2
senso di allargare il concetto di utile al di là del suo significato tecnico,
verso un più generico “vantaggio patrimoniale”
3
.
Ciò che a noi interessa è comunque la società per azioni.
La s.p.a. è il prototipo normativo delle società di capitali in quanto la
disciplina per essa dettata è in larga parte applicabile anche all’accomandita
per azioni ed alla società a responsabilità limitata. È inoltre il tipo di società
più importante nella realtà economica, vuoi per la sua ampia diffusione,
vuoi perché è la forma elettiva delle imprese di media e grande dimensione
a capitale sia privato che pubblico; nel contempo sono numerose anche le
imprese di piccola dimensione che vengono strutturate su questa base.
Le ragioni della sua larga diffusione possono essere dunque ricercate nei
profili che la caratterizzano: personalità giuridica, responsabilità limitata
dei soci, organizzazione corporativa e quote di partecipazione
rappresentate da azioni. La s.p.a., in quanto società dotata di personalità
giuridica, è per legge trattata come soggetto di diritto formalmente distinto
dalle persone dei soci e gode perciò di una piena autonomia patrimoniale.
Solo la società è qualificabile come imprenditore, ed è su di essa che si
applica la disciplina propria dell’attività di impresa.
Nella s.p.a. i soci non assumono alcuna responsabilità personale, neppure
sussidiaria, per le obbligazioni sociali; di queste risponde soltanto la società
col suo patrimonio (art. 2325, 1° comma c.c.). I soci sono obbligati solo ad
eseguire i conferimenti promessi e possono perciò predeterminare quanta
parte della propria ricchezza personale intendono esporre al rischio
dell’attività sociale, con la sola eccezione dell’ipotesi in cui tutte le azioni
si concretizzano nelle mani di un’unica persona ( art. 2362 c.c. ); i creditori
sociali possono perciò fare affidamento solo sul patrimonio sociale per
soddisfarsi. Il legislatore non manca però di predisporre forme di tutela
3
F.Ferrara jr., op.cit, Giuffrè, Milano, 2001, pag 191
3
alternativa dei creditori stessi attraverso la disciplina dell’effettività, della
integrità del capitale sociale e dell’informazione contabile periodica sulla
situazione patrimoniale e sui risultati economici della società
4
.
La responsabilità limitata dei soci trova inoltre contrappeso
nell’organizzazione di tipo corporativo della s.p.a., in un’organizzazione
basata cioè sulla necessaria presenza di tre distinti organi: assemblea,
amministratori e collegio sindacale.
L’ultimo, ma non meno significativo, dato tipizzante la società per azioni
risiede nel fatto che le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate
da partecipazioni di tipo omogenee. Le azioni sono infatti partecipazioni
sociali di uguale valore nominale che conferiscono ai loro possessori
uguali diritti ( art. 2348, 1° comma ).
È possibile a questo punto comprendere perché la società per azioni
rappresenta il tipo di società elettivo della grande impresa. Limitazione del
rischio individuale dei soci (assicurata come abbiamo visto dalla
responsabilità limitata) e possibilità di pronta mobilitazione
dell’investimento (assicurata dai titoli azionari) costituiscono infatti
strumenti che favoriscono la raccolta degli ingenti capitali di rischio di cui
ha tipicamente bisogno la grande impresa.
4
Diversamente che nella società di persone, è previsto un capitale sociale minimo (centomila euro) per la
costituzione della società per azioni e sono dettate norme volta a garantire l’effettività del valore
assegnato ai conferimenti in natura e l’effettiva acquisizione da parte della società del capitale
sottoscritto. Una specifica disciplina è poi dettata per la riduzione del capitale sociale. Non è poi un caso
che la disciplina del bilancio di esercizio sia collocata in seno alle norme che regolano la società per
azioni ed abbia subito dal 1942 ad oggi significative e profonde innovazioni tese a migliorare , per
quantità e qualità, il relativo contenuto informativo, in modo da consentire una valutazione più
consapevole delle probabilità di recupero del credito concesso o da concedere.
4
Si rende così possibile la compartecipazione di un ristretto numero di soci,
che assumono l’iniziativa economica e sono animati da spirito
imprenditoriale ( c.d. azionisti imprenditori), con una gran massa di piccoli
azionisti animati dal solo intervento di investire fruttuosamente il proprio
risparmio ( c.d. azionisti risparmiatori ) e rassicurati dalla possibilità di
pronto disinvestimento, soprattutto se le azioni sono quotate in borsa.
