particolarmente drammatiche fra i “giovani (...) privi di spirito
d'iniziativa (...), ignoranti del passato (...), nel diffuso affarismo,
nella perdurante tendenza a preferire la via torta e sudicia
dell'egoistico tornaconto, a quella solare e sana, ma spesso faticosa,
del vantaggio sociale.”
5
L'attenzione di Bauer era rivolta prima di tutto agli uomini,
poi alle istituzioni. Se l'Italia “si salverà, [sarà] soltanto in quanto
rinasc[erà] come un mondo nuovo, con una struttura istituzionale e
sociale nuova,”
6
riscoprendo “una positiva tradizione di libertà”,
per uscire “fuor dal pantano di viltà, di corruzione, di ignoranza e di
boria in cui si è insozzata.”
7
Il primo passo da compiere era
“additare agli italiani (...) la via traverso la quale possano di nuovo
recare (...) un reale senso di umana dignità e di rettitudine, traverso
la quale riescano ad affermarsi come personalità, non più
accettando di essere strumenti di una volontà estranea e
conculcatrice.”
8
Ma che cos’era stato il fascismo, quali radici e quali cause
scatenanti lo avevano fatto emergere? E di fronte al fascismo qual
era stato il comportamento di Bauer? Egli vi si era subito opposto
con assoluta intransigenza, senza farsi illusioni di vincere
5
Ibidem
6
Ivi, p. 2.
7
Ibidem.
8
Ibidem
facilmente, pagandone di persona conseguenze molto pesanti.
Un'antifascista sui generis, “romantico”, secondo la definizione
utilizzata dallo stesso Bauer nelle pagine del "Ponte" di
Calamandrei
9
, per quella sua “condotta fuori dai partiti e dalle
forze organizzate” - come sottolinea Arturo Colombo - in
compagnia di “un gruppo relativamente esiguo di giovani, che
credevano nella politica non come conquista di posti, di incarichi e
di prebende, ma come superiore impegno civile, come mezzo di
miglioramento e di educazione dei singoli e della collettività.”
10
Per il bene della libertà, non era arretrato di fronte a scelte
ultimative affrontando carcere e confino. “Occorreva vedere al di la
dell'immediato e del contingente. Occorreva avere il senso
dell'universale.”
11
Bauer l’aveva avuto comprendendo che la crisi
incombente che sopprimeva l'autonomia e la creatività del
cittadino, si svolgeva in un quadro non solo italiano: “Variavano le
etichette, vi erano dissidi interni, ma il movimento era unico e
poteva travolgere l'umanità intera.”
12
9
Cfr., RICCARDO BAUER, Il Caffè (1924-1925), in "Il Ponte", rivista
mensile di politica e letteratura, n. 1, 1949, p. 79.
10
ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e l'antifascismo romantico, in
Padri della patria. Protagonisti e testimoni di un'altra Italia, Franco Angeli,
Milano, 1985, p. 217; pubblicato in AA. VV., Riccardo Bauer. La militanza
politica, l'opera educativa e sociale, la difesa della pace e dei diritti umani, Atti
delle giornate di studio, Milano 5-6 maggio 1984, a cura di Mario Melino,
Franco Angeli, Milano, 1985, pp. 25-37.
11
MAX SALVADORI, Riccardo Bauer. Significato del suo interventismo
nel 1915, della sua resistenza al fascismo e della sua partecipazione alla guerra
di liberazione, in AA. VV., Riccardo Bauer. La militanza politica, l'opera
educativa e sociale, la difesa della pace e dei diritti umani, cit., p. 302.
12
Ivi, p. 303.
La militanza romantica da lui abbracciata era stata tutt’altro,
però, di un quieto vivere, o di una opposizione solo a parole. Teoria
ed azione, secondo Bauer (non dimentico dell'insegnamento di
Mazzini), dovevano essere complementari. Da qui la sua
partecipazione, sia in veste di collaboratore, sia in quella di
promotore, di una serie di iniziative editoriali e politiche che
avevano mirato a smascherare la tendenza totalitaria del fascismo.
