Introduzione
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L�art. 1 della legge in parola, introduce nell�ordinamento tributario una
nuova disposizione che attraverso la definizione di un nuovo istituto, i cui
elementi caratteristici sono stati mutuati dalla legislazione anglosassone
3
, mira a
contrastare il diffuso fenomeno della delocalizzazione dei redditi in Paesi a
fiscalit� privilegiata attuato tramite la creazione di societ� estere controllate da
soggetti residenti in Italia.
Attraverso queste operazioni, il soggetto italiano controllante persegue
l�obiettivo di ridurre sensibilmente, se non addirittura di minimizzare, il prelievo
fiscale su alcuni tipi di redditi particolarmente mobili. Il fine della norma � quindi
di contrastare queste pratiche elusive e di attrarre e sottoporre anche tali redditi a
tassazione.
L�istituto in oggetto � generalmente conosciuto con il nome di �Controlled
foreign companies� ed � usualmente abbreviato in �CFC�; la sua denominazione �
di origine americana poich� negli Stati Uniti d�America si sono svolti i primi studi
a riguardo e, inoltre, l�Amministrazione statunitense � stata la prima in assoluto ad
introdurre una Controlled Foreign Companies Legislation
4
.
Tra i paesi che hanno introdotto dopo il 1962 una normativa CFC, ci sono:
la Germania (1972), la Francia (1980) e il Regno Unito (1984). Poich� si
ritengono tali Paesi particolarmente significativi, i loro regimi CFC saranno
analizzati unitamente a quello statunitense nel capitolo quinto. Anche in tale
occasione, si potr� notare che pur avendo il comune obiettivo di contrastare il
differimento o la riduzione del carico fiscale attraverso il ricorso a strutture
societarie create ad hoc in giurisdizioni a fiscalit� privilegiata, esiste una notevole
3
Come si vedr�, la normativa anglosassone non � stata adottata in toto, bens�, soltanto nei
suoi principi ispiratori di base. Un esempio della significativa differenza esistente tra le
disposizioni tributarie in questione, si pu� notare dai due diversi criteri di individuazione
del reddito da sottoporre a tassazione nel paese di residenza della controllante. In Italia si
utilizza un criterio che si fonda sulle giurisdizioni in cui le CFC hanno la residenza, il cd.
sistema jurisdictional; mentre negli Stati Uniti d�America si fa ricorso al cd. sistema
transactional che individua nella tipologia della singola operazione posta in essere dalla
societ� residente con la controllata estera, l�elemento discriminante per l�applicazione della
normativa CFC.
4
La prima CFC Legislation risale al 1962; in quell�anno, infatti, il Congresso statunitense
approv� il regime Subpart F dell�Internal Revenue Code.
Introduzione
- 3 -
diversit� nelle modalit� che possono essere utilizzate per reprimere il fenomeno
dell�elusione fiscale internazionale che negli ultimi anni, data la sempre crescente
mobilit� e �volatilit�� di alcune categorie di reddito, si � talmente ampliato da
attirare l�attenzione di pressoch� la totalit� dei legislatori e delle autorit� tributarie
dei paesi a fiscalit� pi� avanzata; ci�, si � verificato anche per il nostro Paese che
ha ritenuto opportuno rivedere le norme riguardanti i redditi provenienti da societ�
controllate o partecipate estere, al fine di ridefinire e razionalizzare il quadro
normativo complessivo dei redditi in oggetto e di sottoporre ad un prelievo fiscale
maggiore quei redditi che tramite l�elusione hanno goduto finora un ingiustificato
beneficio fiscale.
