II
Stati Uniti. Di essa fanno parte il cinema, i parchi tematici, gli spettacoli dal vivo, i giochi,
la televisione, l’industria dell’home video, l’editoria e, a maggior ragione, lo sport.
L’industria sportiva si è affermata come l’undicesima industria in assoluto all’interno degli
Stati Uniti nel 1995. In Italia lo sport pesa come l’intera industria chimica e farmaceutica e
più di quelle dei mezzi di trasporto o dei prodotti alimentari, bevande e tabacco
4
.
L’industria o settore calcistico italiano, considerando anche il fatturato indotto da altre
attività ad esso correlate, produce un giro d’affari di 8000 miliardi per l’anno 1998
5
, vale a
dire quanto quello del tredicesimo settore industriale del nostro paese.
Tutto ciò non può lasciare dubbi sul fatto che quella del calcio italiano sia una grande
industria e meriti di essere considerata ed analizzata come settore a sé stante. Le più grandi
società calcistiche italiane come Juventus, Milan, Inter, Roma, ecc., sono imprese medio-
grandi, tra le prime mille società industriali e commerciali italiane per giro d’affari.
Giocano quindi a favore della tesi del calcio come “settore”, le sue rilevanti dimensioni
economiche, che nessun altro settore dell’industria dell’intrattenimento italiano sembra in
grado di raggiungere e una considerazione relativa alla definizione di settore appena
fornita.
Le società di calcio presentano combinazioni di processi economici caratteristici simili,
come vedremo in seguito elaborando la catena del valore, e operano sugli stessi mercati,
sia dal lato dell’approvvigionamento che da quello dell’offerta. Ciò le porta ad avere
intense relazioni dinamiche non solo di concorrenza ma anche di collaborazione, di
scambio, ecc. Sono quindi rispettate le due condizioni necessarie a definire un settore.
Considerati questi argomenti, inizierò ad affrontare l’argomento oggetto di studio tenendo
a mente i motivi che mi spingono a considerare il calcio come “settore”.
4
vedi Basile-Brunelli-Cazzulo, pag.43.
5
Rapporto Lega Calcio-Deloitte, 1997/1998.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
1
CAPITOLO 1
Caratteristiche del settore “calcio”.
Introduzione.
’industria del calcio sta diventando globale. Il business calcistico, sorto in Europa a
partire dal dopoguerra e cresciuto enormemente agli inizi degli anni ’90, si sta
espandendo a macchia d’olio su tutto il globo, coinvolgendo sempre più nazioni e popoli,
di culture e razze diverse. Prima di iniziare lo studio dell’internazionalizzazione delle
società di calcio, fenomeno strettamente derivante dalla globalizzazione di cui sopra, è
importante indagare su quale terreno si muovano le società di calcio all’inizio del nuovo
millennio.
Ogni società ha una propria struttura, le proprie attività, diversi modi di fronteggiare le
sfide e i problemi posti dall’ambiente. In quest’ottica, lo studio di questa tesi affronterà il
fenomeno da vicino, analizzando la struttura delle società di calcio in particolare assieme ai
loro equilibri, che ne determinano il funzionamento e soprattutto la decisione di
internazionalizzarsi. Ma poiché le società vivono all’interno di un ambiente che le
condiziona, e ne determina comunque le decisioni, questo capitolo si propone di analizzare
prima di tutto il settore “calcio”, per capirne struttura e forze che condizionano l’operato
dei singoli club.
Nel corso del capitolo si descriverà la nascita del calcio in Inghilterra e la sua successiva
espansione nel mondo, con particolare riguardo all’Europa. Si analizzerà la struttura degli
organi che governano e coordinano il calcio a livello mondiale, importanti strumenti per il
funzionamento di questo sport, sempre più votato allo show-business. L’obiettivo si
sposterà in seguito per focalizzare struttura ed economia del calcio in Europa, il continente
più importante per dimensioni economiche nel panorama calcistico mondiale. Si
analizzeranno le diverse strutture proprietarie dei club europei e i fenomeni che hanno
rivoluzionato il calcio in Europa (e in seguito in tutto il mondo), dall’avvento degli sponsor
e delle attività commerciali dei club alla rivoluzione operata dalla Tv, senza dimenticare
l’ingresso delle società calcistiche nel mondo della finanza con la quotazione in Borsa di
alcune di esse, e la questione di carattere quasi politico posta dalla “sentenza Bosman”, che
L
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
2
ha influito pesantemente sulla caratterizzazione dei calciatori professionisti come
lavoratori qualsiasi e non più solo come sportivi.
