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come un serbatoio sterminato di dati affluenti da migliaia di computer
connessi in rete, quando si è visto che, dietro ognuno di questi
computer, altrettanti esseri umani potevano mettersi in contatto e
comunicare attraverso la rete. A partire da Telnet,
1
il primo sistema
rudimentale di comunicazione sincrona offerto, una nuova concezione
di Internet si è andata affermando ed è tuttora in crescita, accanto a
quella che ne sottolinea le capacità informative: una concezione che
privilegia la comunicazione bidirezionale “calda” da persona a
persona, non più e non solo fra computer, o da computer a persona. È
evidente oggi come questa elevata capacità di interconnessione fra
milioni di individui sia alla base del successo e delle “fortune” della
rete.
Pur presentando a prima vista una struttura e un ritmo tipici delle
relazioni interpersonali non mediate, la CMC sincrona se ne discosta
inevitabilmente sia da un punto di vista tecnico, per la presenza di un
medium decisamente poco neutro come il computer, sia sul piano dei
presupposti e delle risorse comunicative offerte agli interattanti. Il
presupposto della compresenza e co-apparenza fisica dei partecipanti
all’interazione, per esempio, è stato uno dei tanti a cadere o a essere
soggetto a un non facile processo di discussione e revisione, mentre il
problema della “strettezza di banda” della comunicazione verbale
scritta ha sollevato grossi dubbi circa l’efficacia delle interazioni in
rete.
Il primo effetto di questo scostamento, spesso drammatico, della
CMC dalle forme e pratiche caratteristiche dell’interazione faccia a
faccia è stato, per molti studiosi, una “bocciatura” sostanziale del
mezzo, visto come canale insufficiente, improprio o inadatto a
stabilire relazioni sociali calde, informali, coinvolgenti, povero di
risorse utili a veicolare informazioni sociali contestuali (necessarie
all’interpretazione dei messaggi), congenitamente freddo e utile solo
in ambiti lavorativi e formali per la trasmissione di informazioni, dati
e comandi. Approcci di studio come quello della RSC Theory [Kiesler
et al. 1984; Sproull e Kiesler 1986; Dubrovsky et al. 1991],
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analizzando la CMC limitatamente allo scambio di e-mail in contesti
lavorativi, la descrivevano come una forma di comunicazione
condizionata da Reduced Social Cues, ovvero da un’estrema scarsità
di informazioni sociali e contestuali, e per questo inadatta a supportare
relazioni informali. Questi studi non sarebbero potuti approdare a
risultati diversi: essi esploravano infatti solo uno dei canali di
comunicazione raccolti sotto il termine-ombrello CMC, ma soprattutto
ne coglievano solo una forma d’uso, generalizzando indebitamente i
risultati ottenuti all’intero universo delle comunicazioni interpersonali
mediate dal computer. Più che la scarsa capacità di anticipare il futuro,
alla teoria RSC si può rimproverare di non aver saputo ricordare il
passato, trascurando secoli di relazioni sociali private sviluppate
interamente o quasi per corrispondenza, caratterizzate spesso da livelli
altissimi di coinvolgimento emotivo, malgrado tempi morti di gran
lunga maggiori di quelli imposti dalla posta elettronica.
