6
Codice, sia in termini di impatto ambientale che secondo un’ottica di rilevanza
economica.
CAPITOLO 4: Viene descritta l’analisi del ciclo di vita effettuata con lo studio
nell’intento di fotografare la realtà industriale in campo di trattamento dei beni
durevoli e nella fattispecie del computer, composto da unità centrale (denominata
Case), un Monitor da 14 pollici e una tastiera. Nel calcolo dell’inventario ci si è
prevalentemente riferiti alle informazioni sulle quantità e percentuali di materiale
trattato dalla ditta che riceve per prima i computer (la Tred Carpi). Si è adottata una
metodologia per ricavare i pesi e la composizione dei vari elementi e si è provveduto
ad analisi di laboratorio per ottenere una migliore qualità delle informazioni. Si è
proseguito con l’analisi dei processi e degli impatti di ogni azienda coinvolta nel
trattamento del bene durevole o parti di esso e con la valutazione finale dell’intero
ciclo di fine vita compresi i conferimenti in discarica o inceneritore. La valutazione
dell’impatto ambientale ed economico viene eseguita utilizzando il metodo Eco-
indicator 99 E/E opportunamente modificato per tenere conto dei costi di produzione,
di quelli di trasporto e delle esternalità dovute al trasporto.
Dall’analisi delle aziende si può rilevare che il processo che produce maggior danno è
la bonifica del tubo catodico con 2,92 E-2 Pt. e quello che produce minore impatto è la
triturazione delle schede alla Orim con 6,87 E-4 Pt.
Dall’analisi dei risultati si possono trarre le seguenti considerazioni:
• Il trattamento di fine vita studiato produce un vantaggio ambientale pari a –2,952
Pt.;
• Il guadagno è dato per il 59% dal Case e per il 42% dal Monitor mentre la tastiera
produce un danno del 1% sul totale del fine vita;
• La maggior parte del guadagno è dato dal risparmio di 40,4 libbre di coal per la
categoria di impatto R Fossil fuels;
• Il danno dovuto ai trasporti consiste nell’emissione in aria di 1,2 kg di CO
2
e 17,4
mg di NOx oltre al consumo di 338 grammi di crude oil ETH.
CAPITOLO 5: Viene effettuata un’analisi di sensibilità per evidenziare quali
differenze possono esserci modificando la prospettiva di analisi, i diversi fine vita del
computer e i trasporti. Successivamente viene comparato il guadagno ambientale in
7
termini di produzione di materie prime, uso di energia elettrica o percorsi stradali
effettuati.
Dall’analisi di sensibilità è risultato che:
• Il guadagno totale dato dalla prospettiva I/I (-4,09 Pt.) risulta essere superiore a
quello della prospettiva E/E (-2,95 Pt.), mentre quello dato dalla prospettiva H/H
(-2,65 Pt.) risulta essere leggermente inferiore; pertanto risulta che per il fine vita
del computer la prospettiva gerarchica è la più conservatrice;
• Ipotizzando un fine vita di incenerimento per il computer si ottiene un guadagno
pari a -0,888 Pt., dovuto alla produzione di energia elettrica per la combustione dei
materiali;
• Ipotizzando un fine vita in discarica il Codice mostra un danno pari a 0,0368 Pt.,
dovuto all’emissioni in acqua di metalli pesanti;
• Nel caso di una riduzione dei trasporti dovuta alla localizzazione di tutte le aziende
all’interno della regione Emilia Romagna si rileva un vantaggio in termini di
impatto ambientale di -0,084 Pt., dovuto essenzialmente alla mancata emissione in
aria di 1,1 kg di CO
2
e 16,1 grammi di NOx e al mancato consumo di 311 grammi
di crude oil ETH nel trasporto a motore diesel;
• Il danno dovuto al fine vita del computer è paragonabile a quello di un’industria
che produce circa 3,27 kg di alluminio, 210,86 kg di cemento o 10,778 kg di
plastica ABS; inoltre equivale al consumo di energia elettrica di oltre 60 giorni di
un frigorifero o 24 cicli di lavaggio di una lavatrice.
