodotti di alta qualità e a costi
contenuti, differenziati rispetto a quelli acquistati dagli altri
consumatori. Compito dell’impresa è, dunque, quello di cercare di
proporre ai propri clienti un’offerta personalizzata, atta a
soddisfare i loro specifici bisogni, mediante l’instaurazione di
rapporti stabili e duraturi, basati sulla fiducia reciproca;
• la ricerca dell’innovazione. Strettamente connessa al desiderio di
differenziarsi rispetto alla massa, si va affermando in buona parte
della clientela, soprattutto in quella appartenente alla fascia socio-
economica intermedia, una ricerca continua dell’innovazione e
dell’ultimo “modello” tecnologicamente più avanzato ed evoluto.
Il risultato è che oggi in molti settori, soprattutto quelli a elevato
contenuto tecnologico, si corre il rischio di attrarre nuovi clienti
IV
con modelli di prodotto più all’avanguardia ma al tempo stesso di
creare insoddisfazione tra coloro che nel recente passato avevano
acquistato la versione precedente. In molti casi si può verificare
un’erosione della fiducia che inizialmente tali clienti avevano
riposto nell’impresa, la quale, rischierebbe, così, di perderli;
• il costante innalzamento delle attese dei consumatori nei
confronti dei prodotti. Si affermano modelli di consumo ispirati
alla ricerca di nuovi valori: la genuinità, l’ecologicità, la
curabilità, che si aggiungono a quelli relativi alle prestazioni dei
beni e dei servizi. In questo contesto, i consumatori, appena
soddisfatti i bisogni primari di base, desiderano che le imprese si
preoccupino di soddisfare ulteriori bisogni ad essi collegati. Il
cliente si attende, dunque, di instaurare un rapporto completo con
l’azienda, che vada oltre la semplice transazione commerciale e
che gli consenta di risolvere tutti i problemi connessi a un
determinato bisogno: solo in questo modo l’azienda potrà
guadagnarsi la fiducia e la fedeltà dello stesso;
• lo sviluppo di offerte complesse e integrate, dove l’identificazione
della componente di prodotto e di servizio diventa così labile da
rendere impossibile, in molti casi, una distinzione netta. Anche in
passato era molto frequente che un prodotto fosse “arricchito”, ad
esempio, dei servizi di assistenza, garanzia post vendita, ecc. (il
cosiddetto concetto di prodotto inteso quale “paniere di differenti
attributi”). Oggi, questo abbinamento tra prodotti e servizi, e
viceversa, è diventato un fattore distintivo di successo delle
imprese, che esse dovrebbero tener sempre presente per poter
soddisfare compiutamente le aspettative della propria clientela,
evitando, così, che si diriga verso offerte concorrenti più allettanti;
• lo sviluppo del mercato virtuale e la crescente interconnessione
tra offerta e domanda. Un’altra tendenza del presente è la
V
crescente capacità delle economie di interconnettere tra loro
milioni di persone con una rete altrettanto ampia di imprese; in
particolare, grazie allo sviluppo del Web, il mercato sta
diventando più trasparente, ricco di informazioni, senza confini e
distanze geografiche. In questo contesto, per garantirsi clienti
fedeli, per le imprese risulta ancora più critico sviluppare capacità
di risposta in tempo reale alle loro richieste, cercando di adeguare
tempestivamente la propria offerta alle loro esigenze, per poter
instaurare con essi solide relazioni ed accrescere la loro fedeltà (a
questo proposito si veda il Cap.VI, Par.1);
• la domanda statica in molti settori industriali. È una situazione
che in termini di numerosità di prodotti e di mercati coinvolti si
presenta molto diffusa nelle economie avanzate. Analizzando,
infatti, sia il settore industriale che quello dei servizi, risulta che
sono realmente pochi i prodotti o i mercati che evidenziano tassi
di crescita consistenti, mentre sono sempre più frequenti le
situazioni di stabilità se non di declino. In un contesto di questo
tipo, risulta evidente come il mantenimento e la cura della
clientela acquisita rappresenti un obiettivo cui l’impresa dovrebbe
mirare per poter evitare di uscire dal mercato e rimanere, dunque,
competitiva;
• la globalizzazione dei mercati e le privatizzazioni avviate da
numerosi governi occidentali. Il fenomeno della globalizzazione
che sta investendo la maggior parte di Paesi avanzati e di quelli in
via di sviluppo, obbliga le imprese a riformulare le proprie scelte
strategiche e le proprie strutture nel campo della ricerca, della
produzione e del marketing; l’effetto sarà quello dell’inasprimento
delle dinamiche competitive per la maggior pressione derivante
dai mercati internazionali: si può ben comprendere come anche in
questo caso un’attenta ed efficace gestione della customer loyalty
VI
rappresenti il modo migliore per poter contare su di una base
clienti fedele e leale.
