Introduzione
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web). L’interlocutore privilegiato diventerà via via Internet,
ponendo le questioni che rappresenteranno il centro della
trattazione: quanto fumetto è entrato in rete (e in quale veste vi
è entrato), ed allo stesso tempo quanta tecnologia si affianca al
vecchio medium per farlo rivivere su di un nuovo supporto.
Nel terzo capitolo, Il fumetto in rete, posti i principi per la
catalogazione dei siti, si provvederà a suddividerli in quattro
macro–categorie: siti generalisti sul fumetto (portali, riviste,
fanzine, etc.), siti per la compravendita e lo scambio di fumetti,
siti di case editrici, autori e personaggi e siti in cui si
presentano fumetti per la rete. Come si evidenzierà meglio in
seguito, questa divisione non è per nulla rigida, nel senso che
molti siti assommano in sé più caratteristiche differenti, per cui
si baderà alla funzione principale del sito per determinarne la
categoria di appartenenza. Terminata la fase di catalogazione, si
proseguirà osservando gli elementi più interessanti emersi
dall’indagine, come ad esempio il ruolo della critica non
professionista in rete e l’influenza delle nuove tecnologie sul
medium fumetto. I siti amatoriali di critica e di informazione, se
ben costruiti, aggiornati e redatti onestamente possono quasi
porsi sullo stesso piano di quelli professionali, perché visibili
grazie al sistema dei link (che in rete potenzialmente crea
circuiti tematici ricchissimi) e possono anzi rappresentare una
voce a volte del tutto indipendente, qualora restino liberi da
vincoli di carattere editoriale ed economico. Il fumetto
tradizionale pare, almeno per ora, non correre il rischio di
venire modificato radicalmente in qualcosa che potrebbe non
essere più un vero e proprio fumetto (ma un flash cartoon, un
videogioco o quant’altro). I nuovi media offriranno opportunità
di sviluppo e potenziamento in nuovi modelli espressivi ai
“vecchi” media, in particolare a quelli dell’editoria classica
(fumetti, libri e giornali), li affiancheranno, ma non li
2
G. Marrone, Leggere a fumetti, SEAM, Roma 1996, pag. 23 in A. Fabiani, Il fumetto, realtà
massmediale e responsabilità educativa, Libreria Cattolica, Prato 1999, pagg. 43 – 44.
Introduzione
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sostituiranno,
3
se non in tempi lunghissimi che oggi è abbastanza
difficile calcolare.
Internet rappresenta quindi un buon posto dove parlare,
discutere, informare, pubblicizzare e criticare fumetti di fronte
ad un pubblico vastissimo, un luogo dove sperimentare soluzioni
che meglio si adattino alla lettura dei comics tramite monitor
(Armadel, in Italia, è l’esempio più lampante in questo senso),
un luogo virtuale (e multiforme) dove gli eroi di carta sembrano
trovarsi a loro agio, pur restando ancora fortemente legati alle
proprie origini.
3
M. Calvo, F. Ciotti, G. Roncaglia, M. A. Zela, Frontiere di rete, Laterza, Roma 2001, pag. 170.
CAPITOLO I
I LINGUAGGI DEL FUMETTO
I.1. Il fumetto, una prima definizione
Che il fumetto non sia semplicemente un genere narrativo
come la fantascienza o il giallo è ormai un dato acquisito dalla
critica,
1
come è ormai risaputo che la stessa definizione italiana
di fumetto, rispetto ad alcuni termini stranieri più calzanti (ad
esempio comic strip o bande desinée, i quali fanno riferimento
entrambi alla striscia disegnata e quindi alla narrazione tramite
sequenze di immagini), paradossalmente pare riduttiva –
indicando, in senso stretto, soltanto la nuvoletta, il balloon, in
cui sono racchiuse le parole dei personaggi– e in alcuni casi
addirittura dispregiativa rispetto a ciò che il fumetto realmente è
e rappresenta. Stando a metà strada tra il cinema (del quale è
praticamente coetaneo) e la letteratura, il fumetto viene spesso
confuso con l’illustrazione accompagnata da dialoghi,
onomatopee e didascalie oppure con la narrazione letteraria
illustrata, dimenticando che nel fumetto disegni e parole non
soltanto coesistono, ma si compenetrano: la parola (il segno),
oltre che a raccontare con dialoghi, pensieri e commenti (spesso
di carattere temporale), è tesa ad esprimere suoni, voci, rumori e
soprattutto si adatta a venire disegnata, mentre d’altro canto il
disegno (l’espressione) non solo illustra, ma agevolmente cede
alla logica della sequenzialità e si fa segno, codice da decifrare,
diventa anch’esso linguaggio vero e proprio e, come tale,
apportatore di significato.