Va così ricordata la collaborazione alla rivista "Rivoluzione
Liberale"
13
di Gobetti con la volontà di porsi “in polemica aperta e
durissima non solo con i fascisti ma con tutto l'ambiente moderato
e benpensante, che di Mussolini avrebbe finito presto per essere
complice, servile e succube.”
14
La battaglia baueriana era stata soprattutto liberale,
antifascista ma anche antisocialista perché “Il socialismo per
Einaudi, per Gobetti e per tutto il gruppo dei gobettiani (...) era
sinonimo di statalismo,”
15
come ha acutamente osservato Norberto
Bobbio nella relazione tenuta in occasione delle giornate di studio
su Bauer; perché nel socialismo si annidava un’insidia illiberale
13
Cfr. Per una bibliografia di Bauer. Gli scritti su "La Rivoluzione
Liberale", "Il Caffè" e "Il Ponte", a cura di Elena Savino, in "Quaderno Riccardo
Bauer" n. 3, a cura della Fondazione Riccardo Bauer, 1991, pp. 122-128.
14
ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e l'antifascismo romantico, cit. p.
218.
15
NORBERTO BOBBIO, Democrazia, pace e diritti dell'uomo, in AA. VV.,
Riccardo Bauer. La militanza politica, l'opera educativa e sociale, la difesa
della pace e dei diritti umani, cit., p. 281.
implicita nella promessa del “raggiungimento di un Eden
collettivista (...) sotto l'egida paterna dello stato.”
16
D’altra parte, la inesausta sete di eticità nei rapporti umani
spiega le ragioni della distanza del suo antifascismo rispetto a
quello “pur altrettanto intransigente ma solo di tipo politico, che
qualificava, soprattutto a sinistra, le opposizioni dentro e fuori le
aule parlamentari.”
17
Nella tormentata esperienza del "Caffè"
18
, animata insieme
con Ferruccio Parri, Filippo Sacchi, Giovanni Mira, Giustino
Arpesani, Ettore Maria Margadonna e Tommaso Gallarati Scotti,
erano emersi i caratteri del suo nuovo liberalismo, inteso sia come
principio etico che come metodo d'azione. Egli aveva voluto
continuare la tradizione civile illuministica, coerente nel “ripudiare
astrattezze, dogmatismi, intolleranze bigotte, presunzioni di
infallibilità, a fuggir catechismi e mitologie,”
19
per salvare l’idea
di libertà. E “libertà politica” era stata la parola d'ordine di Bauer e
16
RICCARDO BAUER, Noi e gli altri, in "La Rivoluzione Liberale", n. 9,
anno III, 26 febbraio 1924, p. 33.
17
ARTURO COLOMBO, Presentazione, in RICCARDO BAUER, Quello
che ho fatto. Trent'anni di lotte e di ricordi, a cura di Piero Malvezzi e Mario
Melino, presentazione di Arturo Colombo, Cariplo-Laterza, Milano-Bari, 1987,
p. 7; pubblicato col titolo Bauer memorialista, in Voci e volti della democrazia.
Cultura e impegno civile da Gobetti a Bauer, Le Monnier, Firenze, 1990, pp.
299-323.
18
Cfr. "Il Caffé", con un saggio introduttivo di Arturo Colombo, riedizione a
cura di Ercole Camurani, Forni, Bologna, 1976. Cfr. anche il volume Antologia
del Caffè. Giornale dell'antifascismo 1924-'25, con introduzione di Bianca Ceva,
Lerici, Milano, 1961.
19
La nostra strada, in "Il Caffé", n.1, anno II, 4 gennaio 1925, p. 1.
compagni, anche dopo la forzata conclusione del "Caffè", mentre il
Paese precipitava verso un cupo futuro.
Nell'opuscolo Casi d'Italia
20
, scritto all'indomani del
discorso del 3 gennaio 1925 con il quale Mussolini preannunciava
un ulteriore giro di vite della sua politica autoritaria, Bauer era di
nuovo tornato ad insistere che bisognava “rifarsi alle origini e
vedere nella pregiudiziale morale la chiave di volta della
situazione”
21
; non bisognava cedere, ma combattere. “Adottino
pure - aveva aggiunto - i diversi partiti un programma di
intransigenza reciproca (...) ma sia la loro azione lotta nella libertà,
vale a dire sia prima abbattuta la dittatura, sia allontanato il
tirannello da operetta che per nostra vergogna presiede ai destini
del paese.”
