napoleonici, delle arene. Cercare di fare un viaggio attraversando, seppur
sommariamente, i primordiali eventi spettacolari del cinema delle origini.
Cercando le fonti di questo genere di film nel romanzo storico, nel
melodramma, nel teatro d’opera, nella lirica dannunziana, e anche nel circo.
Ed è interessante ricordare le varie Passioni francesi, le pellicole a soggetto
storico di Edison e di Griffith, prima di arrivare a De Mille.
Ma sarà il cinema italiano a dare un contributo fondamentale a questo tipo di
produzioni con varie Messalina e Fabiola, con Spartaco e Cabiria, con
Giulio Cesare e Christus, con Quo Vadis?: i film storici, con i loro intrecci
complessi snodati attraverso il tempo, favoriranno l’affermarsi del
lungometraggio.
La forma del grande spettacolo, non unica e non identica negli anni, è stata
utile per cercare nella macchina cinematografica delle origini quelle
potenzialità tecnico-narrative ancora sommerse, ma che in fretta avrebbero
percorso in evoluzione la storia del cinema.
Negli anni Cinquanta e Sessanta questo tipo di produzione diventa per il
nostro cinema un esempio da seguire; interverranno copiose sul grande
schermo italiano, le varie produzioni di film a sfondo storico o pseudo
storico, per conquistare attraverso la forma spettacolare quel pubblico che
presto sarà attratto dalla Televisione.
È l’apoteosi della visione bulimica. Cercare nello spazio grande, immenso
dello schermo cinematografico, attraverso il colore, il Cinemascope, di
allargare sempre più l’immagine, riempirla di sontuose scenografie, farle
respirare immensi campi lunghi e lunghissimi dove sono disperse migliaia di
comparse, incuranti, a volte ignare, della ricostruzione di una qualche storia,
romana, epica, cristiana, ebraica. Montare queste immagini cercando di dare
ritmo e velocità al racconto e agli anni che passano come fossero istanti e
fermare istanti su cui indugiare alla ricerca di quei sentimenti universalmente
sentiti e banalizzati nel lungo intervallo di un bacio appassionato.
Tante ragioni si accavallano mentre scopriamo i film che in qualche modo
tutti abbiamo visto o rivisto migliaia di volte, spesso trasmessi da quello
stesso mezzo televisivo da cui cercavano di distanziarsi per potenziale
spettacolare ed immaginifico.
Nella saggistica e soprattutto negli articoli della stampa specialistica
dell’epoca, tali produzioni sono bistrattate, a volte neppure degnate di una
qualche considerazione critica, sottolineando come questo spettacolo
cinematografico, pur segnando il passo del pubblico che va a guardarlo, non
colpisce, non interessa, anche solo per partito preso, coloro che di cinema,
seppur ammalato di una forte bulimia della visione spettacolare, dovrebbero
occuparsi.
La forma del kolossal muta, si modifica sempre più acquisendo delle
caratteristiche tipicamente italiane, si adatta ai bassi capitali e alle forme
meno rischiose di produzione. Nasce quello che dai francesi verrà definito il
Peplum. Il cinema scopre un modo immediato e piuttosto semplice di
riempire le sale e le tasche dei produttori. Le sale cinematografiche italiane
più affollate sono quelle che programmano film in peplum. E’ il tempo ormai,
da un lato degli Ercoli, dei Maciste, dei Sansone, e dall’altro dei greci, dei
romani, dei barbari.
«…Lo spettatore recupera, dopo tanto pietoso realismo, il diritto alla
fantasia, dando una dimensione mitica al conflitto Male/Bene che, con
la fine della fase acuta della guerra fredda (nel 1953 ha termine la guerra
di Corea) aveva assunto nella realtà storica aspetti meno tragicamente
radicali».
3
Il viaggio continua. Le immagini cambiano, ci si dimentica di fare troppa
attenzione alle storie: l’attenzione si focalizza altrove.
«… Se in un film racconto la storia di un ragazzo che possiede la madre
e dopo si uccide, la sequenza che descrive quest’azione è una sequenza
drammatica. L’elemento di choc della scena è evidentemente morale.
3
Lino Micciché, Cinema italiano: gli anni ’60 e oltre, ed. Marsilio, Venezia 1995. Cfr. più avanti,
Capitolo I.
