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utilizzano viavia pene sempre meno visibili e dolorose. Peculiarità della pena moderna è, al contrario
del periodo precedente, la sempre minore visibilità della punizione e l’eliminazione sempre maggiore
della sofferenza, del dolore, del patimento, l’abbandono del supplizio (la ghigliottina nasce proprio
come esigenza di una morte rapida, veloce): il corpo quindi muore sì, è pur sempre toccato dallo
strumento di morte, ma non più per essere lacerato, bensì solo in quanto simbolo di vita. Al diminuire
della ferocia corrisponde una sempre maggiore simbolizzazione della pena che a sua volta è
corrispettiva della distinzione, teorizzata nei primi del 700 (divenendo poi principio fondamentale nel
positivismo giuridico inglese dell’800), fra legge in quanto norma morale e legge in quanto norma
giuridica: questa distinzione porterà da un lato a una sempre maggiore crudeltà della punizione
(richiesta dalla trasgressione della norma giuridica) che sarà sempre più simbolica (la sanzione).
Dall’altro essa porterà a un diverso genere di simbolizzazione, ove la trasgressione della norma non
comporterà più l’imposizione della pena, perdendosi così anche il carattere violento della norma stessa.
Nell’applicazione della pena il passaggio all’epoca moderna segna la fine della punizione esercitata
direttamente sul corpo, l’essenza stessa della quale era lo strazio del corpo del singolo che fungeva da
modello (e solo in questo senso aveva carattere simbolico) e dunque da strumento del dominio della
legge.
Un analogo processo di profondo mutamento si attua nella medicina: il trionfo della clinica e
dell’anatomia patologica ce si servono dello sguardo, del tocco, dei sensi, e si rivolgono alla verità
sensibile, tangibile del corpo, segna la fine della nosografia, della classificazione delle malattie che
aveva frenato lo sviluppo della scienza medica senza slegarsi mai dall’ombra della medicina galenica, e
che aveva incentrato il suo interesse sulla essenza della malattia. La clinica moderna rivolge invece i
suoi studi al malato e ai suoi sintomi, rispondenti a una precisa collocazione della patologia nl suo
corpo,introducendo nella pratica clinico-medica un interesse e un particolare rispetto per il singolo e il
suo caso: la cura di questo diverrà così il fine immediato e la verità della medicina.
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Il processo di mutamento che caratterizza l’uso del copro nell’ambito della pratica medica e
della pratica penale, (le quali sempre e suppongono una certa concezione “filosofica” del copro, e al
contempo contribuiscono a un suo cambiamento) nel corso dell’epoca moderna e nel passaggio da
questa all’epoca contemporanea (che possiamo chiamare tardo-moderna o post-moderna, attribuendo a
questo termine un significato ben preciso
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) ci si propone con grande evidenza. L’epoca tardo-moderna
si caratterizza per il compimento della secolarizzazione (iniziata con l’illuminismo) che comporta la
distinzione fra morale diritto e il pluralismo etico da un lato, e dall’altro il più radicale processo di
astrazione e simbolizzazione della legge. Secolarizzazione e pluralizzazione si attuano principalmente,
a nostro avviso, attraverso un’attenuazione del valore di assoluta cogenza della legge etica e attraverso
il riconoscimento di una pluralità di “comunità” etico-morali portatrici di valori differenti e di principi
mai assoluti in quanto molteplici. La tesi lyotardiana della fine delle grandi narrazioni, caratterizzate
dalla loro natura unitaria, si potrebbe applicare in questa situazione. La proliferazione di differenti
principi morali comporta una diminuzione di impositività e contemporaneamente un ampliamento del
principio di tolleranza e rispetto verso il singolo, e verso il corpo nella sua piena integrità, troppo
abusato nella storia. In questa prospettiva la bioetica si può considerare un tipico “prodotto”, un tipico
“sapere” dell’epoca tardo-moderna.: la dissoluzione dei valori e principi assoluti che compie la
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Il termine post-moderno è stato utilizzato in vari ambiti del sapere, soprattutto in ambito architettonico e
filosofico-letterario. Va ricordat che il filosofo francese Jean François Lyotard nel 1979 pubblicò un pamphlet
dal titolo La condition postmodèrne (Paris, Minuti) per il quale è stato ben presto etichettato come teorico per
eccellenza del postmoderno e suo acceso fautore. In realtà in questo saggio Lyotard intendeva solo offrire un
quando di una situazione storico-sociale che rifletteva mutamenti avvenuti sia in ambito scientifico, soprattutto
con il prevalere dell’elettronica e dell’informatica, e del principio di indeterminazione (per cui si sostituiva al
paradigma e al modello dell’unità quello della dispersione e della molteplicità), si a in ambito socio-culturale con
l’interscambio sempre più veloce tra differenti culture che imponeva un pluralismo etico-culturale, sia in ambito
teorico-storico-filosofico con il venir meno della continuità dei cosiddetti “grandi racconti”, individuati
principalmente nell’idealismo, nel marxismo e in certo illuminismo ( in tutte quelle teorie cioè nelle quali,
secondo Lyotard, si proponeva come principio fondamentale l’idea di progresso lineare, univoco, processuale)
Questa lettura è stata spesso fraintesa e si è visto nel nuovo termine postmoderno l’intenzione di contrapporlo al
moderno; di fatto Lyotard ha solo indicato il verificarsi di una rottura nella linearità del progresso moderna.