5
1.1 Evoluzione della disciplina della s.p.a.
La disciplina della società per azioni ha subito dal 1942 ad oggi una serie
ormai numerosa di interventi legislativi sotto la spinta di una duplice
esigenza:
a) quella di dare una risposta ai problemi che il codice del 1942 non
aveva saputo, voluto o potuto risolvere;
b) quella di dare attuazione alle numerose direttive emanate
dall’Unione europea per l’armonizzazione della disciplina nazionale
delle società di capitali.
Il movimento di riforma – preceduto da alcuni progetti non andati in porto-
è iniziato nel 1974 ( legge 7-6-1974, n. 216 e decreti delegati del 31-3-
1975, nn. 136, 137 e 138 ). È poi proseguito con numerose altre leggi fino a
sfociare nel 1998 in un’organica disciplina delle società quotate ( d.l.s. 24-
2-1998, n. 58 ). Nel contempo, l’adeguamento della disciplina nazionale
alle direttive comunitarie, avviato nel 1969, ha assunto ritmi incalzanti
negli ultimi anni
5
, ed è destinato a proseguire in futuro
6
.
5
L’adeguamento alle direttive comunitarie ha fin qui dato luogo all’emanazione del d.p.r. 29-12.1969, n.
1127 ( attuazione della prima direttiva Cee in tema di nullità e di pubblicità delle società di capitali ), del
d.p.r. 10-02-1986, n. 30 (attuazione della seconda direttiva in tema di costituzione e salvaguardia del
capitale sociale ), del d.lgs. 16-1-1991, n. 22 ( attuazione della terza direttiva in materia di fusione e della
sesta in tema di scissione ), del d.lsg. 9-4-1991, n.127 ( attuazione della quarta direttiva in tema di
bilancio e della settima in tema di bilancio consolidato di gruppo), del d.lgs. 27-1-1992, n. 88 ( attuazione
dell’ottava direttiva sui requisiti dei revisori contabili ), del d.lgs. 27-1-1992, n. 90 ( attuazione della
direttiva . 88/627 sulle informazioni da pubblicare in caso di cessione di partecipazioni rilevanti ), del
d.lgs. 29-12-1992, n. 516 ( attuazione dell’undicesima direttiva relativa alla pubblicità delle succursali
create in uno stato membro ).
6
G.F. Campobasso. Diritto commerciale, diritto delle società, 5° ed. 2002 Utet Torino,Vol II, pag 158 e
ss.
Sono in fase di elaborazione più o meno avanzata , le proposte di quinta direttiva riguardante gli organi
della società per azioni; di nona direttiva sui gruppi di imprese; di decima direttiva sulle fusioni
transfrontaliere della società per azioni; mentre ha subìto una battuta d’arresto la tredicesima direttiva in
tema di offerte pubbliche di acquisto e di scambio. Nel contempo ha avuto nuovo impulso il più
ambizioso progetto di dar vita ad una società per azioni europea, ad una società sottoposta a disciplina
comunitaria autonoma rispetto a quelle nazionali, con la recente approvazione del regolamento relativo
allo statuto della Società Europea ( regolamento CE n. 215/2001 dell’8-10-2001).
6
Le novità non sono state ne poche né di poco conto. Volendo dunque
cogliere in uno sguardo di insieme le principali linee di tendenza che sono
emerse, esse possono così essere fissate.
Innanzitutto è stato posto un freno al proliferare di minisocietà per azioni
con capitale del tutto irrisorio. Fenomeno questo determinato dal fatto che
il codice del ’42 fissava in un milione di lire il capitale sociale minimo
richiesto per la costituzione e l’inflazione monetaria aveva reso del tutto
irrisoria tale somma, favorendo oltre ogni ragionevole limite il nascere di
società sottocapitalizzate. Con l’art. 11 della legge 16-12-1977, n. 904, il
capitale sociale minimo per la costituzione delle s.p.a. è stato portato a
duecento milioni ( centomila euro) e nel contempo è stato elevato anche il
capitale minimo richiesto per la costituzione della società a responsabilità
limitata.