Intimamente, non possiamo tollerare che un ragazzo violenti la propria
madre. In questo tipo di scena non è la forza del regista ad esprimersi.
Si può girare la scena con una camera fissa in qualche posto, e seguire i
personaggi con tre o quattro obiettivi per i primi piani, e tutti diranno
che è girata dal più grande regista del mondo. Eppure è una scena che
non richiede nessuna abilità particolare. È molto più facile che girare,
mettiamo, una scena della Kermesse eroica, una grande kermesse in un
villaggio olandese del sedicesimo secolo alla maniera di Rembrandt».
4
Nella televisione il kolossal assume la forma, almeno inizialmente e per
ragioni essenzialmente legate alle carenze tecnologiche, dello sceneggiato.
Facendo riferimento alla definizione di Aldo Grasso, lo sceneggiato è una
rappresentazione televisiva, generalmente a puntate, di un soggetto narrativo
che, nel caso del teleromanzo è tratto da un’opera letteraria, mentre nel caso
dell’originale è inedito.
«…L’apparire del genere coincide con gli inizi della programmazione
televisiva: il primo sceneggiato del palinsesto regolare della RAI,
trasmesso nel 1954, fu Il dottor Antonio, tratto da un romanzo di
Giovanni Ruffini di argomento risorgimentale… Ispirati a criteri
didascalici e divulgativi, i primi sceneggiati palesavano una marcata
matrice teatrale, evidente soprattutto nelle modalità di realizzazione
(scenografia essenziale, prevalenza di interni e montaggio effettuato in
diretta). Al periodo delle messe in scena trasmesse in diretta (1954-59)
seguirono gli sceneggiati realizzati col montaggio a posteriori e proposti
in registrazione».
5
Già negli anni Sessanta si ebbero notevoli cambiamenti, come la scelta di
scenografie più sofisticate, il ricorso ad esterni, le riprese con tecnica
cinematografica. Lo sceneggiato col tempo, con il miglioramento delle
tecniche espressive da parte del mezzo televisivo cerca nuove strade: quella
della estrema elaborazione elettronica e quella della ripresa su pellicola
utilizzando la tecnica cinematografica.
4
Riccardo Freda, Divoratori di celluloide, ed. Formichiere, Milano 1981
5
Aldo Grasso, cit.
«…Più in generale, la produzione di sceneggiati risentì delle
trasformazioni del costume: se fino al allora i contenuti erano
regolamentati dal codice di autocensura, che forniva precise indicazioni
su ciò che era lecito dire o mostrare, negli anni ‘70 apparve il primo
nudo (in Madame Bovary, 1978) e si assistette a una modificazione del
linguaggio e delle tematiche affrontate. In seguito, il tentativo di
conquistare i mercati internazionali, la produzione di sceneggiati ricorse
anche all’appalto di produttori esterni e alle coproduzioni
internazionali, che videro la RAI dapprima partner minoritario degli
inglesi (Mosè, 1974; Gesù di Nazareth, 1977) e poi impegnata in una
coproduzione americana (Marco Polo, 1982). … Con il moltiplicarsi
delle coproduzioni internazionali e delle produzioni seriali
d’importazioni il termine sceneggiato è caduto in disuso, sostituito
impropriamente da Fiction».
6
La televisione macina e ripropone il kolossal a modo suo. Lo sceneggiato è
un prodotto della parola e non dell’immagine: è il risultato semplificatore,
attualizzante delle opere letterarie dell’Ottocento e Novecento. Il
manicheismo, presente nel kolossal cinematografico e in maniera più
evidente nel peplum, nello sceneggiato è enormemente più indirizzato ad una
mera distinzione tra bene e male, in cui i personaggi contribuiscono, con le
loro marcate semplificazioni e distinzioni caratteriali, ad una specifica
volgarizzazione di messaggio coperto dall’uso ridondante ed enfatico delle
parole. Una televisione con intenti pedagogici, educativi, e naturalmente di
intrattenimento, non poteva che assumere queste storie in una forma consona
alle proprie finalità e tecnologie, comunque rincorrendo quel desiderio di
grande spettacolo per un pubblico di massa: grandi opere letterarie di alta
cultura, nella cultura di massa.
