5
�geneticamente modificati� o, pi� semplicemente, �transgenici� [Poli 1997]. I geni
eterologhi possono appartenere ad un organismo diverso oppure essere costrutti chimerici
comprendenti parti di geni diversi. L�espressione di tali geni � regolata da promotori
dell�organismo ospite o da promotori anch�essi eterologhi.
Quanto detto applicato al regno vegetale porta alla produzione di piante geneticamente
modificate (PGM). Attualmente il numero di piante geneticamente modificate utilizzate in
agricoltura supera abbondantemente la dozzina di specie e tra esse non presenziano pi�
solo le major crops, coltivate estensivamente su tutto il pianeta, ma pure specie che
crescono solo in determinate regioni del pianeta (mango, banana, papaya�) e legate a
tradizioni culturali ed a esigenze alimentari non globali.
1.1.2 Applicazioni delle PGM
Le applicazioni delle biotecnologie in agricoltura sono praticamente limitate solo dalla
fantasia dei ricercatori e dalle conoscenze nel campo della biologia molecolare e della
biochimica dei sistemi vegetali. Escludendo i �prototipi� di piante utilizzabili come vaccini
in questa sezione viene riportato un breve excursus su quali siano le applicazioni pi�
comuni delle biotecnologie vegetali.
1.1.2.1 Piante resistenti a parassiti
Le tecnologie che permettono la resistenza ai parassiti sono essenzialmente di due tipi,
differenziati in base al parassita: resistenza ad insetti e resistenza a virus (fig. 1.1). La
prima � raggiunta introducendo geni che codificano per proteine che possiedono attivit�
insetticida assai specifica per un insetto target. Tale tecnologia � pure utilizzata per la
protezione contro nematodi parassiti radicali. Questa tecnologia � stata applicata con
successo su mais, cotone e pioppo e variet� delle prime
due sono ampiamente coltivate nel mondo.
La seconda classe di resistenze � ottenuta secondo due
diverse vie:
I- La prima sfrutta un fenomeno conosciuto come
�preimmunit�� e si ottiene introducendo nel
genoma della pianta proteine del capside virale.
II- La seconda via consiste nell�introdurre nella
pianta un RNA antisenso a quello specifico del virus:
l�RNA antisenso si lega a quello virale, che quindi non viene espresso.
Figura 1.1 - Effetti del virus del mosaico
della banana (BBrMV) sulle foglie di
banano
6
I geni in questione sono tipicamente posti a valle di promotori forti e costitutivi in modo tale
da proteggere in maniera efficace tutta la pianta. Questa tecnologia � stata applicata con
successo a varie specie di piante da frutto (pomodoro, banana, papaya, mango�) e si
presenta come una valida strategia di lotta a virosi che provocano gravi danni ai raccolti,
virosi che non possono essere curate con prodotti fitosanitari analogamente a quanto si fa
con altri tipi di parassiti.
1.1.2.2 Piante resistenti a fitofarmaci
La resistenza a fitofarmaci � introdotta per permettere l�utilizzo di erbicidi totali in maniera
da eliminare tutte le piante sul campo eccetto quelle di interesse. Attualmente tali tecniche
sono applicate con successo contro quattro erbicidi ad ampio spettro: glifosate,
glufosinate, bromoxynil e solfoniluree.
La resistenza � ottenuta in due maniere differenti introducendo l�enzima target del
fitofarmaco in una forma non sensibile allo stesso fitofarmaco oppure introducendo un
enzima in grado di detossificare il fitofarmaco.
Nel primo modo sono costruite le resistenze al glifosate ed alle solfoniluree. Il glifosate
inibisce l�enzima EPSPS coinvolto nella sintesi di amminoacidi aromatici; l�introduzione di
un EPSPS alternativo proveniente da Salmonella typhimurium. permette di avere un by-
pass su questa via biosintetica [Comai et al. 1985]. Le solfoniluree, invece, inibiscono
l�enzima ALS (acetolattato sintasi) e il by-pass si ottiene introducendo una ALS mutante
[Haughn et al. 1988] proveniente da tabacco.
Diverso � il caso del glufosinate e del bromoxynil. Il glufosinate (o meglio il suo principio
attivo, fosfinotricina) nelle piante resistenti � reso inattivo con l�introduzione di un enzima
(fosfinotricina aciltransferasi, PAT) che � in grado di utilizzare il gruppo acetico del CoA e
trasferirlo alla fosfinotricina (acetil-fosfinotricina) rendendola inattiva [DeBlock et al. 1988].