22
Alle prime angherie del regime e alla privazione della libertà
egli non aveva cercato scampo in un esilio, forse sempre a portata
di mano, perché “non si poteva sfuggire a un dovere, che come tale
aveva una radice etica, nasceva nel foro interiore della coscienza,
rispondeva alla voce del proprio io morale.”
23
Dopo essere finito
nelle fitte maglie della giustizia fascista, tornato a Milano, nella
20
DEMETRIO (Riccardo Bauer-Ferruccio Parri), Casi d'Italia ( febbraio
1925), in appendice a ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e le radici
ideologiche dell'antifascismo democratico, cit.
21
Ivi, pp. 18-19.
22
Ibidem.
23
ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e l'antifascismo romantico, cit.,
pp. 224-225.
primavera del 1929, riprese la sua lotta con la nuova rivista, "La
lotta politica"
24
che portava la chiara impronta genetica del
"Caffè", trovando la collaborazione di Rossi, Tarchiani, Salvemini
e Carlo Rosselli con i quali pubblicò quattro opuscoli nella
collezione significativamente intitolata "Nuova Libertà".
25
Nel primo pamphlet, Il primo dovere: conquistare la Nuova
Libertà, Gaetano Salvemini, con il suo abituale stile efficace e
corrosivo, aveva indicato l’obiettivo: “Abbattere la dittatura è la
prima moralità e il primo dovere.”
26
E per dittatura Salvemini non
intendeva solo il fascismo, ma la “prepotenza di tutti i fanatici,
comunisti e fascisti che siano.”
27
L'antifascismo era diventato propositivo nelle pagine di Stato
fascista e Stato liberale. In esso Bauer e Rossi dipingevano a forti
24
Riprodotta in appendice a ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e le
radici ideologiche dell'antifascismo democratico, cit.
25
Riprodotti in appendice a ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e le
radici ideologiche dell'antifascismo democratico, cit.; si tratta di quattro
opuscoli: Il primo dovere: conquistare la Nuova Libertà, scritto da Salvemini;
Stato fascista e Stato liberale, di Rossi e Bauer; Bernard Shaw e il fascismo, di
Salvemini; La Conciliazione, di Bauer.
26
GAETANO SALVEMINI, Il primo dovere: conquistare la Nuova Libertà,
cit., p. 6. Sul ruolo di Salvemini nell’antifascismo italiano cfr. ALBERTO
AQUARONE, Le armi della storia nella lotta contro il fascismo, in AA. VV.,
Gaetano Salvemini nella cultura e nella politica italiana, Voce, Roma, 1968.
Cfr. altresì LUIGI LOTTI, Salvemini e il fascismo, in AA. VV., Convegno di
studi su Gaetano Salvemini, Faenza, 28-29 aprile 1973, a cura dell’Associazione
Mazziniana Italiana sezione di Faenza, Lega, Faenza, 1973. Per una visione
generale di Salvemini cfr. invece MASSIMO SALVADORI, Gaetano Salvemini,
Einaudi, Torino, 1963; cfr. altresì i numerosi contributi nei volumi, AA. VV.,
Gaetano Salvemini nella cultura e nella politica italiana, cit.; AA. VV., Gaetano
Salvemini tra storia e politica, "Archivio Trimestrale", n. 3-4, a. VIII, luglio-
dicembre 1982, Roma.; AA. VV., Gaetano Salvemini (1873-1957), Atti del
Convegno di studio, a cura della Associazione Mazziniana Italiana sezione di
Milano, Pace, Cremona, 1977.
27
GAETANO SALVEMINI, Il primo dovere: conquistare la Nuova Libertà,
cit., p. 6.
tinte le distorsioni dell'ordinamento istituzionale di Mussolini,
delineavano l’alternativa politico-istituzionale al fascismo con
“l'identificazione fra Stato liberale e Stato democratico, (...) per
indicare qualunque sistema rappresentativo, che si fonda
sull'uguaglianza dei cittadini e sulla garanzia dell'esercizio delle
libertà civili e politiche”
28
, e chiamavano in causa la coscienza
della comunità circa i fondamenti del sistema democratico: “il
problema politico è problema di istruzione e di educazione.”
