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La vita di Carlo Rosselli analizzeremo, dunque, più che le opere nelle quali non
si trova, in verità, che una traccia indiretta di una formulazione di una teoria
umanistica così definita. Una vita da ripercorrere attraverso le più autorevoli
fonti che hanno consegnato un’immagine alquanto omogenea e tutt’altro che
complessa dell’uomo.
Tale rappresentazione lineare dipende principalmente da due fattori: il primo è
coestensivo al nostro oggetto, è una determinazione qualificante dell’uomo
Rosselli e del suo vissuto; il secondo, attraverso cui si rende manifesto il primo,
consiste nella complessiva concordia delle fonti le quali - all’unisono quasi -
hanno contribuito a restituire un’immagine molto nitida della sua vita e del suo
pensiero.
Per quanto concerne il vissuto, basti pensare che la biografia principale di
Rosselli è scritta negli Stati Uniti tra il 1941 e il 1943 a poco più di dieci anni
dalla sua morte, avvenuta nel 1937; l’autore, Aldo Garosci, scomparso di recente
- intellettuale dimenticato e poco citato nella storia dell’Italia del dopoguerra -
non solo era storico e pubblicista, ma soprattutto testimone oculare degli eventi
(come attivista di Giustizia e Libertà) delle vicende a cavallo tra il 1926 e il
1937. Un racconto diretto, quello di Garosci, pubblicato per la prima volta nel
1945 e rimasto, per almeno un paio di decenni, unica testimonianza della vita
di Rosselli, del suo pensiero e della sua azione. Il lavoro di Garosci è per questo
di centrale importanza: sulla sua attendibilità (messa eventualmente in forse dalla
massiccia dose di partecipazione emotiva e di ammirazione di cui l’autore fa
dono al suo ex leader e compagno di lotta), possiamo fornire il “certificato di
garanzia” firmato da Benedetto Croce che incontrò in un’occasione Rosselli e gli
attivisti di Giustizia e Libertà durante l’esilio in Francia negli anni più oscuri
della storia d’Italia
1
. Nella recensione all’edizione del 1945, Croce scriveva: «
[...] Il Garosci non solo è informatissimo di ogni particolare degli eventi che
narra (e io ho trovato in lui luce su alcuni punti che mi erano rimasti oscuri) [...]
ma sa essere imparziale, ossia giudicare non secondo partito ma secondo verità
[...]»
2
.
Oltre a quello di Garosci, nel 1968 giunge il lavoro più strettamente
storiografico, metodico di Nicola Tranfaglia
3
, il quale documenta in modo
conciso e serrato la vita di Rosselli, soprattutto nel periodo giovanile.
Due sono le biografie principali, quindi; l’una scritta quasi integralmente “a
memoria” da un contemporaneo che ha vissuto in prima persona molti degli
1
Si veda il gustoso brano relativo ad una discussione tra il filosofo napoletano e gli attivisti di G.L.
avvenuta a casa di Carlo a Parigi nei primi anni ‘30 riportato da B. Croce nello scritto “Ancora sulla
teoria della libertà”, ora in La mia filosofia, Piccola Biblioteca Adelphi, Milano 1993, p. 285.
2
Aldo Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Vallecchi, Firenze 1973, vol. I, p. VI. Il brano è citato anche
nell’articolo di commemorazione del biografo di Rosselli dopo la sua scomparsa “Garosci, ultimo eroe di
Spagna” di Bruno Quaranta, in La Stampa del 4 gennaio 2000, p. 21.
3
Nicola Tranfaglia, Carlo Rosselli dall’interventismo a «Giustizia e Libertà», Laterza, Bari 1968.
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eventi narrati mentre era in esilio negli Stati Uniti durante la seconda guerra
mondiale; la seconda, un’opera compiutamente documentata, redatta a diversi
anni di distanza da quell’era di terribili eventi, ricca di quel valore aggiunto che
deriva dal lavoro di ricerca e di scavo condotto nei numerosi archivi e fondi di
famiglia finalmente accessibili.
