Il nostro Paese dopo l’intervento europeo in materia televisiva, ma
soprattutto dopo l’intervento della Corte Costituzionale, adotta nel 1990
la legge n. 223, che regola ampiamente l’intero sistema.
Tale intervento normativo è diviso in cinque rami fondamentali:
- la definizione di principi comuni al settore pubblico e al settore privato;
la regolamentazione del regime concessorio; la normativa antitrust; la
regolamentazione della pubblicità; la regolamentazione di meccanismi di
garanzia per una corretta applicazione della legge.
Successivamente, nel 1997, per esigenze di controllo sul sistema dei
media elettronici, e anche a causa dello sviluppo tecnologico in materia,
viene emessa in Italia una disciplina ad hoc, per l’uso del satellite, della
tecnica digitale ed elettronica. Tale normativa comprende anche
l’istituzione di un’Authority, che sostituisce la figura del Garante delle
comunicazioni, con più ampi e penetranti poteri in materia
radiotelevisiva.
Nello stesso periodo, si è resa necessaria anche la modifica alla direttiva
europea, anche a causa delle potenzialità offerte dal sistema digitale che
comporta un aumento delle frequenze, e di conseguenza dell’offerta
radiotelevisiva. La direttiva di modifica (n. 36/97) si occupa
principalmente della materia pubblicitaria, consentendo una presenza più
incisiva dei messaggi pubblicitari nel settore radiotelevisivo.Nella nuova
direttiva vengono trattate quelle che potevano essere le esigenze del
momento, ovvero la nuova tecnologia e la disciplina idonea in tale
campo, nonché la tutela del pluralismo informativo e il ruolo delle
emittenti di diritto pubblico.
Seguono, all’interno del mio lavoro, alcune norme inerenti la disciplina
delle modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari.
A conclusione della seconda parte della tesi viene toccato l’argomento
della televisione digitale e dell’operato della Commissione europea in
materia nonché dell’introduzione, nel nostro sistema, di una
regolamentazione appropriata.
La terza fase del lavoro si occupa principalmente dell’articolo
costituzionale svizzero sulla radiotelevisione, dalle sue fasi evolutive fino
ad arrivare a quella attuale, punto fondamentale da cui partire per
analizzare tutti i diritti e i doveri in materia di media elettronici.
L’articolo delimita la competenza federale e definisce il mandato di
prestazione a cui devono sottostare la radio e la televisione.
Tale mandato tiene in considerazione, oltre alle fondamentali esigenze di
cultura, informazione e intrattenimento, la specifica situazione
multiculturale della Svizzera imponendo un equilibrio tra zone urbane e
zone periferiche. Questo articolo costituzionale garantisce l’indipendenza
della radiotelevisione nei confronti dello Stato e di altri gruppi esterni,
sancisce l’autonomia dei responsabili nella concezione dei programmi, ed
istituisce un’apposita autorità indipendente per la salvaguardia dei diritti
e dei doveri previsti nel settore informativo.
Il presente lavoro analizza, inoltre, la legislazione vigente in materia
radiotelevisiva occupandosi principalmente della LRTV (legge sulla
radiotelevisione) e dell’ORTV (ordinanza su radiotelevisione).
Arrivando in fine ad un esame sul nuovo progetto legislativo e sui
cambiamenti che tale nuova legge comporterà nel sistema
radiotelevisivo.
CAPITOLO I
IL SISTEMA RADIOTELEVISIVO IN ITALIA
1. Il sistema radiotelevisivo
Chiunque ripercorra la storia della disciplina dell’attività radiotelevisiva
sin dalle sue origini si trova di fronte ad una vicenda nel corso della
quale il quadro normativo è sempre stato un terreno molto fertile per
sperimentare modelli di rapporto tra pubblici poteri e società civile, i
quali si differenziano non poco dall’atteggiamento assunto dallo Stato in
relazione ad altri mezzi di comunicazione.
Secondo Caretti
1
, infatti, il sistema dell’informazione, prima solo
radiofonica e poi anche televisiva, ha finito per assumere le
caratteristiche di un vero e proprio laboratorio, nel quale le ragioni
dell’autorità e delle libertà hanno conosciuto equilibri differenti, che
spesso costringevano a ridefinire le une o le altre in un’ottica e secondo
moduli del tutto atipici.