29
Non c’è da stupirsi allora se Bauer di fronte al Tribunale
Speciale
30
non era venuto meno a una ferma coerenza, e
addirittura aveva lanciato un formidabile j’accuse contro il regime.
“No quando la disciplina deve essere passiva servitù, il diritto si
tramuta in arbitrio; quando la legge non è tale che per la forma ,
non per la forza etica che ne emana, allora la norma di condotta che
ti impone nasce da una sfera più alta; è un imperativo morale che ti
comanda di operare nell'ordine del tuo pensiero e del tuo carattere,
di ristabilire innanzi tutto la libertà della tua e dell'altrui coscienza
violata, anche se ciò dovesse costarti il più grave dei sacrifici.”
31
28
ARTURO COLOMBO, Riccardo Bauer e le radici ideologiche
dell'antifascismo democratico, cit., p. 32.
29
RICCARDO BAUER ERNESTO ROSSI, Stato fascista e Stato liberale,
cit., p. 11; pubblicato altresì in RICCARDO BAUER, Un progetto di
democrazia, a cura di Arturo Colombo, Mulino, Bologna, 1996, pp. 57-82.
30
Cfr. il testo della sentenza di condanna emessa nel 1931 in "Quaderno
Riccardo Bauer", n. 1, 1988, pp. 55-67.
31
RICCARDO BAUER, Diritti e doveri di un uomo libero, lettera inviata al
presidente del Tribunale Speciale in occasione del processo conseguente al suo
arresto nell'ottobre del 1930, in Un progetto di democrazia, cit., p. 51; apparso
Ma il fascismo alla fine era stato abbattuto seppure a prezzo
di enormi sacrifici e in un quadro di immani devastazioni. Ora esso
andava studiato a fondo perché solo in tal modo sarebbe stato
possibile ricavare dall'esperienza “che tanto ci è costata e ci costa,
intero un frutto non falsato da preconcetti, ma realmente
illuminatore.”
32
Anzi tutto, per Bauer non si potevano ricondurre le origini del
regime mussoliniano a “uno schema classista di reazione borghese,
partendo dalla premessa della identità borghesia-capitalismo
[perché] forze conservatrici eterogenee (...) hanno sfruttato col
fascismo un orientamento spirituale diffuso non solo in quella sfera
che si usa chiamare borghesia ma in tutto il popolo”
33
. L'analisi
andava svolta invece in modo tale da comprendere i motivi
dell'indebolimento di quei valori liberali che avevano operato
durante il Risorgimento italiano. Il fascismo aveva trovato un
terreno fertile per attecchire nel nostro Paese, “un senso di
delusione e di stanchezza”
34
che si era a poco a poco diffuso nella
classe dirigente e nel popolo forse anche perché “l'esercizio della
democrazia è faticoso (...) ed implica un altissimo senso civico, una
col titolo Diritti e doveri di un uomo libero (lettera al Presidente del Tribunale
Speciale - 1931), in "Il Ponte", n. 12, 1948, pp. 1101-1108.
32
RICCARDO BAUER, Un'esperienza da interpretare e superare: il
fascismo (1945), in Alla ricerca della libertà, Parenti, Firenze, 1957, p. 2; il
saggio era stato pubblicato in "Occidente", rassegna mensile di studi politici, n.
6, anno V, dicembre 1949, pp. 493-508.
33
Ivi, p. 4
34
Ivi, p. 6
desta coscienza del dovere politico cui è tenuto ogni singolo
cittadino.”
35
L'unità nazionale era stata opera di una élite coraggiosa, ma
generalmente distante e sprezzante della masse dalle quali, del
resto, non poteva ricevere un aiuto decisivo, perché le condizioni
economiche e culturali in cui vivevano non permettevano il
formarsi di “una sensibilità acuta della politica moderna, sognata
invece dagli arditi pionieri dell'idea nazionale, unitaria e
liberale.”
