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1. LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO DEL MARE
A testimonianza della corposa evoluzione subita negli anni dal
diritto del mare, citeremo le tappe storiche relative all’affermarsi
dello stesso e successivamente sintetizzeremo per grandi linee i
caratteri principali degli spazi marini. Per lungo tempo, il diritto
marittimo è stato dominato da regole consuetudinarie, solo intorno
al XIX sec. si è avviata un’attività convenzionale che ancora
prosegue al ritmo del progresso tecnologico e della trasformazione
della società internazionale. Notiamo, infatti, come la tecnica dei
trattati si perfezioni col tempo e come le organizzazioni
internazionali si moltiplichino.
Ricordiamo le quattro Convenzioni di Ginevra del 1958 sul diritto
del mare aventi ad oggetto: il mare territoriale e la zona contigua di
vigilanza, l’alto mare, la pesca e conservazione delle risorse
biologiche del mare, la piattaforma continentale.
I problemi lasciati aperti con la Conferenza del ’58, indussero
l’ONU a convocare una nuova Conferenza che si tenne a Ginevra
nel 1960 e che non ebbe esiti del tutto positivi; fu proprio
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l’affermarsi dell’alto mare come patrimonio comune dell’umanità
che rese necessaria la convocazione di una nuova Conferenza.
L’atto finale cioè la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare, è stato firmato a Montego Bay nell’82, “si tratta di uno
strumento unitario che disciplina le differenti aree marine.”
1
2. IL MARE TERRITORIALE
Parte della dottrina si è opposta alla considerazione dello stesso
come territorio statuale sul quale si estende la sovranità dello Stato
costiero; vi sono state diverse manifestazioni di pensiero che hanno
evidenziato una considerazione del mare territoriale non come
oggetto ma come ambito; c’è chi ha riconosciuto allo Stato costiero
un fascio di servitù sul mare territoriale visto con natura giuridica di
mare libero, chi ha visto in esso l’esercizio del diritto di
conservazione dello Stato costiero, o ancora chi lo ha riconosciuto
1
Ronzitti, Diritto Internazionale per Ufficiali della Marina Militare, in Riv.
Marittima, 1996, p. 60.
7
come zona anfibia capace di dividere i caratteri del mare libero e
del territorio statuale.
2
Dopo un maturo esame della questione è stato enunciato il principio
della “irradiazione” della potestà di governo; nel senso che la
sovranità territoriale dello Stato sui mari adiacenti si presenta come
una “irradiazione della sovranità statale entro e rispetto alla terra
ferma.”
3
Si trattava di una tesi che appariva legata agli interessi
politici, economici e sociali delle potenze rivierasche e che
andavano dalla protezione dello Stato in caso di guerra marittima,
alla repressione del contrabbando via mare.
Tutto ciò spiega perché ogni “potenza” potesse determinare,
secondo un criterio di ragionevolezza, l’estensione della sua
sovranità sulle acque costiere, sempre ché tale delimitazione
rispondesse effettivamente agli interessi economici e sociali della
comunità.
Tale tecnica apparve instabile, ecco perché la terza Conferenza
delle Nazioni Unite sul diritto del mare si è preoccupata di
2
Cfr., Quadri, Le navi private nel diritto internazionale, Milano, 1939, p. 50
3
Giuliano-Scovazzi-Treves, Diritto Internazionale-II, Milano, 1983, p.166
8
sistemare la questione disciplinando le zone costiere adiacenti al
mare territoriale con misure più precise e univoche.
L’art. 2 della Convenzione di Montego Bay rileva che “La sovranità
dello Stato si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque
interne a una zona di mare adiacente alle coste denominata mare
territoriale”.
L’ampiezza di tale zona non eccede le 12 miglia dalla linea di base,
essa è sottoposta alla sovranità dello Stato costiero, che lo Stesso
acquista in maniera automatica, la sovranità esercitata sulla costa
implica la sovranità sul mare territoriale.