2
1
L. Raffaelli, Il fumetto, Il Saggiatore, Milano 1997, pagg. 9 – 10.
2
D. Moretti, LETTERATURA MARGINALE – Il fumetto di qualità, in TIRATURE: Autori, editori,
pubblico, a cura di Vittorio Spinazzola, Il Saggiatore, Milano 1999, pag. 85.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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Il fumetto, nell’insieme dei suoi differenti elementi, viene
oggi giustamente considerato un modo di raccontare,
un’espressione autonoma e indipendente che può tranquillamente
essere posta sullo stesso piano delle altre arti (spontaneo viene
subito il paragone con il cinema
3
o addirittura è azzardabile una
lettura iconologica
4
di alcune immagini a fumetti, come si fa per
la pittura dei secoli scorsi). Esso viene inoltre considerato
(senza dimenticare però la sua natura di prodotto,
5
anche se
artistico, di massa e quindi di consumo)
6
una forma di
comunicazione del tutto completa, perché somma e sintesi,
ovviamente nei suoi esiti migliori, di differenti mezzi di
espressione messi in campo:
“pittura (ma più precisamente grafica) per il segno, i
chiaroscuri, il colore; fotografia per i punti di vista, i piani, il
taglio; cinematografia per le sequenze e i campi, teatro per i
dialoghi e la letteratura per le didascalie indispensabili”.
7
I.2. Le strutture semantiche più evidenti
Quando apriamo un albo a fumetti e cominciamo a
scorrerne le pagine, compiamo più azioni in una, ci
avventuriamo in quella che potrebbe definirsi una lettura
complessa, a più strati, a più livelli interpretativi, ma che in
realtà risulta essere tale solo teoricamente (quindi sarebbe più
corretto definirla composita piuttosto che complessa), dato che
si tratta di un insieme di processi cognitivi pressoché automatici
nel lettore, acquisiti, dati per scontati e a volte addirittura
completamente introiettati.
3
M. Guerrera, Storia del fumetto: autori e personaggi dalle origini a oggi, Newton Compton,
Roma 1995, pag. 9.
4
D. Moretti, op. cit.
5
L. Raffaelli, op. cit., pag. 18.
6
Nel senso che le tavole originali degli autori di comics possono sì essere esposte, e alcune
certamente non sfigurerebbero, in una galleria d’arte, ma sono e restano pensate per essere
stampate, vendute ad una larga fascia di persone.
7
F. Serra, Lettering e sintonia, in Alter alter, maggio 1979, n.5, in A. Faeti, Dacci questo veleno!,
Emme, Milano 1980, pag. 73.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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Questo perché di fondo dovrebbe esserci un rigore logico
(e tendenzialmente c’è) nella composizione delle tavole a
fumetti, una sorta di semantica del fumetto
8
che permetta una
lettura fluida e facile, sia dal punto di vista dell’articolazione
dei disegni e delle vignette, sia da quello dei commenti scritti
che appaiono nei balloons, nelle didascalie o come forme
onomatopeiche. È perciò del tutto naturale che una pagina a
fumetti, nei Paesi di cultura occidentale (contrariamente a
quanto avviene per i manga giapponesi), venga letta da sinistra
verso destra e dall’alto verso il basso. Constatazione
apparentemente banale, ma che in alcuni casi può senza dubbio
influenzare la disposizione dei personaggi che dialogano
all’interno del ristretto spazio di una vignetta. Una lettura facile
è determinata anche dal taglio e dal ritmo che l’autore vuole
imprimere alla narrazione: non è necessario raccontare tutto (a
meno che non si tratti di una precisa scelta stilistica), non si sta
disegnando su carta tutta la serie di fotogrammi della pellicola
di un film, ma è d’altro canto opportuno (qualora il proprio
intento non sia quello di lanciare messaggi volutamente
incomprensibili o criptici) non procedere a scatti, saltando
incomprensibilmente da una scena-sequenza all'altra. Il fumetto,
data la sua struttura ellittica (derivata anche dalla forzata
staticità dell’illustrazione)
9
procede per “punti salienti”; lo
spazio bianco tra una vignetta e l’altra
10
contiene segmenti di
non narrato che il lettore medio deve poter agevolmente dedurre
senza che la storia sembri avere parti mancanti.