Nel caso del bromoxynil, in grado di bloccare la fotosintesi, la resistenza si ottiene
introducendo un enzima proveniente da Klebsiella pneumoniae che opera una
denitrilazione del principio trasformandolo nell�acido 3,5-dibromo-4-idrossibenzoico,
innocuo per la pianta.
Queste tecnologie sono state introdotte con successo in piante coltivante in maniera
intensiva come mais e soja.
7
1.1.2.3 Piante con tenore nutrizionale migliorato
In questo settore sono stati compiuti vari sforzi dal momento che rappresenta una
importante scommessa per le agro-biotecnologie del prossimo futuro. Tralasciando i
tentativi fallimentari di cambiare il quadro amminoacidico in soja o in mais, al momento
sono tre gli esempi pi� clamorosi in questo settore di applicazione. Il primo di essi � il
cosiddetto �Golden rice�, riso dal tipico colore giallo della
cariosside (fig. 1.2). Il colore deriva dalla produzione di
carotenoidi in un tessuto non fotosintetico come
l�endosperma; la biosintesi � possibile grazie all�introduzione
della fitoene sintasi (da narciso) che catalizza la
dimerizzazione di due molecole di geranilgeranil pirofosfato a
dare fitoene [Burkhardt et al. 1997, Ye et al. 2000]. Questa
modificazione � stata fatta con l�intento di coadiuvare le cure
di deficienza di vitamina A in popolazioni la cui dieta � poco
diversificata e principalmente basata su riso (Cina, India e
sud-est asiatico in particolare), notoriamente povero in
vitamina A o suoi precursori .
Un altro esempio a riguardo � una variet� di riso in cui � aumentato l�accumulo di ferro;
questo � reso possibile dall�introduzione del gene della ferritina di Phaseolus vulgaris. I
livelli di ferro aumentano di due volte rispetto al wild-type e la sua biodisponibilit� � resa
possibile grazie all�introduzione di un gene per una fitasi termotollerante di Aspergillus
fumigatus, in grado di ridurre la quantit� di acido fitico che inibisce l�assorbimento di ferro,
e di uno per una proteina ricca in cisteina simile alle metallotioneine endogene: la cisteina
contribuisce all�assorbimento del ferro durante la digestione [Lucca et al. 2000].
Un ultimo esempio � dato da una variet� di orzo in cui sono stati introdotti dei geni per
delle glucanasi e delle xylanasi batteriche che permettono la degradazione delle pareti
cellulari che altrimenti interferirebbero con la digestione da parte dell�animale. Proprio a
questo scopo tali enzimi sono aggiunti alla razione alimentare negli allevamenti.
1.1.2.4 Piante a maturazione controllata
Varie piante da frutta sono state modificate in questo senso per permettere un ritardo della
maturazione in modo da poter ritardare la maturazione sulla pianta o per aumentare la
conservabilit� del prodotto in vendita. I meccanismi per ritardare la maturazione si basano
comunque sull�introduzione di geni in antisenso che impediscono la sintesi di taluni fattori
Figura 1.2 - Edizione asiatica
del Time in cui il Golden rice è
storia di copertina
8
nel metabolismo dell�etilene. Cos� vi sono prodotti in cui la sintesi dell�etilene � inibita con il
silenziamento dei geni deputati alla sua sintesi (ACC sintasi o ACC ossidasi). Vi sono pure
prodotti in cui � inibito il recettore dell�etilene e, conseguentemente, la cascata di eventi a
valle dello stesso. In alternativa vengono inibiti enzimi attivati indirettamente dall�etilene e
responsabili della degradazione della parete cellulare, come, ad esempio, la
poligalatturonidasi che degrada la parete cellulare (come nel caso del pomodoro Flavr
Savr�).
1.1.2.5 Piante per la produzione di composti utili all�industria
In questa categoria rientrano alcune variet� di colza in cui la composizione in acidi grassi �
stata modificata per favorire l�accumulo di acido stearico o di acido laurico e una variet� di
soja ad alto contenuto di acido oleico. Le oleaginose sono oggetto di continui studi anche
per l�accumulo di acidi organici altrimenti reperibili solo dalla raffinazione del petrolio
[Ohlrogge 1994]. Studi pionieristici sono stati anche indirizzati alla produzione di polimeri
plastici biodegradabili (poliidrossialcanoati, in particolare poliidrossibutirrato) alternativi al
polietilene [Poirier et al. 1992, Nawrath et al. 1994] anche se la effettiva vantaggiosit� di
queste modificazioni � messa in dubbio dato l�alto costo di tali produzioni.