In generale, le prime indagini nel campo della CMC (solitamente
rivolte allo studio della posta elettronica e dei newsgroups),
2
oltre a
non aver fornito un quadro comprensivo di tutti i contesti di uso
comunicativo del computer, non hanno rinunciato ai modelli di
riferimento tradizionali, finendo per mettere in risalto tutti i difetti e le
mancanze della CMC rispetto alla comunicazione faccia a faccia
(assenza di tratti paralinguistici, scarse informazioni sul contesto
sociale, freddezza del mezzo, mancanza di contatto fisico, lentezza
degli scambi comunicativi, ecc.) e i loro effetti sulla comunicazione
(superficialità, estemporaneità, freddezza, conflittualità, sregolatezza,
disimpegno). Si tratta di problemi reali che la CMC presenta, ma che
non possono di per sé condurre a conclusioni che non tengano conto
delle strategie e delle pratiche messe in atto dagli utenti di Internet per
surrogare o sostituire gli elementi propri dell’interazione non mediata,
come l’uso di simboli con funzione paralinguistica, onomatopee e di
un immenso repertorio di risorse atte a simulare gli aspetti non verbali
della comunicazione. Soprattutto è necessario rilevare come spesso gli
stessi limiti del mezzo possono trasformarsi in risorse per gli utenti, se
5
visti sotto una prospettiva differente, scoprendo scenari e possibilità
sconosciute alle relazioni faccia a faccia. Si pensi al problema
dell’anonimato che, se inizialmente costringe i partner comunicativi a
operare in un ambiente povero di contenuti sociali, allo stesso tempo li
scioglie da quei vincoli che sempre si determinano nelle interazioni
faccia a faccia, liberando inoltre la creatività delle persone nel
momento in cui esse si sforzano di riempire la relazione con le
informazioni sociali mancanti.
L’assenza (o indimostrabilità) delle informazioni relative
all’identità, vista in passato come un ostacolo insormontabile
all’instaurazione di relazioni coinvolgenti e durature, ha consentito
agli utenti (spesso più consapevoli degli studiosi delle le
caratteristiche e possibilità offerte dal medium) di cimentarsi in
esercitazioni e giochi d’identità tanto impossibili nelle relazioni della
“vita reale” quanto a esse propedeutiche. La mancanza di
compresenza o co-apparenza dei partner ha avuto un effetto
disinibente e liberatorio rispetto a un corpo in alcuni casi vissuto come
ingombrante e vincolante. La forma e la lentezza dei messaggi, più
che ostacolare l’interazione, hanno permesso di sviluppare una
maggiore consapevolezza del linguaggio e una nuova padronanza di
un lessico originale, capace di colmare molte delle lacune causate
dall’invisibilità dell’interlocutore.
In poche parole, analizzare la CMC partendo dal modello della
comunicazione non mediata non può che evidenziarne i limiti e le
carenze. Studiarla in una prospettiva più ampia, che la collochi
accanto all’interazione face to face, permette invece di coglierne le
risorse e le peculiarità per certi versi alternative e a volte perfino
complementari a quest’ultima.
Lo sviluppo, in seno a Internet, di un canale comunicativo come
Internet Relay Chat (IRC) ha poi imposto agli studiosi un rinnovato
impegno analitico. A parte Telnet, uno strumento di comunicazione
decisamente limitato in quanto incapace di mettere in contatto più di
6
una coppia di utenti, IRC rappresenta infatti l’avvento della CMC
sincrona in Internet, in un’epoca precedente all’invenzione del web.
La comunicazione su IRC merita attenzione in quanto, attraverso
questo sistema, la tecnologia telematica rende possibile ciò che in
passato era inconcepibile: individui sparsi per il globo possono ora
dialogare e riunirsi in gruppi usando la parola scritta come unico
canale comunicativo. Ciò avviene nonostante essi debbano rinunciare
alla compresenza fisica, e in molti casi perfino alla compresenza fisica
potenziale. La novità è estremamente rilevante, anche rispetto all’uso
del telefono che, oltre a dar corpo e valore alle parole attraverso il
suono e l’intonazione, comporta una maggiore percezione di presenza
fisica dell’interlocutore. In una finestra di chat le parole si presentano
invece spogliate della loro corporeità, fluttuanti nel vuoto di
informazioni contestuali e sensoriali.
Rispetto all’e-mail e ai newsgroup, IRC evidenzia aspetti del tutto
peculiari: la comunicazione in tempo reale con tempi d’attesa ridotti a
pochi secondi, la possibilità di conversare in pubblico come in privato,
a due come in molti, l’assenza di un limite al numero di persone che
possono prendere parte a una conversazione. In parte analoga ai
gruppi di discussione appare la strutturazione in canali basati su
interessi personali o variabili socio-demografiche, mentre comune ai
protocolli coevi è la assoluta preponderanza della scrittura. Nel
complesso si può affermare che, se strumenti come mailing-lists
3
e
newsgroup potevano già supportare forme di comunicazione talvolta
improntate allo scambio di informazioni, ma in altri casi più o meno
ricche di contenuto emotivo, lo sviluppo di IRC ha offerto fin da
subito ai suoi utenti un ambiente molto più favorevole alla
comunicazione empatica che alle interazioni formali.