La portata e la complessità di tali tendenze hanno, pertanto, imposto a
molte aziende un cambiamento talvolta radicale dei propri orientamenti
strategici ma, soprattutto, hanno accentuato l’importanza di gestire in
maniera realmente efficace le relazioni con il cliente inteso come risorsa
critica per l’esistenza stessa dell’impresa.
A questo punto si può procedere nell’illustrazione delle modalità in cui è
stato articolato questo lavoro.
La prima parte si apre con il capitolo primo in cui si è voluta fornire una
definizione del concetto di customer loyalty: partendo da una panoramica
storica degli approcci più rilevanti sul tema, si giunge agli studi condotti nel
corso degli anni Novanta, che hanno rilevato l’estrema importanza della
dimensione cognitiva della fedeltà, la quale, in precedenza, soleva
solitamente essere associata alla sola dimensione comportamentale. Proprio
per questa ragione, si sono voluti indagare in modo più approfondito i
processi cognitivi sottostanti alla loyalty per giungere, infine, ai modelli più
recenti che sono stati elaborati sul tema, incentrati sulla dimensione
dinamica della fedeltà.
Dopo aver dedicato il capitolo introduttivo alla definizione della fedeltà
del cliente, il capitolo secondo è incentrato sull’analisi della brand e della
store loyalty, dal momento che queste ultime rappresentano le
manifestazioni più rilevanti della customer loyalty e che lo studio di
quest’ultima è strettamente interconnesso all’analisi di tali due concetti.
Dopo aver fornito una definizione di fedeltà alla marca e al punto di
vendita, si è indagato sulle strette relazioni che legano questi due tipi di
fedeltà poiché, in molti casi, esse vanno a incidere in misura più o meno
rilevante sulle strategie di fidelizzazione della clientela.
Proseguendo nella trattazione, il capitolo terzo è dedicato
all’illustrazione dei legami esistenti tra gestione delle relazioni con la
VII
clientela, fedeltà e soddisfazione e sulle problematiche ad esse sottostanti.
Vengono toccati i temi inerenti all’importanza delle relazioni per la
gestione della customer loyalty, ai vantaggi della loyalty per l’impresa e per
il cliente, alle problematiche relative al legame tra soddisfazione e fedeltà,
all’analisi del processo di acquisto-uso abbandono del cliente e, infine, alla
rilevanza che riveste per l’azienda un’attenta ed accurata gestione dei
reclami ed, in genere, dei problemi in cui può incorrere la clientela nell’uso
del prodotto e/o nella fruizione del servizio offerto.
Con il capitolo terzo si conclude la prima parte, a carattere
essenzialmente teorico, per continuare con i capitoli inclusi nella seconda
parte della tesi, caratterizzati da un taglio più pratico e operativo.
Il capitolo quarto è dedicato all’illustrazione di quegli strumenti
organizzativi e informativi che l’impresa dovrebbe porre in essere per poter
progettare e realizzare un efficace loyalty management, inteso quale
insieme delle attività per la gestione delle relazioni e della customer loyalty.
Al fine della realizzazione di tali attività, può risultare utile per l’azienda
un’analisi preliminare delle caratteristiche dell’acquisto della propria
clientela e l’individuazione dei propri clienti target.
Una volta dotatasi di un adeguato apparato organizzativo ed informativo
orientato all’ascolto e alla cura del cliente (le cosiddette “tre C della
loyalty”: Comprendere, Conoscere, Curare), l’azienda sarà, pertanto, in
grado di avvalersi in modo ottimale delle azioni e degli strumenti utili per
poter fidelizzare la clientela che sono trattati nel capitolo quinto.
Il capitolo sesto rappresenta l’ideale prosecuzione di quello precedente:
se nel capitolo quinto si sono voluti illustrare gli strumenti tradizionali e
“offline” adottati dalle imprese per fidelizzare la propria clientela, questo
capitolo vuole offrire una panoramica dei mezzi di acquisition e di
retention di cui l’azienda si può avvalere sulla Rete: in quest’ottica Internet
viene considerato uno strumento che l’azienda può affiancare a quelli
tradizionali per realizzare delle efficaci strategie di customer loyalty.
