per tentare di comprendere come possono oggi le banche essere gli
interlocutori privilegiati di tale tipologia d’azienda e traccerò gli effetti
delle recenti trasformazioni.
Nella quarta parte sarà quindi analizzata la situazione economica e
finanziaria della provincia di Sondrio (tipica realtà locale) e procederò
all’analisi del Pil dell’ultimo decennio per vedere in che modo la Valtellina
ha contribuito, nel suo piccolo, all’evoluzione del Pil regionale e
provinciale. Verrà inoltre esaminata la struttura imprenditoriale per vedere
quali sono stati i settori trainanti nello sviluppo della provincia.
A conclusione del capitolo tratterò del ruolo del credito e delle banche
popolari valtellinesi in un contesto di sempre maggiore integrazione
internazionale e di riduzione di barriere all’entrata.
L’ultima parte sarà un lavoro empirico dedicato allo studio delle due
principali banche locali valtellinesi e precisamente il Credito Valtellinese e
la Banca Popolare di Sondrio per verificare in che modo concretamente le
due banche hanno affrontato il mutare delle condizioni economiche e
finanziarie dell’ultimo decennio. Analizzerò quindi i principali dati di
bilancio della Banca Popolare di Sondrio e del Credito Valtellinese degli
ultimi tre esercizi ed effettuerò un’intervista per verificare il nuovo ruolo
assunto dalle due banche nell’era della globalizzazione.
CAPITOLO PRIMO
GLOBALIZZAZIONE E LOCALISMO:
PROSPETTIVE DI COMPATIBILITA’
SOMMARIO: Introduzione. – 1.1. L’apertura internazionale. – 1.2. La globalizzazione
finanziaria e i suoi riflessi sul localismo bancario. – 1.3. Deregolamentazione e
riregolamentazione dell’attività bancaria. – 1.4. Gli effetti dell’innovazione
finanziaria. – 1.5. Il problema tecnologico: la principale minaccia per la
sopravvivenza delle banche locali. – 1.6. Il nuovo quadro istituzionale. – 1.7. Gli
squilibri regionali. – 1.8. Gli squilibri dimensionali. – 1.9. I rischi della
globalizzazione per le PMI. – 1.10. Problemi del sistema bancario e finanziario
in Italia. – 1.11. Cambiamenti nella morfologia e nell’ordinamento. – 1.11.1.
Troppe banche, pochi sportelli? – 1.11.2. La nuova gamma delle operazioni. –
1.11.3. Le banche e i gruppi bancari. – 1.12. La cooperazione internazionale. –
Conclusione.
Introduzione
Per almeno mezzo secolo, il rapporto che si sarebbe dovuto formare tra
banca e impresa in Italia dopo la legge bancaria del ’36 è stato oggetto
d’analisi e dibattito. Il problema di far convivere il rifiuto delle
degenerazioni della banca mista sancito dalla legge bancaria con un sistema
creditizio e finanziario che sostenesse uno sviluppo industriale in cui
andava affermandosi una nuova vivace imprenditorialità fu argomento
dibattuto. La questione fu poi di fatto risolta in un modo ambiguo, che
collocava il rapporto tra banca e impresa in una posizione difficile da
precisare, non interpretabile né con il modello tedesco di “banca di casa” né
con quello anglosassone di banca commerciale pura. Quello che sembrava
certo era che questa ambiguità non favoriva la professionalità del
banchiere, e neanche poteva fornire un adeguato supporto finanziario alla
Cap. I
crescita della migliore imprenditorialità espressa dalla società italiana. Il
sistema finanziario italiano era afflitto da un’evidente contraddizione fra la
forte dipendenza delle imprese dalle banche e la mancanza di quei rapporti
relazionali che erano considerati importanti per lo sviluppo sia della banca
sia dell’impresa.
Oggi questo tema sembra appartenere ad un passato ormai chiuso dalla
deregolamentazione e dalla globalizzazione. Un passato fatto di sistemi
finanziari molto diversi, anche entro l’Europa, chiusi, ciascuno formatosi
con una sua logica interna, con normative e politiche strutturali specifiche,
costruite sulle singole, differenti, storie. La deregolamentazione,
accompagnata in Europa dalla costruzione del mercato unico, ha portato, in
Italia come in altri paesi, alla revisione delle leggi bancarie, volgendole
verso una despecializzazione che ha ampliato gli spazi operativi delle
banche, le ha poste tutte sullo stesso piano, riducendo le specificità dei
singoli sistemi. La globalizzazione impone una riorganizzazione della
banca che guarda ad un mondo nuovo, fatto più di mercati che di rapporti
relazionali, più di proiezione sull’estero che di peculiarità nazionali.