Con la fiction le cose sembrano non cambiare molto, ma per cogliere meglio
ogni sfumatura di questo passaggio e renderla visibile si è ricorso al racconto
dell’esperienza del protagonista di quella neonata televisione, e anche di
6
ibidem
quella odierna della grande fiction televisiva: Ettore Bernabei. Attraverso le
sue parole e quelle dei suoi collaboratori, si è cercato di ricostruire quell’idea
che ha alimentato nel corso degli ultimi anni la produzione colossale di una
Bibbia targata Lux Vide.
PARTE I
BULIMIA DELLA VISTA
IL CINEMA
CAPITOLO PRIMO
Le grandi storie al passato
La leggenda cavalca a fianco della storia,
nella luce magica e diffusa di un�aureola; ma
la verit� segue un sentiero solitario�
Quando si voglia portare sullo schermo la
storia, occorre seguire il solitario sentiero
della verit�, che non sempre � comodo� Il
dissidio � sempre lo stesso, e si perpetua nel
caso del film storico: fino a qual punto
l�artista possa, con la propria libert� di
creatore, lasciar spaziare la fantasia, e fin
dove invece debba sottostare al rigore della
verit�.
Cecil Blount De Mille
1.I Dal circo Barnum a Giovanni Pastrone: intenzione di un kolossal
Siamo nel 1889, a Londra.
Teatro Olympia, il grande circo di P.T. Barnum mette in scena Nerone o la
distruzione di Roma, �la pi� stupenda e regale produzione storica di ogni era,
uno spettacolo grandiosamente realistico, classico, romantico, ideato, allestito
e prodotto da Imre Kiralfy, associato col Greatest Show Earth di P.T.
Barnum�.
1
Quest�avvenimento, rievocato in un opuscolo pubblicato a Londra �
presentato dallo stesso Kiralfy, il quale ha la modetia di dichiararsi �parecchio
presuntuoso nel presentare simile spettacolo a Londra, considerata la vera
capitale delle grandi produzioni spettacolari�.
2
1
Imre Kiralfy or the Destruction of Rome, produced at the Olympia with P.T. Barnum�s Greatest
show on Earth. Nassan Steam Press, London W. C., 1889
2
ibidem
Il complesso di costruzioni che il circo Barnum allest� per questa produzione,
si pu� vedere nella parte illustrativa dell�opuscolo.
Come collaboratori della sua creazione il Kiralfy cita alcuni reputati
specialisti, tra cui non mancano gli italiani: il musicista Angelo Venanzi, il
creatore delle decorazioni e dei �parafernali� Rancatti, il direttore dei cori
Beniamini Lombardi, il maestro delle danze Ettore Coppini.
I characters dello spettacolo sono costituiti da Nerone, il tutore Seneca, il
prefetto Burro, la madre Agrippina, accompagnati da vari personaggi, e da
guardie, senatori, patrizi, aurighi, cantanti, musici, cristiani, prigionieri,
domatori, gladiatori, giocolieri, atleti.
Ecco la sceneggiatura dello spettacolo:
Primo quadro: Fuori dalle mura dell�antica Roma.
Preparazione del trionfo di Nerone.
Nerone e i suoi amici in un�orgia.
Conflitto tra la folla e guardie pretoriane.
Secondo quadro: Feste imperiali in Roma.
Scene realistiche di vita di strada.
La folla a Locusta.
Acacia salvata da Julius Vindex.
Processioni religiose e cerimonie.
Grande coro.
Corteo trionfale di Nerone.
La ragazza cristiana Thirra inseguita dalla folla.
Thirra salvata da Spalato.
Spalato disarma una delle guardie, e attenta alla vita di Nerone.
Apparizione di Salinus, fratello di Thirra, e della sua madre
cieca.
I cristiani gettati in pasto alle belve.
Terzo quadro: Il Circo Massimo.
Giuochi olimpici davanti a Nerone.
Corse di Bighe. Lotte di Gladiatori.
Nerone respinto da Thirra per l�ultima volta.
Combattimento tra Spalato e Salinus e sconfitta di Spalato.
Salinus uccide Thirra da lei supplicato.
Salinus gettato nella fossa dei leoni.
Annuncio della rivolta di Gabla e di Vindex. Scene di
agitazione e di panico.
Quarto quadro: Esterno del palazzo di Nerone a mezzanotte.
Riunione dei cospiratori.