1.1.3 Diffusione delle PGM
Secondo l�ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications)
l�area totale di coltivazioni transgeniche nel mondo � stimabile intorno ai 50 milioni di ettari
alla fine del 2001 [ISAAA 2001]. Questo dato indica che la crescita annua di tale superficie
� aumentata del 10% rispetto al 2000. Nonostante il continuo dibattito sulle coltivazioni
GM, particolarmente nei paesi dell�Unione Europea, milioni di grandi e piccole aziende
agricole continuano ad aumentare le loro piantagioni di colture GM, sia nei paesi
industrializzati che in quelli in via di sviluppo.
Dal 1996, anno in cui le prime piante transgeniche ad uso commerciale furono piantate in
pieno campo, la superficie coltivata con tali piante � cresciuta di 30 volte e oggi sono pi�
15 le nazioni in cui sono coltivate estesamente PGM, tra cui Argentina, Australia, Canada,
Cina, USA e Sud Africa. Queste nazioni hanno coltivato negli ultimi sei anni una superficie
cumulativa di 175 milioni di ettari a piantagioni transgeniche [ISAAA 2001].
9
1.1.4 Problematiche ambientali
L�utilizzo di PGM e l�introduzione delle stesse in ambienti esterni ai laboratori le mette in
relazione con una serie di fattori biotici ed abiotici. Come le PGM interagiscano con tali
fattori � continuamente oggetto di studi principalmente per valutare le condizioni
agronomiche ottimali per la loro coltivazione. Dal momento che per� non � possibile
prevedere gli effetti che coltivazioni GM hanno sull�ambiente si � dovuto ammettere, in via
precauzionale, l�esistenza di alcuni rischi potenziali.
1.1.4.1 Diffusione di transgeni nell�ambiente e trasferimento genico orizzontale
Un rischio derivante dall�introduzione di un ecosistema di DNA eterologo � la possibilit�
che questo venga acquisito ed integrato in altri organismi presenti nello stesso
ecosistema. Questo meccanismo, chiamato scambio genico orizzontale (HGT) � assai ben
caratterizzato e dimostrato nei batteri per i quali rappresenta un importante meccanismo
evolutivo [Lorenz et al. 1994]. Per i batteri lo scambio genico orizzontale pu� avvenire per
diverse vie: batteri con capacit� coniugative possono trasferire a batteri riceventi una
grande quantit� di sequenze; gli elementi necessari alla coniugazione possono trovarsi su
plasmidi o su trasposoni ed essere eventualmente integrati nel genoma. In questo caso,
durante la coniugazione, vengono trasferite anche sequenze cromosomiche.
Il processo di trasduzione incompleta, mediato da batteriofagi, prevede che un fago il cui
genoma si sia integrato nel batterio infettato possa incorporare nel suo cromosoma anche
DNA batterico al momento della sua attivazione. In una successiva infezione tale DNA pu�
trasferirsi in maniera stabile ad un altro batterio.
I batteri sono in grado, attraverso il processo di trasformazione, di incorporare DNA libero
nell�ambiente. Un processo di ricombinazione omologa segue e il DNA esogeno �
stabilmente introdotto e replicato all�interno del corredo genetico del batterio.
Il trasferimento orizzontale � per� dimostrato avvenire anche tra organismi appartenenti a
differenti regni. In particolare Schubbert et al. [1997] hanno mostrato come DNA del fago
M13mp18 addizionato alla dieta di topi pu� essere rinvenuto, tramite PCR e ibridazione in
situ, all�interno dei leucociti, nella milza e nel rene. Estraendo dalla milza il DNA e
clonandolo in una libreria di fagi λ, si � caratterizzato un clone in cui era presente un
frammento di 1299 bp appartenente al fago M13mp18. Tale frammento era legato ad una
sequenza di 80 bp omologa per il 70% con il gene del recettore IgE del topo.
A conclusioni simili si � pervenuto per l�HGT tra piante e virus [Greene e Allison 1994] e
tra piante e batteri [Ghebard e Smalla 1998, deVries e Wackernagel 1998, Nielsen et al.