36
Da ciò erano discese le difficoltà di radicamento delle
istituzioni liberali ed i conseguenti timori nei confronti di una
popolazione apatica, incolta e percorsa da fermenti ribellistici e da
ostilità al nuovo Stato. La classe dirigente nel timore per le sorti del
Paese, aveva privilegiato i problemi di consolidamento rispetto a
quelli della promozione dello sviluppo. Così una prudenza
diffidente aveva portato a ridurre sempre più l'applicazione di quei
principi per cui gli artefici dell'unità nazionale avevano lottato.
Quando aveva preso l’avvio il primo sviluppo industriale, portando
allo scoperto le rivendicazioni sociali e politiche delle masse
contadine e operaie, le “istituzioni liberali (...) divennero un quadro
meschino in cui le nuove forze politiche e sociali che s'affacciavano
35
Ibidem.
36
RICCARDO BAUER La nascita del fascismo in Italia, in Un progetto di
democrazia, cit., p. 93; pubblicato in "Occidente", n. 8-9, anno VI, agosto-
settembre 1951, pp. 251-262; pubblicato in Alla ricerca della libertà, cit., pp.
107-124
gradatamente alla vita, non potevano trovar posto che in modo
parziale e a fatica.”
37
Mentre il liberalismo si era chiuso in se stesso, “ripudiando le
conseguenze sociali logiche dell'idea di libertà da cui era sorto, la
concezione marxista delle classi economiche [si era affermata] su
una base nettamente polemica.”
38
Due posizioni antagoniste erano
così emerse con obiettivi opposti e illusori: da un lato il miraggio
della dittatura del proletariato, dall'altro il mito del nazionalismo.
Lo Stato liberale non era stato in grado di rispondere alle
esigenze delle classi popolari. Si era fermato timoroso di perdere
quanto conquistato e si era posto su posizioni conservatrici, non
comprendendo che nuove esigenze sociali si associavano allo
sviluppo industriale. La sua risposta conservatrice e profondamente
diseducatrice aveva mirato a cooptare le minoranze organizzate dei
lavoratori, offrendo privilegi in cambio della adesione allo status
quo. D'altro canto, le forze di sinistra, prigioniere di un
massimalismo velleitario, si erano allontanate da un tentativo di
serio sviluppo politico civile, tanto più significativo e consolidato,
quanto più realistico e graduale. Quest’ultima era stata una
tendenza, che, anche col senno di poi, appariva a Bauer errata:
“avevo sufficiente informazione della realtà socio-economica della
nazione per non accorgermi che quel moto era terribilmente
37
Ivi, pp. 93-94
38
Ivi p. 95
limitato (...). Senza contare poi che la palese impreparazione
economica e manageriale dei sindacati e delle maestranze
organizzate impegnate nella lotta (...) faceva dubitare che questa
potesse dare una prova convincente della efficacia dei nuovi
ordinamenti che venivano caldeggiati.”
39
Analogo fenomeno di sclerosi sociale, caratterizzato da una
sostanziale assenza di duttilità nella risoluzione di uno scontro che
si assestava sempre più sul piano di una rigida concezione classista,
si era manifestato anche nel resto d'Europa. Delusione e stanchezza
si erano insinuati nei regimi liberali europei facendo nascere la
“tendenza ad un ritorno verso forme di disciplina politica che
soffocando la pressione dei nuovi elementi politici (...),
sopprime[vano] il problema piuttosto che (...) risolve[rlo].”
40
Si diffondeva la malattia del nazionalismo, ossia lo “pseudo
concetto della nazione considerata (...) come un corpo
obiettivamente definito al di sopra del processo (...) in cui
effettivamente consiste,”
41
con boria di potenza e di espansione
egemonica, che estorceva lo sviluppo di un'economia adeguata a
tale scopo, cioè aggressiva, a tutto vantaggio del “monopolio (...) di
gruppi finanziari, che nell'industria pesante e nelle industrie chiavi
39
RICCARDO BAUER, Quello che ho fatto. Trent'anni di lotte e di ricordi,
cit., p.27
40
RICCARDO BAUER, Un'esperienza da interpretare e superare: il
fascismo, cit., p. 12
41
Ibidem
hanno il proprio strumento più efficace”.
42
La prima guerra
mondiale, nella sua tragica esperienza, non era servita a far
superare la concezione nazionalistica, ma l’aveva aggravata. Non
fornendo risposte concrete alla sempre più pressante questione
sociale, “diede luogo a quell'abbinamento di nazionalismo e
demagogismo che può comprendersi (...) sotto il nome di fascismo.