VIII
Sempre più di frequente le imprese ricorrono a quelle tecniche utili per
misurare la customer loyalty, per poter ottenere informazioni sullo stato
delle relazioni con i propri clienti e per valutare l’efficacia delle proprie
strategie di loyalty. Accanto a questa tematica si affianca, inoltre, la
descrizione dei concetti di lifetime value e di customer profitability, utili per
poter valutare la profittabilità della propria clientela, dal momento che
recenti studi (Kotler, Armstrong, Saunders e Wong, 2001) tendono a
intendere il marketing sempre più “come l’arte di attrarre e mantenere
clienti profittevoli”; in tal senso non risulta più necessario cercare di
soddisfare tutti i clienti, ma soltanto quelli le cui entrate nel tempo
eccedono in maniera significativa i costi sostenuti dall’impresa per attrarli,
per vendere loro i prodotti e per servirli. All’illustrazione di tutte queste
tematiche è dedicato l’ultimo capitolo il quale chiude idealmente la
trattazione del complesso fenomeno della customer loyalty mediante la
descrizione delle metodologie pratiche di cui l’impresa dovrebbe avvalersi
per poter, nel concreto, pianificare, realizzare e verificare le proprie
strategie di fidelizzazione.
PARTE I
LA CUSTOMER LOYALTY:
ASPETTI TEORICI E
PROBLEMATICHE DI ANALISI
1
CAPITOLO PRIMO
DEFINIZIONE ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO NEGLI
STUDI DI MARKETING
Con questo capitolo introduttivo si � voluta fornire una definizione di
customer loyalty partendo dai primi apporti che si sono occupati di tale
problematica. A tal fine, il Par.1 intende fornire una panoramica storica
degli approcci pi� rilevanti sul tema, evidenziando come questo concetto sia
di non facile teorizzazione, fino ad approdare agli studi condotti nel corso
degli anni Novanta che hanno rilevato l�estrema importanza della
dimensione cognitiva della fedelt� (Par.2), la quale in precedenza veniva
solitamente associata alla sola dimensione comportamentale. Proprio per
questa ragione, si sono voluti indagare in modo pi� approfondito i processi
cognitivi sottostanti alla loyalty, per poi giungere ai modelli pi� recenti che
sono stati elaborati sul tema, incentrati sulla dimensione dinamica della
fedelt� (Par.3). Inoltre, a fine capitolo � presente un�appendice in cui sono
schematizzati i contributi sul tema della customer loyalty analizzati in
questa sede.
1. Gli studi sulla fedeltà dei clienti
La customer loyalty riveste sempre pi� importanza nel patrimonio delle
risorse aziendali: infatti essa rappresenta una fondamentale risorsa di
fiducia
1
(si veda anche il Par.2.1) per l�impresa, presupposto fondamentale
1
Secondo il filone di studi relativo al resource-based management, l�impresa � vista come un
sistema cognitivo che fonda la sua esistenza e il suo operare sulla propria conoscenza. Essa utilizza
pertanto la conoscenza posseduta per determinare le linee del proprio comportamento: le imprese
dotate di �migliore� conoscenza sono, dunque, quelle in grado di affrontare in modo pi� adeguato
le scelte quotidiane di gestione e le scelte strategiche, creando continuo valore economico.
Secondo questo approccio, il processo economico di creazione del valore nell�impresa pu� essere
visto come un processo di creazione, accumulo, riproduzione e incremento di conoscenza. Tali
risorse basate sull�informazione (invisibile assets) costituiscono il patrimonio intangibile
2
per lo sviluppo di relazioni stabili e durature con la clientela. Dal punto di
vista del cliente, invece, la fedelt� rappresenta un profondo impegno dello
stesso di riacquistare uno specifico prodotto/servizio, dando luogo quindi ad
acquisti ripetuti nel tempo della stessa marca, nonostante gli sforzi di
marketing attuati dalla concorrenza per favorire switching behaviors
(Oliver, 1999).
Pertanto, ai fini della gestione e della misurazione di tale importante
risorsa, � necessario comprendere innanzitutto da cosa � determinata e se si
possono individuare differenti livelli della stessa. Ci� spiega la presenza
nella letteratura di marketing di numerosi ed eterogenei contributi relativi
all�analisi ed alla comprensione del comportamento del cliente, molti dei
quali si avvalgono anche dell�apporto delle scienze sociali.