Per rendere pi� completa e approfondita l�analisi della normativa italiana
sulle Controlled Foreign Companies, si � ritenuto necessario procedere prima con
una valutazione generale dei livelli impositivi
5
sia dei Paesi pi� significativi dal
punto di vista economico che di alcuni aggregati, quali l�Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e l�Unione Europea (UE), dei
quali l�Italia fa parte; inoltre sono state considerati anche gli studi svolti da queste
due organizzazioni sovranazionali sul tema della concorrenza fiscale dannosa e le
possibili soluzioni individuate per contrastare tali fenomeni
6
. Per quanto riguarda
la Comunit� Europea (CE), in virt� del potere vincolante di alcuni suoi atti, oltre
alle Direttive ed i Regolamenti gi� prodotti e riguardanti le problematiche della
doppia imposizione e della concorrenza fiscale intracomunitaria, sono stati
brevemente considerate gli indirizzi attuali di politica fiscale e le future probabili
produzioni normative
7
.
Nelle pagine che seguono si � cercato di effettuare un�analisi, quanto pi�
completa possibile, della normativa italiana e degli aspetti internazionali pi�
rilevanti correlati alle tematiche delle Controlled Foreign Companies.
5
Tale analisi � stata condotta nel primo capitolo.
6
Si veda in particolare il secondo capitolo e la parte iniziale del terzo.
7
Tale argomento � stato approfondito nell�ultima parte del terzo capitolo dove sono state
analizzate anche le difficolt� normative della comunit� riconducibili prevalentemente al
fatto che per gli interventi normativi di natura fiscale � prevista dal Trattato costitutivo
l�unanimit�.
1. L�aspetto economico del problema
- 4 -
1. L’aspetto economico del problema
E� opinione largamente diffusa, se non addirittura universalmente accolta,
che l�incremento di competitivit� internazionale manifestatosi negli ultimi
decenni, abbia avuto numerosi effetti benefici sia sui singoli mercati nazionali che
hanno preso parte al commercio internazionale, sia sul mercato globale nel suo
complesso; ne costituiscono degli esempi, gli incrementi registrati nel benessere
generale e nei livelli di vita (living standards) dei singoli.
A riguardo � stato affermato che �the globalisation of the economy is
another dominating feature of the late 20
th
century. Trade and investment
liberalisation, and developments in communication and information technology
have broken down economic and communications barriers between nations and
greatly expanded world trade, including trade with multinational enterprises.
...the emergence of global and financial markets has generally improved the
worldwide allocation of savings and capital, thereby reducing the costs of capital
and stimulating investment. Financial innovation has played a key role in that
process�
8
.
Poich� esula dall�obiettivo del presente lavoro, in questa sede non saranno
analizzate le cause di questo sviluppo che � tuttora in corso con intensit� e velocit�
maggiori di quelle registrate anche nel recente passato,
Qui, si � preferito valutare esclusivamente gli effetti che l�apertura dei
mercati ed il conseguente sviluppo degli scambi internazionali hanno prodotto nei
sistemi fiscali dei Paesi pi� industrializzati; in particolare, l�analisi prender� in
considerazione principalmente gli effetti negativi che si sono osservati come
naturale contrappeso dei positivi risultati manifestatisi nel campo fiscale e che
comprendono tra gli altri:
8
Cfr. DE KAM-OWENS, �Financing Social protection in the 21
st
Century�, in Financing
Social Protection in Europe, curato da Saari- V�lim�ki, Ministry of social affairs and health,
Helsinki, 1999
1. L�aspetto economico del problema
- 5 -
• la spinta, dovuta all�aumentata competizione fiscale, verso una
riduzione dell�imposizione complessiva, che richiede a sua volta
un�efficace riorganizzazione dei servizi pubblici all�insegna di
una maggiore efficienza
9
;
• l�ampliamento della base imponibile che ha dovuto considerare
nuove tipologie di redditi sia nazionali che esteri o derivanti da
operazioni con l�estero;
• la riforma e lo snellimento della struttura dell�Amministrazione
finanziaria.
In precedenza si � gi� avuto modo di osservare che lo sviluppo dei sistemi
tributari conseguente all�accresciuta competitivit� del mercato internazionale, ha
comportato anche riforme tributarie volte ad accrescere l�attrattivit� fiscale
internazionale; di conseguenza, accanto alla positiva concorrenza fiscale poco
sopra commentata, si sono sviluppati fenomeni di concorrenza fiscale dannosa
(Harmful Tax Competition) aventi come unico obiettivo, l�attrazione degli
investimenti esteri pi� mobili al fine di sottoporli ad un prelievo fiscale minimo,
ma comunque di entit� considerevolmente inferiore di quella cui sarebbero
sottoposti nel loro paese d�origine.