Un ulteriore dato, che contribuisce a sottolineare la particolarità del
settore radiotelevisivo, è rappresentato dalla presenza di numerosi
elementi comuni che si possono riscontrare nella stessa disciplina dei
Paesi europei, i quali per diversi aspetti hanno in maniera differente il
sistema radiotelevisivo, per cui è possibile anche individuare una linea di
sviluppo comune , che ha conosciuto tre distinte fasi:
1.la fase della introduzione di forme di monopolio
pubblico nella gestione dei servizi radiotelevisivi
2.la fase della riforma del regime pubblicistico
3.la fase della introduzione di un sistema misto (in parte
pubblico e in parte privato).
La prima fase è quella che caratterizza il sistema radiofonico tra le due
guerre.
1
P. Caretti “ Diritto dell’informazione e della comunicazione: stampa, radiotelevisione,
telecomunicazione, teatro e cinema” Bologna, 2001 p.77ss;
R. Zaccaria “Radiotelevisione e costituzione ” Milano, 1977, p.20ss
La scelta a favore di un regime pubblicistico nasce all’origine da ragioni
di ordine essenzialmente tecnico, legate alla natura del mezzo.
Quando la radiofonia passa dal piano sperimentale a quello commerciale,
l’esigenza che si pone è quella di arrivare ad una dislocazione degli
impianti di trasmissione per evitare, o quantomeno ridurre, le
interferenze reciproche. Ed è proprio per risolvere tali problemi che vi
sono stati i primi interventi legislativi in materia.
Questi chiamano in causa lo Stato in veste di soggetto regolatore.
Viene a crearsi un sistema nel quale l’attività di radiodiffusione viene
esercitata da un unico soggetto, si tratti di ente pubblico o di ente
formalmente privato, ma con capitale in mano pubblica.
Questa evoluzione, che ha il suo punto d’arrivo nel monopolio pubblico
della radiofonia che fu agevolata dagli alti costi di gestione che le
emittenti private dovettero sostenere, perché ciò comportò la cessione in
via esclusiva del servizio radiotelevisivo ad un unico soggetto, lo Stato
2
.
La seconda fase dell’evoluzione dei sistemi radiotelevisivi europei
coincide con le evoluzioni costituzionali determinate dall’affermarsi di
nuovi principi e di nuove regole nei rapporti tra Stato e cittadini.
Ci vuole, però, un periodo di tempo piuttosto lungo per vedere gli effetti
di tali mutamenti.
Infatti per un periodo relativamente lungo la disciplina dell’attività non
più solo radiofonica, ma ora anche televisiva, resta invariata rispetto al
passato.
Rimane cioè invariata l’idea di fondo a favore di un modello
pubblicistico in cui lo Stato esercita in un regime di monopolio tutta
l’attività di gestione degli impianti di trasmissione e di diffusione dei
programmi.
2
V. P. Caretti “Diritto dell’informazione e della comunicazione”cit. p. 81
Questa linea di continuità con il passato era tuttavia destinata ad entrare
in crisi a fronte delle disposizioni che i costituenti avevano dedicato al
tema della libertà di informazione
3
.
Conseguenza di tale dibattito fu la messa a punto di un quadro di principi
costituzionali di riferimento che consiste essenzialmente nell’inquadrare
l’attività radiotelevisiva nell’ambito della libertà di manifestazione del
pensiero, ovviamente reinterpretata secondo le esigenze derivanti dal
mezzo tecnico e dalla sua riconosciuta funzione sociale, e nell’estensione
di tutte le garanzie derivanti da tale libertà.
La terza fase prese avvio negli anni ottanta, nel corso dei quali si registra
un salto qualitativo notevole nel processo di riforma del regime
pubblicistico in tutta Europa.
La prima riforma è rappresentata dalle reti via cavo, già negli anni ’70
viene affermato il principio secondo cui anche soggetti privati, a certe
condizioni e nel rispetto di certi limiti, possono, previa apposita
autorizzazione, installare e gestire reti di comunicazione via cavo
4
.
È soprattutto a livello locale che operano la prime discipline di
liberalizzazione, prevalentemente dedicate alla radiofonia (es. ordinanza
del Governo svizzero del 1982).