Il capitolo si chiuderà con un’analisi più particolareggiata del calcio italiano, il fenomeno
che più ci riguarda da vicino e che si presenta con molte peculiarità rispetto al resto
d’Europa. Il calcio italiano è considerato, assieme a quello inglese e spagnolo, il più
importante del mondo, come prestigio ma soprattutto come giro d’affari. I dati analizzati a
fine capitolo ci aiuteranno a capire meglio in che ambiente lavorano i club italiani, di cui
vedremo struttura e attività nei capitoli seguenti.
1.1. Nascita e sviluppo del gioco.
Il gioco del calcio nasce in Inghilterra nel XIX secolo, sebbene diversi storici ritengano di
poterne fare risalire la comparsa, in alcune sue variabili, addirittura al 1500 a.c. presso
alcune popolazioni dell’America Centrale. Anche Greci e Romani praticarono sport
utilizzando una rudimentale palla, ma fu in Cina che si cominciò a praticare un gioco con
regole molto simili al calcio dei nostri giorni sin dal 206 a.c.
1
.
Il gioco vero e proprio, quello che ha dato origine al fenomeno che mi appresto ad
analizzare, nacque in Gran Bretagna ad opera di una classe sociale privilegiata, i direttori
delle scuole, che ne fissarono le regole e organizzarono gli incontri.
La prima squadra di calcio ufficiale fu lo Sheffield FC, creato dai “nuovi ricchi”, cioè
industriali e mercanti, nel 1854
2
. Un’associazione
3
(la Football Association) fu fondata per
mettere ordine nei regolamenti e nell’organizzazione dei tornei. Il primo torneo ufficiale
ebbe luogo nel 1872 e fu chiamato FA Cup; questo evento fu molto importante nella storia
del calcio inglese in quanto, a tutt’oggi, la FA Cup esiste ed è considerata il torneo di
maggior prestigio in Inghilterra. Allo stesso anno risale il primo incontro internazionale,
giocato a Glasgow dalle nazionali di Scozia e Inghilterra.
Le regole del “football” vennero codificate formalmente nel 1877. Nel 1885 arrivò il primo
riconoscimento della Football Association nei confronti dei giocatori di calcio come
“giocatori professionisti”. Nel 1891, invece, si creò la figura dell’arbitro unico e neutrale,
1
Dal cap.1 del libro “Football, a sociology of the game” di R.Giulianotti, 1999.
2
Cfr. cap.1 pgf.2 “Football, a sociology of the game”, di R.Giulianotti, 1999.
3
Alla Football Association si affiliarono tutti i club che volevano partecipare a manifestazioni ufficiali e ai
quali la FA stessa garantiva il rispetto delle regole, anche grazie al riconoscimento di garante ufficiale arrivato
dal Governo inglese.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
3
fino ad allora rimpiazzata da due arbitri, ognuno scelto da una delle squadre in
competizione, che cercavano di accordarsi per l’interpretazione delle regole
4
.
Il calcio si diffuse rapidamente nel resto d’Europa, spesso grazie a degli emigrati inglesi.
Il primo club del Continente fu fondato in Svizzera da studenti inglesi che frequentavano
scuole private. In Olanda i lavoratori di cotone del Lancashire furono artefici della
creazione della prima associazione calcistica non britannica fondata in Europa (1889). Le
scuole inglesi resero popolare il calcio anche in Russia e Germania, mentre in Spagna il
gioco si diffuse a partire dai paesi baschi, dove lo esportarono dei marinai britannici
nell’ultimo decennio del XIX secolo.
Di nuovo furono dei marinai inglesi a importare il gioco in Italia, in particolare a Genova
5
,
Torino, Napoli e Milano. Alcuni decenni prima gli inglesi avevano diffuso il calcio nei
paesi sudamericani quali Brasile, Argentina e Uruguay.
La leadership inglese nella gestione del calcio, finì presto, allorché sette nazioni europee
fondarono, nel 1904, la “Fédération Internationale de Football Association”, meglio
conosciuta come FIFA
6
. Le relazioni tra il calcio britannico e la FIFA furono molto
travagliate proprio a causa dell’orgoglio degli inglesi, che si ritenevano i “padri” morali del
calcio. L’Inghilterra rinunciò anche alle prime tre edizioni dei campionati del mondo
organizzati dalla FIFA in occasione del suo venticinquesimo anniversario, nel 1930, ’34 e
’38
7
.
Nel 1947 la situazione si ricompose e l’Inghilterra partecipò finalmente ai campionati del
mondo.
Le prime sconfitte rimediate in ambito internazionale posero fine al senso di superiorità
degli inglesi nei confronti degli altri paesi.
Il calcio mondiale è stato segnato da due fasi che hanno modernizzato l’intero movimento
fino a farlo diventare il fenomeno attualmente in essere: la prima ha visto appunto il
graduale passaggio dell’egemonia calcistica dalla Gran Bretagna all’Europa; la seconda ha
riguardato la consacrazione della FIFA quale massimo organo direttivo calcistico a livello
mondiale.