Volendo effettuare una rassegna dei pi� rilevanti studi in merito alla
customer loyalty, al riguardo � stato osservato (Costabile, 2001) che la
fedelt� � stata uno dei primi temi oggetto di analisi del marketing come
disciplina di studio. Il primo lavoro sulla fedelt�, infatti, � di Copeland
(1923)
2
, cui si sono successivamente aggiunti i contributi di numerosi altri
autori, tanto che nel 1978 Jacoby e Chestnut potevano raccogliere oltre 300
articoli e ben 53 definizioni di fedelt�.
dell�impresa e si distinguono in risorse di competenza e risorse di fiducia. Le prime sono prodotte
dai processi di apprendimento e sono basate sul sapere mentre le seconde derivano dai processi
comunicativi e sono fondate sui sistemi cognitivi delle varie categorie di soggetti con cui l�impresa
interagisce (fornitori, finanziatori, clienti e cos� via). Tra le due categorie di risorse esistono strette
interrelazioni: alla crescita di conoscenza � necessaria l�esistenza della fiducia e la conoscenza, a
sua volta, alimenta la fiducia: tali risorse si alimentano vicendevolmente (Vicari, 1995).
2
L�autore, studiando i vari atteggiamenti (attitudes) che il consumatore pu� assumere
nell�acquisto di un bene, ne ha individuato tre tipologie differenti: riconoscimento (consumer
recognition), preferenza (consumer preference) e insistenza (consumer insistence). Il primo caso si
verifica quando il consumatore, a parit� di condizioni, tende a scegliere una marca �riconosciuta�
(sia per precedenti esperienze positive di consumo che per effetto di advertising che l�ha colpito
favorevolmente) tra le altre marche e tra gli altri prodotti �unbranded�; nel secondo caso il
consumatore mostra l�intenzione di scegliere una determinata marca, indipendentemente
dall�assortimento del negozio: questa situazione � tipica dei convenience goods e, nel caso in cui
quest�ultimo non trovi la marca desiderata, � ben disposto a sceglierne un�altra dalle caratteristiche
simili. Nell�ultimo caso, invece, il cliente mostra una forte intenzione ad acquistare una
determinata marca e non � disposto ad accettare prodotti sostituti. � il caso degli acquisti dei
cosiddetti speciality goods, che sono fortemente connotati in termini di qualit�, caratteristiche
peculiari e servizi specifici.
3
I primi studiosi si sono concentrati sull�analisi �strutturale� del
fenomeno, ossia sulle manifestazioni oggettivamente rilevabili e
quantificabili, identificando diverse forme di fedelt�: quella esclusiva,
quella che si indirizza verso pi� marche contemporaneamente, quella
instabile (fedelt� a pi� marche alternata) e l�infedelt�
3
. Tra gli autori che
hanno approfondito il tema della customer loyalty, tentando di interpretare
le differenti forme di fedelt�, c�� Day (1969) che ha per primo
concettualizzato l�evidenza di forme di fedelt� �spurie�, vale a dire solo
apparentemente tali, in quanto non determinate da una relazione chiara,
diretta e controllabile fra il soggetto e l�oggetto della fedelt� (la marca o
l�impresa).
A tali contributi sono seguiti, nella prima met� degli anni Settanta, i
lavori di diversi studiosi ripresi poi nel noto lavoro di Jacoby e Chestnut
(1978). Tutti questi autori hanno evidenziato la fondamentale distinzione tra
fedelt� comportamentale e fedelt� mentale, chiarendo che il comportamento
di riacquisto non costituisce una sufficiente evidenza di brand loyalty. Tale
condizione, secondo Jacoby e Chestnut (1978), identifica quegli acquirenti
che mancano di programmazione dell�acquisto e che pertanto non agiscono
sulla base di atteggiamenti coerenti con il comportamento di scelta.
Tutti gli studiosi �non strutturalisti�, ossia non legati all�esame della sola
fedelt� che si manifesta nei comportamenti di acquisto oggettivamente
misurabili, concordano nell�identificare diverse forme di fedelt�, definendo
i comportamenti di riacquisto non sostenuti da una corrispondente fedelt�
mentale �fenomeni di acquisto inerziale�. La gran parte di loro, quindi,
3
Questi primi studi hanno fatto emergere le problematiche connesse al ripetersi nel tempo
dell�acquisto di uno stesso prodotto. In particolare, il riacquisto pu� essere schematizzato facendo
riferimento a una sequenza di scelte relative a un certo insieme di prodotti direttamente
concorrenti. Chiamando questi ultimi A, B, C, D , E, F, si configurano differenti tipologie di
sequenze. La sequenza del tipo AAAAAAAAAA, indica la fedelt� esclusiva ad un'unica marca;
nel caso in cui vi sia una successione del tipo AABAABBABB, si ha una fedelt� verso pi� marche
contemporaneamente, in cui il consumatore esprime fedelt� nei confronti di un gruppo piuttosto
che di una singola marca. Nel caso AAAAABBBBB, si ha fedelt� instabile, in cui il consumatore
alterna la scelta di A e B, dimostrando una disponibilit� limitata a rimanere fedele ad una data
marca. Infine, in una situazione del tipo BCADECEFBA, il consumatore � infedele in quanto non
� riscontrabile alcuna preferenza verso una specifica marca (Pellegrini, 1995a).