Ritenuto legittimo l’ingresso dell’iniziativa privata nel settore
radiotelevisivo, esso ha trovato la sua disciplina, da parte dei legislatori
europei, attraverso una serie di variabili relative ai mezzi utilizzabili di
diffusione, alle condizioni richieste per l’autorizzazione e i relativi
obblighi, ai controlli per mantenere il pluralismo informativo e i
meccanismi di finanziamento.
3
art.21 Cost. Italiana
AAVV “La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di libertà di espressione
radiotelevisiva” (in) “Nuove dimensioni dei diritti di libertà” Padova, 1990, p.539ss
4
V. paragrafo 3.
Quanto ai mezzi utilizzabili in alcuni casi (es. la Svizzera), la
liberalizzazione ha riguardato sia la radio che la televisione, via etere e
via cavo, in altri Paesi si è limitata alla radiofonia o alla televisione ma
solo via cavo
5
.
Quanto alla disciplina dei regimi autorizzatori o concessori che regolano
l’esercizio dell’attività radiotelevisiva riscontriamo nel campo delle
qualifiche legali
6
una differenza di rilievo, rappresentata dalla diversa
considerazione della natura e delle finalità perseguite dai soggetti
interessati ad operare nel settore.
Mentre, infatti, in alcuni Paesi europei, l’area dei possibili destinatari del
provvedimento autorizzatorio o concessorio viene ristretta a quella delle
forme associative prive di scopo di lucro (es. Svizzera), tale limitazione
non è prevista in altri Stati (es. Italia).
Una differenza, questa, che si lega al tentativo di rallentare l’ingresso di
iniziative private alla logica tipica del servizio pubblico, escludendo sin
dall’origine, nel primo caso, il rischio di una accentuata
commercializzazione dell’attività radiotelevisiva, là dove, nel secondo
caso, si punta a raggiungere lo stesso obiettivo attraverso la previsione a
carico dei soggetti privati di tutta una serie di obblighi e di limitazioni
che vengono a formare una sorta di quadro di riferimento comune sia per
il settore pubblico che per quello privato.
Anche su questo punto le soluzioni sono le più varie, limitandosi a volte
alla mera estensione ai soggetti privati dei principi generali di
imparzialità e completezza dell’informazione, arrivando, in altri casi, alla
previsione di obblighi più specifici attinenti al contenuto della
programmazione, da orientare al soddisfacimento di particolari esigenze
informative.
5
Esempio: Norvegia, Olanda
6
V. L. n. 223/90 art. 2 e 16; Tali articoli prevedono i requisiti che i richiedenti la concessione devono
possedere per ottenerla. Vedi Cap.II paragrafo 3; P. Caretti “Diritto dell’informazione e della
comunicazione…” cit. p.83
Chiamati, ad esercitare la necessaria attività di controllo sul rispetto della
complessa trama di vincoli ed obblighi che la legge predispone, sono
organi diversi, ma spesso coincidenti con l’organo titolare del potere di
rilasciare le autorizzazioni o concessioni radiotelevisive: nella maggior
parte dei casi l’attività di controllo è esercitata direttamente dal Governo
(es. Svizzera), mentre in altri casi sono creati organi ad hoc, del tutto
originali, espressione sia dell’Esecutivo che del Parlamento, con il
compito di esercitare una generale funzione di vigilanza e di controllo
sull’intero settore radiotelevisivo.
7
Quanto ai meccanismi di finanziamento, è possibile riscontrare che, dove
più forte appare il tentativo di scoraggiare le iniziative private alle finalità
proprie di un servizio pubblico, viene esclusa la possibilità di ricorrere
alla pubblicità e si prevedono, in sostituzione, forme di finanziamento
statali (es. Svezia e Norvegia). Là dove, viceversa, più netta è la
distinzione tra le finalità del servizio pubblico radiotelevisivo e quelle
perseguite dalle iniziative private nello stesso campo, la pubblicità
commerciale è ammessa tra le fonti di finanziamento, sia pure con limiti
quantitativi (c.d. tetti pubblicitari) che le legislazioni dei Paesi
dell’Unione Europea prevedono, come vedremo, sulla scorta di quanto
stabilisce una apposita normativa comunitaria
8
. Una nota va sicuramente
fatta a riguardo delle normative antitrust.
La legislazione europea pare ispirarsi su di un modello comune: esso si
basa sulla definizione di “soglie” massime di concentrazione non
superabili, che realizzano le c.d. posizioni dominanti sul mercato
dell’informazione, nonché sulla predisposizione di una serie di obblighi
di trasparenza e conoscibilità delle vicende societarie delle imprese
operanti nel settore radiotelevisivo.
