6
Il Pretore di Bologna ha posto la questione di legittimità costituzionale dell'art.
844 c.c. sostenendo fondamentalmente che tale norma può essere diretta a
tutelare anche la salute e, pertanto, concedere la legittimazione ad agire al solo
soggetto proprietario è causa di discriminazione ingiusta. La Corte Costituzionale
ha dichiarato infondata la questione, sostenendo che l'art. 844 c.c. è destinato a
risolvere problemi di conflitti tra usi incompatibili di fondi vicini; l'ordinanza del
Pretore si è comunque rivelata importante poiché ha ispirato numerose sentenze
successive, soprattutto a partire dagli anni '80 da parte di quella che è stata
definita la "giurisprudenza alternativa".
I primi progetti di Riforma Sanitaria e la riforma stessa sono stati importanti
per quel cambiamento di mentalità che ha portato a considerare la salute umana
anche in chiave privatistica tramite il riconoscimento di un vero e proprio diritto alla
salute soggettivo ed assoluto.
La crescita di situazioni di degrado ambientale ha posto sempre più in rilievo
la problematica delle immissioni. La Corte di Cassazione nel 1979 ha stabilito
l'esistenza di un "diritto all'ambiente salubre" dapprima collegato alla titolarità di un
diritto reale e, in seguito, legato alla presenza di un collegamento stabile con il
territorio. Per la tutela di questo diritto, però, vi sono molti problemi che riguardano
principalmente la legittimazione ad agire per gli interessi diffusi. Sull'applicazione
per questi casi dell'art. 844 c.c. vi sono contrasti in dottrina ed in giurisprudenza,
soprattutto per il fatto che tale norma non ha carattere preventivo.
Questo lavoro è stato suddiviso in quattro capitoli.
Nel primo capitolo si passa da una veloce disamina degli aspetti economici
legati al fenomeno delle esternalità e quindi delle immissioni soprattutto per quello
che riguarda i problemi ambientali per poi giungere all'analisi della disciplina
codicistica odierna. La norma attuale è descritta molto dettagliatamente facendo
particolare attenzione alle influenze esercitate su di essa dal diritto romano, dalle
codificazioni liberali dell'800, dalle teorie di Jhering e di Bonfante e senza
trascurare i dibattiti recenti in dottrina ed in giurisprudenza.
Il secondo capitolo prevede una analisi delle varie forme di tutela dalle
immissioni che sono concesse al singolo individuo da parte del diritto privato. Oltre
7
ad un'analisi più approfondita della tutela offerta dall'art. 844 c.c., vi è anche una
disamina dell'azione di risarcimento danni da fatto illecito, dell'azione di
manutenzione, delle azioni di nunciazione e soprattutto delle caratteristiche del
provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. che può rivelarsi estremamente utile in
caso di immissioni dannose alla salute poiché svolge una efficace funzione
preventiva. Per far comprendere meglio l'utilità di questa norma vi è anche un
esempio pratico di una sua applicazione ad una fattispecie concreta di immissioni
dannose alla salute.
Il terzo capitolo riguarda il diritto alla salute. Dopo una disamina del ruolo di
questo diritto nell'evoluzione dell'ordinamento giuridico nel nostro secolo, si passa
ad analizzare la già citata ordinanza del Pretore di Bologna e la relativa sentenza
della Corte Costituzionale. Si analizzano anche le due principali correnti di
pensiero: quella che vede il diritto alla salute come diritto soggettivo assoluto che
si divide a sua volta in due ulteriori filoni a seconda che si ritenga applicabile l'art.
844 c.c. a supporto dell'art. 32 Cost. (la cosiddetta "giurisprudenza alternativa")
oppure no (la cosiddetta "giurisprudenza tradizionale"). La seconda corrente vede
la salute come interesse diffuso e lo collega alla necessità di mantenere un
ambiente salubre. Anche in questa corrente ci sono vari filoni di pensiero a
seconda di chi ritiene direttamente applicabile l'art. 844 c.c. oppure di chi ritiene
applicabile solamente le norme di diritto pubblico espressamente previste. Questi
ultimi rilevano come l'art. 844 c.c. sia nato esclusivamente per disciplinare le
cosiddette "immissioni provenienti dalla canna fumaria del vicino" ed in seguito
un'interpretazione forzata volta a colmare le lacune dell'ordinamento ha voluto
estendere l'àmbito di applicazione anche ai più rilevanti problemi
dell'inquinamento. Il capitolo si conclude con l'osservazione delle problematiche
relative alla tutela giurisdizionale degli interessi diffusi nel nostro ordinamento che
prevede esclusivamente forme di tutela individuale e si analizza l'interessante
esperienza statunitense delle class action che è la più evoluta tra le esperienze
straniere.