Gran coro dei cospiratori.
Atte, favorita di Nerone, scopre la congiura.
Nerone sposa Sabina. Cerimonia nuziale.
Atte soccorsa da Sabina.
Quinto quadro: Interno del palazzo di Nerone.
Stupendo quadro delle orge di Nerone.
Gran Baccanale.
Stupende danze.
Luci dell�incendio di Roma.
Nerone esulta davanti alla distruzione.
Notizie dell�arrivo di Gabla vittorioso.
Martirio dei cristiani.
Morte di Nerone e trionfo di Gabla.
Gloriosa visione dell�alba della cristianit� (con forme
angeliche che salgono e scendono portando al cielo le anime
delle vittime).
Il corteo trionfale di Nerone, nel secondo quadro, comprendeva:
�Rappresentanza dei Galli e loro seguito, processione di preti, vestali, auguri
e cortigiani; principi persiani e seguito; Atte, la schiava favorita di Nerone e
suo seguito, distinto dalle pi� lussuriose evidenze della corruzione
imperiale�
3
.
Nerone o la distruzione di Roma del Circo Barnum, � un vero e proprio
scenario cinematografico, simile e a volte identico a quelli di ogni epoca,
naturalmente con i cambiamenti attrattivi dati dalle nuove tecnologie. Non
mancano la sospensione finale e l�arrivo dei vendicatori, con il martirio dei
cristiani e la cavalcata di Gabla e dei suoi seguaci: ingredienti cinematografici
che furono attribuiti ora all�uno ora all�altro cineasta e che gi� appartengono,
invece, alle pantomime storiche ed equestri circensi, come anche ai romanzi
d�intreccio avventuroso. Sono gi� qui contenuti i rituali episodi dei primi e dei
successivi film storici degli anni cinquanta e sessanta di ambiente romano:
orge e baccanali, con patrizi e schiave riversi presso i riclini pieni di ghirlande
e di vini; e trionfi, corse di bighe, fosse dei leoni, nonch� l�immancabile
incendio, con l�imperatore che recita un poema accompagnato con la lira.
Questa produzione da circo risulta essere la vera antenata del film storico
romano. Nel catalogo dei film Edison 1908 si trova proprio questo titolo:
Nerone e l�incendio di Roma.
Il cinema non ha inventato del nuovo che raramente. Il pi� delle volte ha fatto
proprie altre forme di spettacolo facendone i maggiori motivi di attrazione.
Indubbiamente le fonti di questo genere di film vanno cercate anche nel
romanzo storico, come quello del Sienkiewicz e nel melodramma, nel teatro
d�opera e nella lirica dannunziana, ma forse il gusto delle grandi rievocazioni
storiche e delle sfarzose pantomime equestri, delle parate di armati e di fiere,
venne da un altro genere di spettacolo: quello dei caroselli storici, degli
ippodromi napoleonici, delle arene. Il circo, alle origini, mediante Edison, con
le produzioni storiche di Barnum e le pantomime di Buffalo Bill, � il primo
sostegno drammatico e visivo del �grande� spettacolo cinematografico.
� facile ricordare le varie Passioni francesi, i personaggi tragici
shakespeariani presentati anche dai pionieri della scuola di Brighton, le
3
ibidem
pellicole a soggetto storico di Edison e di Griffith, prima di arrivare a De
Mille. Mario Verdone ricorda come gli italiani erano maestri in questa
produzione con varie Messalina e Fabiola, con Spartaco e Cabiria, con
Giulio Cesare e Christus, con Quo Vadis? e Gli ultimi giorni di Pompei.
Fausto Montesanti, in Originalit� dell�ispirazione e autonomia di linguaggio
nel film storico italiano, ricorda che il primo film italiano a soggetto, uscito
nel 1905, � un film storico: La presa di Roma di Filoteo Alberini. Nasce cos�
quello che verr� definito il �bel canto silenzioso�, un tipo di spettacolo che
attinge la propria vitalit� anche dall�impeto del teatro lirico, da una tradizione
scenica di lunga data, �sentita non tanto come esigenza culturale, quanto
piuttosto come una naturale e quasi automatica derivazione, che ben presto
verr� assimilata dalle esigenze del nuovo mezzo espressivo�.