CAPITOLO 6: Viene effettuata un’analisi dei costi del fine vita, sulla base dei dati
forniti dalle varie aziende visitate e sulla base di informazioni di carattere più generale
reperite su Internet (per es. costo del m
3
di metano) oppure da altre aziende
specializzate (per es. costo del cianuro di potassio). Di seguito sono elencate le
conclusioni del capitolo:
• Dall’analisi dei costi sostenuti dalle aziende studiate la manodopera è la voce che
incide maggiormente nel fine vita del computer (44%), seguita dagli ammortamenti
(31%) e dal consumo di energia (11%);
• Il costo totale del trasporto ipotizzando una tariffa di 100 lire/tkm trasportata è
risultato essere 1960 lire (pari a € 1,01);
8
• Il costo operativo finale del processo di trattamento del computer a fine vita è
risultato 28402 lire (pari a € 14,67);
• La ditta maggiormente presente all’interno dei processi è la Tred Carpi (52%) che
si occupa di tutte le prime operazioni di disassemblaggio e bonifica dei
componenti;
• Il costo di trattamento del tubo catodico, secondo le operazioni analizzate in questo
studio, ammonta a £. 8266 (pari a € 4,27) di cui il 43% deriva dalle prime
operazioni di smontaggio, taglio e bonifica;
• Ipotizzando il costo della produzione primaria rispetto a quella secondaria
generalmente superiore del 15%, il guadagno dovuto al riciclo ammonta a circa
£. 4380;
• Il costo finale attribuibile al trattamento di fine vita del computer e calcolato
tenendo presente i guadagni derivanti dal riciclo e dalla discarica evitata è risultato
essere di £. 21400 (pari a € 11,05) circa, oltre a £. 1960 dovute al trasporto;
• Al termine di tutti i percorsi di riciclo è risultato un costo di esternalità ambientale
dovuta ai trasporti di £. 5580 (pari a € 2,88), assumendo il valore di 299 lire (pari a
€ 0,15442) per tkm di esternalità. In quest’ultimo calcolo sono stati presi in
considerazione i danni derivanti dall’emissione di CO
2
, inquinamento atmosferico,
rumore, incidenti, congestione del traffico.
9
INTRODUZIONE
Il pianeta Terra è un sistema chiuso, per cui per il principio di conservazione della
massa ed energia, tutto quanto generato nei cicli di produzione e di consumo, siano
essi effluenti aeriformi, liquidi, solidi, vengono immessi nell’ecosistema.
Quest’ultimo riusciva fino ad alcuni decenni or sono a metabolizzare tali effluenti, ma
il carico di questi, dovuto allo sviluppo, ne ha comportato un accumulo con gravi
danni all’ecosistema: aree degradate da smaltimento abusivo di rifiuti, effetto serra con
conseguenti mutamenti climatici, acque marine ed interne non più usufruibili.
A questo si aggiungano altri effetti collegati alle piogge acide, quali la perdita di
foreste, l’avanzamento della desertificazione, la perdita della bio-diversità e la
riduzione della fertilità del suolo.
Il problema è stato affrontato dai vari Paesi sviluppati e delle economie di transizione a
livello mondiale, che hanno stabilito degli obiettivi, con la Conferenza di Rio (1992)
prima, e il Protocollo di Kyoto (1997) poi, di riduzione del 5% circa, rispettivamente,
delle emissioni di gas serra entro il 2010 rispetto ai livelli del 1990.
Fin dalla Conferenza di Rio è stato affermato che la gestione dei rifiuti è tra le
problematiche di maggiore importanza per mantenere la qualità dell’ambiente e per il
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile
1
; in particolare sono state
individuate le seguenti priorità [1]:
• minimizzazione: limitare l’incremento nella produzione mondiale dei rifiuti, che si
prevede 4-5 volte quella attuale per il 2025, con l’indicazione di attuazione di piani
nazionali per lo sviluppo sostenibile;
• riuso e riciclo;
• trattamento e smaltimento ambientalmente compatibile: con l’obiettivo che per il
2025 almeno il 50% di tutti i rifiuti prodotti siano trattati;
1
Per sviluppo sostenibile [2] intendiamo “uno sviluppo che tenga conto delle problematiche ambientali generate
dalla produzione, che tenda a migliorare le performances ambientali dell’imprese e non solo la quantità o qualità
del prodotto spingendo le imprese verso l’eco-efficienza, che internalizzi i costi ambientali in termini di consumo
di risorse e inquinamento dell’ambiente, che permetta dei ritorni per le imprese in seguito a miglioramenti della
performance ambientale” [3]
10
• estensione della copertura dei servizi: ogni anno, nel mondo, muoiono parecchie
persone per malattie correlate alla mancanza di strutture idonee per lo smaltimento
corretto dei rifiuti.