4
Dal libro “Football, a sociology of the game”, di R.Giulianotti, 1999.
5
Tra i club professionisti attualmente esistenti il più vecchio è la Pro Vercelli (1892), mentre il Genoa fu
fondato solo un anno più tardi, nel 1893, e prese il nome dalla traduzione inglese del nome della città di
Genova.
6
Cfr. “L’industria del calcio” cap.3, di P. Marzola, 1990.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
4
La modernizzazione del controllo amministrativo e una piramide razionalizzata di autorità
portarono a un migliore controllo della crescente complessità globale del mondo del calcio.
La FIFA tramite le associazioni ad essa affiliate esercitò la sua autorità a livello delle
singole nazioni. Per alleggerire l’amministrazione e l’organizzazione delle competizioni, la
FIFA autorizzò la formazione di confederazioni continentali come livello di controllo
intermedio fra il calcio mondiale e quello a livello nazionale. Queste confederazioni
inglobarono anche piccole nazioni a cui venne dato diritto di voto nelle decisioni di
governo riguardanti la FIFA stessa. La CONMEBOL, Confederazione sudamericana, era
già stata fondata nel 1914 per organizzare alcuni tornei e difendere gli interessi del “nuovo
mondo” oltreoceano. Nel 1954 venne fondata l’UEFA
8
per amministrare il calcio europeo.
A breve seguirono le confederazioni asiatica, africana, nordamericana e, ultima, nel 1966,
quella dell’Oceania.
All’inizio la nuova piramide calcistica del potere non produsse grandi cambiamenti
politici: la Francia e l’Inghilterra continuarono ad avere un ruolo preminente nella
designazione del presidente FIFA; l’organizzazione dei campionati del mondo si alternò tra
Europa e Sudamerica. Ma i nuovi membri come Africa e Asia cominciarono a far sentire
la loro necessità di partecipare con più peso politico alla gestione del calcio mondiale.
Nel 1974 fu eletto a capo della FIFA il brasiliano Joao Havelange, che si impegnò a
potenziare le attività commerciali dell’associazione, ottenendo il voto favorevole dei nuovi
membri in cambio di un incremento della loro influenza, in particolare aumentando il
numero delle nazioni partecipanti ai campionati del mondo. Dal 1998 Sepp Blatter ha preso
il posto del brasiliano, esercitando la sua pressione sul Consiglio Internazionale della FIFA
per cambiare le regole del calcio in maniera tale da renderlo sempre più appetibile agli
occhi dei nuovi consumatori, invece che a quelli degli appassionati già esistenti. Questi
continui tentativi di “modernizzazione” del calcio per fini commerciali hanno creato
diverse polemiche fra gli amanti del gioco, inorriditi dal continuo susseguirsi di nuove
regole che, in qualche modo, intaccano il lato più tradizionale e romantico del gioco. I
continenti emergenti hanno ottenuto più potere all’interno della FIFA, così rompendo
l’egemonia europea-sudamericana. Questo ha reso possibile l’organizzazione del primo
campionato del mondo giocato al di fuori dei due continenti dominanti, USA 1994. In
seguito anche l’Asia, continente dove il calcio è in continua espansione (specialmente in
7
E’ interessante ricordare che due di queste edizioni furono vinte dall’Italia (’34 in Italia, ’38 in Francia).
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
5
Giappone, Cina e Corea del Sud), ha ottenuto l’organizzazione di un campionato del
mondo, nel 2002, da disputarsi in Giappone e Corea. Sarà un mondiale più che mai
orientato al business, con la probabile partecipazione di massa all’evento da parte del
pubblico asiatico che ha già mostrato il suo entusiasmo per questo tipo di manifestazioni in
occasione della Coppa Intercontinentale, mondiale per club che si svolge ogni anno a
Tokio. Il numero delle squadre per il mondiale asiatico è stato ulteriormente ampliato
9
e i
diritti televisivi hanno assunto un prezzo esorbitante di 400 miliardi
10
di lire (contro i 30
pagati dalle TV per i diritti di France ’98) che ha spinto la FIFA a creare una società
apposita per la loro vendita, dopo che il gruppo ISMM, incaricato della vendita, è fallito.
1.2. Il governo del calcio.
La FIFA, che ha sede a Zurigo in Svizzera, prevede nella sua struttura interna, oltre al
presidente svizzero Blatter, sette vice-presidenti, tra cui l’italiano Antonio Matarrese, già a
capo della FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio), e 18 membri coadiuvati da un
segretario generale
11
.