Il quale fu essenzialmente Stato poliziesco: agito da una frenetica
quanto antistorica velleità di conquista di un primato mondiale
della nazione; socialmente infeudato ai più torbidi interessi
plutocratici.”
43
La risposta autoritaria alle agitazioni sociali venne accolta
con simpatia diffusa non solo in Italia: i “treni che partono ed
arrivano in orario, l'ordine nelle strade, la confusione delle voci dei
partiti sopita”
44
rappresentavano gli aspetti del fascismo in
apparenza positivi che celavano la triste realtà della libertà
cancellata: “Il fascismo dappertutto ebbe il significato di tentativo
(...) di risolvere dall'alto, per dogmatica imposizione, il problema di
un nuovo equilibrio sociale, contro l'affermarsi sempre più
cosciente, compiuto, coerente di un equilibrio per dinamica
composizione di forze, di tendenze ed interessi liberamente
42
Ivi, p. 13.
43
Ivi, p. 14
44
Ivi, p. 15
interferenti e convergenti in un compromesso che ne rappresenta la
sintesi feconda”
45
La crisi, non era circoscritta al solo ambito italiano. Le
critiche al sistema parlamentare, l'assestamento dittatoriale dei
soviet in Russia, l'involuzione del governo social-democratico
tedesco erano i sintomi, in contesti diversi, di una malattia diffusa:
“Era facile comprendere che per il mondo intiero aveva inizio una
fase storica nuova, in cui ogni valore doveva essere messo alla
prova, e che questa prova non poteva non essere ardua,”
46
perché
ovunque si trattava di superare il vecchio sistema politico-sociale
proprio nel momento in cui il modello democratico, dinamico ma
faticoso, incontrava forti ostacoli.
Se Bauer sottolineava anche le responsabilità delle forze
massimaliste che avevano trasportato al di fuori del gioco
democratico la lotta sociale, su una posizione dogmatica e
eccessivamente semplificatoria si poneva Palmiro Togliatti, per il
quale il fascismo si configurava nei termini di una lotta di classe
“come lotta fra la borghesia e il proletariato, nella quale la posta è
per la borghesia l'instaurazione della propria dittatura, nella sua
forma più aperta, e per il proletariato l'instaurazione della propria
45
RICCARDO BAUER, Un'esperienza da interpretare e superare: il
fascismo, cit., p. 16.
46
RICCARDO BAUER, La nascita del fascismo in Italia, cit., p. 103.
dittatura cui arriva lottando per la difesa di tutte le sue libertà
democratiche.”
47
Togliatti vedeva in ogni politica riformista una strategia di
“concessioni a determinati gruppi, intesa a mantenere in piedi la
forma della dittatura borghese nella sua veste parlamentare.”
48
Per
il segretario del PCI il dissenso delle masse operaie e contadine, il
malcontento della piccola borghesia e la presenza di due forze
politiche numericamente predominanti nel Parlamento e nel Paese
(il partito socialista e il popolare) spingevano la grande borghesia
ad eliminare il parlamentarismo. “La borghesia deve rivoltarsi
contro quello che esse stessa ha creato, perché ciò che altra volta
era stato per lei elemento di sviluppo, è diventato oggi un
impedimento alla conservazione della società capitalistica.”
49
47
PALMIRO TOGLIATTI, I caratteri fondamentali della dittatura fascista,
in Lezioni sul fascismo (gennaio-aprile 1935), Editori Riuniti, Roma, 1976, p. 13.
48
Ivi, p. 16. Proprio il contrario di quanto pensava Bauer per il quale: “La
chiave di volta, l’esperienza vitale della democrazia è il parlamento.” Cfr.
RICCARDO BAUER, Problemi cruciali della democrazia, in Un progetto di
democrazia, cit., p. 169; pubblicato in "Occidente", n. 1, 1955, pp. 3-26;
pubblicato in Alla ricerca della libertà, cit., pp. 448-487.
49
PALMIRO TOGLIATTI, I caratteri fondamentali della dittatura fascista,
cit., pp. 7-8