Risulta quindi necessario rivedere le modalità dello sviluppo economico, cioè di un
sistema le cui strutture siano in grado di rispettare i limiti e le capacità di carico
dell’ecosistema, che in termini energetici comporta l’impiego di fonti rinnovabili.
Inoltre la III Conferenza delle Parti alla Convenzione quadro sui Cambiamenti
Climatici di Kyoto [4] ha adottato un protocollo che stabilisce l’impegno dei paesi
industrializzati a ridurre, entro il periodo compreso tra il 2008 e il 2012, le emissioni
dei sei principali gas serra (non controllati nel protocollo di Montreal per la protezione
della fascia di ozono) nella misura complessiva del 5.3% rispetto ai livelli del 1990.
I gas considerati sono l’anidride carbonica CO
2
, il metano CH
4
, il protossido di azoto
N
2
O, gli idrofluorocarburi HFC, i perfluorocarburi PFC, l’esafluoruro di zolfo SF
6
.
Bisognerà quindi vedere le tecniche di smaltimento dei rifiuti come fonte di risorse
sfruttabili tali e quali o previi opportuni trattamenti.
Inoltre viene fissato il contributo dell’Unione Europea alla riduzione delle emissioni,
nella misura dell’8% rispetto ai livelli del 1990; vengono poi indicate le azioni che
dovranno essere realizzate dai paesi industrializzati per la riduzione delle emissioni:
• promozione dell’efficienza energetica in tutti i settori;
• sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e delle tecnologie
innovative per la riduzione delle emissioni;
• protezione ed estensione delle foreste per l’assorbimento del carbonio;
• promozione dell’agricoltura sostenibile;
• limitazione e riduzione delle emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli
altri settori non energetici;
• misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas serra.
In questo contesto assumono rilievo [5]:
• L’adeguamento del parco termoelettrico nazionale, in relazione agli impegni
previsti dalla direttiva 96/61/CE e tenendo conto della direttiva 96/92/CE in
11
materia di mercato unico dell’energia elettrica oltre che, della direttiva europea sul
mercato unico del gas;
• L’adeguamento del parco autoveicolare e della qualità dei carburanti alle norme
fissate dalle direttive europee “Auto oil” e 92/62/CE per la protezione della qualità
dell’aria, agli obiettivi individuati dalle decisioni europee e dagli accordi volontari
in materia di consumi di carburante, oltre che dalla L. 413/97 per la prevenzione
dell’inquinamento atmosferico da benzene e composti aromatici, in relazione agli
standard di emissione e di efficienza degli autoveicoli, alla eliminazione della
benzina con il piombo, alla riduzione dei composti aromatici;
• La ristrutturazione e l’ampliamento delle reti urbane e metropolitane per il
trasporto rapido di massa, secondo quanto previsto dalla L. 30/98, i programmi di
investimento per la realizzazione dell’alta capacità ferroviaria finanziati dalla
L. 261/97, e gli interventi per il cabotaggio fluviale nel sistema Po-Adriatico
finanziati dalla legge 380/90;
• L’attuazione del D.lgs 22/97 in materia di rifiuti, in relazione alla progressiva
eliminazione delle discariche, al riciclaggio in misura non inferiore al 35%, al
recupero energetico del combustibile derivato dai rifiuti;
• Le proposte di direttive sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche [6]:
™ La direttiva sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Draft
13/6/2001) [7]
Obiettivi della proposta di direttiva sono la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio dei
rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche nonché il
miglioramento del rispetto dell’ambiente da parte di tutti gli attori coinvolti nel ciclo
vita di questi prodotti: produttori, distributori e consumatori, in particolare quegli
operatori direttamente collegati al trattamento dei rifiuti stessi. Il recepimento della
direttiva è fissato entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore.