Il quarto capitolo riguarda i problemi relativi alla liquidazione del danno alla
salute. Questo discorso si intreccia con quello riguardante l'evoluzione della
8
mentalità sul ruolo dell'art. 32 Cost. nel nostro ordinamento. Da un sistema
tradizionale (cosiddetto "sistema tabellare") in cui l'uomo veniva considerato
solamente come fattore produttivo e pertanto la lesione della salute veniva vista
esclusivamente come perdita di reddito, si è passati lentamente ad una
concezione in cui anche il "danno biologico" (il danno causato all'uomo in quanto
tale) va risarcito. Questo passaggio è stato reso possibile tramite alcune
coraggiose pronuncie degli organi giudiziari genovesi che hanno dato vita alla
cosiddetta "giurisprudenza innovativa" che ha influenzato molte altre sentenze
successive.
Il problema più rilevante per il risarcimento del danno alla salute è il suo
inquadramento tra le fattispecie previste dal nostro ordinamento. Per gran parte
della dottrina, infatti, l'art. 2043 c.c. è volto ad assicurare il risarcimento dei danni
patrimoniali e quindi si rivela inidoneo a risarcire il danno biologico.
Sull'art. 2059 c.c. ci sono due filoni di pensiero; il primo considera tale norma
come relativa a tutti i danni che non hanno il requisito della patrimonialità (perciò
anche il danno biologico), però in tal caso la risarcibilità di tali danni è subordinata
all'esistenza di un fatto classificabile come reato dal Codice Penale. Il secondo
considera l'art. 2059 c.c. in maniera restrittiva come riguardante i soli danni morali
puri (patemi d'animo, sofferenze ecc...) e perciò inserisce il danno biologico tra i
danni previsti dall'art. 2043 c.c. oppure in una terza categoria di danno chiamato
extrapatrimoniale. Il capitolo si conclude con una disamina di alcune questioni di
costituzionalità degli artt. 2043 e 2059 c.c. che sembravano risolte con
l'affermazione da parte della Corte Costituzionale della necessità di una rilettura in
chiave costituzionale di tutte le norme del Codice Civile e, pertanto, con la
risarcibilità del danno biologico tramite l'art. 2043 c.c. Recentemente una nuova
ordinanza da parte del Tribunale di Firenze ha riaperto il problema sollevando
nuovamente la questione di costituzionalità delle due norme e la relativa pronuncia
della Corte Costituzionale è apparsa poco chiara ed insoddisfacente. Questo
esame si è reso necessario poiché si è potuto osservare indirettamente (cioè
tramite situazioni che non riguardano esplicitamente le immissioni) l'evoluzione
della giurisprudenza di legittimità sul risarcimento del danno alla salute e si è
9
potuta analizzare parallelamente la corrispondente evoluzione nel caso di
fattispecie immissive.
Al fine di rendere più completa la trattazione e permettere una visione globale
del problema, relativamente ad alcuni argomenti è stata fatta anche un'analisi
degli aspetti economici della questione, senza approfondire troppo questo
angolazione del discorso poiché finalità principale di questo lavoro è l'analisi delle
regole dottrinali e giurisprudenziali dell'aspetto privatistico del tema. Lo stesso
discorso può essere fatto per la normativa di diritto pubblico; le leggi relative
all'inquinamento sono state per lo più affrontate solamente nel loro rapporto con la
normativa privatistica senza addentrarci con particolare attenzione nelle peculiarità
delle singole norme.
Sempre al fine di migliorare la completezza della trattazione, su molti temi
sono riportate le varie teorie contrastanti espresse dalla dottrina e dalla
giurisprudenza analizzandone pregi, difetti e le varie critiche.