Queste harmful tax practices hanno degli effetti economici devianti e
squilibratori che si manifestano principalmente:
• nelle modalit� di scelta di localizzazione sia dei servizi finanziari
e degli altri servizi caratterizzati da una similare elevata mobilit�
geografica, sia delle altre attivit� mobili e con particolare
riferimento agli intangibles
10
;
• nell�erosione della base fiscale del paese �abbandonato� e le cui
conseguenze si riflettono nelle sue difficolt� di bilanciamento
della spesa pubblica sostenuta per garantire servizi primari quali
9
In tal senso si veda anche il documento �The OECD’s Project On Harmful Tax Practices:
The 2001 Progress Report�, OCSE, Parigi 2001, paragrafo 1.
10
Nella maggior parte dei casi, tutte queste fattispecie, possono essere ricomprese sotto la
denominazione anglosassone di Geographically Mobile Activities.
1. L�aspetto economico del problema
- 6 -
sono, ad esempio, la difesa, la giustizia, l�educazione, la salute e
la previdenza; lo sbilanciamento in questione comporta
generalmente un incremento del carico fiscale sopportato dai
redditi meno mobili, e/o una riduzione dei servizi pubblici offerti;
• nella distorsione indiretta del commercio e dei flussi degli
investimenti reali;
• nel fenomeno del free riding che si manifesta anche quando un
soggetto residente, che ha dislocato all�estero i suoi redditi pi�
mobili al fine di minimizzare o perfino annullare il prelievo
fiscale, pur usufruendo dei servizi pubblici e delle infrastrutture
create dallo Stato, non partecipa alle relative spese attraverso il
meccanismo del tributo;
• nella riduzione della fiducia dei contribuenti nell�equit� del
prelievo fiscale e nell�accettazione dello stesso.
Come si pu� facilmente notare, questa competizione fiscale dannosa
effettuata nei confronti dei Paesi ad imposizione pi� elevata ed il cui positivo
differenziale di carico fiscale � riconducibile principalmente al maggiore livello
qualitativo e quantitativo dei servizi pubblici offerti, conduce ad una riduzione del
benessere globale e, come gi� evidenziato, insidia alle fondamenta la necessaria
fiducia che il contribuente deve avere nell�equit� del sistema impositivo al fine
dell�autoadempimento
11
.
11
Concordemente si � espressa l�OCSE nel suo rapporto intitolato �Harmful Tax Competition:
An Emerging Global Issue�, OCSE, Parigi, 1998, dove al paragrafo 4 evidenzia che: �Such
harmful tax competition diminishes global welfare and undermines taxpayer confidence in
the integrity of tax systems�. Con riferimento a quanto indicato nll�elenco puntato
precedente vedasi anche il paragrafo 30 della stessa pubblicazione.
1. L�aspetto economico del problema
- 7 -
1.1 L’influenza della competizione fiscale internazionale sulla
politica fiscale
Oggigiorno la politica fiscale continua ad essere per ogni Paese uno
strumento di intervento nell�economia ed � utilizzata per raggiungere le situazioni
economiche e socio-politiche considerate ideali per il sistema nazionale. Questa
capacit� di regolare e di riequilibrare si fonda sul potere autoritativo che ogni
Stato ha, e di cui � molto geloso
12
, che gli permette di imporre tributi sui redditi e
sui beni di tutti i suoi membri per far fronte alle spese pubbliche e trasferire le
risorse nel modo che ritiene pi� opportuno.
1.1.1 La situazione precedente
In passato, dato il carattere sostanzialmente chiuso delle economie dovuto
prevalentemente alla limitata mobilit� dei capitali, le politiche fiscali ed i sistemi
tributari dei Paesi pi� evoluti che partecipavano al commercio internazionale,
nell�effettuazione degli studi prodromici alle programmazioni ed alle successive
implementazioni di questi ultimi, non prendevano in considerazione le asimmetrie
tra loro esistenti.