™ La direttiva sulla restrizione d’uso di alcune sostanze pericolose nelle
apparecchiature elettriche ed elettroniche (Draft 13/6/2001) [8]
L’obiettivo della proposta di direttiva, che limita l’uso di sostanze pericolose quali
piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (PBB) eteri
difenili polibromurati (PBDE) nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, è quello
di contribuire ad un recupero e ad uno smaltimento dei rifiuti da apparecchiature
12
elettriche ed elettroniche, più rispettosi dell’ambiente e della salute dell’uomo. Il
campo di applicazione coincide con quello della direttiva sui rifiuti da apparecchiature
elettriche ed elettroniche. Queste due direttive sono state presentate con lo stesso
documento ma con numeri indicativi diversi.
La tabella I.1 riassume le riduzioni per settore di CO
2
previste dalle politiche
ambientali nazionali.
AZIONI NAZIONALI PER LA RIDUZIONE
DELLE EMISSIONI DEI GAS SERRA
Mton CO
2
2002 [%]
Mton CO
2
2006 [%]
Mton CO
2
2008-2012[%]
Aumento di efficienza nel parco trasporti - 4/5 - 10/12 - 20/23
Riduzione dei consumi energetici nel settore dei
trasporti
- 4/6 - 9/11 - 18/21
Produzione di energia da fonti rinnovabili - 4/5 - 7/9 - 18/20
Riduzione dei consumi energetici nei settori
industriale / abitativo / terziario
- 6/7 - 12/14 - 24/29
Riduzione delle emissioni nei settori non
energetici
- 2 - 7/9 - 15/19
Tabella I.1 Riduzioni per settore di CO
2
previste dalle politiche ambientali nazionali (Fonte CIPE)
In particolare la nostra trattazione sarà incentrata sulle modalità di trattamento di fine
vita dei beni durevoli di cui di seguito segue la posizione giuridica ed alcune
definizioni necessarie al proseguimento della lettura.
Il punto di partenza normativo è senza dubbio il I° comma dell’articolo 44 del
D.lgs 22/97 [9] (“Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui
rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi”) e successive
modifiche (Dir. 1999/31/CE del 26/4/1999 relativa alle discariche dei rifiuti) che
sancisce un principio base secondo cui “i beni durevoli per uso domestico che hanno
esaurito la loro durata operativa devono essere consegnati ad un rivenditore
contestualmente all’acquisto di un bene durevole di tipologia equivalente ovvero
devono essere conferiti alle imprese pubbliche o private che gestiscono la raccolta e
lo smaltimento dei rifiuti urbani o agli appositi centri di raccolta […]”, e il V° comma
che specifica quali sono i beni durevoli previsti dall’articolo:
13
• Frigoriferi, surgelatori e congelatori;
• Televisori;
• Computer:
• Lavatrici e lavastoviglie;
• Condizionatori d’aria.