Globalizzazione e localismo sembrano oggi indicare alle banche strade
divergenti.
La globalizzazione conduce verso la grande banca che si fa sempre più
grande attraverso i processi di consolidamento ovunque in atto. Una banca
che reagisce alla disintermediazione dell’attivo e del passivo attraverso lo
sviluppo di servizi standardizzati in mercati aperti alla concorrenza
internazionale.
Il localismo esalta invece la funzione della piccola banca. Nei suoi rapporti
con le imprese nascenti, con quelle già affermate che crescono o che
debbono crescere si va concentrando la funzione creditizia che la teoria,
oggi con l’analisi dei problemi d’informazione come ieri con il pensiero
Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità
economico sul ruolo della moneta nel capitalismo, conferma come
componente essenziale del funzionamento dell’economia.
Le due strade sembrano divergenti, ma possono non esserlo; e non
dovrebbero esserlo nel caso italiano.
L’integrazione tra globalizzazione e localismo è un’opportunità che le
banche italiane possono cogliere per meglio giocare la difficile partita della
loro affermazione nella competizione internazionale, prima di tutto
europea. La partita è difficile in primo luogo perché esse operano in un
sistema finanziario relativamente poco sviluppato rispetto agli altri paesi. E
in secondo luogo perché, passata la fase del consolidamento che
determinerà il ristretto gruppo di banche che si confronteranno con il nuovo
sistema finanziario europeo, la concorrenza richiederà, assai più di oggi,
l’estrazione di redditività dai punti di forza che provengono dalle proprie
specificità nazionali.
Tra questi, il grosso delle opportunità offerte dalla grande ricchezza
finanziaria delle famiglie allo sviluppo della gestione del risparmio è già
stato colto. Mentre rimane da valorizzare l’altra specificità italiana, quella
di un tessuto produttivo fatto soprattutto di imprese di piccola e media
dimensione, concentrate in distretti industriali, quindi a forte connotazione
locale ma con proiezione internazionale di successo. Impegnandosi in
questa direzione, la grande banca può rafforzarsi nell’arena della
competizione europea.
1.1. L’apertura internazionale
I progressi dell’integrazione internazionale dell’economia e del sistema
finanziario si riflettono nel volume delle transazioni connesse con i flussi di
Cap. I
capitali che la bilancia dei pagamenti registra (somma delle variazioni di
attività e passività lorde).
Dal dopoguerra il sistema bancario italiano non è mai stato chiuso ai
rapporti internazionali. Non lo è stato neanche quando l’esportazione di
capitali dei residenti fu scoraggiata o proibita anche con sanzioni penali
come quelle previste dalla legge 159 del 1976
1
.
Negli anni ottanta, e ancor più nel decennio successivo con la
rimozione dei controlli valutari, l’attività internazionale delle banche
italiane è cresciuta in tutti gli aspetti, variamente indicativi di un’effettiva
capacità di inserimento competitivo nella globalizzazione finanziaria.
L’attività con non residenti delle banche operanti in Italia si sono
elevate da 25 miliardi di dollari in essere all’inizio degli anni ottanta a 88
miliardi di dollari nel 1990, a 186 miliardi di dollari nel 1998.
Le filiali di banche italiane all’estero erano 43 nel 1980; ascese a un
centinaio nel 1990, si sono attestate su questi livelli nell’ultimo decennio.
Le filiali di banche straniere in Italia si sono moltiplicate senza soluzione di
continuità: 25 nel 1980, 37 nel 1990, 57 attualmente. Le filiazioni estere –
banche e finanziarie – di gruppi bancari italiani erano 140 nel 1992, 197 nel
1999. Le filiazioni di banche estere in Italia erano 7 nel 1990, 12 nel 1999.
La componente estera dell’intermediazione bancaria è significativamente
aumentata: dal 1990 al 1999 il totale dell’attivo facente capo a filiali o a
controllate di banche non italiane è salito dal 2,8 al 7,2%
2
.