4
ritiene la fedelt� (genericamente definita loyalty) un comportamento di
riacquisto (fedelt� comportamentale) non casuale di una marca o di un
gruppo di marche seguente a un determinato processo valutativo (fedelt�
mentale o cognitiva). Si consolida, dunque, la concezione di fedelt� intesa
come un atteggiamento favorevole verso una marca che si configura in
acquisti ripetuti dovuti al processo di apprendimento del consumatore circa
la capacit� della marca di soddisfare le sue aspettative.
In sintesi, � possibile sostenere che gli studi sulla fedelt� si sono
concentrati su due principali fenomeni:
• i comportamenti di fedelt� a una o pi� marche, caratterizzate da
livelli variabili di sostituibilit�/complementariet�, e l�esame dei
problemi connessi alla misurazione �strutturale� della fedelt� e
dei comportamenti di infedelt� (switching behavior);
• la fedelt� mentale/cognitiva e quindi le percezioni, gli
atteggiamenti e le convinzioni che possono determinare le
diverse forme di fedelt�.
La prima area di ricerca ha prodotto numerosi modelli idonei a misurare
l�intensit� dei comportamenti di riacquisto, ossia la fedelt�
comportamentale. In particolare, sono stati proposti diversi indicatori
strutturali (relativi, ad esempio, alla percentuale degli acquisti, alla loro
sequenza, alla probabilit� di acquisto/riacquisto da parte del consumatore,
ecc.) utili per misurare analiticamente il fenomeno. Tutti gli studi sulla
fedelt� comportamentale, tuttavia, per quanto approfonditi e rigorosi sotto il
profilo del metodo, presentano un limite di fondo relativo all�impossibilit�
di rilevare con le sole misure strutturali lo stato effettivo delle relazioni con
i clienti. Per questa ragione le misure strutturali devono essere integrate con
indicatori derivanti dallo studio della dimensione cognitiva della fedelt�;
comunque, per una trattazione pi� approfondita del tema relativo alla
misurazione della customer loyalty, si veda il Cap.VII.
5
Con riferimento alla seconda area di studio, sono stati elaborati alcuni
modelli sia per la misurazione della sola dimensione cognitiva
4
sia per la
misurazione congiunta di entrambe le dimensioni. Fra i vari modelli
proposti, sono da segnalare il contributo di Wind (1977), di Dick e Basu
(1994), di Busacca e Castaldo (1996) che consentono di esaminare
entrambe le dimensioni.
Wind (1977) ha proposto di classificare le diverse forme di fedelt�
incrociando la dimensione cognitiva, espressa dal livello di customer
satisfaction verso una certa marca, e quella comportamentale, misurata dal
tasso di riacquisto della medesima marca. La Fig.1.1 descrive la matrice di
Wind, identificando cinque categorie di clienti: fedeli, abituali, occasionale,
infedeli (fedeli ad altre marche) ma accessibili, infedeli e inaccessibili.
Dick e Basu (1994), con una logica simile, hanno proposto di misurare la
dimensione cognitiva della fedelt� in termini di atteggiamento relativo,
ossia di valutazione che il cliente esprime con riferimento alla
superiorit�/inferiorit� della marca acquistata con maggiore frequenza
(marca focale) rispetto alle alternative d�offerta considerate.
4
La dimensione cognitiva della fedelt� � stata associata con la soddisfazione (Day, 1970), con gli
atteggiamenti (Jacoby e Chestnut, 1978; Dick e Basu, 1994) e con la fiducia (Busacca e Castaldo,
1996).
Fig.1.1 Una tipologia di fedeltà della clientela (Wind, 1977)
Alta
Abituali Fedeli
Media Occasionali
T
a
s
s
o
d
i
r
i
a
c
q
u
i
s
t
o
d
e
l
l
a
m
a
r
c
a
Bassa
Infedeli inaccessibili Infedeli acquisibili
Bassa Media Alta
Livello di soddisfazione verso la marca