Nella discussione delle diverse fasi della gestione dei beni durevoli dismessi,
accenneremo ad altre disposizioni normative. Nell’ambito poi della gestione del fine
vita dei beni durevoli dismessi, le fasi cui noi ci atterremo sono quelle raccomandate
dall’Accordo di programma smaltimento beni durevoli ex art. 44 D.lgs 22/97 messo a
punto dall’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente):
• Il ricevimento e la raccolta: i beni durevoli contengono spesso sostanze pericolose
per l’ambiente come i CFC, gli oli, i condensatori con PBC, gli inchiostri, i toner e
le polveri contaminate da metalli pesanti, perciò bisogna operare in modo che
durante il trasporto, il carico e lo scarico, vengano osservate le precauzioni volte ad
evitare rotture e danni che possano farle fuoriuscire e disperdere nell’ambiente;
• Lo stoccaggio deve avvenire in un’area adeguatamente attrezzata per salvaguardare
la sicurezza dei lavoratori in osservanza delle norme in materia (L.636/94 e D.lgs
242/96 e successive modifiche ed integrazioni);
• Il pretrattamento e messa in sicurezza è un’operazione che rende più sicuro lo
svolgimento delle successive fasi di recupero; occorre asportare in via preliminare
parti mobili delle apparecchiature e rimuovere le sostanze pericolose come CFC
dai circuiti, CFC dall’olio, interruttori con sostanze pericolose, condensatori, tubi
catodici, schede elettriche ed elettroniche;
• Vanno rimosse le sostanze infiammabili (L.636/94 e D.lgs 242/96 e successive
modifiche ed integrazioni; D.M. 141/98 sul divieto di smaltimento in discarica di
rifiuti contenenti CFC; esiste inoltre una direttiva comunitaria Dir.96/59/CE sullo
smaltimento dei PCB e PCT che stabilisce le disposizioni per lo smaltimento
controllato dei PCB e dei PCT e la decontaminazione e smaltimento dei prodotti
contenenti tali sostanze, al fine di una loro completa eliminazione entro il 2010);
14
• Lo smontaggio e il recupero del componente è la fase di disassemblaggio richiede
una definizione attenta di procedure al fine di garantire la possibilità di recupero
dei componenti potenzialmente validi da un punto di vista tecnico-economico.
L’automazione di questa fase è ridotta ed il riuso dei componenti è fortemente
influenzato dalle tecniche di fabbricazione del bene. L’operazione va condotta in
ambienti chiusi e necessita di una grande professionalità manuale cui fa riscontro
un basso dispendio energetico. L’ambiente di lavoro deve essere posto in sicurezza
e protetto da inquinamento acustico. (L.447/95 e decreti attuativi sul controllo del
rumore);
• La frantumazione e la selezione dei materiali è la fase caratterizzata dal maggior
dispendio di energia e da soluzioni automatizzate e ad alto contenuto tecnologico;
• Occorre che l’operazione sia anche finalizzata al massimo recupero energetico
possibile; quindi è richiesta la certificazione di qualità del sistema di gestione
ambientale. (ISO 14001 E Regolamento (CEE) 1863/93 (EMAS));
• Il recupero di materiale ed energia: i materiali selezionati vengono avviati a
processi di recupero energetico;
• Lo smaltimento: la frazione di rifiuto da avviare a smaltimento deve essere ridotta
al minimo tecnicamente fattibile;
• Le operazioni di recupero dovrebbero avvenire in maniera certificata secondo le
norme ISO 9000, relativamente alla garanzia di qualità.
I comma dal II° al IV° dell’art. 44 del D.lgs 22 del 5/2/97 individuano le specifiche
tecniche delle diverse categorie di beni durevoli indicate dal V° comma.
Innanzitutto la raccolta ed il trasporto devono essere condotti senza causare lesioni alle
apparecchiature, rimuovere eventuali sostanze residue rilasciabili durante la
movimentazione del bene, assicurare la chiusura degli sportelli e mantenere l’integrità
della tenuta nei confronti di liquidi e gas contenuti nei circuiti.
Risulta essenziale che non si proceda preliminarmente ad una riduzione di volume
mediante pressatura.
15
L’area di arrivo e di stoccaggio deve avere una copertura ed un piano con una
pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi contenuti nelle apparecchiature in
apposite canalette e quindi in pozzetti di raccolta.
Nell’area di stoccaggio occorre prendere opportune procedure per evitare di
accatastare le apparecchiature senza opportune misure di sicurezza per gli operatori e
per l’integrità delle apparecchiature stesse; inoltre per i rifiuti pericolosi devono essere
altresì rispettate le norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi
contenute.
La localizzazione degli impianti deve privilegiare aree per insediamenti industriali,
aree artigianali, aree industriali dimesse individuate dalle regioni in accordo ai requisiti
di compatibilità ambientale.
Criteri di preferenza dovrebbe essere la disponibilità di raccordi e/o scali ferroviari,
reti autostradali.
Dai documenti ANPA si evince che sarebbe auspicabile l’adesione volontaria delle
organizzazioni addette ai recuperi ad un sistema di ecogestione ed audit ambientale
(EMAS) allo scopo di consentire un controllo costante della qualità ambientale ed il
miglioramento delle prestazioni.