Per ciò che riguarda la giurisprudenza, essa riguarda gli anni '70, '80, '90
poiché sono gli anni in cui si è avuta la svolta più rilevante in materia porgendo
maggior attenzione alle sentenze-chiave che hanno determinato l'inizio di nuovi
filoni di pensiero mentre riguardo alla dottrina, per ogni argomento non è stata
trascurata un'analisi storica del pensiero e della disciplina nel corso del nostro
secolo (per il diritto alla salute) e a partire dal diritto romano (per le immissioni).
10
CAPITOLO I
LE IMMISSIONI
1. Cenni sull'analisi economica del problema
Prima di effettuare l'analisi giuridica del problema delle immissioni facciamo
alcuni cenni su questo problema dal punto di vista economico.
1.1 Definizione e origine delle esternalità
L'esternalità è una delle fonti di inefficienza che non permette il
raggiungimento di un ottimo paretiano, cioè di quel punto di ottimo da cui non ci si
può allontanare senza scontentare nessuno. Essa si ha quando le attività di
produzione e di consumo causano benefici (esternalità positiva) o costi (esternalità
negativa) che vanno ad incidere su soggetti diversi da quelli che li hanno originati.
Le interdipendenze tra soggetti possono essere specifiche o generiche. Le
esternalità, quindi, sono interdipendenze specifiche e si hanno quando nella
funzione di produzione o di utilità di un soggetto economico compaiono variabili
reali determinate da scelte effettuate da altri soggetti. Questi ultimi, nell'effettuare
tali scelte, non tengono conto delle ripercussioni su altri soggetti. (
1
)
Perché si abbiano delle esternalità occorre che tali interdipendenze abbiano
rilevanza economica e che non vengano regolate attraverso il sistema di mercato;
occorre cioè che esse non vengano riflesse nel sistema dei prezzi che origina dalle
contrattazioni che hanno luogo nel mercato. Pigou individua la presenza di
esternalità negative dalla differenza tra costo marginale sociale e costo marginale
privato e da tale divergenza fa derivare la giustificazione dell'intervento pubblico.
(
2
) Le imprese, infatti, tendono a trascurare i "costi non economici" e quindi
(
1
) G. Panella, Dispense di economia pubblica, Genova, 1992, pag. 4; A. Fossati, Economia
pubblica, Milano, 1993, pag. 100.
(
2
) G. Panella, op. cit., pag. 4; G. Rocca, Un'interpretazione geo-economica dei processi di
terziarizzazione avanzata, Genova, 1992, pagg. 77-80;A. Fossati, op. cit., pagg. 107-111.
11
producono una quantità di beni superiore a quella che consentirebbe l'efficienza
economica. (
3
)
Le esternalità riguardano quelle risorse che, non essendo oggetto di
appropriazione, sono sottoposte ad uno sfruttamento irrazionale per il fatto che
non si è tenuti a pagare alcunché per il loro sfruttamento (
4
); inoltre riguardano
anche quelle risorse per cui i diritti di proprietà sono difficili da definire o per cui un
loro trasferimento comporterebbe un costo eccessivo. In questi casi viene meno la
possibilità di stipulare contratti e, pertanto, di trasferirle; esse vengono utilizzate
senza sopportare dei costi. Questi ultimi, poiché ricadono comunque sulla società,
costituiscono degli effetti esterni. (
5
)
Le esternalità, quindi, derivano dal problema della non completa separabilità
dei diritti proprietari e quindi dal problema della non perfetta definizione dei limiti
dei diritti di proprietà. (
6
) L'attribuzione dei diritti di proprietà permetterebbe, quindi,
di far sparire le esternalità, ma ciò non sempre è possibile per i motivi appena visti.
(
7
)
Questo problema riguarda, quindi, i beni pubblici e cioè quei beni il cui
consumo non è rivale e cioè la cui fruizione da parte di un individuo non preclude
la medesima da parte di altri. In queste condizioni, laddove tutti gli individui godono
dei benefici derivanti dal bene, nessuno se ne accolla gli oneri e quindi risulta
possibile un comportamento di free rider che consiste nell'utilizzazione libera delle
risorse collettive, come ad esempio l'ambiente, senza dover pagare alcunché, ma
facendo gravare il relativo onere su terze persone oppure su tutta la collettività. (
8
)
(
3
) P. Bologna 18.05.72 in "Giur. it.", 1973, I, II, 808; F. Nappi, Le regole proprietarie e la teoria
delle immissioni, Napoli, 1986, pag. 9.