11
Dal punto di vista strettamente grafico e “registico”,
inoltre, la tavola deve apparire ed essere ben costruita, deve
possedere un equilibrio (sia nella distribuzione dei disegni, sia
8
U. Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 1964, pagg. 145 – 151.
9
F. Bonetti, Ipotesi sull’interpretazione del testo a fumetti, in Fucine Mute webmagazine,
http://fucine.com/archivio/fm14/bonetti-text.htm .
10
Tranne nel caso in cui non ci si trovi a rappresentare una sequenza in stile prettamente
cinematografico (come ad esempio il piano sequenza, la dissolvenza, l’assolvenza, etc.) che di
solito nel fumetto occupano più vignette.
11
Una trattazione più ampia di questo aspetto sarà affrontata nel paragrafo I.5. La messa in scena.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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nella gestione delle inquadrature) tale che la renda quasi
dinamica all’occhio del lettore.
12
L’immaginaria telecamera
messa in funzione dall’autore deve essere in grado di cogliere
l’azione che si sta narrando nella sua completezza: i “punti
salienti” di cui sopra non sono altro che, sul versante della
sceneggiatura, i cardini del racconto, e su quello del disegno, la
scelta accurata delle inquadrature, il montaggio attraverso la
giustapposizione di elementi statici.
13
Questo insieme di strutture espressive, di modi stilistici
che possono essere del tutto originali, pur procedendo per
omologazione e diventando a volte veri e propri stilemi
14
o
stereotipi, mette in azione il meccanismo della lettura e
dell’interpretazione dei codici impiegati aprendo inoltre ampi
spazi per ogni sorta di rimando, citazione o rappresentazione
(nelle modalità del fantastico, del realistico, dell’allegorico
etc.) dell’ambito sociale e culturale in cui la storia a fumetti è
stata creata.
I.3. Il disegno
Come si è già accennato, nel fumetto il disegno è parte
integrante del racconto e non una semplice aggiunta decorativa.
La principale differenza quindi tra l’immagine disegnata nel
fumetto e l’immagine disegnata nell’illustrazione propriamente
detta (si pensi ai disegni che accompagnano i racconti nei libri
per ragazzi o alle stesse copertine degli albi a fumetti) sta nel
fatto che la prima narra, mentre la seconda commenta il
narrato.
15
Un’illustrazione può concedersi di essere riccamente
descrittiva, mettendo in campo molti (o anche tutti) gli elementi
del racconto, senza dover sottostare alla stringente logica
12
D. Barbieri, I linguaggi del fumetto, Bompiani, Milano 1991, pagg. 149 – 156.
13
U. Eco, op. cit., pag. 153.
14
U. Eco, op. cit., pag. 155.
15
D. Barbieri, op. cit., pagg. 13 – 19.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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narrativa, come in un grande affresco pieno di simboli che
necessitano di venire interpretati (e la cui chiave interpretativa
risiede nel racconto stesso, nel senso che il racconto, da solo,
può bastare a se stesso, ma al contrario, le immagini prive di
esso non sarebbero in grado di riportarlo in modo del tutto
comprensibile); al fumetto questo non è consentito.