L’audit o verifica ambientale è una procedura di gestione che comprende una
valutazione sistematica, documentata e periodica delle prestazioni ambientali di una
organizzazione. Il sistema di gestione ambientale si avvale di diversi strumenti per
instaurare un costante collegamento tra politica ambientale, obiettivi e programmi
ambientali.
Tra questi l’audit è la procedura che consente di controllare costantemente le
performances ambientali ed ha per oggetto la verifica del funzionamento sia dei
processi produttivi che del sistema di gestione nel suo complesso.
I criteri per l’attuazione di un sistema di gestione ambientale [10], rivolto all’attività di
recupero dei beni durevoli dismessi, sono contemplati nel Regolamento Comunitario
1836/1993 che prevede:
• la dotazione di una politica ambientale: impegno da parte delle imprese di
adeguarsi alle norme che prevedono il continuo miglioramento delle prestazioni
ambientali;
16
• L’analisi iniziale: l’impresa deve compiere un’analisi iniziale dei maggiori
problemi ambientali che afferiscono al sito produttivo. L’obiettivo dell’analisi
iniziale è l’identificazione delle forze e delle debolezze dell’esistente sistema di
gestione con particolare riferimento alla legislazione in materia ambientale
applicabile al sito, all’inventario degli effetti ambientali ritenuti significativi, al
confronto con precedenti situazioni non ritenute conformi alla legge.
Sostanzialmente rappresenta lo stato dell’arte della gestione delle problematiche
ambientali, effettuato da parte dell’impresa;
• Il programma ambientale: è un programma atto ad individuare gli strumenti per
risolvere i problemi messi in luce dall’analisi iniziale;
• Il sistema di gestione ambientale: sono i soggetti che hanno lo scopo di raggiungere
gli obiettivi sanciti nella politica ambientale attraverso l’attuazione del programma
ambientale.
Si può considerare come un’interfaccia di collegamento tra diversi strumenti e
procedure, soprattutto in riferimento a:
1. gli effetti ambientali: l’impresa esamina gli effetti ambientali della propria attività
compilando un registro di quelli ritenuti significativi (per esempio quelli con
risultati eccedenti quelli previsti dalla legislazione vigente);
2. le procedure di controllo e monitoraggio: tutte le funzioni, i processi e le attività
sono documentate e controllate;
3. la documentazione: tutto il sistema è descritto in maniera comprensibile con
particolare riguardo alla politica, ai programmi, alle responsabilità, ai legami tra le
diverse strutture;
4. le verifiche del sistema di gestione stesso: l’attività di audit è periodicamente
avviata per accertare eventuali situazioni di non conformità con la politica
ambientale d’impresa e per valutare l’efficacia del sistema nel suo complesso.
L’ecoaudit è una procedura di verifica che ha lo scopo di:
⌢ facilitare il controllo da parte del management che quindi risulta pienamente
coinvolto nella gestione ambientale;
⌢ valutare la corrispondenza tra obiettivi ambientali e risultati in conformità con la
legislazione vigente.
17
La dichiarazione ambientale riguarda l’impresa, i verificatori e la pubblica
amministrazione. È previsto, infatti, che contenga informazioni sulle attività
dell’impresa e sul verificatore, valutazioni dei problemi ambientali e indicazioni sui
quantitativi delle emissioni, sui consumi di materie prime ed energia e sul periodo per
il quale è prevista la dichiarazione.
Il Regolamento Comunitario introduce un articolato sistema di accreditamento dei
verificatori (che hanno il compito di valutare l’attendibilità e la completezza delle
informazioni contenute nella dichiarazione ambientale) e di registrazione dei siti che,
se certificati, potranno esporre un logo che attesta la partecipazione dello stabilimento
allo schema comunitario. Il bilancio ambientale di cui si è parlato è un ottimo
strumento di valutazione se ad esso sono associati dei parametri o indicatori di
performance in grado di poter interpretare i dati e trasformarli in informazioni sulla
efficacia della gestione ambientale dello stabilimento ovvero la conformità alla
legislazione e alle proprie politiche ambientali e il grado di integrazione con le altre
funzioni aziendali.