7
Come è avvenuto in Francia ad esempio.
8
Direttiva comunitaria n° 552/89
Nasce così un sistema radiotelevisivo misto pubblico e privato, nel quale
il soggetto pubblico tende a mantenere una posizione di preminenza, a
volte legislativamente sancita, ma i cui equilibri appaiono spesso precari
e destinati ad ulteriori inevitabili assestamenti.
2. Libertà di espressione e di informazione
La libertà di manifestazione del pensiero viene concretamente esercitata
attraverso un notevole numero di mezzi tra i quali rientrano la televisione
e la radio.
9
La manifestazione del pensiero attraverso tali strumenti rappresenta quel
particolare aspetto del diritto sancito dall’art. 21 Cost. italiana, che viene
denominato “libertà d’informazione”.
Art. 21/1 Cost.: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Essa si articola in tre aspetti del diritto individuati dalla migliore
giurisprudenza
10
: un profilo attivo, che rappresenta il diritto ad informare;
un profilo passivo, costituito dall’interesse ad essere informati; un profilo
riflessivo ad informarsi.
1. il diritto di informare
Esso si identifica nel diritto di cronaca, è innanzitutto la libera
manifestazione del pensiero in ordine a fatti e accadimenti di interesse
generale. Ovvero il pensiero viene da prima generato e dallo stesso
soggetto comunicato e divulgato, utilizzando di regola i mezzi di
diffusione (c.d. mass media).
11
9
Oltre alla stampa , gli spettacoli pubblici etc.
10
V. P. Caretti “Diritto dell’informazione e della comunicazione”cit. p. 78 G.B. Garrone “Appunti di
diritto pubblico dell’informazione e della comunicazione” Torino, 1998, p.9ss; L. Paladin “Libertà di
pensiero e libertà d’informazione: le problematiche attuali” (in) “Quaderni costituzionali”, 1987, p.5ss,
P. Barile “Qualche passo avanti verso la libertà della radiotelevisione” (in) Diritto della radiodiffusione
e comunicazione, Milano, 1974, p. 72; R. Zaccaria “Materiali per un corso sulla libertà d’informazione
e di comunicazione”, Padova, 1996, p.10
11
stampa e radiotelevisione
2. il diritto ad essere informati
Viene identificato quale diritto passivo perché è l’interesse collettivo e
diffuso a ricevere l’informazione.
Inizialmente tale diritto fu visto come semplice e privo di garanzia
costituzionale. Ora giurisprudenza e dottrina
12
sono concordi
nell’affermare che il difetto d’informazione, cioè un’informazione poco
pluralista o imprecisa, priverebbe il cittadino del diritto di decidere a
ragion veduta intorno ai problemi di maggiore rilevanza. Quindi tale tipo
di impostazione riconosce tutela costituzionale, al diritto ad essere
informati.
3. il diritto ad informarsi:
Tale diritto è protetto e garantito dalla Costituzione soprattutto allo scopo
di consentire ai cittadini di partecipare alla vita sociale.
13
Nello stesso articolo possiamo anche riscontrare due fondamentali limiti
all’esercizio della manifestazione del pensiero:
a) limite del buon costume
b) limite dell’ordine pubblico
Il primo tende ad avvalorare un concetto di buon costume inteso come la
protezione del pudore sessuale e della decenza che si identifica in un
complesso di regole riconosciute dalla generalità dei consociati come
opportune a garantire la convivenza sociale contro l’oscenità e la
pubblica decenza
14
.
La nozione di buon costume accolta qui è quella penale, il caso di
oscenità deve essere verificato caso per caso e non in generale, all’interno
del contesto e delle modalità in cui gli atti e gli oggetti suscettibili di
offendere il comune senso del pudore sono compiuti.
12
V. P. Caretti “Diritto dell’informazione e della comunicazione”cit. p.78, R. Zaccaria “Materiali per
un corso..”cit.p.11, G.B. Garrone “Appunti di diritto pubblico dell’informazione..”cit. p. 9ss.