In secondo luogo, si è preso atto che la disciplina dettata dal codice del
1942 era di per sé inidonea ad assicurare il corretto funzionamento delle
società per azioni che fanno appello sistematico al pubblico risparmio e
presentano perciò una larghissima base azionaria. E con una serie di
interventi legislativi, oltre a modificare in più punti la disciplina generale,
si è dettata una specifica disciplina per le società con azioni quotate in
borsa, ispirata alla diversa realtà di tali società ( assenteismo della massa
degli azionisti risparmiatori, inadeguatezza degli strumenti di autotutela dei
soci, esigenza di una più generica tutela degli investitori). Un importante
intervento si è avuto con la legge 216/1974 e con i successivi decreti
delegati del 1975. Il legislatore prende atto che il dominio minoritario è in
tali società fenomeno irreversibile ed introduce strumenti di eterotutela
della massa inerte e disorganizzata degli azionisti risparmiatori: possibilità
di emettere una particolare categoria di azioni ( le azioni di risparmio )
prive del diritto di voto e privilegiate sotto il profilo patrimoniale; maggior
7
trasparenza degli assetti proprietari e più ampia informazione del mercato;
certificazione del bilancio da parte di un’autonoma società di revisione;
istituzione di un organo pubblico di controllo –la Consob ( commissione
nazionale per la società e la borsa )- diretto a garantire la completezza e la
veridicità dell’informazione societaria. Sono questi i punti salienti della
riforma delle società quotate introdotta nel 1974, mentre il legislatore
dell’epoca rinuncia a stimolare la partecipazione attiva di tutti i soci e a
rafforzare gli strumenti di autotutela delle minoranze
7
.
La consapevolezza via via acquisita che la tutela degli azionisti investitori
esige anche efficienza e trasparenza del mercato dei titoli, ha nel contempo
condotto, a partire dal 1983, ad una progressiva riforma della disciplina del
mercato mobiliare, con l’introduzione, fra l’altro, di nuove figure di
intermediari (le società di intermediazione mobiliare), di organismi di
investimento collettivo (fondi comuni di vario tipo, società di investimento
a capitale variabile) e di specifiche regole di comportamento per l’offerta
al pubblico di valori mobiliari e per il trasferimento di partecipazioni di
controllo in società quotate (offerta pubblica obbligatoria).
L’esigenza di dare attuazione alle direttive comunitarie in materia di
liberalizzazione dei servizi di investimento e di rendere competitivo sul
piano internazionale il mercato mobiliare italiano ha poi dato l’avvio, a
partire dal 1996, ad una risistemazione normativa dell’intera materia e, di
riflesso, ad un’ulteriore riforma della disciplina delle società quotate.
Questo oggi è costituito non solo da una massa inerte di piccoli
risparmiatori, ma anche ed in misura crescente da potenti investitori
istituzionali nazionali ed esteri, dotati di elevata competenza professionale
nella selezione delle imprese in cui investire il risparmio gestito e in grado
7
G.F. Campobasso. Op.cit, 5° ed. 2002 Utet Torino,Vol II, pag 159.
8
di svolgere il ruolo di minoranza attiva nelle società partecipate attraverso
l’esercizio del voto e degli altri diritti riconosciuti alle minoranze.
E proprio l’obiettivo di stimolare l’afflusso del risparmio gestito dagli
investitori istituzionali, attraverso un più trasparente funzionamento dei
meccanismi di governo delle società quotate, nonché di valorizzare il ruolo
attivo degli stessi come correttivo del prepotere dei gruppi di comando
minoritario, sono i motivi ispiratori di fondo della riforma culminata nel
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria
(d.lgs. 24-2-1998, n. 58, emanato dal governo in base alla delega contenuta
nella legge comunitaria l. 6 febbraio 1996, n. 52) che, con l’entrata in
vigore dal 1° luglio 1998, ha mandato in pensione la previdente normativa
in materia.
Radicale revisione di tutti gli istituti propri delle società quotate
precedentemente introdotti (azioni di risparmio, sollecitazione
all’investimento, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, revisione
contabile), con riconoscimento di più ampio spazio all’autonomia
statutaria; potenziamento dell’informazione societaria; rafforzamento degli
strumenti di tutela delle minoranze già previsti dal codice ed introduzione
di nuovi strumenti di autotutela della stesse; disciplina dei sindacati di voto;
riforma delle deleghe di voto e voto per corrispondenza; ridefinizione del
ruolo del collegio sindacale. Sono questi i punti più significativi del
rinnovato volto delle società con azioni quotate che la riforma del 1998 ha
disegnato.
9
In questo arco di tempo si è inoltre accentuata la tendenza ad introdurre
statuti speciali per le società operanti in settori di particolare rilievo
economico e sociale e per le quali l’adozione della forma della s.p.a. è
spesso imposta per legge: società bancarie, società assicurative, società
editoriali, società di intermediazione mobiliare, società di gestione del
risparmio, società di investimento a capitale variabile e così via. Sono, tutte
queste, società per le quali la legislazione speciale di settore introduce
deroghe, più o meno vistose, rispetto alla disciplina generale della società
per azioni ( capitale minimo più elevato, limiti ai possessi azionari, requisiti
di onorabilità e/o professionalità per gli azionisti di riferimento e per gli
amministratori, ecc.).
Si va infine delineando una disciplina specifica per i gruppi di società.