L’art.35 del D.lgs 22 del 5/2/1997 definisce le diverse soluzioni di trattamento di fine
vita dei rifiuti con la seguente priorità: riuso, riciclaggio, recupero (di energia e/o di
materia).
Come è sottolineato da Ferrario e Pastorelli [11] l’esigenza di una gestione integrata
dei rifiuti solidi deriva dalla considerazione che la soluzione dei problemi di
smaltimento dei rifiuti non può essere demandata ad una sola categoria d’intervento
ma ad una serie di interventi integrati tali da garantire il soddisfacimento dei
fabbisogni di smaltimento dei flussi primari e secondari (ovvero i prodotti di rifiuto
delle altre attività di trattamento e smaltimento), non solo nel breve ma anche nel
medio-lungo periodo.
Questo principio di gestione integrata trova formulazione giuridica sia in ambito
nazionale che in quello comunitario (Decreto “Ronchi” e Direttive 94/62/CEE e
Direttive 89/369/CEE e 89/429/CEE) e ribadisce la necessità di minimizzare il
quantitativo di rifiuti da destinare allo smaltimento finale in discarica. In particolare
viene prescritto, nell’articolo 5 del Decreto“Ronchi”, che “ i rifiuti da avviare a
18
smaltimento devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le
attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero”.
Sul recupero energetico poi si aggiunge che “a partire dal 1° gennaio 1999 la
realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento possono essere
autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero
energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in
energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche”.
Gli artt. 22, 31 e 33 prevedono poi, rispettivamente, la concessione di incentivi
finanziari per l’utilizzazione come combustibile destinato alla produzione di energia
elettrica e l’introduzione di procedure semplificate che consentono l’esercizio delle
attività di recupero.
• Il riuso è una modalità di gestione dei rifiuti che si basa sul riutilizzo diretto del
bene di consumo destinandolo allo stesso tipo di funzione per il quale era stato
concepito.
Si tratta di una modalità di controllo della produzione dei rifiuti che si basa
sull’annullamento del concetto stesso di rifiuto, dal momento che si tratta di beni
per i quali non è avvenuto alcun deterioramento tale da farne perdere le
caratteristiche e le funzionalità originarie;
• Il riciclo è una modalità di gestione dei rifiuti basata sul riutilizzo dei materiali il
cui rifiuto è composto per lo stesso uso o per altri usi rispetto a quelli del bene
originario.
La differenza tra riciclaggio e riuso sta nel fatto che, nel primo, non viene soggetto
direttamente a riutilizzo il bene ma il materiale di cui è composto;
• Il recupero è una modalità di gestione dei rifiuti che si basa sulla trasformazione
(termica, fisica, chimica) degli stessi in modo da produrre materiali e/o energia di
cui sia reso possibile l’utilizzo diretto.
Si tratta di una particolare modalità di riutilizzo in cui si può scontare anche una
consistente perdita di valore del bene di consumo di partenza; tuttavia il recupero
trova generalmente convenienza economica e ambientale nel fatto che può
comportare un ragionevole sfruttamento delle risorse residue contenute nel bene di
consumo prima del suo eventuale smaltimento finale;
19
• Lo smaltimento finale è la modalità ultima di gestione dei rifiuti e dovrebbe
riguardare le frazioni non ulteriormente riutilizzabili, riciclabili o di cui siano
possibili forme di recupero di materia e/o di energia.
Esso avviene in discarica controllata, nuovo elemento della pianificazione
ambientale e territoriale e non solo mero sito di smaltimento.
Per quanto riguarda la legislazione più recente sull’incenerimento, sono entrate in
vigore nuove norme per gli impianti di incenerimento e di coincenerimento (ovvero
quegli impianti che non sono destinati principalmente all’incenerimento di rifiuti
pericolosi che bruciano tali rifiuti come combustibile normale o addizionale) con
l’entrata in vigore del D.M. 25 febbraio 2000, n° 124 il quale, emanato in attuazione
della direttiva 94/67/CE, stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e
ridurre gli effetti negativi sull’ambiente derivanti dall’incenerimento dei rifiuti solidi o
liquidi individuati nell’allegato D del D.lgs 22/97.