4
La sovranità dello Stato costiero sul mare territoriale è limitata dal
diritto di passaggio inoffensivo di cui godono le navi di tutti gli
Stati, che siano da guerra o mercantili. Le stesse quando si trovano
nelle acque territoriali di uno Stato straniero, sono sottoposte alla
giurisdizione dello Stato costiero, fermo restando la competenza
dello Stato di bandiera per fatti interni alla nave.
Per passaggio inoffensivo s’intende: ”l’attraversamento del mare
4
Cfr., Conforti, Diritto internazionale, Napoli, 1997, p. 254
9
territoriale effettuato in modo tale da non arrecare pregiudizio alla
pace, al buon ordine, alla sicurezza dello Stato costiero ed in modo
continuo e rapido”
5
(salvo causa di forza maggiore o per prestare
soccorso).
Lo Stato costiero avrà, comunque, la possibilità di emanare norme
che lo regolamentino o potrà sospenderlo temporaneamente per
porzioni specifiche del mare territoriale e solo ove ciò sia essenziale
per la sicurezza dello Stato costiero.
6
Inoltre, lo Stesso potrà
adottare, nel suo mare territoriale, le misure necessarie per impedire
ogni passaggio che non sia inoffensivo; parliamo di quello relativo
a navi straniere che rechino pregiudizio all’ordine dello Stato
costiero esercitando: spionaggio, contrabbando, inquinamento
volontario o minaccia.
7
Altro limite alla sovranità dello Stato è la giurisdizione penale su
nave straniera in passaggio nel mare territoriale, per reati commessi
a bordo della nave durante il passaggio, a meno che non si tratti di
fatti che abbiano ripercussioni sull’ambiente esterno e quindi diretti
5
Treves, Mare (diritto nazionale e internazionale), in Novissimo Digesto,
appendice IV, Utet, Torino, 1983, p. 1155
6
V. Art 25, della Convenzione di Montego Bay.
7
V. Art. 19, della Convenzione di Montego Bay.
10
a turbare la pace o che abbiano l’attitudine a farlo, per esempio, lo
Stato può intervenire per reprimere il traffico di stupefacenti o
trasporto di sostanze inquinanti.
Di conseguenza li dove la nave straniera violi le leggi dello Stato
costiero, lo Stesso gode del diritto d’inseguimento che deve avere
inizio nelle sue acque interne, nel suo mare territoriale o nella zona
contigua e può continuare fino all’alto mare.
3. LA ZONA CONTIGUA
Ai Paesi marittimi è riconosciuto il diritto di istituire zone adiacenti
al mare territoriale destinate alla tutela di specifici interessi.
L’idea si ritrova nel fatto che in una porzione di alto mare contigua
al mare territoriale, lo Stato costiero dovrà conservare alcuni poteri
esclusivi ma limitati.
Tale zona appare come “ zona di transito” la cui funzione è di
attenuare i contrasti tra il regime dell’alto mare e quello del mare
territoriale. La Convenzione di Montego Bay all’art. 33, autorizza
gli Stati ad istituire una zona contigua fino a 24 miglia marine,
11
poiché il mare territoriale può estendersi massimo fino a 12 miglia
dalla linea di base, praticamente la zona contigua copre una fascia
di mare adiacente di ulteriori 12 miglia marine.
Tale estensione è regola di diritto consuetudinario, perché gli Stati
possono istituire zone di tale ampiezza indipendentemente dalla
ratifica della Convenzione di Montego Bay. A differenza di quanto
avviene per le acque territoriali, sulle quali si ha un’estensione
automatica della sovranità dello Stato costiero, ”l’istituzione della
zona contigua è del tutto facoltativa ed allo scopo è necessaria una
formale proclamazione dello Stato costiero”.