Welcome to #partyhouse! Have a drink… enjoy your stay!
Così recita il messaggio di benvenuto che ogni utente riceve
entrando nel canale IRC #partyhouse. Si tratta di una chiara
esortazione alla conversazione informale e libera, al divertimento, e
7
soprattutto a non avere fretta, lasciandosi trasportare dall’andamento
della chat. Nel corso di questo studio cercherò fra l’altro di stabilire
se, in che misura e in quali circostanze la comunicazione su IRC
assuma effettivamente questa impronta amichevole e ludica.
Il successo di IRC, testimoniato dalla partecipazione sempre
crescente di utenti alle sue sotto-reti, ha portato gli studiosi a
interrogarsi su molte questioni: possono realmente svilupparsi
interazioni intime e stabili su IRC? Deve essere riconosciuto un valore
autonomo alle forme di interazione consentite dal mezzo o bisogna
interpretarle come tentativi di simulazione delle relazioni faccia a
faccia, magari in attesa di approdare a incontri reali? Che peso e che
valore dare all’identità costruita e offerta in rete? È lecito parlare di
comunità virtuali fondate su IRC? Come dice Rheingold [1993]:
Per uno studioso delle comunità virtuali, l’IRC è un’opportunità per
osservare un fondamentale esperimento in corso: quali sono gli
elementi minimi di comunicazione necessari perché un gruppo di
persone crei il senso di identità comunitaria? Che culture emergono
quando si elimina dal dibattito qualsiasi artificio culturale tranne la
parola scritta? [Rheingold, 1993; tr. it. 1994, p. 205].
E ancora, sul piano degli effetti: come si trasformano le forme e gli
stili comunicativi delle persone quando queste interagiscono tramite
IRC? In che modo questa rete cambia la vita sociale degli individui e
la natura dei gruppi a cui essi decidono di aderire? Come si modifica,
infine, il modo stesso di pensare delle persone?
Psicologi, sociologi e mass-mediologi hanno dato risposte differenti
a questi problemi, talvolta ripetendo l’errore di assumere la
comunicazione faccia a faccia come punto di riferimento. IRC è stata
vista da alcuni come motore di integrazione culturale, occasione di
impegno civico e partecipazione democratica alla vita delle comunità,
da altri come incentivo alla “balcanizzazione” e alla chiusura culturale
e nuovo luogo di segmentazione sociale, dove il potere coincide con la
ricchezza in termini economici (che consente il possesso della
8
tecnologia) e di competenze comunicative. Secondo alcuni strumento
socialmente distruttivo portatore di disordine, secondo altri risorsa
aggiuntiva utile al benessere individuale e sociale. Per alcuni fonte di
insoddisfazioni e frustrazioni in quanto dannoso surrogato delle
relazioni sociali “reali”, per altri preziosa palestra dell’identità,
ispiratrice di una nuova consapevolezza dei vincoli e delle regole
sociali e delle risorse comunicative, utile complemento alla vita
sociale off-line. E ancora: hanno ragione coloro i quali vedono nel
linguaggio di IRC una minaccia per la scrittura o quelli che vi
scorgono una fonte di maggiore consapevolezza circa il valore delle
parole? Quelli che deprecano la superficialità delle relazioni on-line o
quelli che giurano sulla loro profondità ed emotività?
Le ragioni di osservazioni, valutazioni e giudizi così diversi,
incoerenti e contraddittori sono spesso da ricercare, oltre che negli
atteggiamenti personali dei ricercatori e nelle loro diverse aree di
provenienza, nella parzialità delle basi di dati su cui si fondano i loro
rilievi. Molti studiosi hanno infatti voluto carpire l’essenza di IRC
basandosi su esempi o frammenti di conversazioni (talvolta solo su
una singola chat) così esigui e arbitrariamente scelti da suscitare forti
dubbi circa la loro capacità di rappresentare il fenomeno IRC nel suo
complesso, nonché sospetti sulla tendenza dei ricercatori a selezionare
solo quelle occorrenze in grado di dimostrare ipotesi predeterminate.