13
V.L.7 agosto 1990 n°241 (“diritto di accesso ai documenti amministrativi”)
14
Cort. Cost. 27 luglio 1992, n°368 (in) Giur. cost. 1992 p.2936
Secondo Roberto Zaccaria
15
, il momento della pubblicità si configura
come un requisito essenziale della nozione di buon costume, intesa dallo
stesso come reale e potenziale percezione da parte della collettività del
messaggio trasmesso per mezzo dei mass media.
Per il secondo limite, la dottrina
16
migliore nega che possa essere
costituzionalmente rilevante, “l’ordine pubblico” non viene mai utilizzato
dalla Costituzione allorché tratta delle libertà fondamentali.
17
Altra opinione viene invece espressa dalla Corte costituzionale che più
volte
18
ha affermato che l’ordine pubblico costituisce un limite generale
da applicare a tutte le libertà costituzionalmente previste.
All’orientamento della Corte aderisce anche la Cassazione
19
secondo cui
la libertà di pensiero, il diritto di cronaca e quello di critica non sono
assoluti, poiché trovano limiti nella necessità di proteggere altri beni
tutelati dalla costituzione
20
.
Bisogna notare, però, come anche la Corte, nelle sue pronunce sulla
libertà di espressione, non abbia mai utilizzato il limite dell’ordine
pubblico nello specifico ma solo come concetto per riassumere altri
valori costituzionali come onore, giustizia e salute.
15
V. R. Zaccaria “Materiali per un corso sulla libertà di informazione e di comunicazione” cit. p. 10
16
V. G.B. Garrone “Appunti di diritto pubblico dell’informazione e della comunicazione”cit. p. 20, P.
Barile “Qualche passo avanti verso la libertà…”cit. p .72, R. Zaccaria “Materiali per un corso sulla
libertà di informazione..” cit. p. 11
17
Art. 14,16,17. Cost. it.
18
Sent. 16 marzo 1962, n.19 (in) Giur. Cost. 1962, p.186; sent. 29 dicembre 1972, n. 119 (in) Giur.
Cost. 1972, p. 2218;sent. 3 agosto 1976, n.210 (in) Giur. Cost., 1976, p.1315; sent. 9 maggio 1985,
n.138 (in) Giur. Cost., 1985, p. 986; G.B. Garrone “Appunti di diritto pubblico dell’informazione..” cit.
p. 21
19
Cfr.Cass.pen. 10 dicembre1990, (in) Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1991, p.952
20
R. Esposito “La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento italiano” Milano, 1958,
p.7ss; S. Fois “Principi costituzionali e libertà di manifestazione del pensiero” Milano, 1957, p. 21
3. La riforma del monopolio pubblico
L’introduzione, nel 1954, delle trasmissioni televisive ha rappresentato
un evento importante che ha sensibilizzato un dibattito per confrontare il
regime pubblicistico del settore radiotelevisivo in contrapposizione con i
nuovi principi costituzionali, facendo rilevare i dubbi di legittimità
costituzionale, che il monopolio statale comportava.
La Corte Costituzionale interviene con numerose pronunce in materia,
elaborando i numerosi interessi coinvolti, tra cui anche l’interesse degli
utenti.
21
La sentenza 13 luglio 1960, n° 59 apre la riflessione della Corte in
materia. Il problema che viene discusso è quello del monopolio pubblico
dell’attività radiotelevisiva, che in questa sede viene giudicato legittimo
sulla base di una valutazione degli interessi costituzionali coinvolti.
22
Si riconosce nella diffusione radiotelevisiva le caratteristiche contenute
nell’art. 43 Cost.
23
in sintesi:
a) assumono notevole importanza gli interessi che la televisione
soddisfa, quali informazione, cultura e svago, che non si
riferiscono al singolo, ma alla società nella sua interezza
b) l’allora limitatezza dei canali, permetteva una situazione di
monopolio naturale, giustificata anche dalle condizioni di imparzialità,
completezza e continuità, che si prefiggeva, su tutto il territorio
nazionale.