(
4
) F. Nappi, op. cit., pag. 25.
(
5
) G. Panella, op. cit., pagg.18, 19.
(
6
) U. Mattei, voce "Immissioni", in "Digesto delle discipline privatistiche (sezione civile) vol.
IX", Torino, 1993, pag. 314.
(
7
) G. Panella, op. cit., pag. 19.
(
8
) U. Mattei, op. cit., pag. 314; G. Alpa-M. Bessone, Atipicità dell'illecito, parte seconda:
orientamenti della giurisprudenza, vol. 2, Milano, 1982, pag. 89.
12
1.2 Metodi per la riduzione delle esternalità
Il raggiungimento dell'efficienza allocativa, comunque, non richiede la
completa eliminazione delle esternalità ma solo di parte di esse. La riduzione delle
esternalità va effettuata solo quando da essa si ritrae un beneficio netto e cioè
quando il costo di tale riduzione è minore del relativo beneficio. Per raggiungere
tale scopo vi sono vari approcci:
- approccio volontaristico;
- approccio pigouviano;
- approccio di natura amministrativa.
L'esempio più rilevante di internalizzazione volontaria delle esternalità si ha
con la definizione e l'attribuzione dei diritti di proprietà. Questo approccio fa
riferimento al modello teorico elaborato da Coase secondo cui in presenza di
informazione completa da parte dei soggetti economici e in assenza di costi di
transazione (costi riguardanti la negoziazione e la stipulazione dei contratti), le
esternalità possono essere corrette per mezzo del sistema di mercato. Sotto
queste ipotesi la determinazione del punto di equilibrio che risulta dalla
contrattazione fra le parti sarà indipendente dall'assegnazione iniziale dei diritti di
proprietà e sarà efficiente in senso paretiano.
L'approccio pigouviano prevede l'utilizzo di imposte e di sussidi in modo da
indurre i soggetti economici che sono all'origine delle esternalità di tenerne conto
nell'ambito del proprio processo di presa delle decisioni. Determinando
l'ammontare dell'imposta o del sussidio in base al costo marginale esterno
riguardante il livello di produzione efficiente, i soggetti produrranno la quantità
efficiente, poiché se essi producessero una quantità maggiore dovrebbero pagare
un'imposta superiore al ricavo marginale, oppure dovrebbero rinunciare ad un
ammontare di sussidio superiore a tale ricavo. (
9
)
Col metodo delle imposte, inoltre, i beni prodotti con processi inquinanti
diventerebbero più costosi visto che si addebiterebbe il costo sociale del danno sul
(
9
) G. Panella, op. cit., pagg. 21-33; A. Fossati, op. cit., pagg. 105-116. La l. 10.05.76 n° 319
(l. Merli) si ispira al metodo delle imposte, infatti si ha una regolamentazione degli scarichi e coloro
che inquinano le acque devono pagare una somma proporzionale alla quantità e alla qualità di
acqua scaricata per finanziare i servizi di depurazione.
13
prezzo e quindi sul consumatore; questo causerebbe una diminuzione della
domanda di tali beni e quindi una diminuzione dell'inquinamento complessivo. Il
metodo del sussidio, invece, non è applicabile, poiché è vietato a livello
comunitario per il noto principio dell'inquinatore-pagatore. (
10
)
L'approccio di natura amministrativa, invece, consiste nell'imporre dei vincoli
legali o regolamentari ai comportamenti dei soggetti che causano le esternalità
impedendo ai soggetti di produrre oltre una certa quantità di beni. (
11
)
Le immissioni industriali sono un tipo particolare di esternalità negative in cui
un solo individuo gode dei benefici lasciando sopportare alla collettività dei
consociati i costi della propria azione. Lo scopo delle regole giuridiche in materia di
immissioni è di creare condizioni il più possibile simili a quelle assunte nell'analisi
della separabilità piena o perfetta definizione dei diritti di proprietà, garantendo
cioè una sufficiente demarcazione delle sfere proprietarie e garantendo
l'internalizzazione degli effetti esterni. (
12
) Si è rilevato, però, che l'internalizzazione
delle esternalità non consente un'effettiva tutela delle risorse naturali, poiché ci
possono essere soggetti molto solidi dal punto di vista economico che possono
sopportare il costo relativo senza diminuire la produzione e l'inquinamento. (
13
)
Alcuni sostengono anche che permettere ad alcuni soggetti di inquinare contro il
pagamento di un'imposta è poco corretto dal punto di vista dell'eguaglianza
sociale, infatti soltanto le grandi industrie possono pagare e continuare a produrre
riversando sostanze tossiche nell'ambiente mentre le industrie più piccole non
sono in grado di sostenere il relativo onere economico. (
14
)
2. Modelli teorici di disciplina delle immissioni
Il diritto si è sempre preoccupato di trovare un temperamento tra l'esigenza di
tutelare la libertà del fondo da influenze esterne e l'esigenza di consentire al vicino
(
10
) G. Rocca, op. cit., pagg. 79, 80; A. Procida Mirabelli di Lauro, Immissioni e "rapporto
proprietario", Napoli, 1984, pag. 139.