10
2000]. In questi lavori � stato messo in evidenza come geni eterologhi con alta omologia
con geni degli organismi riceventi possano passare a questi ultimi ed essere incorporati
stabilmente nel genoma.
In campo non si pu� escludere la presenza di DNA vegetale libero nel terreno dal
momento che la crescita delle radici comporta lo sfaldamento dell�apice radicale e la
liberazione nella rizosfera del contenuto delle cellule vegetali. I batteri della rizosfera si
trovano a stretto contatto sia con sostanze nutritive che con DNA della pianta. Inoltre, nel
caso del mais, la coltivazione prevede che gli stocchi permangano nel terreno anche dopo
la mietitura aumentando cos� le probabilit� di liberare DNA nel terreno conseguentemente
alla lisi cellulare.
Nell�apparato digerente degli animali, e in particolare nel rumine, il numero e la variet� di
specie batteriche sono assai elevati (par. 1.3.2.3) e tali batteri sono a stretto contatto con
l�alimento.
Molti lavori hanno dimostrato il trasferimento di plasmidi e trasposoni coniugativi attraverso
la coniugazione in vitro tra batteri del rumine. Lo scambio genico � stato dimostrato in
condizioni naturali facendo ingerire i batteri donatori con il cibo ed analizzando la presenza
di batteri trasformanti nelle feci in ratti ed insetti. Inoltre lo studio di omologie di sequenza
di particolari geni posizionati su trasposoni coniugativi, che codificano per la resistenza ad
antibiotici, suggeriscono eventi di HGT tra organismi diversi non strettamente correlati.
Nell�ambiente gastrico il tempo di residenza di DNA libero � assai breve, nel liquido
ruminale viene degradato in 10 minuti [Morrison 1996]. Per questo motivo si suppone che
il trasferimento genico all�interno del tratto digerente sia da imputare a trasferimento di
plasmidi e trasposoni coniugativi o a trasduzione mediata da batteriofagi, piuttosto che
uptake di DNA libero. Tuttavia si � dimostrato come batteri naturalmente competenti
possano introdurre DNA libero a velocit� piuttosto elevate, in questo senso anche un
tempo cos� limitato potrebbe essere sufficiente alla trasformazione. In pi� il DNA libero
potrebbe rimanere retrogradato da polimeri vegetali non ancora digeriti per un tempo
sufficiente a questo processo.
Recenti lavori hanno poi dimostrato che in presenza di sola saliva umana Streptococcus
gordonii pu� essere competente ed in grado di incorporare DNA fino a 9 minuti dopo
l�introduzione di questo [Mercer et al. 1999]. Considerato che la microflora ruminale �
continuamente alimentata da microrganismi provenienti dall�ingestione di materiale non
pu� essere escluso che batteri trasformanti possano raggiungere il rumine e qui trasferire
DNA eterologo attraverso meccanismi descritti per l�HGT tra batteri.
11
Studi in vivo risultano piuttosto difficili da effettuare ma � dimostrato che Streptococcus
bovis JB1 � competente in fase stazionaria di crescita in presenza di liquido ruminale in
vitro [Mercer et al. 1999].
1.1.4.2 Impatto sulla biodiversit�
Uno secondo rischio paventato derivante dall�utilizzo di piante geneticamente modificate in
agricoltura ed in alimentazione � quello di alterazioni della biodiversit� ambientale.
Nel corso della sua esistenza la pianta interagisce con un elevato numero di specie viventi
appartenenti a tutti i regni conosciuti. L�introduzione di una nuova capacit� metabolica in
una pianta comporta quindi una perturbazione degli ambienti circostanti, dal campo
coltivato all�apparato digerente degli animali che si nutrono della pianta,diversa da quella
determinata dall�impiego di piante tradizionali. Tale perturbazione pu� comunque essere
ininfluente se di piccola entit� o se l�ecosistema � in grado di reagire alla variazione senza
discostarsi dalla precedente situazione di equilibrio.
