la quale una persona, nel corso dell’esistenza quotidiana, crea, interpreta e
consuma testi e non semplici frasi.
Se dunque il testo non è cosa nuova , solo recentemente del testo si sono
occupati in maniera aperta e sistematica gli studiosi di educazione
linguistica. Quel che può subito venire in mente è che la linguistica del
testo sia soprattutto questione di scuola superiore, eppure, come abbiamo
detto, col testo il bambino ha subito a che fare: pensa e parla per testi, per
unità complessive di senso e significato.
Fra i testi che quotidianamente ciascuno di noi produce e accoglie, merita
un posto particolare il testo argomentativo sul quale è doveroso soffermarsi
con una riflessione pedagogica. Chiamo “pedagogica” questa riflessione
proprio per sottolineare il suo carattere non “scientifico” (nell’accezione
sperimentale del termine), ma piuttosto filosofico-politico. Non siamo sul
terreno del dimostrabile, del rigorosamente verificabile, ma in quello delle
opinioni, delle scelte etiche e sociali: nel campo delle argomentazioni,
appunto, nei termini di Perelman.
2
2
Perelman Ch., Olbrechts Tyteca L., Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Torino, Einaudi,
1966.
Del testo argomentativo le definizioni correnti si rifanno a due usi presenti
in generale nella tipologia e teoria testuali.
Il primo caratterizza come argomentativo ogni testo a elevato contenuto
intellettuale, ogni testo che maneggi in prevalenza idee, le trattazioni
scientifiche in primo luogo; il suo prototipo più autorevole si può rinvenire
nel manuale di De Beaugrande e Dressler
3
che presentano una tipologia di
testi ripartita in narrativo, descrittivo e argomentativo: è ovvio che
qualunque testo non tratti di esperienze situate nel tempo o nello spazio
finisce nella terza categoria.
Il secondo uso, invece, si riferisce agli scopi che governano un testo,
rifacendosi alla retorica antica e nuova. Essendomi interessata
dell’argomentazione in chiave pedagogica e didattica ho conferito al testo
argomentativo una definizione del secondo tipo. In tale prospettiva
argomentativo è un testo in cui l’emittente presenta una (o più) tesi su una
materia che assume come controversa (o quanto meno controvertibile),
presentando le proprie ragioni e ponendo il destinatario nella condizione di
aderire o di rifiutare. La crescente diffusione delle pratiche argomentative,
3
R.A. De Beaugrande, W. U. Dressler, Introduzione alla linguistica del testo, Bologna, Il Mulino, 1984,
p.239
orali e scritte, nella vita sociale impone in primis all’istituzione scolastica
l’esigenza di qualificare l’educazione linguistica, perché essa possa fornire
una preparazione consona a una partecipazione critica e vigile del cittadino.
Tutti, infatti, dobbiamo confrontarci in varia misura, con messaggi
persuasivi che attentano alla nostra capacità decisionale in innumerevoli
occasioni della vita sociale, pertanto la centralità dell’educazione
linguistica viene riconfermata come essenziale per lo sviluppo dell’essere
umano come singolo e della collettività.
Ma ha ancora senso parlare di testo (tradizionalmente inteso) nell’era della
multimedialità, dove tutto sembra ottenere un più immediato successo e
una più interessata attenzione se frutto di sofisticati congegni elettronici?
L’ipertesto, la più recente estensione della scrittura, oltre a modificare
alcuni concetti canonici riguardanti il libro a stampa - ad esempio di
“linearità del testo”, di “lettore” e di “autore”- sembra destinato a
soppiantare il vecchio libro (un po’ come accadde per il manoscritto dopo
l’invenzione della stampa) anche per svariate ragioni di ordine più pratico:
maggiore manegevolezza, meno ingombro, risparmio di tempo e di denaro.