In realtà le reti IRC offrono un luogo virtuale in cui utenti dispersi
su tutto il pianeta si raggruppano non solo attorno a svariati interessi,
passioni, orientamenti, nazionalità, età, ecc. ma anche (ciò che più
conta per il ricercatore) attorno a scopi, gratificazioni e modi d’uso
diversi dello stesso canale di comunicazione. Come si vedrà, alcuni
utenti scelgono di servirsi della rete come strumento per aumentare il
loro capitale relazionale nella real life, altri come protesi per supplire
a carenze di questo capitale riscontrate nella vita di ogni giorno, altri
semplicemente per riempire il tempo libero e per puro leisure, altri per
condividere gusti e passioni che non potrebbero spartire con la loro
cerchia di amici e conoscenti, altri ancora per correggere o
9
ristrutturare un’identità che non li soddisfa, altri infine per dare libero
sfogo alle proprie preferenze sessuali.
Impossibile tentare valutazioni dello spessore sociale e degli effetti
di IRC che prescindano da una attenta analisi delle diverse finalità e
conseguenti pratiche d’uso con cui gli utenti si accostano a questo
medium, delle interpretazioni differenti che essi ne danno in base alla
loro cultura, ai loro atteggiamenti e bisogni.
Scopo di questo saggio è appunto riconsiderare alcune delle più
importanti problematiche relative alla comunicazione tramite IRC,
emerse dai lavori di molti ricercatori, per poi filtrarle attraverso quella
variabile cruciale che si potrebbe definire “degli usi e gratificazioni”,
in grado di orientare le pratiche messe in atto dagli utenti e di incidere
sul comportamento, sullo stile comunicativo e sui contenuti e le forme
delle interazioni sociali. Saranno quindi passate in rassegna le
principali tipologie d’uso di IRC per poi riesaminare la questione degli
effetti alla luce delle diverse pratiche sociali osservate.
Un’attenzione particolare meritano fenomeni emergenti come
l’innamoramento in rete e il cybersex, che in questi anni stanno
riempiendo le cronache di giornali e TV, ma che devono essere
esaminati a prescindere dalla censura sociale e dall’immagine di
surrogati che i media hanno loro attribuito.
Si farà inoltre cenno allo sviluppo recente di numerose applicazioni
nate dall’ibridazione di IRC con altre forme e strumenti di
comunicazione offerti dalla rete come il web, l’e-mail, le mailing-list,
nel tentativo di valutare l’impatto di questi nuovi canali di
comunicazione in tempo reale su quella che ne è stata la madre,
nonché i futuri spazi di sopravvivenza di un medium rigorosamente
text-based come IRC.
Infine è opportuno puntualizzare che questa analisi è supportata da
un corpus di testimonianze fornite da utenti di IRC e di conversazioni
registrate su questa rete. Le testimonianze sono state ricavate da una
serie di 35 interviste realizzate con tecniche diverse: circa un terzo
attraverso un colloquio faccia a faccia, mentre le altre sono state
10
realizzate online, nell’ambito dell’osservazione partecipante, con
utenti incontrati in 15 diversi canali. La tecnica dell’intervista online,
già sperimentata in Italia da Antonio Roversi [2001], offre il
vantaggio di ridurre drasticamente le inibizioni degli intervistati, che
potrebbero influenzarne le risposte su temi quali i giochi d’identità o il
cybersex. I colloqui realizzati attraverso IRC hanno anche permesso di
verificare l’approccio a questa tecnologia di utenti con culture diverse
dalla nostra.