Le federazioni nazionali aderiscono alla FIFA singolarmente. Sono poi presenti all’interno
della FIFA le confederazioni continentali già menzionate che, come abbiamo visto,
raggruppano e organizzano le attività calcistiche di ciascun continente.
Oltre all’UEFA esistono, come visto, la CAF, confederazione africana, la AFC,
confederazione asiatica, la CONCACAF, nord-centro americana, la CONMEBOL,
sudamericana e la OFC per l’Oceania.
L’UEFA è presieduta dallo svedese Lennart Johansson, mentre Antonio Matarrese assume
le cariche di vicepresidente, presidente della neonata Commissione per il calcio
professionistico, rappresentante UEFA nella Commissione consultiva FIFA-UEFA e
vicepresidente della Commissione per i rapporti con la Comunità europea
12
.
Il peso dell’UEFA all’interno della FIFA è notevole a causa della maggiore rilevanza del
calcio europeo nei confronti di quello degli altri continenti. L’UEFA, in perfetto accordo
con la FIFA, spinge sempre più verso una commercializzazione del calcio per sfruttarne le
8
Union des associations europeennes de football
9
Da 24 squadre si passerà a 32
10
Cfr. “Il Sole24Ore”, Giovedì 22 Febbraio 2001.
11
Cfr. “Almanacco Illustrato del calcio, 2001”, Panini, pag.683.
12
Cfr. “Almanacco Illustrato del calcio, 2001”, Panini, pag.683.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
6
enormi potenzialità di business. Ciò ha portato, negli stessi anni in cui la FIFA organizza
campionati del mondo con criteri sempre più improntati allo show-business
13
,
all’organizzazione di manifestazioni il cui scopo principale sembra essere quello di
generare un giro d’affari il più grande possibile, come ad esempio la UEFA Champions
League. Questa manifestazione, a cui partecipano le prime squadre classificate di ogni
campionato nazionale europeo, in numero variabile a seconda della posizione della nazione
nella speciale classifica
14
elaborata dall’UEFA in basi ai risultati degli anni passati, è stata
inaugurata nel 1991, sostituendo la Coppa dei Campioni. Organizzata in maniera tale da
garantire a tutte le squadre almeno tre partite, essa prevedeva inizialmente una struttura
simile alla Coppa dei Campioni, impegnando solo squadre vincitrici nei rispettivi
campionati nazionali. I soldi provenienti dalla vendita dei diritti televisivi e dagli sponsor,
vengono distribuiti fra le squadre partecipanti che ricevono un premio ad ogni vittoria o
pareggio. La vittoria finale della coppa è premiata con la fetta più consistente del budget.
La conseguenza di un’escalation di introiti provenienti da sponsor e Tv, derivanti dal
prestigio, dalla popolarità e dalla risonanza che questa manifestazione ha all’interno del
nostro continente, ha fatto sì che il business prevalesse sullo sport. Dal ‘97-’98 sono così
state ammesse anche le squadre arrivate seconde di alcuni campionati nazionali fra cui
l’Italia, mentre dal ‘99-’00 addirittura sono state ammesse le prime quattro squadre di
Spagna, Italia e Germania. Questo ha portato i club campioni nazionali di paesi minori dal
punto di vista calcistico, ad affrontare le qualificazioni per poter partecipare alla
competizione e, il più delle volte, ad essere dirottate nella meno prestigiosa Coppa UEFA,
eliminate già ad agosto da club più potenti e da squadre costruite a suon di miliardi. E’
ovvio che la mancata partecipazione alla competizione rappresenti per questi club una
perdita notevole di introiti, che una partecipazione anche solo alla prima fase
comporterebbe. Si origina per questo un circolo vizioso per cui i club più ricchi diventano
sempre più ricchi e quelli più poveri sempre più poveri.
Il numero delle partite è stato incrementato ulteriormente, costringendo le squadre a
giocare ogni settimana, ma le entrate sono aumentate in maniera più che proporzionale
rendendo la mancata partecipazione alla Champions League un danno da un quarantina di
13
E’ emblematica la decisione sugli orari delle partite dei mondiali del 1994 in USA, quando alcune di esse
vennero fatte disputare alle ore 12,00 a una temperatura di 40 gradi, solo per permettere che le stesse partite
venissero trasmesse all’ora di cena in Europa, continente in cui le partite erano più seguite e da cui di
conseguenza arrivavano più soldi dalle televisioni.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
7
miliardi per squadre come Inter, Juventus o Milan. E’ stato calcolato che una squadra che
riesce a vincere la manifestazione, guadagna circa un centinaio di miliardi, una cifra che
consente investimenti ulteriori e rende i club ancora più forti.