Nel caso in cui siano state introdotte capacit� insetticide, come nel caso della tecnologia
Bt, il rischio �, in primo luogo, l�azione della nuova tossina contro insetti non-target. Losey
et al. [1999] hanno dimostrato che il mais Bt pu� danneggiare le larve della farfalla
monarca (Danaus plexippus) oltre a quelle della piralide (Ostrinia nubilalis), contro le quali
� stato progettato, sebbene le condizioni verificate in laboratorio si discostino parecchio da
quelle realmente presenti in campo. In un successivo lavoro [Stanley-Horn et al. 2001] la
tossicit� di tre differenti mais Bt � stata valutata con studi in campo dimostrando che il
mais Bt evento 176 � l�unico il cui polline dimostri una certa tossicit�, mentre il polline dei
mais Bt11 e Mon810 non si comporta diversamente da mais non-Bt. Per questo la
mortalit� delle larve di D. plexippus all�interno di campi coltivati a mais Bt evento 176 �
maggiore che all�esterno di essi. In altri studi � stata verificata la tossicit� che larve di
piralide che hanno ingerito mais Bt hanno su adulti di predatori come il neurottero
Chrisoperla carnea che anche di tali larve si nutrono [Hilbeck et al. 1998]. Nonostante in
natura gli adulti di C. perla attacchino le larve di piralide prima che queste inizino a nutrirsi,
cio� quando le larve di piralide non sono ancora penetrate nella pianta e abbiano assunto
la tossina, questi esperimenti suggeriscono la possibilit� che esistano catene trofiche non
eventualmente verificate o addirittura sconosciute che potrebbero essere perturbate
dall�introduzione di una tossina altrimenti presente solo nel suolo.
L�utilizzo di PGM potrebbe avere effetti pure sulla biodiversit� di piante coltivate e piante
selvatiche. Gi� la diffusione delle monocolture in agricoltura ha ridotto considerevolmente
12
il numero di variet� coltivate negli ultimi 50 anni; il numero delle cultivar di piante utilizzate
per la produzione di linee transgeniche � poi minore di quello delle cultivar oggi coltivate.
In questo senso l�introduzione di PGM in agricoltura potrebbe ridurre ulteriormente il
numero di variet� utilizzate con il rischio di perdere estesi raccolti nel caso la variet�
utilizzata si dimostrasse inefficiente ad affrontare una avversit� non prevista e che si
dovesse presentare.
Il rischio che il polline di PGM si diffonda nell�ambiente in maniera incontrollata e che
possa fecondare piante filogeneticamente simili comporterebbe la diffusione in ambienti
selvatici di piante con caratteristiche nuove [Arriola e Ellstrand 1997]. In particolare si
ipotizza che l�acquisizione di nuove capacit� di resistenza (per esempio ad un parassita)
possa aumentare la fitness della pianta ricevente che si troverebbe avvantaggiata nel
proprio ecosistema, potendosi eventualmente diffondere a scapito di altre specie. Tuttavia
questo rischio � ancora in discussione dal momento che per verificarsi si deve avere
fioritura contemporanea della pianta donatrice e di quella ricevente, le due devono
condividere lo stesso impollinatore (nel caso di impollinazione entomofila) o devono
essere sufficientemente vicine per permettere il trasporto di polline vitale (nel caso di
impollinazione anemofila) [Schleffer e Dale, 1999]. L�efficienza dei transgeni dipender� poi
dalla fertilit� della progenie dell�ibrido, dalla forza e fertilit� delle generazione seguenti oltre
che dalla pressione selettiva dei transgeni dell�ospite [Stewart et al. 1997].
Dove c�� intimo contatto tra microrganismi e materiale vegetale si pu� supporre che
possano avvenire modificazioni nella microflora e microfauna. In questo senso l�ambiente
pi� studiato � la rizosfera delle piante dal momento che l�alterazione delle comunit� di
organismi nel suolo potrebbe avere numerose implicazioni sulla fertilit� e di conseguenza
sulla chiusura delle catene trofiche. La composizione delle microflora risulta direttamente
dipendente, oltre che da fattori ambientali, anche dalla specie o addirittura dalla variet� di
pianta colonizzata [Grayston et al. 1998].
Oger et al. [1997] hanno dimostrato una modificazione nella diversit� di batteri associati
alla radice in piante geneticamente modificate per la produzione negli essudati radicali di
opine, modificazione finalizzata ad arricchire la rizosfera di batteri promotori della crescita
radicale (PGP, Plant Growing Promoting) capaci di utilizzare le opine come fonte di
carbonio. In questo caso il numero di opine-degradanti era significativamente differente tra
la rizosfera delle piante transgeniche e quelle controllo. Siciliano e Germida [1999] hanno
caratterizzato circa 2300 isolati da rizosfera e da rizoplano di piante di colza di variet�
normali e tolleranti gli erbicidi: i risultati hanno dimostrato che la composizione delle
13
comunit� microbiche associate alle radici � diversa per cultivar di colza GM e colza
normale e che l�influenza della cultivar sulla diversit� dei microrganismi era pi�
pronunciata all�interno delle radici (rizoplano), piuttosto che all�esterno (rizosfera).