Tanti, quindi, i vantaggi che la didattica linguistica potrebbe trarre da un
adeguato e guidato uso delle tecnologie ipertestuali, vantaggi di cui,
purtroppo, non può ancora godere appieno per la non facile situazione della
scuola italiana. Se è vero da una parte che negli ultimi anni qualcosa è
cambiato e parecchie scuole sono state provviste di un laboratorio
informatico, dall’altra è pur vero che c’è ancora tanto lavoro da fare per
poter dare alle Nuove tecnologie un posto di tutto rilievo nella didattica di
tutti i giorni. L’ambizione di poter portare finalmente la scuola italiana al
pari delle più avanzate regioni d’Europa c’è, ma non i finanziamenti
adeguati per la realizzazione di un progetto di questa portata. Non ci resta
che aspettare, quindi, nell’attesa di questo nuovo “miracolo italiano” e
cercare di far convivere le due realtà ormai esistenti, tradizione e
innovazione, riconoscendo vantaggi e svantaggi di entrambe, senza
schierarsi né dalla parte degli apocalittici né dalla parte degli integrati
4
,
cioè né fra coloro che pensano che l’introduzione di una nuova tecnologia
della comunicazione - in questo caso il computer - arrechi alla società solo
danni irreparabili, né fra coloro che, di contro, affermano che da essa
4
Eco U.., Apocalittici e Integrati, Milano, Bompiani, 1964.
5
Neil Postman, Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p.
12.
vengono solo dei benefici . In entrambi i casi, infatti, si rischia di essere
degli zelanti “profeti con un occhio solo”
5
.
CAPITOLO PRIMO
1. LA LINGUISTICA DEL TESTO
1.1. La linguistica prima del “testo”
La linguistica può essere definita, molto semplicemente, la scienza del
linguaggio e delle lingue e, come in ogni scienza moderna, nel suo interno
si distinguono più campi di ricerca, che corrispondono ai modi di
suddividere l'analisi linguistica
1
.
Per diventare una scienza, cioè per affermare la propria autonomia rispetto
ad altre discipline (come la filologia , la grammatica normativa la filosofia)
la linguistica moderna ha dovuto in primo luogo procurarsi propri strumenti
d'indagine, si pensi all'individuazione nel flusso continuo del parlato di vari
livelli di articolazione: lessemi, morfemi, fonemi; con ciò la lingua parlata
1
La linguistica non ha un compito unico, facilmente formulabile in una sola proposizione, tanto che in
qualche caso linguisti di diversa specializzazione o di diversa scuola possono non condividere gli stessi
punti di riferimento fondamentali (come accade, del resto, in tutte le altre aree di ricerca). Tutti, o quasi, i
praticanti della disciplina, comunque, sono d’accordo nell’affermare che la linguistica mira
essenzialmente a:
a) specificare la natura del linguaggio, e in particolare le potenzialità che esso conferisce all’uomo e
le limitazioni
che gli impone;
b) identificare, almeno in forma astratta e alla stregua di modello, le regole che i parlanti di una lingua
applicano nel
produrre e ricevere un messaggio linguistico;
c) descrivere e spiegare i cambiamenti che si attuano nel tempo nell’organizzazione e nella struttura
delle lingue.
non è stata più considerata come un insieme confuso di parti, ma come una
struttura articolata, nella quale gli elementi minori si organizzano in livelli
superiori e questi, combinandosi fra di loro, formano insiemi più ampi e
complessi. In seguito ha imboccato nuove vie di ricerca: per lo
strutturalismo il punto di partenza è l'analisi di un determinato insieme di
frasi mentre il trasformazionalismo tiene conto della competenza del
parlante e dei giudizi che questi dà sulle varie realizzazioni linguistiche.
Con la linguistica del testo si è superato il livello della frase e si è tenuto
conto del testo, inteso come unità dell'analisi linguistica dotata di una
funzione comunicativa e caratterizzata da principi come la coesione, la
coerenza, l'intento di comunicare qualcosa, l'intertestualità.
Il riconoscimento che fenomeni come l'articolo, i pronomi, i tempi verbali,
non potevano essere trattati adeguatamente all'interno dei confini frasali,
bensì richiedevano unità d'analisi allo stesso tempo più ampie e di natura
diversa da quelle grammaticali, ha gradatamente orientato la ricerca verso
la dimensione comunicativa dell'uso linguistico, e ha portato ad identificare
nel testo l'unità di riferimento.
1.2. Dalla frase al testo
Dal punto di vista storico, la linguistica testuale nasce in Germania negli
anni Sessanta, ad opera di studiosi come J. Petofi, E. Gulich, S.J. Schmidt,
R. Harweg, H. Weinrich, e ha tra i principali rappresentanti a Vienna W.
Dressler, ad Amsterdam T. A. van Dijk.
All'interno della linguistica testuale si distinguono almeno due momenti
(logici piuttosto che cronologici ) corrispondenti all’elaborazione di
grammatiche del testo e di teorie del testo.
