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CAPITOLO 1
Introduzione
Negli ultimi cinque anni si è iniziato a studiare i segnali del corpo
umano come se fossero generati da un sistema caotico, sperando,
con questo nuovo approccio, di poter trarre maggiori informazioni
sulla sorgente, ovvero sul corpo umano.
I segnali principalmente studiati riguardano la funzionalità
cardiaca, in particolar modo sono stati analizzati i segnali
elettrocardiografici e di pressione arteriosa.
Lo studio che questo lavoro compie consiste nel considerare le
varie definizioni che sono state date per l’Entropia nel contesto dei
sistemi caotici e della indagine medica, applicarle a segnali reali,
confrontarle tra loro e trarre delle conclusioni al riguardo.
In questo capitolo di introduzione viene richiamato in primis
l’ambiente fisiologico di interesse, ovvero il cuore, il suo
funzionamento, il segnale elettrocardiografico, quindi i fondamenti
di matematica in cui è immersa la teoria del caos con le necessarie e
minime definizioni per centrare il problema.
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1.1 Cenni di fisiologia
Il cuore è uno dei principali organi necessari alla sopravvivenza;
nell’uomo è situato nel torace nella zona cosiddetta mediastinica, tra
le due regioni pleuropolmonari, di forma tronco-piramidale con la
punta rivolta verso il basso. La sua funzione è quella di assicurare la
circolazione del sangue nel corpo ed è quindi assimilabile ad una
pompa.
Esternamente è possibile notare, nella parte alta, i collegamenti con
il sistema arterioso e venoso, per la circolazione polmonare e
periferica (figura 1).
Vista anteriore e posteriore del cuore.
Figura 1
Internamente si divide in quattro cavità, due di raccolta, detti atri,
e due di compressione, detti ventricoli. La funzione dell’atrio e del
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ventricolo destro consiste nel garantire il circolo polmonare, mentre
la parte sinistra è deputata a garantire la circolazione sistemica.
Analizziamo ora il comportamento dell’organo: il sangue venoso
(povero di ossigeno) proveniente dalla circolazione periferica, viene
raccolto attraverso le vene cave superiore ed inferiore nell’atrio
destro, successivamente, attraverso la valvola tricuspide, il sangue
passa nel ventricolo destro. Durante la contrazione del ventricolo il
sangue viene spinto verso l’arteria polmonare per essere ossigenato,
nei polmoni. Il sangue di ritorno da questo circolo viene raccolto,
mediante le vene polmonari, nell’atrio sinistro, attraversando poi la
valvola bicuspide (o mitralica) passa nel ventricolo sinistro e viene
quindi spinto nella circolazione sistemica.
La regolazione dell’attività del cuore non è ancora del tutto chiara,
si conosce il funzionamento base e alcuni controlli in controreazione
effettuati dal sistema nervoso ortosimpatico e parasimpatico, ma si
sospetta la presenza di meccanismi di controllo più articolati e si
stanno studiando i segnali biologici proprio nella speranza di avere
nuove conoscenze.
L’attività elettrica del cuore è regolata da un gruppo di cellule che
rappresentano il nodo seno-atriale, questa colonia ha la facoltà di
depolarizzarsi spontaneamente ad intervalli regolari (cellule pace-
maker). In questo modo invia un segnale di start che, attraverso i
fasci di Backman e i fasci interatriali, raggiunge gli atri e li spinge a
contrarsi (la contrazione dei due avviene con un leggero
sfasamento). Successivamente lo stimolo viene raccolto dal nodo
atrio-ventricolare e da questo, attraverso il fascio di Hiss raggiunge
il setto interventricolare. Il fascio di Hiss nel setto si biforca in
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branca destra e sinistra e quest’ultima in due ulteriori branche
(anteriore e posteriore), le quali fanno irradiare lo stimolo verso la
punta del cuore per poi risalire verso l’esterno del miocardio in una
struttura detta rete di Purkinje (figura 2), determinando in
conclusione la contrazione delle miocellule ventricolari.
Sistema di trasmissione dell’impulso per l’attività cardiaca.
Figura 2
I segnali che preleviamo dall’attività miocardica sono i segnali
dell’attività elettrica descritta precedentemente e che andranno a
costituire gli elettrocardiogrammi. Per ottenere un
elettrocardiogramma si utilizzano degli elettrodi posti sulla cute che
registrano il segnale elettrico generato dalle cellule atriali e
ventricolari. Diverse sono le aree in cui si possono posizionare gli
elettrodi, ma nella pratica clinica si sono prese come standard quelle
cosiddette bipolari periferiche o di Einthovenn, quelle definite
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aumentate o di Goldberger e quelle monopolari precordiali o di
Wilson.
L’applicazione degli elettrodi secondo Einthovenn, (figura 3) ne
prevede tre rispettivamente al braccio sinistro, al braccio destro e
alla gamba sinistra; in questo modo è possibile ottenere tre segnali
che misurano la differenza di potenziale tra due distretti denominati
I° derivazione (braccio sinistro, braccio destro), II° derivazione
(braccio destro, gamba sinistra) e III° derivazione (braccio sinistro,
gamba sinistra) in cui uno è la combinazione lineare degli altri.
Disposizione degli elettrodi secondo Einthovenn e segnali prelevati.
Le derivazioni precordiali (che misurano la differenza di
potenziale tra quel punto e un elettrodo detto indifferente) sono
state utilizzate al fine di migliorare la qualità del segnale per una
più precisa definizione di eventuali alterazioni.
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Il segnale elettrocardiografico ha la forma di figura 4. Qui
possiamo notare le così dette onde P,Q,R,S,T,U che corrispondono
all’attività elettrica del cuore.