Donegan et al. [1996] hanno valutato la carica totale batterica, la carica totale e la diversit�
della popolazione fungina, ed alcuni fitopatogeni, in campioni di foglie e rizosfera di patate
Bt e normali rilasciate in un campo sperimentale. Da questo studio non sono state rilevate
differenze nella colonizzazione microbica dei campioni transgenici o normali. Gli stessi
autori hanno successivamente studiato per un periodo di 5 mesi la decomposizione di
foglie di tabacco GM e normale interrate nel suolo. Sono stati confrontati gli effetti sulle
popolazioni di microartropodi, nematodi e protozoi, ed inoltre sono state valutate le
differenze qualitative e quantitative della microflora con un�analisi indiretta tramite
misurazione del metabolismo microbico indotto dall�aggiunta di glucosio ai campioni di
suolo. Il risultato del lavoro ha dimostrato che in condizioni di campo la proteina insetticida
rimane attiva per almeno 57 giorni e che il processo di decomposizione varia a seconda
del tipo di materiale vegetale ed in risposta all�esposizione a organismi del suolo. Infatti i
campioni provenienti dalla decomposizione del tabacco transgenico contenevano un
inferiore contenuto di carbonio ed un numero superiore di microartropodi (Collembola) e
nematodi. Per quanto riguarda le comunit� di batteri, protozoi ed insetti, non sono state
verificate differenze significative.
Un altro ambiente naturale dove microrganismi sono a stretto contatto con materiale
vegetale � l�apparato digerente animale. I batteri qui hanno azione degradante su alcuni
componenti della dieta e si trovano in alta carica nell�intestino di tutte le specie animali. Nel
rumini di bovini ed ovini, inoltre, una ricca microflora composta di batteri, funghi, archea e
protozoi, svolge la funzione di digestione del materiale vegetale.
Pochi sono finora gli studi sulle differenze della microflora dell�apparato digerente in vivo in
seguito ad alimentazione composta da piante transgeniche. Numerosi autori hanno
caratterizzato la microflora intestinale di molte specie diversi: insetti [Thimm et al. 1998],
polli [Apajalahti et al. 1998], bovini [Hobson 1997]. Masoero et al. [1999] hanno valutato la
digeribilit� del mais in microcosmi costituiti da rumine artificiale, senza evidenziare
differenze significative tra mais Bt e mais normale. In un recente lavoro [Borin et al. 2000b]
si � cercato di valutare le differenze nella microflora del rumine in bovine alimentate con
granella di mais Bt e controllo senza per� trovare differenze significative.
14
1.2 Mais Bt
Il mais Bt � autoprotetto contro gli attacchi del lepidottero Ostrinia nubilalis grazie
all�introduzione di una tossina proveniente da Bacillus thuringiensis kurstaki (da cui il nome
Bt).
1.2.1 Le tossine Cry
Le tossine Cry sono proteine ad attivit� insetticida prodotte da Bacillus thuringiensis. Esse,
insieme alle proteine Cyt, formano il gruppo delle δ -endotossine che comprende numerose
varianti geniche di tali proteine. Sono note pi� di 130 varianti del gene cry la cui
classificazione � stata fatta in base all�insetto target, per cui si sono distinti quattro gruppi
di tossine Cry:
I) specifiche per i lepidotteri
II) specifiche per lepidotteri e ditteri
III) specifiche per i coleotteri
IV) specifiche per i ditteri
Recentemente la suddivisione � stata riformulata in base alle relazioni filogenetiche tra le
varianti conosciute [Crickmore et al. 1998].
Diverse sottospecie di B. thuringiensis producono un differente set di tossine Cry, in grado
di agire sinergicamente tra loro ed eventualmente aumentando lo spettro di tossicit� per
una determinata sottospecie.
Le tossine Cry vengono prodotte come
protossine in fase stazionaria di
crescita, in concomitanza con la
sporulazione, e vengono incluse in un
cristallo proteico parasporale di notevoli
dimensioni.