Alcune polemiche sono state suscitate dal logorio della condizione di giocatori che ogni tre
giorni sono impegnati in partite importanti, e dalla caduta dell’interesse degli spettatori
provocata da alcune fasi della competizione giudicate inutili e noiose. Si pensa quindi di
ritornare ad una formula con meno partite per la stagione 2002-2003.
E’ poi possibile che fra qualche anno nasca una “Superlega”, gestita dai maggiori club
europei, che non dovrebbero così dividersi gli ingenti introiti con l’UEFA e potrebbero
anzi aumentarli gestendo la vendita dei diritti sulla manifestazione a Tv e sponsor in
maniera indipendente, come già avviene all’interno di campionati nazionali come Italia e
Inghilterra.
1.3. Il settore calcistico europeo.
Fin dal Campionato del mondo disputato in Italia nel 1990, il calcio ha registrato una
crescita finanziaria senza precedenti. Alla fine del 1994, il presidente della FIFA, Joao
Havelange si vantò del fatto che il calcio generasse intorno ai 450.000 miliardi di lire
all’anno. Disse anche che il suo successore avrebbe avuto in eredità contratti per circa
10.000 miliardi nel 1998. Nell’estate del 1997 l’industria del calcio europea fu valutata sui
20.000 miliardi. Gli analisti finanziari londinesi della Deloitte & Touche piazzarono cinque
club europei all’interno di un’élite con un turnover annuo superiore ai 90 miliardi. Bayern
Monaco, Milan, Juventus e Barcellona erano preceduti dal Manchester United, che vantava
un budget di più di 100 miliardi (raddoppiò l’anno successivo). In seguito altri club come
Borussia Dortmund, Inter e Atlético Madrid raggiunsero quell’élite
15
.
La crescita del merchandising calcistico in Europa, dopo la Seconda Guerra, è solo l’inizio
di un’ascesa che ha appunto il culmine nell’esplosione economica degli anni ’90, ma i
cambiamenti più importanti a livello culturale e finanziario si sono verificati grazie
all’avvento della Tv, con la trasmissione via satellite e la pay-per-view. I maggiori club
14
L’Italia, dopo un dominio di 10 anni, è attualmente seconda alle spalle della Spagna, ed ha perciò diritto a 4
squadre in Champions League, di cui due ammesse direttamente e due che partecipano alle qualificazioni.
15
Cfr. Cap.3 del libro “Football, a sociology of the game”, di R.Giulianotti, 1999.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
8
europei hanno trasformato le loro strategie, in alcuni casi entrando anche nei mercati
finanziari.
1.3.1. Le strutture proprietarie dei club.
In Inghilterra, con il nuovo “Companies Act” (1989), i club sportivi furono trasformati in
“limited companies”, cioè società di capitali a base azionaria ristretta. Le azioni vennero
distribuite tra dirigenti e tifosi secondo uno schema piramidale. Grosse fette azionarie
furono mantenute da individui o famiglie che mantennero perciò il controllo nella
direzione del club. Raramente la direzione del club viene attribuita ad amministratori
delegati.
L’Italia segue uno schema molto simile a quello inglese, e resta in una posizione ancora
più arretrata. La legge 18 Novembre 1996 n.586
16
ha introdotto lo scopo di lucro per le
società sportive, sancendo il passaggio del mondo del calcio professionistico ad un sistema
business oriented. Le società italiane hanno in genere una struttura proprietaria molto
semplice con un individuo o una famiglia alle spalle. Basti pensare alla famiglia Agnelli
per la Juventus, che detiene la maggioranza delle azioni tramite la finanziaria della
famiglia, la IFIL, o alla famiglia Tanzi per il Parma, che lega strettamente la struttura della
società calcistica emiliana a quella della multinazionale della famiglia, la Parmalat. Allo
stesso modo si possono ricollegare i vari Berlusconi per il Milan, Moratti per l’Inter, Sensi
per la Roma e Cragnotti per la Lazio. Questi personaggi, il più delle volte grossi nomi
dell’industria italiana, hanno acquistato le società in epoche diverse e le conducono
direttamente, impiegando risorse finanziarie proprie e avvalendosi della collaborazione di
uomini di fiducia più che di manager professionisti. La base azionaria è generalmente
ristretta, tranne due casi rilevanti: la S.S. Lazio e l’A.S. Roma, entrambe quotate in Borsa,
a Milano.