Tale indipendenza si pu� osservare anche nelle scelte che venivano
effettuate in tema di carichi fiscali e beni e servizi pubblici offerti, infatti, da pi�
parti � stato osservato come �la decisione di avere un elevato livello d’imposizione
ed un’elevata spesa pubblica oppure basse tasse e spese pubbliche limitate, il mix
di imposte dirette o indirette, e l’utilizzo di incentivi, erano tutte questioni decise
principalmente in base a elementi interni e che producevano effetti
prevalentemente nazionali�
13
. In effetti, le influenze extra-nazionali (con
particolare riferimento ai fenomeni di international spillover) e le loro eventuali
12
Infatti, in tal senso si consideri anche che: �la relativa lentezza in materia di
armonizzazione e coordinamento delle tasse comunitarie è dovuta alla complessità della
questione, ma anche al fatto che gli articoli del trattato C.E. che vi fanno riferimento
richiedono l’unanimità�, �La politica fiscale dell’Unione europea�, Lussemburgo, Ufficio
delle pubblicazioni ufficiali delle Comunit� europee, 2000, p.6.
13
Cos� si legge al paragrafo 4, capitolo 1, �Harmful Tax Competition: An Emerging Global
Issue�, op. cit. -traduzione propria.
1. L�aspetto economico del problema
- 8 -
conseguenze interne, erano in generale talmente limitate da non venir prese in
considerazione dalle autorit� di politica economica.
Un�ulteriore conferma in tal senso si pu� ricavare anche analizzando le
strutture dei sistemi tributari dei Paesi a fiscalit� pi� evoluta; infatti, questi ultimi
hanno optato quasi unanimemente per sistemi di tassazione su base globale
(worldwide taxation) piuttosto che per quelli di tipo territoriale. Risulta evidente
che tali scelte per sistemi worldwide furono effettuate sfruttando la passata
situazione congiunturale che permetteva la coesistenza di un�economia aperta dal
punto di vista commerciale e di una limitata mobilit� dei capitali, per allargare la
base imponibile ai redditi di fonte estera e conseguentemente incrementare il
gettito fiscale complessivo. Come si vedr� pi� oltre, allo stato attuale appare arduo
comparare tra loro sistemi di tassazione globali o territoriali facendo riferimento
solamente ai flussi finanziari oppure ad altre attivit� immateriali.
Per quanto riguarda la materia della competizione fiscale tra Stati, si pu�
osservare che il problema � stato considerato dagli economisti con notevole
anticipo rispetto alle autorit� di politica fiscale; infatti, in quasi la totalit� dei
modelli macroeconomici e di politica economica sviluppati dopo gli anni
Cinquanta, il tasso d�imposizione fiscale costituisce una delle variabili principali
dei modelli che, com�� noto, esprimono in modo semplificato il funzionamento
reale dell�economia. Con particolare riferimento a quei modelli �a due paesi� che
fanno capo all�economia internazionale e all�economia monetaria internazionale,
si evidenzia che le variabili fiscali dei diversi Paesi considerati, risultano
determinanti sia per le situazioni dinamiche complessive che si vengono a creare
in seguito alla modifica dei carichi tributari, che per gli equilibri finali
eventualmente raggiunti.
Si osserva infine che i modelli in oggetto, poich� fondati su ipotesi (quali ad
esempio la libera concorrenza perfetta all�interno dei diversi mercati -beni, capitali
e lavoro in particolare- oppure la completa apertura dei sistemi economici dovuta
all�assenza di barriere all�entrata e all�uscita) che non rispecchiavano la situazione
effettiva delle economie, non sono stati utilizzati nella determinazione delle
politiche fiscali finch�, come descritto nel successivo paragrafo, nel recente
1. L�aspetto economico del problema
- 9 -
passato la situazione delle economie non si � modificata in seguito al fenomeno
della globalizzazione che ha provocato notevoli difficolt� prevalentemente a quei
Paesi che in precedenza avevano optato per il sistema di tassazione su base
globale. Infatti, la base imponibile ed il livello delle entrate di questi Pesi sono
diminuiti consistentemente negli anni, e attualmente si stanno dirigendo verso i
livelli d�imposizione corrispondenti a quelli dei sistemi di tassazione territoriali.
