6
con spessori h ≤ 500 µ m, e quindi utilizzabili solo con fasci X di energia
compresa tra 1 e 100 keV. La cristallizzazione da fase vapore del CdTe ha il
vantaggio di operare a temperature pi� basse, il che riduce la concentrazione
di difetti di punto nel cristallo, consentando altres� un maggiore grado di
purezza del materiale a causa della ridotta contaminazione dell�ambiente di
crescita.
Altro vantaggio del metodo di crescita per epitassia da fase vapore �
quello di poter ottenere dispositivi di grande area (> 2� di diametro), con una
alta omogeneit� laterale, attualmente molto difficili da realizzare mediante i
metodi dal fuso.
A fronte di tali vantaggi, i metodi VPE standard per i semiconduttori
composti sono caratterizzati da velocit� di crescita relativamente basse, cosa
che impedirebbe il raggiungimento dello spessore desiderato per il rivelatore
in tempi industrialmente accettabili. Il processo di deposizione epitassiale per
trasporto di H
2
garantisce velocit� di deposizione sufficientemente alte ed un
processo relativamente a basso costo rispetto ad altre tecniche (ad esempio
MOVPE).
Nell�ambito di questa tematica, il gruppo di ricerca presso il Laboratorio
di Crescita Epitassiale dell�Universit� di Lecce ha proposto per la prima
volta nel 1998 un metodo per trasporto di H
2
(H
2
T � VPE) per la
realizzazione di CdTe epitassiale per rivelatori X. Questo metodo permette di
7
ottenere velocit� di crescita sufficientemente alte (fino a circa 10 µ m/h)
sufficienti per ottenere in tempi industrialmente ragionevoli gli elevati
spessori richiesti per la fabbricazione di tali rivelatori (≥ 500 µ m).
Lo scopo di questo lavoro � stato quello di misurare le caratteristiche
elettriche (resistivit�, mobilit� e concentrazione di portatori) del CdTe
cresciuto e di ottenere dai dati di tali misure nuove informazioni sul
materiale e sull�influenza della stechiometria del CdTe policristallino di
partenza sulla crescita.
Il presente lavoro di tesi � cos� organizzato:
nel capitolo 1 si fa una rapida descrizione dei rivelatori nucleari a
semiconduttore, spiegandone il meccanismo di funzionamento, e ci si soffer-
ma, poi, sui rivelatori a CdTe, illustrando le caratteristiche di tale materiale;
nel capitolo 2 si descrivono il processo di crescita per trasporto di H
2
e le
caratteristiche del CdTe ottenuto con tale metodo;
nel capitolo 3 si descrivono gli apparati sperimentali di crescita del CdTe
e del buffer di ZnTe utilizzati per la realizzazione dei substrati ibridi
ZnTe/GaAs;
nel capitolo 4 si illustrano la teoria dell�effetto Hall e la procedura per le
misure di caratterizzazione;
8
nel capitolo 5 si presentano i risultati degli studi di crescita H
2
T � VPE e
delle misure di caratterizzazione effettuate.
9
1� CAPITOLO
RIVELATORI NUCLEARI A SEMICONDUTTORE
1.1 Raggi X e γ
I rivelatori nucleari fabbricabili a partire dal CdTe sono principalmente
rivelatori di raggi X e raggi γ.
I raggi X furono scoperti nel 1895 dal fisico tedesco Wilhelm Roentgen.
L�esperimento consistette nell�inviare un fascio di elettroni di energia tra i 50
e i 100 keV su un bersaglio di metallo (rame, tungsteno o molibdeno)
costituente l�elettrodo positivo di un tubo a raggi catodici. Il risultato fu la
produzione di un nuovo tipo di radiazione estremamente penetrante: si
trattava di onde elettromagnetiche simili alla luce ma con lunghezza d�onda
molto piccola, dello stesso ordine di grandezza delle costanti reticolari dei
cristalli (10
-10
m), ovvero di energia compresa tra 1 e 100 keV.
Nelle collisioni degli elettroni con il bersaglio, solo una parte
dell�energia dell�elettrone viene convertita in radiazione elettromagnetica.
Questo tipo di radiazione viene indicata come bremsstrahlung (dal tedesco
radiazione di frenamento) riferendosi all�energia prodotta dall� elettrone
quando viene decelerato [1.1].
10
La bremsstrahlung non � l�unico tipo di emissione di raggi X possibile.