1
Questa legge prescriveva un aggravio di pena se al reato valutario partecipavano funzionari di
banca. Stabiliva un’ammenda per l’ipotesi che essi non svolgessero i dovuti riscontri sulle
operazioni con l’estero (ad esempio, i controlli della congruità dei prezzi delle marci esportate o
importate). Prevedeva l’accesso alle banche da parte degli organi di polizia giudiziaria per
controlli di natura valutaria. Tuttavia il motivo conduttore dei controlli era che le banche potessero
intrattenere rapporti con non residenti (altre banche e privati), purché tali rapporti non gravassero
sulle riserve valutarie del Paese o ne alimentassero.
2
Cfr. Ciocca, P. (a cura di) (2000), La nuova finanza in Italia. Una difficile metamorfosi (1980-
2000), Bollati Boringhieri, Torino.
Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità
1.2. La globalizzazione finanziaria e i suoi riflessi sul localismo
bancario
Negli ultimi venti anni i sistemi finanziari nazionali ed internazionali
sono stati interessati da un’accelerata evoluzione, tale da giustificare la tesi,
espressa da autorevoli studiosi, secondo cui “i sistemi finanziari hanno
subito maggiori modificazioni, in tale periodo che non in tutto il secolo
precedente”
3
.
Il processo evolutivo di cui si tratta si è ormai spinto oltre un punto di
non ritorno e va ad integrarsi con l’ampia dinamica dei contesti
socioeconomici secondo una tendenza comune verso una complessiva
globalizzazione.
L’internazionalizzazione dei mercati dei capitali, l’innovazione
finanziaria e l’innovazione tecnologica sono i vettori che hanno
determinato tale tendenza al global finance, dalla quale, a loro volta, hanno
tratto successivo potenziamento in un processo volto ad autoalimentarsi
4
.
Il mercato integrato trova, poi, anche negli stessi mutamenti strutturali
dei sistemi socioeconomici un fattore propulsivo di sviluppo.
Simili mutamenti, che hanno interessato la sfera sociale, politica ed
economica delle economia mondiali, sono stati improntati a logiche ispirate
a criteri di maggiore libertà e autonomia
5
.
3
Cfr. Cesarini, F., Locatelli, R. (a cura di) (1993), Saggi di microeconomia bancaria, Il mulino,
Bologna, p. 79.
4
Il percorso storico che ha portato alla globalizzazione dei mercati finanziari ha mostrato che
l’integrazione fra mercati non è cosa recente, ma che da sempre essi sono stati caratterizzati da
consistenti correnti di scambi, fatta eccezione per periodi un cui i governi discrezionalmente
decidevano di erigere barriere a difesa della singole sovranità nazionali. Quello che risulta ora
innovativo rispetto al passato è rappresentato dalla non ciclicità del fenomeno.
5
Il processo evolutivo di cui si discute ha tratto beneficio sia dalla riduzione/abolizione delle
politiche protezionistiche che ciascun paese aveva nel tempo adottato a difesa del proprio sistema
economico-finanziario sia da un’esigenza, sempre più avvertita dalle imprese, di espandere le
proprie attività su un mercato sempre più allargato rispetto agli originari confini.
Cap. I
La circolazione dei capitali oltre i confini nazionali ha trovato, inoltre,
una forza propulsiva nel progresso tecnologico, che ha permesso di
realizzare la trasmissione di informazioni e di risorse finanziarie in tempi
reali tra punti molto distanti dei marcati finanziari. Non di minore
importanza, e strettamente collegato a quello dell’innovazione tecnologica,
è il processo di innovazione finanziaria che ha determinato l’introduzione
di nuovi prodotti finanziari, la revisione dei processi di produzione delle
attività finanziarie, la comparsa di nuovi intermediari, la ricomposizione
delle forme organizzative dei mercati.
Tutto ciò ha prodotto, alla fine, una maggiore mobilità sei confini
d’azione degli operatori economici e di quelli finanziari e una maggiore
interdipendenza tra gli operatori stessi.
I cambiamenti di scenario determinano nuove combinazioni di
opportunità/minacce per gli operatori. Le opportunità sono da individuarsi
soprattutto nella possibilità per gli operatori – che si trovano ad agire in un
mercato i cui confini si sono notevolmente allargati e in cui la concorrenza
riduce i costi di transazione – di perseguire più facilmente l’obiettivo
dell’efficienza allocativa.
La ricerca di una maggiore competitività, tuttavia, può spingere gli
operatori stessi a formulare strategie azzardate e molto aggressive, volte a
difendere e/o conquistare quote di mercato, per cui, alla fine possono
accrescersi i rischi di instabilità.