In ciascuno di questi Paesi si sta riducendo quindi il �surplus�, formatosi in
passato e sul quale oramai veniva fatto notevole affidamento poich� era sentito
come proprio e definitivamente acquisito. Risultano quindi chiari i motivi della
loro contrariet� e della loro effettiva e elevata difficolt� a rinunciarvi senza alcuna
contropartita, nemmeno minima.
1.1.2 La spinta della globalizzazione
L�incremento del commercio internazionale e l�aumento della consistenza
dei flussi internazionali dei capitali hanno portato, stanno portando e porteranno
sostanziali modifiche nei singoli sistemi fiscali ed anche nel sistema delle loro
relazioni e delle loro sempre pi� necessarie interrelazioni.
Come si � gi� osservato, la rimozione delle barriere di carattere non fiscale
(non-tax barriers) che in passato hanno impedito uno sviluppo internazionale pi�
sostenuto delle singole economie, e l�attuale, conseguente e sempre crescente,
integrazione delle economie nazionali verso un mercato globale, hanno posto
chiaramente in evidenza e attratto una parte notevole dell�attenzione delle
amministrazioni finanziarie dei Paesi a fiscalit� avanzata sugli effetti che le
politiche fiscali degli altri Stati possono avere sulle loro entrate e sui loro sistemi
produttivi e finanziari.
A tale riguardo diversi studi
14
, approfonditi, continuativi e in alcuni casi
anche coordinati, si stanno conducendo sia a livello di singola nazione che a
livello di organismi sovranazionali. In queste analisi sono state espresse in modo
pressoch� unanime forti preoccupazioni riguardo ai comportamenti �predatori�
14
A riguardo si vedano pure i capitoli secondo e terzo del presente lavoro.
1. L�aspetto economico del problema
- 10 -
condotti dai cosiddetti paradisi fiscali
15
che permettono ai contribuenti elusioni ed
in alcuni casi perfino evasioni fiscali.
In seguito al processo di globalizzazione � aumentata la competitivit�
nell�arena competitiva internazionale e di questo incremento hanno beneficiato
principalmente le imprese multinazionali poich� sono i soggetti pi� capaci, in
virt� dei loro legami con numerosi Paesi esteri, di sviluppare, costantemente ed in
modo sempre crescente e pi� articolato, strategie globali
16
; inoltre, le stesse
imprese multinazionali si stanno sviluppando, grazie alle innovazioni tecnologiche
introdotte dalla Information Communication Technology (ICT) nelle loro funzioni
di management e di servizi ausiliari, verso una nuova tipologia di imprese che si
potrebbero definire sovranazionali quando la loro internazionalizzazione sia cos�
elevata da non permette di individuare un significativo legame con un solo e
preciso Paese al quale fare specifico riferimento in termini di caratteristiche
culturali, organizzative e, volendo forzare molto, perfino giuridiche
17
.
In questo contesto si � sviluppata consistente letteratura in tema di
pianificazione fiscale internazionale e si sono manifestati i comportamenti pi�
arditi di tax planning che hanno spinto la quasi totalit� dei legislatori fiscali e delle
amministrazioni finanziarie dei Paesi a fiscalit� pi� evoluta (e pi� elevata) ad
adottare ed implementare misure antielusive specifiche quali sono, ad esempio, il
transfer pricing e, per ci� che riguarda questo lavoro in particolare, le Controlled
Foreign Companies Legislations.
15
In generale, con questo termine si fa riferimento prevalentemente ai quei piccoli paesi che
attuano le politiche fiscali dannose cui si � gi� accennato all�inizio del presente capitolo.