Per quanto riguarda le trascrizioni di conversazioni, esse sono state
estratte da un repertorio di circa 100 dialoghi e si distinguono, come si
vedrà, in chat pubbliche e private. Le prime sono state registrate in
canali di diverso orientamento, le seconde sono state ottenute in
massima parte dagli stessi utenti che vi hanno partecipato, con una
certa difficoltà dovuta alla diffidenza giustificabile dei chatters e alla
loro refrattarietà a essere fatti oggetto di studio. Solo in pochi casi tali
conversazioni private sono state realizzate nel corso dell’osservazione
partecipante. In ogni chat sono stati comunque modificati leggermente
i nomi dei partecipanti, a tutela del loro anonimato, anche in assenza
di una loro esplicita richiesta.
Note
1
Comando Internet che permette di comunicare con un computer remoto, collegato alla
rete, e quindi anche di scambiare messaggi con altri individui.
2
Gruppi di discussione dedicati a un determinato argomento, in cui i partecipanti possono
pubblicare messaggi visibili da tutti gli altri membri e leggere gli interventi altrui. I
newsgroup sono inseriti in una rete denominata Usenet, a cui è possibile accedere
abbonandosi a un provider Internet o a uno specifico server a pagamento.
3
Sistema che consente a un insieme di utenti, formatosi in genere attorno a un interesse
specifico, di comunicare fra loro attraverso l’e-mail.
11
1. Aspetti della comunicazione in rete
1.1. Struttura e funzionamento
IRC nasce nel 1988 in Finlandia dal progetto di Jarkko Oikarinen,
testata dapprima su base regionale, quindi nell’area scandinava, ma
già in espansione su tutto il globo nell’arco di un anno dalla
fondazione. Il sistema di comunicazione presenta una struttura di tipo
client-server, per cui l’utente utilizza un programma (client) per
connettersi a un server che è a sua volta inserito in una rete di
omologhi diffusa su tutto il pianeta. Questo significa che tutti gli
utenti connessi a uno qualsiasi dei server inseriti in questa rete sono
potenzialmente in grado di comunicare fra loro, perché i loro
messaggi, passando attraverso uno o più nodi, raggiungono sempre il
destinatario indipendentemente dalla sua ubicazione.
Ciò che principalmente distingue IRC dai precedenti e più
rudimentali sistemi di comunicazione sincrona su Internet è la
capacita di interconnettere un numero potenzialmente altissimo di
utenti allo stesso tempo. I mezzi precedenti consentivano solo
comunicazioni tra coppie di utenti di tipo peer to peer
1
ed erano
quindi impossibilitati a offrire la maggior parte delle risorse
successivamente garantite da IRC. Quest’ultima permette invece a
ciascun utente, proprio grazie alla mediazione dei server, di mettersi in
contatto con qualsiasi altra persona o gruppo presente in rete, senza
doverne necessariamente conoscere l’indirizzo IP.
2
L’operazione più importante che l’utente deve compiere prima di
accedere alla rete consiste nella scelta del nickname, ovvero del
nomignolo con cui sarà identificato e visibile agli altri “abitanti” di
IRC. Ogni altro dato riguardante la propria identità, incluso l’indirizzo
di posta elettronica, non è obbligatorio e la maggior parte degli IRCers
ne omette l’indicazione, sia per tutelare la propria privacy che per
sfruttare al meglio l’opportunità di anonimato concessa da IRC.
12
Definito il nickname, non resta che selezionare il server a cui si
desidera collegarsi, prelevandolo da una lista che comprende una
moltitudine di indirizzi raggruppati, come si vedrà più avanti, per
sotto-reti. Tale lista è offerta dallo stesso client (il programma che
permette di connettersi e muoversi nella rete). Il client provvederà
automaticamente, al momento di collegarsi in rete, a fornire al server
prescelto l’indirizzo IP del computer dell’utente, in modo da poter
scambiare dati e messaggi con esso. L’IP address è in effetti l’unico
elemento stabile dell’identità dell’individuo in rete: esso accompagna
il nickname ogni qualvolta esso entra o esce da un canale, è registrato
sul server IRC ed è associato al numero telefonico del chiamante sul
server locale che consente l’accesso a Internet. Perciò questo indirizzo
è personale e non può essere cambiato o nascosto. Tuttavia per gli altri
utenti tale indirizzo, per come si presenta (una stringa di lettere e
numeri spesso senza significato apparente), non ha molto valore e può
al massimo rivelare la nazionalità di una persona. In questo senso si
parla comunemente di anonimato in IRC, un anonimato di fatto che
può però essere superato all’occorrenza facendo riferimento
all’indirizzo IP.