I tre modelli principali di grammatica testuale, elaborati da van Dijk, Riese
e Petofi , sono di stampo generativista, vale a dire usano strumenti formali
per definire le regolarità sottese alla costruzione di un testo. Il testo cui
fanno riferimento le grammatiche testuali è inteso prevalentemente come
sequenza di frasi.
L'elaborazione di una teoria del testo, sottesa anche agli studi di
grammatica testuale, procede invece da presupposti più ampi e si prefigge
come scopi principali la specificazione di ciò che fa di un testo un testo
(quali sono le leggi della sua strutturazione, in che cosa consiste la sua
coerenza ecc.), la definizione del concetto di "competenza testuale" e la
differenzazione dei diversi tipi di testo.
Negli studi di teoria del testo emergono considerazioni sempre più
consistentemente orientate in senso pragmatico che determinano uno
spostamento dal concetto di "testo" come sequenza di frasi ovvero, secondo
una delle definizioni iniziali , come "successione di unità linguistiche
costituita mediante concatenazione pronominale ininterrotta" (Harweg
1968 ), a un concetto di "testo" come "unità comunicativa". Da questo,
che non è ovviamente un puro mutamento terminologico, discendono
alcune conseguenze importanti: variano i criteri di valutazione del testo: il
criterio di “buona formazione” viene sostituito da parametri che fanno
riferimento alle diverse dimensioni del rapporto comunicativo che il testo
consente di instaurare; varia e si dilata il concetto di competenza testuale
poiché capire o produrre un testo fa parte di una specifica competenza del
parlante che consiste nella capacità di distinguere un testo da un
agglomerato di frasi e di compiere sul testo stesso operazioni di parafrasi,
riassunto, segmentazione ecc. Questa capacità viene a costituirsi come una
parte di una più ampia conoscenza comunicativa che acquista inoltre una
dimensione cognitiva specifica; si allarga la serie di oggetti compresi sotto
l'etichetta di "testo". Con questo termine ,che già negli Stati Uniti è
considerato come sinonimo anche di "discorso", non ci si limita più solo al
testo scritto di natura prevalentemente letteraria bensì si passa ad intendere
qualsiasi forma di comunicazione verbale, scritta o parlata, di carattere sia
monologico che dialogico.
L'orientamento pragmatico della linguistica testuale produce così progetti
di teorie linguistiche , come quello di H. Weinrich, che si configurano
"comunicativi, istruzionali, testuali o come quello di S.J. Schmidt che,
rifacendosi in parte alla filosofia di Wittgeinstein, in parte alla logica di
von Wright, propongono l’analisi del testo in termini di “giochi di azione
comunicativa”.
1.3. Definizione di testo
2
Sarà lo stesso Schmidt nel 1973 a fornire la prima definizione completa di
"testo", coniugando in essa i primi due principi costitutivi - coesione,
coerenza - con quello dell'appropriatezza ( rapporti con l'extratesto)
affermando che :
testo è ogni parte linguistica di un atto di comunicazione (nel quadro di
un gioco d'azione comunicativa la quale sia tematicamente orientata ed
adempia una funzione comunicativa riconoscibile, ossia realizzi un
potenziale illocutivo riconoscibile. E' attraverso la funzione (socio-
comunicativa ) illocutiva realizzata dal parlante e riconoscibile dagli altri
partecipanti ,che un insieme di enunciazioni linguistiche diviene un testo
coerente, funzionante come strumento di comunicazione sociale, e retto da
regole costitutive
3
.
2
Fare un inventario delle definizioni di testo riesce obiettivamente difficile: ogni definizione varia i
relazione alla prospettiva che ciascun autore privilegia: pragmatico-comunicativa (Schmidt), linguistico-
semiotica (Weinrich), linguistico-grammaticale (Dressler). Fra le ultime e più esaurienti definizioni è
quella di de Beaugrande-Dressler (1984, p.17) “testo come occorenza comunicativa che soddisfa a sette
condizioni di testualità” (coesione, coerenza, intenzionalità e accettabilità, informatività, situazionalità,
intertestualità) e quella di Soutet (1998, p.314) in cui il testo, se di una certa lunghezza, equivale ad una
somma di enunciati che si identificano con un insieme di frasi o di sequenze frastiche ciascuna delle quali
attinge a due tipi di contesto ( uno propriamente linguistico e uno enunciativo).
3
S. J. Schmidt, “Teoria del testo e Pragmalinguistica”, in M.E. Conte, La linguistica testuale, Milano,
Feltrinelli, 1977.