Si noti che l�espressione italiana �paradisi fiscali� dovrebbe essere tradotta in inglese con
�tax heavens�, mentre in quest�ultima lingua si utilizza prevalentemente �tax havens� che
corrisponde invece a �rifugi fiscali�; come si avr� modo di notare in seguito al successivo
capitolo, i due termini inglesi non sono sinonimi, mentre ci� sembra invece possibile per i
loro corrispondenti italiani, per i quali infatti non � stata trovata alcuna traccia di una
differenza di significato di rilevanza pari a quella trovata tra i due termini inglesi.
16
Sull�argomento in particolare si consideri VIANELLI �Le strategie e le fasi di
internazionalizzazione dell’impresa� in �Il posizionamento del prodotto nei mercati
internazionali�, Franco Angeli, 2001, 195.
17
Per uno dei primi tentativi di analisi e definizione delle imprese sovranazionali e delle
differenze esistenti tra loro e le imprese internazionali, multinazionali e transnazionali, si
veda PERLMUTTER, �The tortuous evolution of the multinational corporation�, Columbia
Journal of World Business, 1969, Gen./Feb.
1. L�aspetto economico del problema
- 11 -
1.2 Gli svantaggi strutturali e la competizione fiscale
La competizione fiscale internazionale e le interazioni tra i sistemi fiscali
possono generare gli effetti che sono stati evidenziati all�inizio di questo capitolo;
a riguardo non si pu� non osservare che il giudizio di dannosit� su alcuni
fenomeni competitivi pu� variare in modo determinante (perfino capovolgendo lo
stesso giudizio di dannosit�) se si modifica la prospettiva di analisi spostandola
dal Paese che risulta danneggiato a quello che concedendo le agevolazioni fiscali
attira investimenti esteri che altrimenti, a causa degli specifici svantaggi strutturali
della sua economia, non sarebbero stati effettuati.
Nel valutare quindi la �dannosit�� del differenziale tra i carichi fiscali di due
Paesi sembra consigliabile quindi, al fine di una pi� corretta analisi, considerare
anche l�ottica in cui i due Paesi, antagonisti dal punto di vista tributario, vedono
gli strumenti di incentivo all�investimento; potrebbe infatti accadere che un Paese
consideri il differenziale in questione come uno strumento legittimo, e in alcune
situazioni anche che come il pi� efficace, per stimolare gli investimenti interni ed
esteri, mentre l�altro Paese potrebbe allo stesso tempo considerare lo stesso
differenziale come dannoso in quanto teso a dirottare gli investimenti reali al di
fuori del suo territorio.
Questo accade spesso nei confronti di quei Paesi che hanno svantaggi
strutturali quali sono tipicamente la scarsit� delle materie prime o delle fonti
energetiche oppure una localizzazione geografica svantaggiosa dal punto di vista
climatico o lontana dai mercati rilevanti. In questo caso, risulta condivisibile la
valutazione secondo la quale gli incentivi, anche quelli sotto forma di regimi
fiscali pi� favorevoli, sono necessari per equilibrare sia gli svantaggi di natura non
tributaria sopra evidenziati che i costi di localizzazione indispensabili per far
sorgere un�attivit� produttiva in quell�area.
Il giudizio favorevole su questi incentivi di natura fiscale ha la stessa natura,
nella sua essenza, degli incentivi disposti da ogni Paese sia per le sue aree pi�
depresse, periferiche oppure che hanno significative difficolt� di sviluppo, sia per
le attivit� produttive che necessitano, in alcuni dei loro stadi di sviluppo, di stimoli
esterni al mercato; comunemente, infatti, non sembra accettabile il fatto che
1. L�aspetto economico del problema
- 12 -
un�area debba rimanere sottosviluppata per una sfavorevole situazione naturale
predeterminata.