(
11
) G. Panella, op. cit., pag. 33; A. Fossati, op. cit., pagg. 111-116.
(
12
) U. Mattei, op. cit., pag. 314.
(
13
) C. Salvi, Immissioni, ecologia, norme costituzionali in "Giur. it.", 1973, I, II, coll. 810, 811.
(
14
) A. Hoppe, Una visione satirica dell'analisi economica del diritto. Il diritto di rubare, in G.
Branca-G. Alpa, Istituzioni di diritto privato, Bologna, 1992, pagg. 587, 588 molto ironicamente arriva
per assurdo alla conclusione che in un futuro prossimo ci possano essere imposte relative ad ogni
tipo di crimine in modo da controllare e disciplinare la violenza, per cui i "ricchi" potranno
14
l'esercizio normale della sua proprietà. (
15
) La complessità del problema è
connessa alla difficoltà di rinvenire un criterio generale di soluzione del conflitto tra
forme di utilizzazione reciprocamente incompatibili di proprietà vicine ed entrambe
egualmente libere.
La questione nasce dal fatto l'immissione è illecita poiché viola l'esclusività
della proprietà, mentre il potere di escluderla incide sull'assolutezza del potere di
godimento da parte dell'immittente. (
16
)
Dal punto di vista teorico sono possibili tre modelli alternativi di soluzione del
problema. Il primo consiste nel separare fisicamente le sfere dei diversi proprietari
per poi garantire a ciascuna proprietà l'incolumità piena nei confronti di qualsiasi
turbativa. Esso corrisponde alla concezione della proprietà assoluta risalente al
diritto romano e che fu ripresa dal Code Napoléon.
Il secondo modello consiste nel prender atto dell'impossibilità di una tale
separazione fisica completa e cerca di creare degli strumenti giuridici volti a
disciplinare i disturbi reciproci che derivano dall'uso incompatibile delle proprietà.
In questo modello le immissioni sono la regola e l'ordinamento deve supervedere
sulla loro ragionevolezza. Esso corrisponde al modello applicato nel Common
Law.
In una via intermedia tra questi modelli si inseriscono le esperienze giuridiche
dell'ordinamento tedesco, italiano e svizzero che hanno recepito la teoria di
Jhering. In questo modello, le immissioni sono collocate all'interno della
problematica proprietaria, ma il problema creato dalla concezione assoluta della
proprietà sia dal lato attivo sia da quello passivo è superato vietando soltanto le
immissioni che superano un certo grado di tollerabilità. L'inquadramento
nell'ambito della materia proprietaria fa sì che dal principio in materia di immissioni
non possa essere dedotta una disciplina più generale in materia di confini tra sfere
di azione individuali. In tal modo la disciplina in esame riguarda solo gli aspetti
abbandonarsi a qualsiasi tipo di violenza, mentre ai "poveri" questo non sarà concesso.
(
15
) R. Albano, voce "Immissioni (diritto civile)", in "Novissimo Digesto italiano vol. VIII",
Torino, 1962, pag. 187.
(
16
) C. Salvi, Le immissioni industriali - Rapporti di vicinato e tutela dell'ambiente, Milano,
1979, pagg. 14-64.
15
patrimoniali dei rapporti tra i fondi. (
17
) Vedremo meglio in seguito come dottrina e
giurisprudenza abbiano pareri discordanti su quest'ultimo punto, infatti per ciò che
riguarda la tutela di un diritto non patrimoniale come il diritto alla salute, alcuni
ritengono applicabile la norma sulle immissioni, mentre altri no.