Il primo club inglese a quotarsi in Borsa fu il Tottenham nel 1983
17
. Il primo in Italia è
stato la Lazio, nel maggio 1998, mentre la quotazione della Roma è del 2000. Se in
Inghilterra la maggior parte delle società di Serie A è quotata, sembra che in Italia le due
squadre romane rimarranno sole ancora a lungo. Questa riluttanza a rivolgersi ai mercati
finanziari per raccogliere nuove risorse da investire nei club così da renderli più
16
Cfr. “Per sport e per business: è tutto parte del gioco”, pag.99, di Braghero-Perfumo-Ravano, 1999.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
9
competitivi, sono da ricercare in vari fattori fra cui l’incertezza della valutazione di una
squadra di calcio; la volatilità del prezzo delle azioni troppo legate al risultato sportivo,
anche in considerazione della scarsa diversificazione verso altre attività dei club nostrani;
la mancanza della gestione di asset fondamentali come gli stadi, ancora in gran parte di
proprietà delle pubbliche amministrazioni
18
; l’eccessiva incidenza del fisco italiano sui
bilanci delle società; una mancanza di manager con un background economico tra i
dirigenti delle società, nonostante molte di esse (specialmente i club più importanti) si
stiano dotando di una struttura dirigenziale più adeguata ai nuovi sviluppi del business.
A livello europeo i club sono in genere organizzazioni di proprietà privata sotto il controllo
di un piccolo numero di azionisti di maggioranza. Le eccezioni riguardano la penisola
iberica (Spagna e Portogallo) e l’America Latina. Qui i club sono organizzati come
associazioni sportive private controllate dai “soci” o membri che pagano una sottoscrizione
mensile o annuale. I soci eleggono periodicamente i dirigenti, compreso il presidente ed
eventualmente destituiscono quelli che non hanno soddisfatto le loro aspettative. Si
svolgono campagne elettorali per le elezioni e si riscontra raramente l’impiego di fondi
propri da parte di un magnate, come nella maggioranza dei campionati europei.
In futuro, con la globalizzazione del calcio, si profila una struttura dei club disegnata sul
sistema inglese, cioè società di capitali private che ricorrono ai mercati finanziari per
trovare nuove risorse da investire.
La rivoluzione finanziaria in molte nazioni è trainata dalle attività di merchandising e dai
ricavi dovuti alla vendita dei diritti televisivi. La globalizzazione accennata è ben riflessa
da un dato sulla diffusione televisiva del calcio. Eurosport, un canale paneuropeo, durante
gli europei del 1996 in Inghilterra, ha trasmesso le partite in 12 lingue per 170 milioni di
telespettatori distribuiti in 43 nazioni
19
. Naturalmente ci sono anche svantaggi riguardanti
la globalizzazione, e cioè la penalizzazione di nazioni più piccole che si vedono tagliate
fuori dal business e che vedono i propri giocatori emigrare in cerca di contratti di club
europei più ricchi.
Il merchandising e la televisione sembrano essere i fattori più importanti di cambiamento
all’interno delle società calcistiche e conseguentemente anche della loro struttura
17
Cfr. “The new business of football” pag.63, di S.Morrow, 1999.
18
Solo la Reggiana (serie C1) possiede un impianto proprio.
19
Cfr. “Football, a sociology of the game”, cap.3, di R.Giulianotti, 1999.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
10
proprietaria. Da questi due fenomeni deve partire l’analisi della modernizzazione del
calcio.
1.3.2. Il merchandising e le sponsorizzazioni.
Fin dagli anni Sessanta, il calcio è andato incontro a una rapida modernizzazione e
giocatori e club sono diventati simboli agli occhi della gente comune. Il fenomeno è andato
di pari passo con una presenza crescente di pubblicità, sponsorizzazioni nelle magliette
delle squadre, spot in Tv, sponsorizzazioni di competizioni e crescita del merchandising.
Ci sono diversi esempi in Europa di club di città non molto grandi, saliti alla ribalta grazie
alla sponsorizzazione di grosse multinazionali che hanno intuito quale ritorno pubblicitario
possa avere il loro nome veicolato nei campi di tutto il Continente da queste squadre. Così
in Francia il Sochaux è diventato protagonista, grazie all’industria locale automobilistica
della Peugeot, in Germania la squadra di Leverkusen è diventata una delle più importanti
grazie al sostegno della compagnia farmaceutica Bayer, che ha acquistato la squadra
ribattezzandola “Bayer Leverkusen”. Anche in Italia si è avuto un esempio molto recente,
il Parma, che da squadra abitualmente presente nei campionati di B e C è divenuta una
delle “grandi” del calcio italiano ed europeo grazie alla multinazionale del latte, la
Parmalat, che ha assunto la guida del club.
A partire dalla fine degli anni Ottanta diversi club inglesi sostenevano di guadagnare di
più da queste attività aggiuntive che dagli incassi al botteghino. Per i club italiani questo è
avvenuto solo qualche anno più tardi, all’inizio degli anni Novanta, ma è ormai assodato
che le entrate dei club riguardanti biglietti e abbonamenti per assistere alle partite sono
ormai marginali rispetto alle entrate ricavate da sponsor e diritti Tv. In Italia, peraltro, solo
adesso i club più prestigiosi come Inter, Juventus, Milan e Lazio si stanno muovendo per
potenziare il loro merchandising, fonte di ingenti guadagni per i maggiori club inglesi già
da alcuni anni.