Non tutti gli utenti sono reciprocamente visibili, né potrebbero
esserlo, dal momento che oggi questa rete è popolata in ogni istante
della giornata da decine di migliaia di persone. Appena connesso,
l’individuo non vede che una lunga lista di regole e prescrizioni
emesse dal server, che scorrono nella finestra di base del programma,
e in fondo a questa una riga in cui lampeggia un cursore, analogo a
quello dell’ambiente Dos. È una situazione che spesso disorienta chi si
collega a IRC per la prima volta ed è abituato al sistema operativo
Windows, specialmente chi non conosce i comandi da digitare nella
riga vuota. Primo e più importante fra questi comandi è il comando
/join, che permette di entrare in un canale e avere accesso alle persone
che vi sono radunate.
IRC è strutturata infatti per canali, e proprio questi ultimi
costituiscono l’anello di congiunzione cruciale che consente al singolo
13
individuo di stabilire relazioni con altri utenti ed eventualmente di
inserirsi all’interno di gruppi e comunità. Senza la risorsa dei canali, il
singolo finirebbe in effetti col restare tale, perso in una marea di utenti
identificati soltanto dal proprio nickname e hostname. Entrando in un
canale, subito dopo essersi connessi a un server, è invece possibile
mettersi in contatto con tutti gli altri utenti presenti nel canale, i cui
pseudonimi sono visibili in una determinata area dello schermo. I
nickname, il nome del canale e il suo topic (evidenziato in cima alla
finestra del canale) forniscono immediatamente le prime informazioni
identitarie sulle persone che popolano il canale.
In modo del tutto analogo è possibile creare un nuovo canale che
sarà visibile nella immensa lista scaricabile dal server e invitare amici
a parteciparvi (nelle ore di punta si contano dai 20000 ai 30000
canali). Dal punto di vista del funzionamento della rete, entrare in un
canale o crearlo è la stessa cosa. In effetti si usa lo stesso comando
(/join [nome canale]) che, nel caso esista già un canale col nome
scelto, ne garantisce solitamente l’accesso, altrimenti ne apre uno con
quel nome collocando l’utente nella posizione di operatore del canale.
Nella pagina seguente è riprodotto un canale IRC, così come appare
nell’interfaccia del client mIRC. In questa immagine la finestra del
canale è in primo piano e si sovrappone a quella di Status, che ospita il
messaggio di benvenuto del server con le norme da rispettare, le
segnalazioni riguardanti gli utenti che escono da IRC e altre
comunicazioni di servizio.
Nell’intestazione della finestra trovano posto il nome del canale e il
topic (l’argomento di discussione) o un messaggio di benvenuto. Nella
colonna di destra sono elencati in ordine alfabetico i nick presenti nel
canale, con in cima quelli degli eventuali channel operators,
contraddistinti dalla chiocciola @.
14
Gli operatori, che a volte corrispondono ai fondatori del canale,
sono utenti che, in molti casi, regolano la discussione e impediscono
gli eccessi e gli abusi di alcuni individui a danno di altri. La parte
rimanente della finestra funge da area di conversazione pubblica. Qui
scorrono, dal basso verso l’alto, i messaggi più recenti fino a
scomparire, a volte in pochi secondi, a volte dopo molti minuti, a
seconda dell’affollamento del canale e dell’intensità della sua “vita
pubblica”. In questo stesso spazio, ma in colori diversi, si leggono
anche una quantità di messaggi che informano sui nickname in entrata
e in uscita, su quelli che abbandonano la rete, eventuali cambi di
nickname (realizzabili in qualsiasi momento dagli utenti) e molto
altro.