Si evidenzia che in questo paragrafo si fa riferimento prevalentemente ad
investimenti reali e non finanziari poich� i primi, proprio a causa della loro natura,
hanno un legame pi� stretto e facilmente individuabile con il territorio sul quale
sorgono; mentre per i secondi tale legame � pi� celato. Con riferimento a questi
ultimi in particolare, si fa notare che comunque, alla fine anche per loro, risulta un
collegamento forte con il territorio dell�attivit� produttiva alla quale sono
accessori. Sembra infatti possibile affermare che il legame territoriale di
un�attivit� finanziaria sia un legame mediato che trova fondamento nella natura
accessoria dell�attivit� finanziaria all�attivit� produttiva reale sottostante. Ci� �
confermato dal fatto che il motivo stesso di esistenza delle attivit� finanziarie
verrebbe meno nello stesso momento in cui non vi fosse pi� alcuna attivit�
produttiva nei confronti della quale svolgere la loro funzione accessoria.
Per completezza si osserva che i sistemi tributari per i quali possono sorgere
i problemi di valutazione sulla dannosit� sopra evidenziati sono quelli che non
prevedono trattamenti differenziati a seconda che l�investimento provenga dal
territorio nazionale oppure dall�estero; quindi, nei casi in cui siano previsti
trattamenti diversi, come si ha ad esempio per i fenomeni di ring fencing, la
dannosit� risulta chiara e sostanzialmente indiscutibile sotto i punti di vista presi
in considerazione in questo paragrafo.
Da quanto sopra brevemente esposto, risulta evidente che esistono numerosi,
diversi ed eterogenei fattori che partecipano alla definizione complessiva della
competitivit� di un Paese e quindi anche del suo livello di competitivit� fiscale; ne
risulta infine che la linea ideale di separazione che demarca il confine tra la
competizione fiscale accettabile e quella dannosa � sottile (in alcuni casi perfino
discontinua) ma soprattutto � mobile in funzione della dinamica struttura tributaria
globale.
1. L�aspetto economico del problema
- 13 -
1.3 Le differenze tra le principali strutture fiscali
Nel 1998, il totale delle entrate tributarie dei Paesi membri dell�OCSE ha
raggiunto la considerevole cifra di 8 mila miliardi di USD
18
corrispondenti
all�incirca al 37% della somma dei Prodotti Interni Lordi dei 29 Paesi che
appartengono all�Organizzazione. Questa cifra � la pi� elevata registrata
dall�inizio della serie statistica in oggetto che parte dal 1965.
Come si pu� notare dalla seguente figura, nel 1998, i soli Paesi membri con
un rapporto Tributi Complessivi/Prodotto Interno Lordo superiore al 45% erano:
la Svezia (52,0%), la Danimarca (49,8%), la Finlandia (46,2%), il Belgio (45,9%)
e la Francia (45,2%). Si osserva che tutti questi Paesi offrono un�elevata quantit�
di servizi pubblici e delle strutture di assistenza sociali superiori alla media
19
.
Dai dati indicati risulta anche che gli unici Paesi membri con un rapporto
Tributi Complessivi/Prodotto Interno Lordo inferiore al 22% erano la Corea
(21,1%) ed il Messico (16,0%). La loro elevata competitivit� fiscale, rispetto alla
maggioranza dei Paesi membri ed in particolare nei confronti di quelli europei,
sembra potersi ricondurre a quanto indicato nel precedente paragrafo a proposito
18
Dati tratti da �Revenue Statistics, 1965-1999�, OCSE, Parigi, 2000. Per la seguente analisi
si � fatto riferimento anche alle tabelle, indicate alle Appendici III e IV del presente lavoro,
ottenute rielaborando i dati forniti dall�OCSE.
19
BRONK, della London School of Economics, con riferimento ai sistemi economici
caratteristici dell�Europa continentale e alle diversit� esistenti con quelli anglosassoni, ha
osservato che: �One key divergence relates to the level of social protection and the
structure of labour markets. While most continental European countries have sought to
retain generous welfare states and other key elements of their distinctive social models,
Anglo-Saxon economies have favoured more ‘residual’ welfare state, with reduced tax
rates and flexible labour markets which incorporate high incentives to finding work. Such
divergence is often characterised as depending primarily on different political conceptions
of the appropriate trade-off between economic efficiency on the one hand, and social
justice on the other...�, BRONK,�Which model of capitalism?�, Oecd Observer, 6 ottobre
2000
1. L�aspetto economico del problema
- 14 -
della funzione di stimolo degli investimenti che pu� avere la politica fiscale nei
casi in cui sia necessario riequilibrare situazioni naturali svantaggiose, che
possono essere individuate per quanto riguarda la Corea nella sua lontananza dai
mercati occidentali e nella scarsit� di materie prime per il Messico.