Si potrebbe poi aggiungere una terza fonte, fornita dallo zio dei Rosselli,
Alessandro Levi, che ha tracciato un commosso e affettuoso ricordo dei due
nipoti, soprattutto nel periodo giovanile
4
. Ma quest’opera si presta più al genere
dell’Amarcord, denso di toni commossi e commemorativi, piuttosto che al genere
storiografico, frutto di un elaborato e ponderato lavoro di ricostruzione
scientifica.
Ebbene, il ritratto che emerge da queste preziose fonti, è quello concorde e
unitario di un solo uomo, con gli stessi attributi e le medesime qualificazioni.
Ecco che risulta chiaro, quindi, la scelta di utilizzare un metodo “a posteriori” per
arrivare a portare a termine il compito che ci siamo prefisso.
Dell’uomo Rosselli ci toccherà parlare. Perché se si vuole penetrare il pensiero,
comprendere e giustificare l’agire, non si può derogare a sfavore di una
ricostruzione e di un’analisi della figura e della statura dell’uomo, delle sue
qualificazioni morali ed etiche. Soprattutto partendo dall’opzione iniziale: la
scelta di ripercorrere la vita di Carlo Rosselli attraverso la lente del volontarismo,
parola chiave che non è una teoria o una codificazione ermeneutica - lo
ribadiamo - quanto piuttosto, il principio primo, l’elemento essenziale che si
coglie sia in sede di riflessione e di critica, e della sua teoria politica e nel campo
dell’azione.
Si può concordare con le affermazioni di autorevoli studiosi, tra cui lo stesso
Benedetto Croce, che hanno inteso e quindi inserito il volontarismo rosselliano
all’interno di quella variegata corrente culturale dell’inizio del nostro secolo cui è
stato dato il nome di “reazione antipositivista”. Ma il volontarismo di Rosselli,
che è pratico e non teorico, va ben oltre, a nostro avviso, i limiti posti dalle
barriere delle “etichette” storiografiche.
Veniamo al piano di lavoro. Cercheremo di mettere in luce, innanzitutto, le
accertate influenze che gli ambienti culturali fiorentini degli anni anteriori alla
prima guerra mondiale
5
ebbero sulla formazione di Rosselli; ma ciò, ovviamente,
non basta. Le influenze familiari, nel nostro caso, hanno avuto un ruolo
certamente non secondario sulla costituzione del pensiero di Carlo Rosselli il
4
Alessandro Levi, Ricordi dei fratelli Rosselli, La Nuova Italia, Firenze 1947.
5
Tra le varie figure di spicco del mondo culturale fiorentino, ricordiamo Giovanni Papini (Firenze, 1881-
1956), fondatore di diverse riviste culturali di grande importanza tra cui «La Voce» e «Lacerba», che fu il
principale importatore in Italia sulla rivista «Il Leonardo» (1903-1907) della corrente volontaristica
pragmatista di W. James. Il pragmatismo di Papini consisteva in un netto rifiuto di una visione statica
della verità, condotto attraverso un dinamico umanismo.
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quale proveniva, lo vedremo nel primo capitolo, da una famiglia in cui era già
condensato per molti versi quel milieu ricco di spunti di riflessione, di elementi
critici e culturali che si ritrova, in forma più abbozzata e dispersa, nel confuso
contesto sociale “di transizione” a lui contemporaneo. L’ambiente familiare,
quindi, è la principale risorsa formativa di Rosselli: il suo volontarismo è
specifico ed irriducibile principalmente per questo bagaglio pedagogico e non
potrà essere assimilato o compreso senza prima aver ben definito tale contesto.