Lyotard poi ha a sua volta fatto autocritica nel segno di un’attenuazione della opposizione fra moderno e
postomoderno, soprattutto in merito alla sua presunta critica, implicita secondo molti, all’illuminismo e alle sue
componenti più positive tutt’ora valide e condivisibili.
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secolarizzazione è alla radice del diffondersi della riflessione bioetica stessa
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. Costitutivamente
multidisciplinare, la bioetica ha una componente moralmente pluralistica ed è fondata sul
riconoscimento del principio del rispetto dell’autonomia della persona che si esplica principalmente nel
rispetto della sua integrità fisica e psichica. Ben lungi dall’essere attenta solo alla malattia ella sua
essenza, di cui il corpo del malato era solo il luogo della manifestazione nell’epoca premoderna, la
medicina nell’epoca contemporanea della bio-tecnologizzazione, s’interroga sul modo in cui deve
guardare l’altro che ha di fronte. Lo sguardo del medico, che non è più quello del classificatore di
malattie, ma neanche più solo quello dell’anatomo-patologo che vede nel corpo i sintomi collocabili
esattamente, è ora lo sguardo di chi deve rispondere a domande che riguardano la “qualità della vita”
del ammalato, la sua capacità di rispettarla, proteggerla, garantirla. Un sintomo di mutamento dello
sguardo medico è anche la nuova definizione di saluta assunta dall’OMS secondo cui essa corrisponde
a una “stato di benessere psico-fisico dell’organismo” nel suo complesso e non più alla semplice
“assenza di malattia”. Tale ridefinizione ponendo l’accento sull’aspetto qualitativo, il benessere,
evidenzia l’importanza non solo dello stato oggettivo-negativo, l’assenza di malattia, ma anche di un
aspetto più “soggettivo” che comprende un giudizio di qualità sulla situazione di equilibrio de un
organismo che prevede un’armonia psico-fisica. Le questioni che la bioetica discute come l’eutanasia,
l’aborto, il consenso informato alle terapie, dipendono essenzialmente dalla considerazione e dal
riconoscimento del rispetto dell’integrità del corpo.
Il corpo, e un nuovo differente modello di concepirlo, sono alla base della riflessione bioetica.
L’esigenza di consideralo non più, o almeno non più solo, strumento di potere, oggetto d’uso da parte
altrui, e l’esigenza del soggetto di rivendicarne la disponibilità sono all’origine della principali
questioni discusse nel dibattito bioetico contemporaneo. Si impongono nuovi modelli di concezione del
corpo in ambito sociale, morale, giuridico. In relazione all’imporsi di questi nuovi modelli e di nuove
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Cfr. H.T. Engelhardt, in particolare, The foundation of bioethics, New York, Oxford University Press, 1986;
trad. It. Manuale di Bioetica, Milano, Il Saggiatore, 1991, e Assistenza sanitaria e opzioni morali, in “Le
Scienze”, n.88, febbraio, 1996.
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rivendicazioni si presentano nuove possibili configurazioni di diritti soggettivi. In corrispondenza al
riconoscimento del diritto di rispetto del corpo, assume una centralità sempre più giuridicamente
rilevante il diritto alla riservatezza, alla privacy che comprende anche la sfera dei diritti sul corpo e sui
“dati sensibili” che lo riguardano
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Si veda a questo proposito la rilevanza che l’appello e il riconoscimento del diritto alla privacy hanno avuto
nelle sentenze della Corte Suprema statunitense nelle argomentazioni proposte dai giudici nell’elaborazione delle
sentenze sui più celebri casi inerenti l’aborto, Caso Casey e Caso. Il legame fra diritto alla privacy e questioni
inerenti i diritti del corpo è segnalato da Rodotà in Tecnologie e diritti, Bologna, Il Mulino, 1995; si veda inoltre
la recente cosiddetta legge sulla privacy, n.675, 3o dicembre 1996, entrata in vigore in Italia nell’aprile 1997 che
propone alcuni articoli che disciplinano in particolare l’area dei “dati sensibili” inerenti il corpo e i
comportamenti della persona che lo riguardano.