21
Ci si riferisce non alle sole sentenze che riguardano il sistema radiotelevisivo, ma anche a quelle che
si riferiscono agli altri mass-media. Nell’opinione della Corte il fenomeno informativo è formato da
tutti i mezzi di diffusione
22
Vi fu una rivisitazione in senso costituzionalmente adeguato del sistema introdotto dal codice
postale del 1936. V. P. Logroscino “Le situazioni soggettive nella giurisprudenza costituzionale”
(in) Informazione e telecomunicazione, a cura di R. Zaccaria (in) “Trattato di diritto
amministrativo” diretto da G. Santaniello vol. XXVIII Padova, 1999, p.82ss
23
Ci si riferisce alla situazione di monopolio che abbiano carattere di preminente interesse generale
Più in particolare, la Corte affermò che una disciplina pubblicistica
avrebbe dovuto prevedere la possibilità di entrata nel mezzo informativo
da parte delle diverse correnti culturali e politiche, mentre appare
necessario anche modificare il ruolo del Governo nell’esercizio dei poteri
di controllo dell’ente concessionario del servizio, favorendo così il
Parlamento che rappresenta per sua natura il pluralismo politico della
società
24
.
Ma tali sollecitazioni in materia non ebbero alcun seguito. Si è dovuto
attendere infatti oltre un decennio prima che la Corte intervenisse
nuovamente in materia.
Con la sentenza 15 giugno 1972, n° 105 viene riconosciuto l’interesse
dell’utente da un punto di vista giuridico-costituzionale
25
.
La Corte individua il motivo di illegittimità della disciplina sull’obbligo
di riposo domenicale dei giornalisti, che derivava dalla L. 340/34 artt.13
e 14, che vietava, tra le ore 13 della domenica e le 12 del lunedì, l’attività
di diffusione di notizie e opinioni, sia della stampa periodica, sia
attraverso ogni altro mezzo, ad eccezione di quello radiotelevisivo. Tale
divieto a giudizio della Corte non poteva trovare ragione nell’art. 36. 3.
Cost. che garantisce il diritto irrinunciabile al riposo settimanale, ma non
fa alcun riferimento alla domenica o ad altro giorno determinato.
L’illegittimità si basava sulla contrarietà con il diritto di manifestare il
proprio pensiero con ogni mezzo di diffusione (art. 21 Cost.).
E’ evidente il tentativo di superare l’interpretazione letterale della
disciplina costituzionale dell’informazione.
Si riconoscono nella stessa due aspetti:
- un lato attivo, dare e divulgare notizie, opinioni e commenti di
24
V. P. Caretti “Diritto dell’informazione e della comunicazione” cit. p. 92; P. Logroscino “Le
situazioni soggettive…” cit. p. 83
25
Nella sent.n.59 del 1960, infatti, il richiamo agli “interessi che la televisione tende a soddisfare” non
si intendono ancora in senso giuridico poiché manca qualsiasi riferimento alle norme che ne
costituiscono il fondamento; P. Logroscino “Le situazioni soggettive…” cit. p. 84
ogni natura
- acquisire conoscenze, ovvero il diritto di tutti i consociati di
accedere alle notizie.
E’ solo nel 1974, che la Corte con due interventi fondamentali porta un
profondo mutamento nel settore radiotelevisivo.
Nuovamente viene affrontato il problema della legittimità del monopolio
pubblicistico, che si conferma coerente con il sistema costituzionale,
poiché persistono le regioni di limitatezza del mezzo radiotelevisivo,
tuttavia, viene dichiarata l’illegittimità della riserva statale della
ripetizione di trasmissioni provenienti dall’estero, e le trasmissioni via
cavo in ambito locale.
Le due sentenze fondamentali furono: la n°225 e la n° 226 del 10 luglio
1974, che segnarono l’inizio dell’erosione da parte della Corte del
monopolio dello Stato per le attività radiotelevisive.
Con la sentenza n. 225/74 viene dichiarata costituzionalmente illegittima
la riserva dello Stato dell’attività di trasmissione dei programmi di
emittenti estere e si ammette, da questo momento, l’esercizio dell’attività
radiotelevisiva anche da parte dei soggetti privati.
Tale decisione della Corte si basa principalmente sulla necessità di un’
obiettiva e pluralistica informazione, nel rispetto del principio
costituzionale racchiuso nell’art. 21 Cost., che in tal caso si traduce
nell’esigenza di offrire agli utenti un panorama di notizie completo, che
scaturisce dalla comparazione tra più fonti informative
26
.
Inoltre, la Corte motiva la sua scelta di liberalizzazione dell’attività di
trasmissione estere ai privati, rivelando la non incidenza delle “bande di
trasmissione italiane” con quelle estere
26
V. C. Chiola “I comandamenti della Corte per il settore radiotelevisivo” (in) Giurisprudenza
costituzionale, Milano, 1974, p. 2191