8
La stessa Convenzione citata stabilisce all’art. 33 che nella zona
contigua lo Stato costiero può esercitare un controllo al fine di
prevenire o reprimere le violazioni delle leggi fiscali, doganali,
d’immigrazione avvenute sul suo territorio o nel suo mare
territoriale. I poteri che lo Stesso esercita, costituiscono un
completamento di quelli esercitabili nel mare territoriale, onde
proteggere alcuni interessi per i quali l’estensione dello stesso si
8
Ronzitti, op. cit., p. 246. In Italia l’estensione del mare territoriale è di 12
miglia ed ha assorbito la zona contigua. Il perché non sia stata istituita una
zona contigua di 24 miglia deriva dalla paura di innescare un processo analogo
12
riveli insufficiente; certamente lo Stato non potrà limitarsi ad
esercitare misure di polizia preventive poiché quest’ultima non è
fine a se stessa.
E’ importante segnalare come più testi specifichino che la distanza
dalla costa del luogo in cui avviene la repressione, abbia poco
significato poiché può anche superare le 24 miglia. Fondamentale è
l’esistenza di un effettivo contatto fra la nave e la costa dello Stato;
possiamo indicare a scopo esemplificativo il trasbordo delle merci
di contrabbando della nave, destinate ad essere sbarcate nello Stato
costiero.
9
4. LA PIATTAFORMA CONTINENTALE
La fine della seconda guerra mondiale segnò l’inizio
dell’accaparramento delle risorse marine e ciò spinse gli Stati
costieri ad estendere il proprio controllo oltre il mare territoriale e le
zone adiacenti lo stesso.
in altri Stati costieri del Mediterraneo con possibile pregiudizio alla libertà di
navigazione.
9
Cfr., Conforti, op. cit., p. 256
13
Ciò ha portato all’accettazione della dottrina della piattaforma
continentale proclamata per la prima volta dal presidente americano
Truman nel 1945, il quale considerava utile esercitare la
giurisdizione sulle risorse naturali del sottosuolo e del letto marino
compresi nella piattaforma continentale.
10
Alla piattaforma continentale è dedicata la Convenzione di Ginevra
del 1958 che riproduce il diritto consuetudinario in materia e le cui
norme sono state rifuse nella VI parte della Convenzione di
Montego Bay, a conferma del fatto che l’istituzione della stessa è
un dato fondamentale del nuovo assetto del diritto internazionale
del mare. La piattaforma continentale è intesa come una parte di
suolo marino che costituisce il naturale prolungamento della terra
emersa e si mantiene ad una profondità costante (circa 200 metri)
per poi precipitare negli abissi.
11
In tale zona i diritti dello Stato costiero sono esclusivi, nel senso
che nessuno può svolgere attività di esplorazione o sfruttamento
senza autorizzazione dello Stato costiero ed automatici perché non
10
Cfr., Giuliano- Scovazzi- Treves, op.cit., p. 180
11
V. Conforti, op. cit., p. 263
14
dipendono da una espressa proclamazione né dal suo effettivo
esercizio.
Tutto ciò non pregiudica lo status giuridico delle acque sovrastanti
la piattaforma continentale che rimangono assoggettate al regime
dell’alto mare e quindi liberamente navigabili dai vari Stati, a
condizione che tali attività non pregiudichino l’opera dello Stato
costiero volta allo sfruttamento delle risorse della piattaforma.
Tutti gli Stati possono posare cavi e condotte sottomarini e lo Stato
costiero non può intralciare la loro posa o manutenzione, anche se
la Convenzione riconosce che il tracciato delle condotte posate
debba essere autorizzato dallo Stato costiero.
La Convenzione dell’82 prevede che nell’ipotesi in cui la
piattaforma continentale si estenda oltre 200 miglia, lo Stato
costiero mantenga i propri diritti fino al c.d. margine continentale,
purchè non venga superato il limite massimo di 350 miglia dalla
linea di base. In tale caso lo Stato costiero dovrà versare
all’Autorità dei fondi marini, dei contributi in denaro o natura
15
commisurati al valore delle quantità delle risorse estratte in tale
fascia di mare.
12
5. LA ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA
Si tratta di un istituto introdotto dalla Convenzione delle Nazioni
Unite sul diritto del mare dell’82. Costituisce il logico sviluppo
delle pretese avanzate dagli Stati costieri in relazione a zone di
pesca esclusive nei mari adiacenti alle acque territoriali.