4
La forza dei
film italiani sta appunto,
�nell�impetuosit� dei sentimenti, nella travolgente drammaticit� delle
vicende, nella stilizzazione iperbolica della recitazione � spesso di pretto
stampo verista � nella grandiosit� delle ricostruzioni scenografiche a
tutto tondo e nella spontanea e colorita vivacit� dell�ambientazione. Non
� un�esperienza colta, quella del nostro cinema in genere e del film
storico italiano in particolare: si tratta piuttosto di un fenomeno di
esuberanza popolaresca, favorito sia dalla generale conoscenza di certe
tradizioni che in Italia sono nell�aria � quella del melodramma,
soprattutto � sia da certe mode, anzi da tutto un clima �il
Dannunzianesimo � avvertito �a orecchio� piuttosto che criticamente
sentito e trasferito sullo schermo.
Sono proprio i film storici, con le loro trame complesse e snodatisi
attraverso il tempo, che contribuiscono in maniera determinante
all�affermarsi del lungometraggio, e insomma al definitivo passaggio del
racconto cinematografico dalla Novella al Romanzo�.
5
Giovanni Pastrone, a suo stesso dire, inserendo dei primi piani e dei dettagli
in certe scene dei suoi film, e in particolare in Cabiria, afferma che nulla di
4
Fausto Montesanti, Originalit� dell�ispirazione e autonomia di linguaggio nel film storico italiano,
in Bianco e Nero, n. 11/12, novembre/dicembre 1969
5
ibidem
simile era stato prima d�allora tentato, n� in Italia n� altrove, per lo meno a
sua conoscenza. Fausto Montesanti intervistandolo e, sono sue parole:
��costringendolo implacabilmente a frugare nei suoi ricordi, per cercare
di ricostruire la genesi del racconto per immagini, riuscii a fargli evocare
certe proiezioni serali che egli era solito tenere alla Itala Film, insieme ai
suoi principali collaboratori, con film �della concorrenza�, come egli
amava ancora definirli. E tuttavia l�unica citazione di film straniero che
riuscii a strappargli fu quella di un film �del regista di Maurice Costello�
(nel cui titolo italiano sembra fosse compresa la parola �sciopero�), nel
corso del quale il protagonista appariva in un piano ravvicinato piuttosto
sfocato, che permetteva tuttavia di analizzare lo stato d�animo del
personaggio�.
6
Pastrone parlava di un�epoca in cui si era visto rifiutare un film perch� un
attore aveva il gomito fuori del quadro: il primo piano era una grossa
avventura, un rischio in pratica senza precedenti. �Nessun altro nome egli mi
fece: quando gli chiesi di Griffith scosse il capo, per nulla convinto. Il regista
di Maurice Costello, e basta. Tutto il resto era farina del suo sacco, frutto di
ricerche e di tentativi personali�.
7
Nel 1912 esce Quo Vadis?; e nei primi del 1914, Cabiria: gli italiani, siano
essi all�oscuro o meno di quanto si viene facendo oltre Oceano piegano il film
ad esigenze strutturali di tutt�altro genere, e prevedendo anzi per primi una
sorta di elefantiasi della narrativa cinematografica, che � una diretta
conseguenza della natura stessa dei fatti narrati, inventano a loro modo il
romanzo a vasto respiro. Evasione fine a se stessa nella mastodontica magia
di un passato favoloso? Monumentale quanto vacuo spettacolo da teatro
dell�Opera?
Sostanzialmente si pu� anche essere d�accordo su tale interpretazione che si
vuole dare convenzionalmente al cinema italiano; ma intanto una certa
concezione del racconto cinematografico disteso e pacato, in funzione di
vicende storiche o a fondo storico, ha cominciato a farsi strada.
6
ibidem
7
ibidem
Ancora in un intervista, questa volta fatta da Mario Verdone, Pastrone
racconta del film e racconta di quel periodo:
�Cabiria fu scritto da me. Ecco il primo soggetto, steso in una pagina. Ed
ecco il secondo, in due pagine. E questo � il terzo, sviluppato in varie
pagine. � Il film si chiamava Il romanzo delle fiamme e si divideva in
alcuni episodi di cui il primo era L�eruzione dell�Etna. Operatore era un
cineasta venuto con L�pine dalla Path�, Segundo de Chomon, un uomo
rovinato dalla moglie e dalla nicotina, che non riusciva a girare la scena
dell�Etna in tre mesi nonostante i ripetuti ultimatum�.