Se allora il processo di globalizzazione significa un’ampia e accesa
concorrenza, cioè un movimento verso una situazione nella quale tutti i
partecipanti al mercato finanziario, dovunque nel mondo industriale,
possono essere in diretta concorrenza l’uno con l’altro e se una
competizione intensa diventa una caratteristica permanente del mercato
Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità
stesso, con i benefici intuibili sul piano dell’efficienza ma con i rischi di
instabilità sopra evidenziati, è comprensibile la preoccupata attenzione con
cui le Autorità di Vigilanza seguono le evoluzioni del mercato del credito
negli aspetti strutturali e funzionali.
1.3. De-regolamentazione e ri-regolamentazione dell’attività
bancaria
Di fronte ai processi d’internazionalizzazione, l’attardamento da parte
delle suddette Autorità sulle tradizionali posizioni di preferenza per forme
di vigilanza strutturale nel nostro sistema bancario si sarebbe rilevato un
ostacolo alle capacità di risposta della singola banca all’acresciuta
complessità ambientale.
Da qui il processo di deregolamentazione, sul piano strutturale, e di
riregolamentazione, sul piano funzionale, dell’attività bancaria che ha
inciso notevolmente sulle modalità di fare banca nel nostro Paese, in linea,
del resto, con la politica seguita al riguardo con gli altri paesi dell’Unione
Europea.
I processi evolutivi dei sistemi finanziari, in definitiva, hanno spinto
verso un’evoluzione generalizzata dei sistemi di vigilanza sulle banche a
livello internazionale.
A livello europeo, la principale difficoltà all’attuazione di un simile
programma era da individuarsi proprio nella realizzazione di un’equilibrata
integrazione di sistemi bancari che si presentavano alquanto diversi per
forme organizzative e regolamentazioni interne: si trattava di evitare,
infatti, che la maggiore competitività derivante dall’apertura dei mercati si
volgesse a vantaggio dei sistemi bancari meno regolamentati.
Cap. I
Proprio l’ordinamento italiano – caratterizzato nel recente passato da
forme di specializzazione istituzionale, settoriale e funzionale del credito,
da una marcata separatezza banca-impresa, da forme di controllo del
credito prevalentemente di tipo diretto e da una vigilanza di tipo strutturale
– si presentava eccessivamente oneroso per le imprese bancarie. Le varie
segmentazioni “artificiali” di mercato costituivano un’inutile tutela di aree
in cui in ogni caso banche estere comunitarie ed extra-comunitarie
avrebbero avuto libertà d’insediamento e, soprattutto, libertà operative
maggiori rispetto alle banche nazionali, le quali non avrebbero potuto né
presidiare efficacemente i mercati d’insediamento, né tantomeno tentare la
conquista dei mercati internazionali.
Le Autorità di Vigilanza, pressate, da un lato, dall’esigenza di
eliminare le forme regolamentari ostative al libero gioco concorrenziale fra
le imprese bancarie e, dall’altro, dall’urgenza di fronteggiare il principale
effetto negativo derivante dalla globalizzazione finanziaria, ossia
l’accrescimento dei rischi e la conseguente instabilità sistemica; si sono
trovate necessariamente sospinte verso il recepimento di forme di vigilanza
prudenziale
6
.
Il lungo percorso giuridico che dal D.P.R. 350/1985 (di recepimento
della I direttiva di coordinamento bancario) arriva fino al D.lgs. 415/96 (di
recepimento della Direttiva Eurosim), passando per il T.U. (385/93) si
caratterizza per la presenza di momenti di rilievo anche per i mercati locali
creditizi. Di fondamentale importanza è stato il processo di liberalizzazione
degli sportelli bancari, che trova una ratio nel perseguimento del più ampio
progetto di una progressiva eliminazione dei controlli all’entrata sul
mercato del credito. La nuova disciplina sull’istituzione di sportelli bancari
6
La legge Bancaria del ’36, pur essendosi dimostrata per quasi cinquant’anni elastica al punto da
subire solo marginali modifiche ed integrazioni, è stata oggetto, dal 1985 in poi, di continue
rivisitazioni fino ad essere sostanzialmente soppiantata dal Testo Unico del ’93 ispirato da principi
molto diversi rispetto a quelli che animarono il legislatore del ’36.
Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità
(1990) sancisce la completa autonomia di un’azienda di credito nell’aprire
o spostare sul territorio le dipendenze bancarie, soggetta esclusivamente ad
una comunicazione preventiva da inviarsi alla Banca D’Italia, ed alla
procedura di approvazione definita del “silenzio-assenso”
7
.
Non di minor rilievo, per motivi analoghi, è stata la legge 218/90 (nota
come legge Carli-Amato) che ha dato avvio al processo di privatizzazione
delle banche, volto al superamento della banca pubblica, in vista vuoi di
finalità d’efficienza vuoi di finalità di maggiore concentrazione nel sistema,
ritenute l'una e l'altra più facilmente perseguibili senza i vincoli connessi
alla forma giuridica di diritto pubblico.
Negli ultimi anni, infine, il completamento della nuova “architettura”
dell’ordinamento relativo all’intermediazione creditizia in Italia si
arricchisce di ulteriori tasselli: la definizione di attività bancaria viene
notevolmente allargata. Ci si avvia verso una despecializzazione operativa
e funzionale di credito e si rende possibile per le banche l’adozione del
modello organizzativo della banca universale
8
in alternativa a quello
preesistente di gruppo polifunzionale
9
. Vengono disciplinate
dettagliatamente, inoltre, la partecipazione, da parte delle banche, in
imprese non finanziarie, la concessione di finanziamenti a medio-lungo
termine, l’emissione di prestiti obbligazionari, nonché l’attività di
intermediazione mobiliare. La filosofia di base di simile regolamentazione
è quella, da un lato, di riconoscere alle aziende di credito la facoltà di
decidere autonomamente il campo di attività su cui operare, dall’altro di
7
Per cui l’assenso deve intendersi come acquisto se in un intervallo adeguato di tempo non
interviene una richiesta di chiarimenti da parte della Vigilanza (che vale a sospendere i termini) o
un esplicito divieto di autorizzazione motivato da carenze dei requisiti patrimoniali o organizzativi
della banca richiedente.
8
Soggetto giuridico unico, titolare dell’esercizio di tutte le attività effettuate.
9
Struttura societaria plurisoggettiva in cui l’azienda capogruppo svolge al proprio interno i
processi produttivi e distributivi portanti.
Cap. I
contemperare questa discrezionalità con la capacità delle banche di
sopportare i rischi delle scelte effettuate.
Quest’attività di “riordino” legislativo del settore finanziario,
combinandosi con gli effetti delle innovazioni finanziarie e tecnologiche,
ha contribuito a rendere l’ambiente esterno “complesso” spingendo le
banche ad una continua ridefinizione delle proprie modalità operative.
1.4. Gli effetti dell’innovazione finanziaria
Gli effetti dell’innovazione finanziaria si riflettono sul sistema bancario
sia in via indiretta, per il tramite delle variazioni della domanda
d’intermediazione creditizia e del tipo di servizio richiesto dalla clientela,
sia in via diretta, attraverso i continui adeguamenti conseguenti alla
comparsa di nuovi strumenti, nuovi intermediari e nuovi mercati.
L’azione combinata di tali fattori ha rapidamente determinato, nel
sistema bancario italiano, un inasprimento della situazione concorrenziale,
soprattutto nelle aree metropolitane, ma in sensibile misura anche in gran
parte delle aree periferiche ed interne, provocando:
• un’invasione da parte di banche nazionali dei mercati tipici
delle banche locali,
• un’espansione delle stesse banche locali al di là del perimetro
del territorio di riferimento,
• una maggiore variabilità delle quote di mercato delle banche in
generale.
Da queste considerazioni discende un’esigenza per le banche locali di
fronteggiare una più agguerrita concorrenza sui loro mercati, attraverso,
anche, l’ampliamento della gamma dei prodotti offerti.
Globalizzazione e localismo: prospettive di compatibilità
Se il processo di innovazione finanziaria rappresenta una minaccia per
le banche locali, costituisce, per altro verso, anche un’opportunità per le
stesse, nella misura in cui tali banche riescano a proporre prodotti e servizi
innovativi strutturati in funzione delle esigenze specifiche della clientela.
Proprio la migliore conoscenza della clientela lascia supporre che si crei, in
un sistema locale, con maggiore facilità, un’adeguata relazione tra offerta
dell’intermediario locale e bisogni della clientela
10
.