La struttura tridimensionale delle tossine
attive evidenzia la presenza di 3 domini
(fig. 1.3): il primo, composto da 7 α -
eliche di cui una � circondata da un
fascio concentrico formato dalle
rimanenti 6 eliche; questo dominio �
responsabile dell�attivit� tossica della
Figura 1.3 - Struttura tridimensionale della δ− endotossina
cry3A
15
proteina. Il secondo dominio, costituito da tre foglietti β antiparalleli disposti intorno ad un
centro idrofobico, � responsabile della specificit� della tossina riconoscendo uno specifico
recettore nel lume intestinale dell�insetto. Il terzo dominio, costituito da 2 foglietti β, �
probabilmente responsabile delle modificazioni strutturali che permettono di espletare
l�azione tossica in seguito al legame con il recettore e anche della protezione della tossina
da proteasi presenti nell�intestino dell�insetto.
Sebbene alla famiglia delle tossine Cry appartengano proteine anche eterogenee nella
sequenza, la struttura tridimensionale e l�organizzazione dei domini � molto conservata, di
conseguenza si pu� supporre un meccanismo di azione comune a tutta la famiglia.
L�azione tossica si esplica con una proteolisi a pH basico dei domini N- e C- terminali che
libera la tossina attiva. Questa si lega ad uno specifico recettore sulla membrana
peritrofica nel lume intestinale. Tre putativi recettori per tre diverse tossine Cry sono
aminopeptidasi N, metalloproteasi con centri a zinco presenti in tutti gli animali, e
dimostrano avere una sequenza consenso RLPTTTRPRHY, carica positivamente e molto
polare, possibilmente implicata nel riconoscimento della tossina. Una volta avvenuto il
legame la tossina Cry subisce una modificazione conformazionale e le α -eliche del primo
dominio creano un poro di 10-20 � che permette un massiccio ingresso di ioni K
+
ed
efflusso di ioni H
+
nelle cellule colonnari dell�epitelio intestinale. Lo sconvolgimento
dell�osmosi delle cellule ne provoca la lisi e l�impossibilit� per l�insetto di assorbire nutrienti.
La larva smette quindi di alimentarsi e muore in breve tempo.
I geni cry presentano 5 blocchi di omologia di sequenza importanti per la funzionalit� della
tossina codificata.
I geni pi� studiati ed impiegati nella creazione di piante transgeniche sono quelli della
classe cryI in cui sono state raccolte 20 sequenze con pi� del 50% di omologia, suddivise
in 6 sottoclassi da cryIA a cryID.
1.2.2 L�evento 176 Novartis
Nell�evento 176 Novartis � stato introdotto il gene cryIA(b) per proteggere la pianta dalla
piralide. La sequenza del gene � stata opportunamente modificata per permettere il
corretto codon usage in mais. Il gene sintetico codifica esclusivamente per la forma attiva
della tossina (648 aa in confronto ai 1155 aa della protossina). Nella regione 3� non
tradotta del gene � stato inserito l�introne n� 9 della fosfoenolpiruvato carbossilasi di mais:
l�introduzione di un piccolo introne a valle incrementa e stimola l�espressione di geni
eterologhi [Koziel et al.1993].
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L�evento 176, ottenuto con il metodo biolistico, contiene 2 copie del gene cryIA(b) sintetico
uno sotto il controllo del promotore del gene della fosfoenolpiruvato carbossilasi (PEPC) di
mais, e l�altro sotto il promotore del gene della chinasi calcio-dipendente di mais,
promotore specifico per l�espressione nel polline.
L�evento 176 contiene pure il gene bar di Streptomyces hygroscopicus, che conferisce alla
pianta resistenza al glufosinate, sotto il promotore costitutivo 35S del virus del mosaico del
cavolfiore (CaMV); tale resistenza � utilizzata come marcatore selettivo per verificare che
l�evento di trasformazione sia avvenuto. I geni cry e relativi promotori sono inseriti nel
plasmide pCIB4431 mentre il gene bar � inserito sul plasmide pCIB3064. Entrambi questi
plasmidi provengono da pUC18 di E. coli che presenta il gene bla per la resistenza
all�ampicillina utilizzata come marker selettivo durante la costruzione del plasmide. Il gene
bla, pertanto, permane all�interno del mais cos� ottenuto senza essere espresso poich� � a
valle di un promotore batterico [Koziel et al. 1993, Novartis Seeds 1996].