Sono esclusi dal campo di applicazione del DM 124/2000 i seguenti impianti di
incenerimento:
␢ Inceneritori per carcasse o resti di animali;
␢ Inceneritori per rifiuti sanitari contagiosi, a condizione che tali rifiuti non siano resi
pericolosi dalla presenza di altri costituenti elencati nell’allegato H e I del
D.lgs 22/97;
␢ Inceneritori per rifiuti urbani e inceneritori per rifiuti speciali non pericolosi, a
condizione che i rifiuti trattati non siano mescolati con rifiuti pericolosi.
Le autorizzazioni rilasciate agli impianti di incenerimento devono indicare
esplicitamente la capacità nominale (la somma delle capacità di incenerimento dei
forni che compongono l’impianto), i tipi, e le quantità dei rifiuti pericolosi che
possono essere trattati.
Per gli impianti di coincenerimento di rifiuti pericolosi è vietato il coincenerimento di
oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 25 parti per
milione.
Negli impianti nei quali si intenda effettuare il coincenerimento di rifiuti pericolosi in
quantità tale che il calore da questi prodotto sia superiore al 40% del calore totale
20
prodotto dall’impianto in qualsiasi fase di funzionamento, vanno osservati i requisiti
minimi esplicitati negli allegati del decreto, e i bruciatori e gli iniettori di rifiuti
pericolosi vanno installati in modo tale da garantire il più completo livello di
incenerimento.
Tutti gli impianti devono adeguarsi a quanto prescritto dal DM 124/2000 entro il 1°
luglio 2000.
Unica eccezione per gli impianti preesistenti il 2 giugno 2000 a condizione che, entro
il 1° luglio 2000, il gestore comunichi alla regione o provincia autonoma competente
al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di cui all’articolo 28 D.lgs 22/97, che
l’impianto sarà definitivamente chiuso oppure cesserà di effettuare il coincenerimento
entro il 30 giugno 2002 e che fino a tale data non funzionerà per più di 20.000 ore.
Il problema dei gas climalteranti [12] è una questione che riguarda sia l’incenerimento
che lo smaltimento in discarica: per il primo, il gas di riferimento è l’anidride
carbonica, mentre per la discarica sarà aggiunto il metano, prodotto dalla
fermentazione anaerobica dei rifiuti organici, ed eventualmente la CO
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generata
attraverso la combustione della quota raccolta dello stesso.
Le modalità di trattamento dei rifiuti appaiono particolarmente interessanti al riguardo:
da un lato le discariche di RSU sono una delle più importanti fonti antropogeniche di
questi gas, specialmente di metano, dall’altro esse appaiono in grado di fissare al suolo
almeno una parte del carbonio contenuto dei rifiuti, che invece è trasferito in atmosfera
dalla termodistruzione.
La valutazione degli impatti dell’azione di questi gas si rifarà ad un approccio
prevalente (Brown, 1998) che considera l’intero ciclo di vita dei rifiuti, ed in
particolare il fatto che gran parte della CO
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rilasciata sia a seguito di incenerimento
che di posa a discarica, sarebbe stata in ogni caso emessa in quanto derivante, in
ultima analisi, dalla decomposizione di organismi viventi (biomassa).
Di conseguenza si considera come emissione netta solo la quota parte di tale emissione
che è attribuibile alla termodistruzione di sostanze organiche minerali, di origine
fossile, stimata in circa il 32 %.
In linea di principio, la considerazione delle emissioni complessive effettivamente
derivanti da inceneritori e da discariche dovrebbe portare a risultati sostanzialmente
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analoghi per quanto riguarda la differenza tra le due opzioni, e perciò la valutazione
dell’impatto netto dell’inceneritore, se considerato come impianto di produzione
energetica, non ne dovrebbe risentire.
Di fatto tuttavia i valori di emissione stimati a partire dall’analisi del ciclo di vita
differiscono sensibilmente da quelli derivati da rilevazioni dirette delle emissioni di
gas climalteranti calcolate sulla base dell’analisi del ciclo vitale, e dei dati della
letteratura empirica.
Quindi si è ancora in una fase di poca chiarezza relativamente alla determinazione dei
gas climalteranti.