Nei canali si ha la possibilità di conversare non solo pubblicamente,
con gli altri membri del gruppo, lanciando i propri messaggi nella
finestra del canale in modo che siano visibili a tutti, ma anche di
“appartarsi” con singoli utenti, avviando interazioni private. Per far
questo basta cliccare due volte sul nome dell’utente che si vuole
15
contattare e una finestra di chat (query) apparirà sullo schermo
permettendo di dialogare privatamente con lui. Esiste poi una forma
ancor più “esclusiva” di chat privata, la cosiddetta DCC chat, che
permette, con l’intermediazione dei server, di stabilire una
connessione diretta (peer-to-peer) con un altro utente. Una volta
aperta la DCC, i messaggi viaggiano direttamente dal computer
dell’emittente a quello del destinatario, senza passare attraverso alcun
server, e sono per questo molto più difficili da intercettare. La DCC
chat è solitamente il mezzo di comunicazione privilegiato per
individui che hanno già una buona conoscenza reciproca; essa è infatti
più stabile perché non si interrompe neanche se i partecipanti si
scollegano (volutamente o per effetto di server che vanno in tilt o si
separano temporaneamente).
Sempre per mezzo di una connessione DCC è inoltre possibile
inviare e ricevere file da altri utenti, per esempio la propria foto o
quella del proprio cane. In effetti, come si vedrà più avanti, la pratica
del file sharing, ovvero lo scambio di file in tempo reale fra utenti,
non è soltanto un utile complemento per le conversazioni che consente
di veicolare informazioni preziose sulla propria identità o su ciò che
ci circonda, ma costituisce lo scopo principale di un discreto numero
di canali destinati allo scambio di programmi, brani musicali,
immagini artistiche, materiale pornografico e altro.
I clients di IRC diffusi negli ultimi anni non pongono limiti al
numero di chat che l’utente può intrattenere contemporaneamente, né
al numero di canali che possono essere aperti. Ciascun canale o
conversazione privata occupa una finestra del programma, alla base
della quale si trova la riga in cui vanno scritti i messaggi da inviare. È
opportuno sottolineare che i messaggi vengono instradati e appaiono
nella finestra del destinatario solo dopo che il mittente ha premuto il
tasto di invio, non esattamente in tempo reale. Questo aspetto, che
differenzia IRC da altri protocolli di comunicazione sincrona più
recenti,
3
riveste una certa importanza perchè pone il linguaggio di IRC
(notoriamente definito “parlato-scritto”) a una certa distanza dalla
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lingua parlata, e comunque più lontano da essa di quanto i
frequentatori di chat credano o vogliano far credere quando simulano
le forme e le espressioni del parlato. Essi (soprattutto i più esperti e
veloci alla tastiera) hanno in effetti una certa possibilità di pianificare
e organizzare i loro “turni di parola” operando eventuali cancellazioni
o sostituzioni di parole e frasi che restano del tutto invisibili al
destinatario, tenuto presente che in genere in una chat si tollerano
messaggi distanziati non più di 10-15 secondi fra loro.
Riguardo all’associazione tra canali e finestre, o chat e finestre,
viene in mente la metafora delle stanze. Non a caso, nel gergo degli
utenti di IRC, room è sinonimo di channel. Ogni finestra infatti, sia
essa associata a un canale o a una chat privata, contiene i nomi dei
partecipanti all’interazione assieme ai loro enunciati, così come una
sala può ospitare un gruppo di persone rendendo i loro enunciati
percepibili da ciascuna di esse. Ciò che gli utenti dicono (ovvero
scrivono) non può essere invece udito (letto) da altri al di fuori della
finestra/canale-chat. Le finestre rappresentano graficamente i confini
dei gruppi che si formano più o meno temporaneamente o stabilmente
attraverso la rete IRC.
Un altro strumento utile fornito dai clients IRC è la notify list. In
questa lista è possibile elencare i nomi dei propri amici ed essere
avvisati da un messaggio colorato appena uno di questi nomi compare
sulla rete. I nickname inclusi nella lista saranno perciò visibili
indipendentemente dai canali in cui sono presenti. In tal modo, il
sistema offre a individui conosciutisi precedentemente attraverso la
rete la possibilità di fondare la loro relazione su basi più stabili, re-
incontrandosi ogni volta che siano contemporaneamente presenti, ma
a condizione che essi continuino a usare lo stesso nick.