3. Cenni storici sulla disciplina delle immissioni
Per comprendere meglio la ratio della disciplina attuale delle immissioni è
importante analizzare le norme e le teorie preesistenti e quindi cercare di capire
l'influenza che queste hanno avuto nel nostro ordinamento.
3.1 Le immissioni nel diritto romano
Possiamo definire il concetto di proprietà nel diritto romano come la signoria
più generale sulla cosa. Essa era il diritto reale che assicurava al proprietario i più
ampi poteri di disposizione sulla cosa entro i limiti posti dalla legge.
Il diritto di proprietà, però, non aveva un contenuto illimitato: esso poteva da
un lato essere sottoposto a restrizioni dal diritto oggettivo per la tutela di un
interesse pubblico o privato e dall'altro lato poteva essere limitato da concorrenti
diritti privati, sia che la cosa appartenesse in comune a più persone, sia che un
terzo avesse sulla cosa stessa un dato diritto. Le limitazioni dal diritto oggettivo per
la tutela di un interesse privato riguardavano i rapporti di vicinanza fondiaria (ad
esempio confini dei fondi rustici, alberi posti sul confine dei fondi). (
18
)
Dalla casistica delle decisioni giurisprudenziali e nell'ambito dell'attività delle
cancellerie imperiali è possibile rinvenire che i giuristi classici di Roma
dichiaravano sussistere una immissione quando si poneva in essere qualunque
forma di attività che costituisse ingerenza e invasione nell'altrui sfera giuridica.
(
17
) U. Mattei, op. cit., pagg. 312, 313; C. Salvi, Imm. ec. ..., cit, col. 801.
(
18
) S. Di Marzo, Manuale elementare di diritto romano, Torino, 1954, pagg. 122-126; P.
Bonfante, Storia del diritto romano vol I, Milano, 1958, pagg. 195, 196; P. Voci, Istituzioni di diritto
16
Essi puntualizzavano che qualunque soggetto, pur usando del proprio diritto, era
tenuto ad astenersi da esercizi o da forme di esercizio del proprio diritto che
creassero invasione nella sfera dell'altrui diritto, menomando la libertà dell'altro
soggetto. Questo concetto estremo si era andato temperando di fronte alle
esigenze degli interessi sociali, poiché, ostacolando tutti gli atti che importavano
l'ingerenza anche più lieve nella proprietà contigua, impediva in sostanza l'uso
stesso del dominio e perciò, da un lato i giuristi affermavano che il proprietario
dovesse sopportare le molestie derivanti da un esercizio normale della proprietà
del vicino, mentre dall'altro lato limitavano fortemente la libertà del dominio
nell'interesse dell'agricoltura. Pertanto dovevano essere tollerate quelle immissioni
che avevano carattere di transitorietà e che, quindi, non creassero perdurante
molestia e quelle che costituivano una necessità sociale generale ed assoluta
derivante dall'uso normale della cosa. Fuori da queste ipotesi si era in presenza di
una immissione considerata illecita e fonte di danno risarcibile. L'elemento
discriminante l'immissione lecita da quella illecita, quindi, era la normalità dell'uso
della cosa, intesa nel significato di uso richiesto dallo svolgimento ordinario della
vita familiare. (
19
)
Nel VI secolo anche Giustiniano accolse tale criterio, discostandosi da esso
solo in qualche caso per dare importanza decisiva all'intenzione con la quale un
determinato atto era compiuto.
Nel diritto giustinianeo i limiti del dominio aumentarono, ma non fu ancora
affermato un criterio generale. I Romani non si occuparono della ricerca
dell'intenzione dell'attività posta in essere ed era quindi estranea alla loro mentalità
la teoria degli atti di emulazione. I testi giustinianei dimostrarono una tendenza
verso tale costruzione, ma fu soltanto nell'età medievale che, su accenni rinvenuti
in tali testi, fu enunciata la teoria di tali atti, la quale sostituì valutazioni meramente
romano, Milano, 1994, pag. 233.