Attraverso una serie di interventi legislativi, sia pure disorganici e
frammentari, si tende a far chiarezza nel fenomeno di gruppo e a reprimere
gli abusi più vistosi, pur mantenendo fermo il principio della distinzione
formale delle singole società di gruppo.
Di strada quindi ne è stata fatta, ma ne resta ancora da fare, perché non tutti
i nodi sono stati sciolti in modo soddisfacente; e perché sempre nuovi
problemi emergono, anche per effetto delle radicali trasformazioni in atto
nel nostro sistema economico che, fra l’altro, sollecitano una revisione
della disciplina delle società non quotate
8
.
In definitiva, la società per azioni è ancora lontana dall’aver raggiunto un
punto di stabilità legislativa e nuovi interventi sono previsti nel prossimo
futuro per mantenerne la disciplina al paso con le esigenze di una moderna
economia di mercato.
8
Cfr. G.F. Campobasso. Op.cit, 5° ed. 2002 Utet Torino,Vol II, pag. 161
10
In particolare, ormai prossima è la riforma della disciplina delle società per
azioni non quotate e delle società a responsabilità limitata, per la quale il
Governo è stato di recente delegato ad emanare uno o più decreti legislativi
entro l’ottobre 2002 ( legge 3-10-2001, n. 366 )
9
.
9
La legge n. 366, approvata dal Senato il 28 settembre 2001, è una delega al Governo per la riforma del
diritto societario. Nelle intenzioni del legislatore questo provvedimento dovrà completare il percorso di
rinnovamento del sistema del diritto delle società iniziato nel 1998 con la c.d. riforma Draghi in tema di
società quotate in borsa.
Si sottolinea che il provvedimento in parola è una legge delega, che quindi si limita a tracciare le linee
guida, i principi direttivi, cui il Governo dovrà attenersi nello scrivere l'articolato di legge che avrà la
veste di un decreto legislativo.
Come ogni legge delega, e in questo caso forse più che in altre leggi delega, viene lasciata un'ampia
discrezionalità al Governo nel determinare i contenuti del testo finale relative alle società di capitali.
Cambieranno in altre parole la maggior parte delle regole che disciplinano la vita di una società sia essa
S.p.A. (si veda in particolare l'art. 4) S.R.L. (art. 3) o cooperativa (art. 5). Per le cooperative si prevede
inoltre la distinzione tra cooperative costituzionalmente riconosciute, che continueranno a godere delle
agevolazioni fino ad oggi riconosciute (art. 5 comma 1) e cooperative che invece non godranno di
particolari regimi di favore.
La delega dovrà essere esercitata dal Governo entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge.
11
1.2 Costituzione.
La costituzione della società per azioni si sostanzia in un procedimento
complesso ed articolato, che in seguito all’introduzione della legge 24
novembre 2000, n. 340, ha subito delle modificazioni, con riferimento alla
procedura di omologazione.
Per la costituzione di una s.p.a., occorrono le seguenti condizioni (art.
2329, 2343 e 2331):
a) la stipulazione dell’atto costitutivo per atto pubblico;
b) il versamento dei tre decimi dei conferimenti in denaro;
c) l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese;
d) la relazione giurata di stima dei conferimenti in natura;
e) le eventuali autorizzazioni governative e le altre condizioni richieste da
leggi speciali per la costituzione della società in relazione al suo
particolare oggetto.
La stipulazione dell’atto costitutivo può avvenire secondo due diverse
forme, quella simultanea e quella per pubblica sottoscrizione
10
. Nella prima
l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che assumono
l’iniziativa per la costituzione della società (detti soci fondatori), i quali
provvedono contestualmente all’integrale sottoscrizione del capitale sociale
iniziale
11
.
10
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico ( art. 2328, 1° comma c.c.). La forma solenne è
oggi espressamente richiesta a pena di nullità della società (art.2332, n. 2).
11
Questa forma è la più consueta; tuttavia ha posto sempre alcuni problemi con riferimento soprattutto
alla ricerca del capitale occorrente all’attività sociale, dando luogo spesso a forme che hanno portato ad
attingere al risparmio di una larga cerchia di persone; è stata proprio tale difficoltà che ha portato alla
ricerca di alcuni éscamotages che poi hanno fatto scuola. Così solitamente si fa ricorso alla costituzione
della società con un capitale inferiore alle esigenze dell’impresa, in modo da renderne possibile la
sottoscrizione da parte di poche persone. Una volta creata la società si procede ad un aumento del capitale
nella misura necessaria, e il potere di prendere la relativa deliberazione è affidato agli stessi
amministratori a norma dell’art. 2443 c.c., i quali possono scegliere il momento del mercato più propizio