8
Scena che fin� di ultimare poi Pastrone.
�Avevo ideato anche i costumi e le scene, e tenevo alle dipendenze
diciotto disegnatori, prima avevo diretto vari film, tra cui Agnese
Visconti e Padre, con Ermete Zacconi, che cominciava con una trovata
insolita: Zacconi guardava verso l�obbiettivo. Avevo grande facilit�
nello scrivere soggetti e ideai le comiche di Cretinetti. �Dopo Cabiria,
girai Il fuoco, a due personaggi, che fu una reazione al colosso Cabiria.
Poi, stanco, mi presi un periodo di riposo. Volevo ora dedicarmi a una
serie di Maciste, che era stato il vero trionfatore di Cabiria. Al mio
ritorno all�Itala appresi per� che il Di Niso aveva gi� cominciato a
mettere in atto il mio proposito girando 1500 metri. Io avevo cercato, in
precedenza, di dirozzare l�ex scaricatore di porto, mettendogli cappelli,
cravatte e vestiti nuovi. C�erano voluti sei mesi di esercizi per
insegnargli a stringere una mano. Si sarebbe detto che il Di Niso avesse
voluto annullare i risultati che avevo pazientemente ottenuto. E nel film
che aveva iniziato lo riport� al suo tipo originario di facchino. Per
quanto contrariato, non volli buttar via il materiale girato e completai
ugualmente il primo Maciste dove il gigante appare, come lo volevo io,
incivilito, anche se per buona parte del film figurava travestito da
scaricatore, quale in effetti era stato, per andare a compiere una
determinata impresa. Il film usc� addirittura prima di Cabiria, nel 1914, e
fu da questo momento che inizi� la serie dei Maciste, con Maciste
Alpino, continuata fino al 1928 anche da altri registi. Nacquero i primi
8
Mario Verdone, Pastrone, ultimo incontro dell�aprile del 1952, in Bianco e Nero, n.1, gennaio 1961
film atletici con protagonisti giganti generosi come Maciste: Sansonia,
Ajax, Ausonia�.
9
Perch� dunque si punta su un prodotto cinematografico di questo genere,
perch� il cinematografo, in Italia, prima ancora che nel resto del mondo,
prima ancora di Hollywood punta attenzione, energie, idee, muove masse di
comparse, produce scenografie nel tentativo di ricostruire un�antichit�
lontana, mitica e per certi aspetti fantastica, cerca nella storia romana, nella
Bibbia il primo racconto di immagini silenziose ma straordinariamente grandi,
fino arrivare alla nascita, grazie anche a questo genere, del lungometraggio?
Abbiamo avuto modo di esaminare, leggere e prestare attenzione alle forme di
spettacolo che in qualche modo sono diventate antesignane del colossal, del
grande spettacolo storico e cinematografico. Ma quali le ragioni anche sociali
per cui si afferma questo genere in special modo in Italia? Forse, abusando di
una definizione fin troppo usata in questi ultimi anni, nel �lontano� 1914 il
grande cinema muto, diventava mezzo di comunicazione di massa?
In Italia il pubblico abbandona le scenografie tridimensionali del teatro lirico,
delle grandi attrazioni dal vero del circo per immergersi in una sala buia
fumosa e silenziosa, per guardare, assistere, partecipare ad un evento
collettivo, un melodramma senza musica, parole, rumori: Maciste che salva
l�eroina dalle fiamme, l�antica Roma Imperiale e fumettistica in cui riscoprire
valori di unit�, di identificazione e percezione di una Nazione unica, italiana.
Giuseppe Ghigi scrive:
�L�Italia era diventata nazione da pochi anni: con il suo re e la sua
capitale, e con la sua borghesia, �inquieta, invadente, con uno smodato
appetito�, che cercava di dargli anche una cultura unificante. La romanit�
parve la migliore fonte d�ispirazione, tanto che fior� una produzione
letteraria tipo le tragedie di Pietro Cossa su Messalina e Nerone, i
romanzi di Raffaello Giovagnoli su Spartacus, Faustina, ecc. e
soprattutto un libretto d�opera di Arrigo Boito che tent� di fornire anche
9
ibidem