16
Il disegno nel fumetto necessita, in linea generale, di tre
caratteristiche fondamentali (dando per scontata una certa
qualità di base da parte del disegnatore): a) la concisione; b) il
dinamismo; c) uno stile personale ‘standardizzato’.
a) La concisione rende leggibile
17
la vignetta; ciò non vuol dire
che ogni vignetta di un fumetto debba essere forzatamente
scarna nella rappresentazione o priva sempre e comunque di
un qualsiasi tipo di sfondo, ma piuttosto si intende
sottolineare la necessità che gli elementi utili alla
comprensione della storia (o al singolo passaggio che la
vignetta rappresenta)
18
siano messi ben in evidenza, che
spicchino, che siano i fattori che balzano all’occhio (anche
e soprattutto qualora il disegnatore – per puro piacere
personale – non possa fare a meno di riempire lo spazio di
qualsivoglia aggiunta meramente ornamentale o di artifici e
arzigogoli grafici potenzialmente depistanti rispetto al
racconto principale).
b) Del dinamismo qualcosa si è già detto: i personaggi dei
fumetti vivono e si muovono all’interno delle vignette, non
si lasciano semplicemente fotografare mettendosi in posa.
Non essendo in possesso, come il cinema, di quella illusione
di realtà data attraverso il movimento, il fumetto,
16
O lo è in casi del tutto particolari: esistono sì le splash pages – vignette a tutta pagina in cui il
disegnatore può dar libero sfogo alla propria creatività espressiva e descrittiva – ma l’uso che un
autore di comics può farne deve essere estremamente significativo per quello che si sta
raccontando, altrimenti si incorre nel rischio di diventare dispersivi e di perdere in efficacia.
17
A. Castelli, Come si diventa autori di fumetti, allegato al n°7 della rivista Eureka, 1983,
realizzato in File Winhelp da S. Beltramo, 1996, scaricabile dal sito www.fumetti.org, capitolo
riguardante il disegno.
18
Si può trattare di un oggetto, di una particolare azione o movimento, dell’espressione di un
volto, e così via.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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‘inchiodato’ alla carta e all’inchiostro,
19
si serve di altri
espedienti che ben simulano il movimento nelle sue varie
forme: il taglio prospettico (sia degli spazi che delle figure)
e le linee cinetiche.
20
c) Lo stile personale di un disegnatore di storie a fumetti, oltre
a far parte del linguaggio vero e proprio, rappresenta in
senso estetico la ‘calligrafia’ con la quale le sue storie sono
scritte, la sua particolare riduzione immaginaria della realtà
nel mondo fatto di carta. In questo senso il disegno esige
una standardizzazione, del tutto personale: da un lato il
modo in cui si ritrae il mondo (stile realistico o comico,
inchiostratura con contrasti netti di bianchi e neri o con
tratteggi e retinature, etc.) deve essere costante e coerente e
dall’altro ogni possibile variazione di stile o commistione di
più stili differenti deve risultare motivata. Questo si
riallaccia anche al discorso relativo all’equilibrio interno
alla tavola a fumetti: possono esserci vignette fondamentali
e vignette di semplice passaggio, vignette minuscole e
vignette enormi (nelle quali c’è la possibilità di una
descrizione più accurata e minuziosa), ma in ogni caso il
‘livello di stile standard’, la qualità media della resa del
disegno che l’autore imprime al suo lavoro non deve
risentirne. Ciò influirebbe non poco sul ritmo della lettura e
sulla comprensione della storia narrata soprattutto dal punto
di vista dell’occhio del lettore attento, per così dire ‘tarato’
rispetto a una certa gamma di segni e interpretazioni
grafiche più o meno evidenti, abituato ad un certo grado di
somiglianza tra le immagini e, allo stesso tempo, pronto
19
D. Campione, Il linguaggio del fumetto – Un percorso articolato, in C. Moliterni, P. Mellot, M.
Denni, Il fumetto, cent’anni di avventura, Universale Electa/Gallimard, Trieste 1996, pag. 132.
20
Il taglio prospettico evidenzia la vicinanza delle figure disegnate rispetto all’obiettivo da cui si
guarda, mentre le linee cinetiche indicano tendenzialmente (di solito sono linee parallele) la
velocità e la direzione di un oggetto, di un corpo o di un movimento (ma possono anche segnalare
degli stati d’animo, quali la titubanza, lo stupore, la rabbia, etc. e in questo caso sono per lo più
concentriche.)