Alcune “potenze” si sono battute a favore di una concezione che
vedesse assimilabile tale zona al mare territoriale, altre invece
affinché si riconoscesse nella stessa la natura di alto mare.
Comunque, la definizione accolta dall’art. 55 della Convenzione sul
diritto del mare del 1982, secondo il quale si tratta di uno spazio al
di là del mare territoriale e adiacente allo stesso, evidenzia la natura
sui generis della zona economica esclusiva assoggettata a regime
12
Cfr., art. 82 della Convenzione di Montego Bay.
16
particolare perché non assimilabile né all’alto mare né al mare
territoriale.
13
Essa si estende fino a 200 miglia calcolate a partire dalla linea di
base del mare territoriale, inoltre la sua istituzione dipende da un
atto di volontà dello Stato costiero, dunque non si tratta di un
attributo necessario ma va proclamato.
Numerosi Paesi hanno già provveduto ad istituirla con apposite
leggi senza incontrare opposizioni; sicché siamo ormai di fronte ad
un istituto di diritto consuetudinario.
14
I diritti di cui gode lo Stato nella zona economica esclusiva sono
meno intensi rispetto a quelli di cui gode nel mare territoriale; “i
suoi sono diritti sovrani sia ai fini dell’esplorazione, dello
sfruttamento, della conservazione e della gestione di risorse naturali
biologiche e non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti
il fondo del mare, sul fondo del mare e relativo sottosuolo, sia ai
fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento
13
Cfr. , De Guttry, Lo status della nave da guerra in tempo di pace, Milano,
1994, pp. 238 ss.
14
Cfr., Ronzitti, op. cit., p. 97. L’Italia non ha provveduto ad istituire una
propria zona economica esclusiva perché essendo il Mediterraneo un mare
semichiuso, si creerebbero problemi di delimitazione con conseguente
17
economico della zona, quali la produzione di energia derivata
dall’acqua, dalle correnti e dai venti; giurisdizione in materia di
installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture,
ricerca scientifica marina, protezione e preservazione dell’ambiente
marino.”
15
In tale zona, lo Stato costiero gode di poteri di polizia connessi alla
realizzazione dei suoi diritti; potrà prendere, dunque, misure
relative alla visita e alla cattura di navi straniere che abbiano violato
le sue leggi , o adottarne alcune dirette a prevenire l’inquinamento
derivante da navi, purché conformi a standards internazionali.
Tutto ciò di cui abbiamo parlato non è basato né sulla libertà di tutti
gli Stati né sulla sovranità dello Stato costiero, i diritti riconosciuti
ad entrambi sono funzionali perché consentono le attività
indispensabili rispettivamente allo sfruttamento delle risorse, ai
traffici marittimi ed aerei.
Dunque, in conformità a ciò sopra precisato, gli altri Paesi potranno
scomparsa di spazi di alto mare e notevoli problemi per la navigazione
marittima.
15
Art. 56, della Convenzione di Montego Bay.
18
godere di alcune libertà connesse al regime dell’alto mare quali:
libertà di navigazione, sorvolo, posa cavi e condotte sottomarine.
Più testi specificano che la larghezza della zona economica
esclusiva e quella della piattaforma continentale, almeno entro il
limite delle 200 miglia, coincidono; oltre tale limite può estendersi
solo la piattaforma continentale (fino ad una distanza massima di
350 miglia).
16
Tra l’altro i diritti esercitati dallo Stato sono pressocché identici, o
meglio quelli della zona economica esclusiva hanno assorbito quelli
della piattaforma continentale, infatti, quest’ultimo istituto si è
affermato in relazione alla possibilità di sfruttare le risorse naturali,
(minerali e non) invece il primo in merito alla creazione di una
zona di pesca esclusiva. Per tale motivo i diritti esercitabili dallo
Stato nella zona economica esclusiva, oltre a ricomprendere lo
sfruttamento delle risorse naturali, si estendono anche a quelle
biologiche e no.
16
V. Ronzitti, op. cit., pag. 88; V. anche Conforti, op. cit., p. 268