Per migliorare le entrate derivanti da queste attività, i presidenti dei club hanno introdotto
una gestione strategica delle proprie società, assumendo direttori generali con formazione
economica e creando dipartimenti di marketing. Se si esclude il club del F.C. Barcelona,
che ha rifiutato ogni sponsorizzazione sulla propria maglietta, ogni club professionista
d’Europa porta una sponsorizzazione sulla propria casacca.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
11
La vendita di magliette, e più in generale di tutto il vestiario ufficiale utilizzato dai
giocatori dei club, è diventato una fonte di guadagni consistente per le società. Nel 1996
20
il Manchester United siglò un contratto con la Umbro per cinque anni, incassando 10
milioni di sterline all’anno. Nel 1997 il Real Madrid siglò un contratto simile con la Adidas
della durata di dieci anni. La Nike rispose siglando un contratto di sponsorizzazione
tecnica
21
con la nazionale brasiliana per dieci anni a 250 milioni di sterline. In Italia
contratti altrettanto ricchi sono stati firmati recentemente dall’Inter, sempre con la Nike,
dal Milan con la Adidas e dalla Juventus con l’italiana Lotto. Si parla di contratti da 25-30
miliardi all’anno che prevedono anche la fornitura tecnica di abbigliamento sportivo
sempre più evoluto, con miglioramenti del disegno che favoriscono il comfort dei
professionisti. Allo stesso tempo, queste case di abbigliamento studiano di anno in anno
nuove divise che incontrino i gusti dei consumatori, e che li spingano ad acquistare ogni
volta l’articolo, sempre differente e d’altro canto sempre più costoso. E’ normale quindi
che queste sponsorizzazioni producano ricavi notevoli sia per i club che per gli sponsor.
L’importanza crescente degli sponsor ha provocato conflitti profondi fra giocatori, club e
nazioni.
La Nike, il più grande sponsor tra le aziende sportive al mondo, dopo aver puntato le sue
campagne pubblicitarie su personalità sportive di spicco come Michael Jordan, Tiger
Woods e Pete Sampras, ha deciso di entrare nel business calcistico, intuendone il
potenziale comunicativo. Così ha fatto firmare un contratto di sponsorship tecnica a uno
dei più grandi calciatori al mondo, il brasiliano Ronaldo, nel 1996. Questo contratto, da
circa 30 miliardi per 10 anni, portò Ronaldo ad avere un contrasto col suo club di allora, il
F.C. Barcelona, che era invece sponsorizzato dall’italiana Kappa, e la società che a lui si
era interessata per un eventuale acquisto, la Lazio, sponsorizzata dalla Umbro. A
conclusione di queste polemiche, Ronaldo fu acquistato dall’Inter, che, come detto, firmò
in seguito un contratto di sponsorizzazione con la stessa Nike. Dopo dieci giorni
dall’acquisto di Ronaldo, l’Inter riuscì a vendere 35.000 copie della sua maglietta,
recuperando quindi parte dei soldi spesi per il suo acquisto
22
. Un’altra polemica nacque
intorno al calciatore brasiliano, quando fu costretto a giocare la finale dei campionati del
mondo in Francia, nel 1998, poche ore dopo aver avuto un pesante malore. Alcuni
20
Cfr. “Football, a sociology of the game”, cap.3, di R.Giulianotti, 1999.
21
Riguardante cioè materiale sportivo quale tute, magliette, palloni, ecc.
22
Cfr. “Football, a sociology of the game”, cap.3, di R.Giulianotti, 1999.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
12
giocatori della nazionale brasiliana sostennero che Ronaldo dovette giocare a causa di un
accordo tra la Nike e le autorità calcistiche brasiliane che prevedeva l’utilizzo del
fuoriclasse per tutti i novanta minuti di ogni competizione internazionale.
Altri problemi legati agli sponsor nacquero quando si venne a sapere che diverse case
sportive utilizzavano il lavoro minorile in paesi sottosviluppati per produrre i prodotti
destinati al merchandising. La FIFA adottò così’ delle politiche anti sfruttamento.