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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nella sua attività cognitiva a coglierne la differenza durante
lo svolgersi della vicenda che si dipana nel tempo.
21
I.3.1. La linea
Alla base di un qualsiasi disegno, quale unità di misura a
disposizione di ogni disegnatore al fine della propria
interpretazione grafica del mondo, c’è la linea. Essa può avere
tre differenti funzioni nel disegno del fumetto:
1) può rappresentare il corpo dell’oggetto, come nel caso
di un disegno infantile o di un disegno molto stilizzato
(in un fumetto umoristico oppure in una panoramica in
campo lunghissimo in cui un semplice tratto indica un
oggetto molto distante);
2) può rappresentare il contorno dell’oggetto, ed è il caso
più significativo per la costruzione delle figure nei
fumetti (specialmente in quelli in bianco e nero):
infatti, al di là delle scelte stilistiche differenti
nell’utilizzo di linee piatte o modulate, lo spessore di
una linea di contorno può fornire utili indicazioni
riguardo alla vicinanza o alla lontananza di un oggetto,
riguardo alla sua forma ed alla sua consistenza e può
inoltre indicare la collocazione degli oggetti disegnati
su differenti piani, suggerendo una costruzione
prospettica della vignetta, anche senza l’impiego di
linee di fuga;
3) può rappresentare e venire utilizzata come tratteggio o
reticolo, al fine di creare zone chiare e zone scure nel
disegno, spostando quindi a piacimento le luci e le
ombre sulla scena della vignetta.
22
21
M. Massironi, Comunicare per immagini, Il Mulino, Bologna 1989, pag. 243
.
22
D. Barbieri, op. cit., pagg. 19 – 34.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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I.3.2. La prospettiva
La prospettiva rinascimentale, codificata secondo le regole
coniate dagli artisti dell’inizio del XV secolo, è stata e continua
ad essere il modo che la nostra cultura privilegia per la
rappresentazione della profondità. Il fumetto è stato prospettico
fin dalle sue origini
23
ed in esso si possono riscontrare differenti
impieghi che gli autori fanno della prospettiva. In una
rappresentazione che vuole essere realistica, la prospettiva è
senza dubbio un valido aiuto per rendere il più possibile
naturale ai nostri occhi l’illusione di trovarci di fronte ad uno
spazio a tre dimensioni, senza però dimenticare che, qualora sia
necessario, il realismo deve piegarsi a ciò che in sostanza il
fumetto intende produrre, i punti salienti per la comprensione e
la ricostruzione del racconto.
24
Un uso deviante della
prospettiva, una sorta di caricatura o di sfacciata distorsione
delle sue regole basilari può essere altrettanto significativo a
seconda degli effetti visivi
25
che l’autore vuole ottenere.
La prospettiva può rappresentare non solo lo spazio, ma
anche in qualche modo il tempo, nell’ottica in cui racchiudere
azioni differenti in un’unica vignetta suggerisce una sensazione
di contemporaneità nello svolgersi di tali eventi, e nello stesso
tempo si desume che una vignetta non è semplicemente
un’istantanea, ma spesso e volentieri racconta un periodo di
tempo che può essere breve, ma che a volte è prolungato
(variando così da un’immagine all’altra quelli che possono
essere i tempi di lettura, dettati dalla semplicità o dalla
complessità della rappresentazione).
26
23
D. Barbieri, op. cit., pag. 95.
24
D. Barbieri, op. cit., pag. 99.
25
Ad es.: effetti di comicità forniti da volute sproporzioni degli oggetti o degli spazi rappresentati,
di oppressione e pesantezza (riconducibile quasi al cubismo) con scorci deformati e piani
accentuatamente obliqui, di giocosità con la riduzione ad un’interpretazione prospettica quasi
infantile, e così via.