(
19
) G. Longo, voce "Immissioni (diritto romano)", in "Novissimo Digesto italiano vol. VIII",
Torino, 1962, pag. 186; S. Di Marzo, op. cit., pag. 128; F. De Martino, Libro della proprietà (artt. 810-
956), in V. Scialoja-G. Branca (a cura di), Commentario del Codice Civile, Bologna 1946, pag. 157;
A. Aiello, La normale tollerabilità in tema di immissioni in alienum, in "Giur. agr. it", 1972, II, pag. 426;
E. Alvino, Determinazione del limite di tollerabilità delle immissioni sonore, in "Giust. civ.", 1973, I,
pag. 1423; P. Voci, op. cit., pag. 243.
17
soggettive dei rapporti tra vicini ai rigorosi criteri obiettivi. Essa, però, fu criticata,
dalla giurisprudenza perché era insufficiente a risolvere i singoli problemi, dato che
non sempre è presente l'intenzione maligna di nuocere e perché spesso l'attività è
socialmente utile. (
20
)
3.2 Sviluppo del capitalismo industriale e le codificazioni liberali
La disciplina dei rapporti di vicinato ha risentito come poche altre del travaglio
e della crisi delle forme di proprietà, del processo di sviluppo del capitalismo
industriale, dei fenomeni dell'industrializzazione e dell'urbanesimo. Nella prima
sistemazione degli istituti di diritto privato si rinviene la mancanza di una partizione
generale intitolata specificamente alla proprietà, infatti essa trova una sua
teorizzazione autonoma e diviene di nuovo una partizione generale del diritto
privato soltanto verso la metà del diciottesimo secolo per opera di Pothier. Questi
pone infatti la regola generale del divieto di nuocere al vicino all'interno della teoria
della proprietà, ma per lo sviluppo e l'applicazione della regola, ritiene necessario
un rinvio esplicito alla teoria delle obbligazioni, nella quale il vicinato si colloca
come fonte autonoma di un quasi-contratto. (
21
) La proprietà veniva considerata
come un attributo della personalità e pertanto rientrava tra i diritti inviolabili
dell'uomo. (
22
)
Le codificazioni liberali del secolo scorso si basavano sul potere di escludere
dal proprio fondo ogni ingerenza esterna che non fosse giustificata da uno
specifico diritto sul bene o da un titolo sufficiente. Se, però, il fatto immissivo fosse
considerato illecito qualora violi i caratteri essenziali dell'assolutezza e
dell'esclusività della situazione proprietaria, il potere di escludere l'ingerenza
esterna finirebbe per incidere sull'assolutezza del potere di godimento
(
20
) F. De Martino, op. cit., pag. 158; S. Di Marzo, op. cit., pag. 128; R. Albano, op. cit., pag.
187; G. Longo, op. cit., pag. 186; A. Aiello, op. cit., pag. 426; in E. Alvino, op. cit., pag. 1423 si fa
notare come nel diritto giustinianeo gli atti di emulazione abbiano carattere di eccezionalità e
riguardino principalmente la materia delle acque.
(
21
) C. Salvi, Le imm. ind. ..., cit., pag. 16; A. Procida Mirabelli di Lauro, op. cit., pagg. 16-19.
(
22
) A. M. Sandulli, Profili costituzionali della proprietà privata, in "Riv. trim. dir. proc. civ. ",
1972, pag. 467.
18
dell'immittente senza che sia rinvenibile una norma che vieti quel tipo di utilizzo del
bene. Il criterio si traduce, in sostanza, in uno strumento di tutela preferenziale per
il soggetto tendenzialmente più forte sotto il profilo economico, qualora l'attività sia
rispondente alla normalità considerata in senso estensivo, poiché in un àmbito di
sviluppo economico, l'esercizio dell'attività industriale raramente rappresenta un
uso anormale del bene.