Nello spettro di raggi X che si ottiene bombardando con elettroni un
bersaglio di un particolare metallo si possono notare delle linee
caratteristiche dovute agli elettroni incidenti che rimuovono un elettrone
dall�atomo bersaglio, lasciando uno stato vuoto in un guscio energetico
(shell) interno dell�atomo. Un elettrone appartenente ad un livello energetico
pi� esterno pu� riempire il posto vuoto, rilasciando l�energia in eccesso sotto
forma di un fotone X.
Figura 1-1 Spettro X del molibdeno [1.2]
L�emissione caratteristica di raggi X per un bersaglio di molibdeno �
mostrata in fig. 1-1: si notano i due picchi relativi ad un elettrone che viene
scalzato dal guscio energetico K (n = 1) e ad un elettrone di livello superiore
11
che, decadendo energeticamente, lo sostituisce. I raggi X prodotti dalla
transizione dal livello n = 2 al livello n = 1 sono chiamati raggi X K
α
mentre
quelli da livelli ≥ 3 al livello 1 sono raggi X K
β
. Transizioni al livello n = 2 o
guscio L sono indicate come raggi X L. La distribuzione continua a sinistra
dei due picchi � la radiazione di bremsstrahlung.
I raggi γ sono fotoni di alta energia prodotti dai processi di decadimento
gamma delle sostanze radioattive. Altri due processi di decadimento sono il
decadimento alfa (α ), che porta all�emissione di nuclei di elio, e il
decadimento beta (β ), che consiste nell�emissione di elettroni o positroni (un
positrone � una particella identica all�elettrone fatta eccezione per il segno
della carica elettrica, che per il positrone � positiva). Il decadimento gamma
in genere si verifica a seguito di un processo di decadimento nucleare di tipo
α o β , processi che lasciano il nucleo atomico in uno stato energeticamente
eccitato; il decadimento γ consente al nucleo di passare ad uno stato
energetico inferiore emettendo un fotone γ di energia tra 1MeV ed 1GeV.
Notevole � la capacit� di penetrazione dei raggi X e γ : una particella α
penetra a mala pena un foglio di carta, una particella β pochi millimetri di
alluminio, i raggi γ possono penetrare diversi centimetri di piombo [1.2].
12
1.2 Interazione tra radiazioni γ e X e la materia
Quando i raggi X e γ arrivano sulla superficie del rivelatore, penetrano
nel materiale di cui � costituito in una serie di interazioni con esso.
Dato che l�energia quantica di un fotone X o γ � troppo elevata per essere
semplicemente assorbita dall�atomo attraverso una semplice transizione di un
elettrone verso livelli energetici pi� esterni, esso provoca l�allontanamento
dell�elettrone dall�atomo (ionizzazione). Per tale motivo i raggi X vengono
indicati come radiazioni ionizzanti.
L�interazione di un fotone X o γ con la materia avviene in tre possibili
modi:
Figura 1-1 [1.4]
• per completo assorbimento dell�energia del fotone da parte dell�elettrone,
(effetto fotoelettrico),
13
• per parziale assorbimento dell�energia da parte dell�elettrone stesso e
conseguente emissione di un secondo fotone di raggi X dovuto
all�energia residua del primo fotone (effetto Compton).
Figura 1-2 [1.4]
• mediante produzione di una coppia elettrone � positrone. Questo si
verifica quando l�energia del fotone � superiore a 1,022 MeV, essendo
l�energia a riposo di un elettrone e quindi di un positrone pari a 0,511
MeV. Quando l�energia del fotone � molto superiore a questa soglia, la
produzione di coppie elettrone � positrone diviene la via principale di
interazione dei raggi X e γ con la materia.
La sezione d�urto complessiva per un fotone che interagisce con la
materia pu� essere allora espressa nella seguente forma:
(1.1)
14
Per un fascio di fotoni di intensit� I, (espressa in unit� di energia per
unit� di tempo e unit� di area) risulta I = ΦE, con Φ flusso di fotoni per
unit� di tempo e di area. Il flusso di fotoni primari perduti nel-
l�attraversamento di uno spessore dx di materia a causa dei tre processi di
interazione risulta:
dΦ = ΦN (σ
Comp +
σ
photo +
σ
pair
) dx (1.3)
dove N � la densit� di atomi. La conseguente attenuazione di intensit� � pari
a:
dI = ΦEN (σ
Comp +
σ
photo +
σ
pair
) dx = I � dx, (1.4)
dove � � il coefficiente totale di assorbimento, definito da:
� = Nσ = σ ( N
a
ρ/A ), (1.5)
15
con N
a
numero di Avogadro, ρ densit� del materiale e A massa atomica. �/ρ �
il valore pi� comunemente tabulato, poich� questa quantit� � indipendente
dallo stato fisico della materia.