Figura 1: Il carico fiscale nei singoli Paesi membri dell'O.C.S.E. nel 1998
52
49,8
46,2
45,9
45,2
44,4
43,6
42,7
41,5
41
38,7
38,3
37,9
37,4
37,2
37
35,2
35,2
34,2
34,2
33,7
33,6
33,2
29,9
28,9
28,7
28,4
21,1
16
41,3
37
0 1020304050
Sv ezia
Danimarca
Finlandia
Belgio
Francia
Austria
Norvegia
Italia
Lussemburgo
Paesi Bassi
Ungheria
Rep. Ceca
Polonia
Canada
Regno Unito
Ge r m an ia
N. Zelanda
Svizzera
Portogallo
Sp a gn a
Gr ec ia
Islanda
Irlanda
Australia
Stati Uniti
Turchia
Giappone
Corea
Messico
OCSE
UE
% del PIL
Fonte: OECD in Figures - 2001 Edition, OCSE, Parigi, 2001 � OECD
Come si � gi� avuto modo di osservare, la competitivit� complessiva di un
Paese dipende da numerosi e diversi fattori tra i quali vi sono pure quelli
ambientali sopra indicati per la Corea ed il Messico; volendo comunque elencare
almeno un elemento comune ad entrambi che aumenta la loro competitivit� nei
confronti degli altri Paesi pi� industrializzati, si pu� menzionare il ridotto costo
del lavoro che risulta essere stato un elemento decisivo per le scelte, compiute in
passato, di delocalizzazione di attivit� produttive europee e statunitensi di tipo
labour intensive.
1. L�aspetto economico del problema
- 15 -
A tale riguardo e con riferimento al Messico si considerino, ad esempio, le
delocalizzazioni di attivit� produttive di parti componenti e di strutture di
assemblaggio in particolare, effettuate da alcune imprese statunitensi produttrici di
autoveicoli.
Per quanto riguarda la Corea invece, ne costituisce un tipico esempio la
delocalizzazione, effettuata in questo caso sia da imprese europee che statunitensi,
delle produzioni di calzature sportive. Per completezza si osserva che attualmente
le produzioni di scarpe da ginnastica si stanno nuovamente spostando in altri
paesi, principalmente la Cina ed il Vietnam, che sono ancora pi� competitivi della
Corea per quanto riguarda il costo della manodopera.
Si ritiene che i due Paesi membri dell�OCSE in parola non attuino una
competizione fiscale dannosa poich� i loro regimi fiscali si applicano
indistintamente a tutti i soggetti, sia nazionali sia esteri.
Da quanto premesso risulta che si pu� quindi affermare che essi non attuano
alcuna forma di ring fencing.
Facendo riferimento ancora ai dati della Figura 1 si osserva che, tra i Paesi
membri del G7 del 1998, l�Italia, con un prelievo tributario complessivo pari al
42,7% del PIL, era l�unico Paese oltre alla Francia
20
che superava la soglia del
40%; mentre, nello stesso anno, il Giappone (28,4%) prevalendo di poco sugli
Stati Uniti (28,9%) si collocava al vertice opposto. In quell�epoca, come si pu�
notare dagli stessi dati, il carico fiscale del Paese del Sol Levante era inferiore di
soli 0,5 punti percentuali a quello statunitense e, inoltre, in entrambi questi Paesi il
prelievo tributario era di molto inferiore sia a quello medio attuato nell�OCSE
(37,0%) sia a quello medio attuato nell�Unione Europea (41,3%).
Tale situazione � rappresentata in modo chiaro dalla successiva Figura 2,
che evidenzia pure le diversit� esistenti tra le strutture fiscali dei Paesi e degli
aggregati indicati.
20
Questo paese, in virt� del suo 45,2%, occupava il primo posto della graduatoria.