Interessanti sono anche i collegamenti tra società di paesi diversi, unite dalla stessa
sponsorizzazione, solitamente fornita da qualche multinazionale. Esempio emblematico a
noi vicino è quello della Parmalat, multinazionale del latte. Nel 1987 essa acquistò il
Parma, portandolo come visto ad essere uno dei club protagonisti in Italia ed Europa; allo
stesso tempo la Parmalat spostò la sua attenzione sulle sponsorizzazione internazionali: 24
milioni di dollari furono investiti nella sponsorizzazione del Palmeiras, squadra brasiliana
di San Paolo, a cui seguirono poi il Peñarol (Uruguay), il Boca Juniors (Argentina)
23
, il
Santa Cruz e la Juventude (Brasile), il Benfica (Portogallo), la Dinamo Mosca (Russia), il
Videoton (Ungheria, ribattezzato poi “Parmalat”) e l’Atletico Chacao (Venezuela). La
Parmalat, in otto anni di sponsorizzazioni calcistiche, investì 100 milioni di dollari
24
.
Queste operazioni sono servite alla Parmalat per familiarizzare mercati distanti
geograficamente con il marchio della compagnia. Dall’altro lato, il Parma gode di un
diritto di prelazione sui giocatori delle squadre che sponsorizza, come già successo per
alcuni giocatori del Palmeiras.
1.3.3. I diritti televisivi.
Una ricerca fatta negli Stati Uniti asserisce che lo sport trasmesso in televisione aumenta
gli incassi delle società sportive, creando riconoscimento e lealtà negli spettatori verso i
loro club preferiti.
Nel Maggio del 1992
25
, la BSkyB (società del magnate dei media Rupert Murdoch) e la
BBC raggiunsero un accordo da 300 milioni di sterline per ottenere i diritti di trasmissione
della Premiership inglese per cinque anni. La BSkyB si accordò per trasmettere 60 partite
in diretta all’anno, mentre la BBC acquistò i diritti sugli highlights. Al termine del
23
Il Boca Juniors è la formazione campione del mondo in carica per la stagione 2000/2001, avendo sconfitto il
Real Madrid nella finale di Coppa Intercontinentale disputata nel Dicembre 2000 a Tokio.
24
Dato ricavato da World Soccer, Novembre 1995.
Capitolo 1- Caratteristiche del settore calcio
13
contratto la BSkyB investì 670 milioni di sterline nell’acquisto dei diritti sui match in
diretta per altri quattro anni, al fine di creare un sistema di pay-per-view in Inghilterra. La
BBC si assicurò ancora gli highlights per 72 milioni di sterline.
Una rivoluzione nel calcio inglese venne provocata allorché la FA si pronunciò a favore
della creazione di una “Super Premier League” formata da 18 club che avrebbero diviso gli
introiti sui diritti televisivi tra loro e non con le altre 74 squadre professionistiche inglesi. Il
nuovo campionato iniziò nell’agosto del 1992.
Due colossi mondiali si spartiscono l’Europa delle pay-Tv. L’impero della televisione a
pagamento in mano a Canal Plus si estende lungo tutto il Vecchio continente, esclusa la
Gran Bretagna dove da sempre domina incontrastato Rupert Murdoch con la sua BSkyB e
la Germania dove Kirch gestisce la piattaforma di pay-Tv Premiere World. Canal Plus
gestisce in Francia le Tv a pagamento Canal Satellite ed NC Numéricable, in Italia Telepiù,
in Spagna Canal Satelite Digital, in Polonia Cyphra, in Belgio Canal Plus Digitaal e nel
Nord Europa l’omonima Canal Plus.
In tutti i maggiori campionati calcistici europei è ormai presente il sistema della pay-per-
view. Esso consiste nel pagamento da parte di un utente per un singolo evento sportivo
invece che per la sottoscrizione di un abbonamento a un canale televisivo. La pay-per-view
fu introdotta dal canale satellitare francese Canal Satellite nel 1997. Gli spettatori potevano
vedere qualsiasi partita del campionato francese per 50 franchi; erano previsti anche
abbonamenti per tutte le partite di una squadra o del campionato.
Nello stesso anno Telepiù, che come detto è gestita da Canal Plus, acquistò in Italia i
diritti di tutte le partite di Serie A da trasmettere sui canali digitali. Dall’anno scorso i
diritti televisivi sulle singole partite sono venduti direttamente dai club alle tv private a cui,
oltre Telepiù si è aggiunta Stream, canale di proprietà di Murdoch, costringendo l’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato a stabilire una quota di un massimo di dieci
squadre per ogni azienda televisiva. La Lega Calcio può negoziare collettivamente, su
delega dei singoli club, solo i diritti degli highlights e delle fasi a eliminazione diretta della
Coppa Italia. Stream ha inoltre fatto un’offerta alla Lega Calcio per i diritti sugli highlights
attualmente (e storicamente) detenuti dalla RAI, e trasmessi “in chiaro”. Dalla stagione
2001/2002 si rischia quindi di dover pagare per vedere tutte le competizioni calcistiche
italiane.
25
Pag.92 di “Football, a sociology of the game”, di R.Giulianotti, 1999.