26
D. Barbieri, op. cit., pagg. 105 – 114.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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Quando una rappresentazione prospettica non aggiunge
nulla alla storia, il fumetto, nel suo bisogno continuo di
concisione, la può semplicemente eliminare senza apparire
privato di un qualche essenziale elemento. Ormai è un dato
acquisito in quasi tutte le strisce umoristiche: l’assenza di una
rappresentazione realistica dello spazio sposta l’attenzione sui
personaggi e sui loro dialoghi, ed è questo l’effetto che di solito
un autore comico va cercando.
27
I.3.3 Le inquadrature
L’inquadratura rappresenta una precisa scelta per l’autore
di fumetti: si pone qualcosa di fronte all’attenzione del lettore,
si sottolineano degli elementi, tagliando fuori il resto (o
sottintendendolo, qualora lo si sia precedentemente espresso).
28
Ritraendo quindi personaggi, oggetti e scenari secondo piani e
campi più o meno ravvicinati e considerando l’angolazione da
cui si osserva la scena e l’inclinazione dell’immaginaria
telecamera rispetto all’orizzonte,
29
il disegnatore crea le
sequenze di vignette che daranno corpo al racconto nella sua
totalità e completezza.
Il formato della vignetta (che dipende sia da quanto viene
rappresentato, sia dal rapporto grafico con le altre vignette della
striscia o della tavola) può contribuire a definire un certo tipo di
inquadratura.
30
Sta all’abilità dell’autore sfruttarne o meno le
potenzialità scegliendo il momento più opportuno, della scena in
questione, da bloccare sulla carta,
31
il taglio prospettico migliore
27
D. Barbieri, op. cit., pagg. 118 – 121.
28
D. Barbieri, op. cit., pag. 130.
29
D. Volpi, Il fumetto come linguaggio e i suoi sistemi di segni, in Nuovo dizionario di pedagogia,
a cura di Giuseppe Flores d’Arcais, Edizioni Paoline, Roma 1982, in C. Moliterni, P. Mellot, M.
Denni, Il fumetto…, cit., pagg. 134 – l35.
30
D. Barbieri, op. cit., pag. 133.
31
Specialmente quando il tempo rappresentato è molto breve o addirittura istantaneo ed è soltanto
quel particolare fotogramma, non il precedente e neppure il successivo, quello realmente
significativo, quello che la nostra percezione selettiva capterebbe, qualora ci trovassimo ad
osservare una scena in movimento.
Capitolo I: I linguaggi del fumetto
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ed il punto di vista più adatto
32
al tempo di lettura necessario per
la comprensione della vignetta stessa.
I.4. Il racconto
I codici grafici ed iconici sono gli elementi che per primi
vengono percepiti e riconosciuti nello scorrere le pagine di una
storia a fumetti, ma esistono anche quelli verbali e narrativi.
Prima di venire disegnato, un fumetto viene pensato, progettato
e scritto. In questa fase il fumetto è ancora in embrione, i
personaggi, sia dal punto di vista grafico che da quello della
caratterizzazione, sono ancora degli abbozzi, il racconto è in via
di costruzione: si sta passando da un immaginario pensato ad un
immaginario visto
33
e rappresentato con i disegni che verranno.
Scrivere fumetti vuol dire studiare a fondo i personaggi della
storia, proporre un soggetto possibilmente originale o perlomeno
buono ed in seguito svilupparlo ed elaborarlo attraverso
un’accurata sceneggiatura, che sarà poi la linea guida su cui si
baserà il disegnatore per la sua realizzazione grafica.
Questo processo di scrittura risulta di solito poco noto o
del tutto oscuro ai lettori abituati a trovarsi di fronte al fumetto
come prodotto finito e di per sé infatti non rappresenta un
linguaggio finito, ma piuttosto uno strumento attraverso il quale
gettare le fondamenta del linguaggio fumettistico vero e proprio,
una sorta di impalcatura su cui andranno a poggiarsi le immagini
disegnate.
32
Le inquadrature orizzontali, oblique, i punti di vista oggettivi o soggettivi etc. possono, se dosati
secondo le esigenze della sceneggiatura, imprimere un particolare ritmo alla vicenda.
33
A. Abruzzese, Prefazione a G. Frezza, La scrittura malinconica, La Nuova Italia, Firenze 1987,
pag. XI.