Per questa ragione la costruzione dei codici liberali basati sul principio
dell'eguaglianza formale tra le proprietà entrò in crisi poiché si iniziò ad ammettere
che una proprietà potesse essere privilegiata rispetto ad un'altra in base al tipo di
utilizzazione del bene. Inoltre, la tutela della proprietà iniziò a coincidere non più
con il diritto di disporre materialmente della cosa, ma con il diritto di ottenere un
risarcimento o un indennizzo in relazione al minor uso della cosa stessa. (
23
)
3.3 Criteri della dottrina
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso si svilupparono tendenze volte
a riformulare una disciplina delle immissioni che considerasse i problemi derivanti
dal processo di sviluppo del capitalismo. Lo sviluppo dell'industria moderna
richiese un ritorno alla teoria oggettiva, mentre la teoria degli atti di emulazione era
una teoria prettamente soggettiva. (
24
) Un ruolo fondamentale nella
reimpostazione della materia lo ebbe Jhering, il quale ha influenzato la
codificazione tedesca, italiana e francese sostenendo la necessità
dell'applicazione della regola del contemperamento mediante la valutazione degli
interessi contrapposti, sulla base del criterio della normale tollerabilità. (
25
)
(
23
) A. Procida Mirabelli di Lauro, op. cit., pagg. 25-31; C. Salvi, ult. op. cit., pagg. 144, 145.
(
24
) E. Alvino, op. cit., pag. 1423.
(
25
) In C. Salvi, ult. op. cit, pagg. 107-110 si ritiene che il principio della valutazione degli
interessi abbia aperto la strada a sviluppi futuri nei quali la prevalenza è stata accordata
esplicitamente all'interesse del soggetto produttore che, di solito, è l'autore delle immissioni. In F.
Nappi, op. cit., pag. 37, invece, la possibilità di una condizione privilegiata per le attività industriali
risiede nell'accoglimento della formula dell'uso normale della cosa, in base a cui la valutazione
dell'entità delle immissioni viene fatta considerando le esigenze del fondo che le provoca e non
quelle del fondo che le subisce.
19
Secondo questa formula, il proprietario è tenuto a tollerare le immissioni di natura
materiale che derivino da un uso normale della proprietà.
Successivamente, al concetto dell'immissione materiale venne sostituito
quello dell'influenza, intesa come ripercussione nel fondo vicino dell'attività svolta
nel proprio fondo, e si precisò che l'uso normale dovesse essere valutato con
riferimento alla normale tollerabilità dell'uomo medio. In tal modo la normalità
venne spostata dal lato attivo dell'uso della cosa propria a quello passivo della
ripercussione che l'uso determina sul vicino. (
26
)
Inoltre, Jhering introdusse il criterio "oggettivo-relativo" nella soluzione del
conflitto tra proprietà confinanti. L'oggettività riguarda il fatto che la valutazione non
deve tener conto di soggetti particolarmente sensibili. La relatività della
valutazione, invece, risponde alla necessità che l'immissione venga valutata in
relazione alla forma di utilizzazione concretamente posta in essere nel fondo che
subisce l'influenza e, in genere, in un determinato ambiente spaziale.
Nella misura in cui l'esercizio dell'industria diventa un fatto normale, muta la
misura "oggettiva" dell'interesse protetto e cambia il concetto di "normalità
dell'uso". (
27
)
Bonfante ha criticato questa teoria rilevando che essa è illogica in quanto in
alcuni casi condurrebbe a vietare lo sfruttamento più progredito ed efficace della
propria cosa qualora questo sfruttamento non fosse consueto. Egli, quindi, ha
formulato il principio delle "generali ed assolute necessità sociali" secondo cui
ovunque apparisse una generale ed assoluta necessità sociale, l'immissione
doveva essere permessa anche se superava la normale tollerabilità. Questo, però,
era un principio di etica sociale e non un principio giuridico; esso, infatti, fissava
dei criteri che il legislatore doveva seguire nella sua opera di legiferazione. (
28
)
(
26
) R. Albano, op. cit., pagg. 187, 188; F. De Martino, op. cit., pag. 158; A. Procida Mirabelli di
Lauro, op. cit., pagg. 53, 54; A. Aiello, op. cit., pag. 427; E. Alvino, op. cit., pagg. 1422, 1423.
(
27
) C. Salvi, ult. op. cit., pagg. 111-113; A. Procida Mirabelli di Lauro, op. cit., pagg. 37-39.
(
28
) A. Procida Mirabelli di Lauro, op. cit., pagg. 37, 38; A. Gallinari, Le immissioni indirette e
l'art. 844 c.c., in "Riv. trim. dir. proc. civ. ", 1948, pag. 284; A. Aiello, op. cit., pag. 428; A. Quaranta,
Libro III - Della proprietà (Beni e proprietà in generale artt. 810-872, in V. de Martino (a cura di),
Commentario teorico-pratico al codice civile, Novara, 1982, pag.424.