L�intensit� I(x) del fascio di fotoni, che ha attraversato uno spessore di
materia pari a x, � data da:
I(x) = I
0
e
(-�/ρ)ρx
, (1.6)
dove I
0
� l�intensit� iniziale.
In questo caso il coefficiente di attenuazione µ � riferito al solo
assorbimento dei fotoni primari, trascurando tutte le particelle e i fotoni
secondari. Nello scattering Compton solo una parte dell�energia del fotone
primario viene assorbita dall�elettrone, mentre i fotoni secondari prodotti
possono subire ulteriori scattering. Pertanto il parametro pi� adatto a valutare
l�attenuazione di una radiazione γ o X non � �, ma �
en
, la costante di
assorbimento energetico, che sostituisce � nelle formule precedenti.
Detto Z il numero atomico dell�atomo del materiale coinvolto
nell�interazione, σ
photo
� proporzionale a Z
n
, dove n � approssimativamente
4.5, σ
Comp
� proporzionale a Z e σ
pair
proporzionale a Z
2
; la sezione d�urto
16
totale risulta aumentare, cos� come la costante di attenuazione, per materiali
con numero atomico medio pi� elevato [1.3].
Figura 1-3 Importanza relativa dei tre tipi di interazione
fotonica: le linee indicano i punti di uguale dominanza di due
effetti
0,01 0,1110 100
0
20
40
60
80
100
n
u
m
e
r
o
a
t
o
m
i
c
o
Z
hν (MeV)
Produzione
di coppie
Effetto
Compton
Effetto
fotoelettrico
17
1.3 Rivelatori X e γ a semiconduttore
Lo schema pi� semplice impiegato per la fabbricazione di un
rivelatore di raggi X a semiconduttore si evince dalla sottostante
figura 1-5.
Figura 1-4 Assorbimento fotonico [1-5].
Il materiale semiconduttore � posto a contatto di due elettrodi metallici.
Lo spessore del materiale impiegato dipende dal coefficiente di
attenuazione della radiazione incidente e dall�efficienza con cui riesce a
raccogliere la carica prodotta.
Un fotone gamma o X assorbito da un semiconduttore pu� generare un
numero di coppie lacuna � elettrone proporzionale alla sua energia.
18
Tipicamente, l�energia di formazione di una coppia elettrone � lacuna in
un semiconduttore attraversato da un fotone X o γ � di circa 4 eV, cos� un
fotone di 100 keV generer� circa 25000 coppie.
Applicando un potenziale di bias esterno applicato attraverso i contatti
metallici produce un campo elettrico pi� intenso di quello prodotto dalle
cariche formate dal fotone, ci� al fine di vincere l�attrazione tra le cariche
positive e negative generate e consentire di raccogliere le cariche.
Le lacune e gli elettroni che vengono a formarsi hanno concentrazioni
date dalle relazioni:
dove F rappresenta la velocit� di generazione delle coppie lacuna �
elettrone, τ
n
e τ
p
sono i tempi di vita medi di elettrone e lacuna.
La corrente prodotta �:
(1.7)
(1.8)
n
Fn τ=
p
Fp τ=
pn
t
pe
t
ne
I +=
19
dove t
n
� il tempo che l�elettrone impiega per andare dal catodo all�ano-
do, t
p
il tempo che la lacuna impiega per andare dall�anodo al catodo.
Essendo poi:
dove L � la distanza tra i contatti, E � il campo elettrico applicato e µ le
mobilit�. Combinando le equazioni (1.7), (1.8), (1.9):
Ponendo µ = µ
n
+µ
p
e τ = τ
n
= τ
p
:
F dipende dal tipo di interazione e quindi dal numero atomico del
materiale utilizzato come rivelatore, Z deve quindi essere il pi� alto possibile
per avere alte fotocorrenti.
µ
(1.9)
(1.10)
(1.11)
n
n
E
L
t
µ
=
p
p
E
L
t
µ
=
E
L
eF
I
ppnn
)( τµ+τµ=
E
L
eF
I µτ=