Volontarismo e umanesimo solidale in Rosselli, sono esercitati sempre dentro
una cornice ferma che racchiude un universo morale e una prospettiva politica,
s’è detto. Compito del secondo capitolo di questo lavoro, è pertanto quello di
ricostruire la trama storica e culturale, gli anni del dibattito e le esperienze
formative che sono alla base del volontarismo, analizzato dal punto di vista del
pensiero politico nel capitolo terzo, e applicato all’azione antifascista nel capitolo
quarto.
Nella conclusione, infine, tenteremo di formulare e definire il volontarismo e una
teoria umanistica in senso generale, cercando di offrire una proposta per la
politica attuale, alla luce della crisi interna che da tempo l’affligge e che, dopo
l’abrogazione delle rigide leggi ratificate dalle “bibbie” ideologiche di questo
secolo, sui quali per decenni si è retto e sviluppato il confronto politico, è entrata
in una fase di revisione di se stessa anche in senso profondo, funzionale, morale e
quindi non solo programmatico.
In quest’ottica, parlare di primato della volontà significa affermare un principio
di azione, più che di “reazione a”; una volontà interamente protesa verso i fini,
gli obiettivi, più che verso l’esistente e il suo superamento radicale. Ciò
presuppone una visone serena, lucida dei percorsi e delle esigenze: avere ben
chiari gli obiettivi, inoltre, significa possedere una morale entro le cui coordinate
si esercita l’agire. E quella di Rosselli è una morale intransigente, ben disposta a
cedere il passo, laddove sia necessario, al pragmatismo, ma mai disposta a
subordinare a questo i principi che la ispirano. Tale dato di fondo, questa robusta
concezione morale dell’uomo, costituirà, peraltro, l’ostacolo maggiore allorché
Rosselli si accingerà a formulare la sua tesi politica fondamentale, ampiamente
criticata in sede filosofica, giudicata eretica e sommariamente liquidata in ambito
politico.
Il volontarismo di Rosselli non è soltanto una teoria, un’elaborazione concettuale
o una codificazione filosofica: è l’essenza del Rosselli politico e uomo d’azione;
un elemento vivo che lo qualifica immediatamente, senza la necessità di un
corredo supplementare di codici interpretativi. Il nesso di causalità tra tale
elemento e la fenomenologia di vita e pensiero rosselliana è forte e robusto. Si
può affermare ciò grazie al senso pieno che lo stesso Rosselli si dà: la sua volontà
è intenzionalità piena e completamente colma di determinazioni e principi,
saldamente radicati nella coscienza del ruolo dell’uomo nel contesto storico a lui
7
contemporaneo. La teoria umanistica di Rosselli, ovvero la visione della trama di
relazioni morali, culturali, sociali e politiche che si devono instaurare tra gli
uomini che vivono in società, non formula solo una coscienza e un’identità di
ruolo hic et nunc, ma finisce inevitabilmente - col supporto della riformulata e
revisionata prospettiva socialista e dell’adesione al metodo fondato sulle
conquiste liberali ancora tutte da attuare e della visione storicista che ne
consegue - a tracciare le linee di quello che l’uomo dovrà essere, deve diventare.
E poiché la teoria umanistica di Rosselli è carente di elementi di soggettivismo e
di individualismo (il ruolo principale nella storia è assegnato agli uomini e non
ad altre entità di sintesi teorica, secondo Rosselli), ne risulta che quello di
Rosselli può essere ben definito un “umanesimo solidale”.
In questo senso si può anche provare a assolutizzare, a rendere un valore in senso
stretto, quindi autofondato, l’umanesimo rosselliano, intimamente legato al suo
volontarismo morale.
Un volontarismo così diverso e distante da quello colmo di elementi
irrazionalistici, superomistici o di slanci dionisiaci di matrice dannunziana che
pure hanno contraddistinto correnti culturali e politiche dello stesso periodo
storico di Rosselli, gettando le basi per la crescita e il radicamento del moderno
individualismo egocentrico e insensibile alle istanze della comunità sociale.