Le proteine eterologhe sono sintetizzate ad alti livelli unicamente nelle foglie e nel polline,
il promotore della PEPC non � attivo nelle radici e nel seme. I livelli di espressione della
proteina sintetica nelle foglie, rilevata tramite test ELISA sono di 1-4� delle proteine
solubili totali, rispettivamente a 7 settimane di crescita o nelle piante adulte. Nei semi e
nelle radici il livello di espressione � assai basso risultando la quantit� di proteina
rispettivamente <5 ppb e <8 ppb calcolata sul peso fresco [Koziel et al. 1993, Novartis
Seeds 1996].
1.2.3 Problematiche dovute alla diffusione nell�ambiente di mais Bt
1.2.3.1 HGT e il gene bla
Il gene bla � presente all�interno dell�evento 176 come residuo della costruzione dei
plasmidi per la trasformazione delle piante. Pur non essendo trascritto tale gene porta a
delle preoccupazioni dovute al fatto che pu� essere trasferito a microrganismi
nell�ambiente conferendo loro la resistenza agli antibiotici β -lattamici. Tuttavia la capacit�
di degradazione di questo antibiotico � assai diffusa in natura e il gene bla � condiviso da
un gran numero di gruppi di batteri: non � possibile, per esempio, discriminare suoli
coltivati a mais Bt da suoli coltivati a mais isogenico sulla base della conta totale dei batteri
resistenti all�ampicillina [Borin et al. 2000a]. Questo significa che l�eventuale trasferimento
di tale gene ai batteri del suolo probabilmente non avrebbe alcun effetto sulle capacit�
metaboliche delle comunit� ivi presenti.
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In campo sanitario il problema non � molto differente se si pensa che oggigiorno gli
antibiotici β -lattamici non sono praticamente pi� efficaci nella cura dei patogeni umani, ad
indicare come la loro resistenza sia ormai ampiamente diffusa.
In ogni caso non si deve dimenticare che le omologie di sequenza possono servire anche
come siti ricombinogeni per altro DNA.
Nuove variet� di mais Bt sono state progettate in modo da non contenere marcatori
selettivi per antibiotici batterici, in maniera tale da escludere totalmente il trasferimento del
gene bla.
1.2.3.2 Rilascio di proteine esogene negli essudati radicali
I rischi derivanti dall�utilizzo di piante geneticamente modificate possono non essere
preventivati durante lo sviluppo della pianta in laboratorio dato l�alto numero di variabili da
considerare una volta che la pianta viene posta in un ecosistema complesso.
In un lavoro di Saxena et al. [1999] � stato dimostrato che semi di mais Bt sterilizzati in
superficie e fatti germinare in terreno agarizzato asettico presentavano discrete quantit�
della proteina CryIA(b) nel medium di coltura. Tale essudato proteico si � dimostrato
biologicamente attivo contro larve di Manduca sexta. Una volta che il medium di coltura
aveva perso la sterilit� non era possibile ritrovare CryIA(b) ma solo i prodotti della sua
degradazione proteica.
Medesimi studi su terreno sterilizzato e non, hanno dimostrato che negli essudati radicali
si poteva ancora trovare una minima quantit� di tossina attiva. In un terreno non sterile si
pu� comunque supporre che la tossina proteica sia retrogradata dalla degradazione
attraverso l�adsorbimento ai colloidi presenti.
L�espressione della proteina Bt in mais non dovrebbe avvenire nelle radici e probabilmente
le proteine ritrovate negli essudati derivano direttamente dalle foglie, dalle quali giungono
attraverso il sistema floematico assieme ai fotosintati.
In un altro lavoro Saxena e Stotzky [2000] hanno indagato il rilascio di tossina nel suolo di
piante coltivate in percentuali crescenti di caolinite o montmorillonite dimostrando che la
tossina Bt viene rilasciata durante i 40 giorni di crescita e non viene degradata nel suolo
probabilmente a causa dell�adsorbimento nei collodi del terreno, mentre non si rilevava
alcuna tossina nel terreno in cui erano coltivate variet� di mais isogenico non-Bt.
Sebbene non siano stati indagati gli effetti che la tossina Bt, libera nel terreno, possa
avere sulle comunit� del suolo, questo esperimenti mettono in evidenza la possibilit� di
avere degli effetti non previsti o prevedibili durante la costruzione delle PGM.