Da più parti è stato evidenziato come la naturale capacità delle banche
locali di interpretare le esigenze della clientela meglio di banche esterne si
scontri, in realtà, con le ridotte dimensioni di buona parte delle stesse
(aspetto, quest’ultimo, che limita sovente l’opportunità di realizzare
processi di diversificazione di prodotto).
La banca potrebbe decidere di produrre in sede – in base a calcoli di
convenienza comparata – prodotti e servizi essenziali per la clientela e lo
sviluppo dell’area, rivolgendosi a produttori esterni per quanto riguarda
altri prodotti, molto specialistici o ad alto costo e a bassa richiesta.
L’innovazione finanziaria, in questa prospettiva, offre numerose
opportunità alla banca locale, in quanto pone le basi per un rafforzamento
delle relazioni di clientela attraverso una maggiore e più qualificata
attenzione ai problemi specifici delle piccole medie imprese.
La necessità, infatti, per le imprese – ed in particolare per le piccole
imprese – di accedere a nuovi e sofisticati strumenti di finanziamento, sia
con riferimento all’approvvigionamento di capitale di credito e di rischio,
l’esigenza di copertura dai crescenti rischi di mercato, la necessità di
10
Al riguardo è stato osservato che il problema della gamma di prodotti della banca locale non è
solo quantitativo: ai superiori bisogni della propria clientela deve corrispondere un ampliamento
della risposta in termini di varietà di opzioni praticabili. Esso è soprattutto un tema di qualità,
ossia di coerenza fra l’offerta proposta e i bisogni percepiti. Per i motivi detti sopra nessuno
meglio della banca locale può individuare l’offerta adeguata alla propria clientela. Inoltre,
l’abbondanza dei servizi proposti dalle banche di rango non locale è spesso più formale che
sostanziale
Cap. I
adeguate gestioni della tesoreria, spingono sempre più tali imprese a
richiedere un rapporto stabile e propositivo con un intermediario capace di
fornire un adeguato servizio di consulenza e di assistenza finanziaria.
Diventa sempre più avvertita dalle PMI, l’esigenza di un rapporto
“globale” con l’azienda di credito in cui la consulenza e l’assistenza
finanziaria giochino un ruolo di primo piano: la banca, in particolare, deve
informare la clientela sulle opportunità di crescita sul mercato,
individuando gli strumenti finanziari più idonei a tal fine, in relazione ai
peculiari profili d’impresa. E’ del resto evidente come tale funzione di
“sostegno” sia più agevolmente realizzabile sui mercati locali da parte di
banche radicate nei contesti di riferimento, e possa essere più efficacemente
svolta – cæteris paribus – in presenza di un contenuto divario dimensionale
tra banca e cliente, giacché ad esso spesso corrisponde una minore
“distanza” tra le due parti del rapporto. Per questa via può concludersi che -
ove opportunamente gestita - l’innovazione finanziaria contribuisce ad una
“rivitalizzazione” del ruolo della banca locale
11
nell’economia locale,
determinando, anche, un rafforzamento della “cattura” dell’impresa sul
fronte informativo ed avviando forme di relazioni tendenzialmente
esclusive tra banca e cliente.
11
“Le banche locali devono quindi essere messe in condizione di rimanere in stretto collegamento
con tutti gli operatori nazionali ed internazionali, per seguire l’andamento del marcato finanziario,
nonché essere aggiornate circa le modalità e le procedure di attuazione dei procedimenti in
materia; dall’altra parte le banche locali dovranno essere considerate un canale preferenziale di
raccolta di informazioni da parte di chi deve formulare proposte per agevolare lo sviluppo
dell’impresa minore, essendo a contatto quotidianamente coi potenziali destinatari di tali
provvedimenti. Esse potrebbero così contribuire al miglioramento della struttura finanziaria delle
piccole e medie imprese, mantenendo il diretto contatto con esse, ed avendo la possibilità di
fornire loro non solo credito, ma anche consulenza, volta ad avvicinarle, qualora se ne ravvisi la
necessità, a nuovi strumenti e canali finanziari. Verrebbe così rimosso uno dei principali ostacoli
alla diffusione dell’innovazione finanziaria, costituito soprattutto dalla disinformazione. Le
banche locali possono quindi svolgere un ruolo di primo piano nell’evoluzione del sistema
bancario”.
Cfr. Pivato, S. (1985), Profili dell’innovazione finanziaria di interesse delle imprese minori, in
“Atti del Convegno annuale AIDEA”, Urbino, 20-21 settembre, op. cit., p.65.