Senza entrare troppo nei dettagli, ricordiamo che l’onda P
corrisponde alla depolarizzazione degli atri, il complesso QRS a
quella del ventricolo sinistro (contrazione), la T alla ripolarizzazione
dei ventricoli. Questo ciclo ha una durata dell’ordine dei 0.8 secondi.
L’attività cardiaca, come già accennato, dipende non solo dalla
frequenza di scarica del nodo seno-atriale, ma anche dall’attività
nervosa neurovegetativa distinta nelle due branche ortosimpatica
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(che ha una azione eccitatoria sul cuore) e parasimpatica (azione
inibitoria).
Il sistema nervoso neurovegetativo agisce sull’attività cardiaca
mediante sistemi di controllo, detti riflessi, che in genere agiscono
come un sistema a controreazione (retroazione negativa). Uno dei
principali sistemi di controllo è costituito dai barocettori arteriosi,
localizzati a livello dell’arco aortico e della biforcazione delle
carotidi; tale sistema è sensibile alla variazione di pressione
arteriosa, nel senso che ad un aumento della pressione nell’aorta e
nelle carotidi, i barocettori inviano un segnale, attraverso fibre
nervose afferenti, ai centri cardiovascolari cerebrali, i quali,
mediante impulsi efferenti, determinano una riduzione dell’attività
simpatica ed un aumento di quella parasimpatica riducendo la
frequenza cardiaca, la forza di contrazione ventricolare ed
aumentando la vasodilatazione periferica; questo insieme di
fenomeni riduce infine la pressione arteriosa.
Oltre ai barocettori arteriosi esistono nel nostro organismo
numerosi altri riflessi che regolano il sistema cardiovascolare
(riflessi cardiopolmonari, riflessi viscerali, etc.) che tendono sempre
a mantenere l’omeostasi del sistema agendo quasi sempre sui
principali parametri cardiovascolari già descritti.
In modo particolare, e come già descritto per l’attività dei
barocettori, un punto chiave riguarda il controllo della frequenza
cardiaca, che può essere espressa anche come intervallo tra due
picchi RR dell’elettrocardiogramma e misurato in millisecondi
invece che battiti/minuto, ed il controllo della pressione arteriosa
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che come segnale può essere rilevato in vari modi a seconda del
soggetto in esame.
Questo lavoro prenderà in esame proprio l’intervallo RR, ovvero
un segnale discreto che rappresenta la differenza di tempo
intercorsa tra due picchi R di due cicli completi dell’attività cardiaca
ed il segnale PAS, cioè la serie dei massimi delle onde di Pressione
Arteriosa Sistolica.
1.2 Richiami di teoria dei sistemi dinamici
La branca della matematica che interessa questo settore della
ricerca, è quella che studia il comportamento asintotico dei sistemi
dinamici non lineari.
Prendiamo come riferimento per esporre i concetti, un sistema del
tipo :
&
() ( ())xt f xt t= reale
(1)
dove
() ()
xt x t x t
n
T
( ) ........=
1
, , è il vettore di stato all’istante t , ed f è
una funzione continua insieme alle sue derivate 12, ,.....,k .
Diamo ora alcune definizioni per centrare la nostra attenzione sui
punti che più ci interessano :
• Una soluzione
()
xt del sistema (1) corrispondente ad una
soluzione iniziale
()
xx0
0
= sarà indicata con
xt tx() (, )=Φ
0
.
Inoltre un insieme A R
n
⊂ si dirà invariante solo se :
Φ (, )tA A t⊂∀≥ 0
.
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In altre parole un insieme invariante è un pozzo per la
variabile
()
xt , una traiettoria originata da xA
0
∈ non uscirà da A,
altre traiettorie originate da punti xA
0
∉ che dovessero entrare
in A, non ne usciranno più.
• Un punto x
*
è detto ω -limite di una traiettoria radicata in x
0
se
e solo se esiste una successione di istanti t
i
, i = 12, ,.... tale che
Φ (, )
*
tx x
i 0
→ .
• L’insieme di tutti i punti x
*
viene indicato con
()
ω x
0
e
chiamato insieme ω -limite di x
0
. L’insieme Ω di tutti gli insiemi
ω -limite si chiama insieme limite.
• Un insieme chiuso A R
n
⊂ è un’attrattore se e solo se gode delle
seguenti proprietà :
1. E’ indecomponibile: ∀⊂∃ ∩≠∅XX A t tX X
'' ' '
,(,) tale che Φ .
2. E’ attraente: Esiste un intorno aperto e invariante U di A
tale che Φ (, )tx A x U t
00
→∀∈ →∞ e per .
Fatte nostre queste definizioni, passiamo a definire gli equilibri.
Gli stati di equilibrio x sono per definizione soluzioni costanti
della (1), quindi sono quei punti per i quali vale fx()= 0 . Nel caso di
sistemi lineari, esprimibili come :
&
() ()x t Axt=
l’analisi si riduce alla verifica della negatività degli autovalori della
matrice A (figura 1).
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Attrattore Puntiforme.
Figura 5
Nei sistemi non lineari (come (1)), si sviluppa la funzione f in serie
di Taylor, la prima matrice ottenuta è noto come Jacobiano ed è
indicato con J, si studia poi il sistema linearizzato (figura 2).
J
f
x
x
=
∂
∂
δ δxt J xt() ()= ⋅
Studio di un sistema non lineare.
Figura 6
I cicli sono per definizione linee chiuse γ in R
n
corrispondenti a
soluzioni periodiche di periodo T della (1) (figura 3).
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Attrattore ciclico.
Figura 7
Andando avanti, supponiamo di avere un sistema dinamico
costituito da due sistemi indipendenti del secondo ordine che hanno
come attrattori due cicli γ
1
e γ
2
rispettivamente di periodo T
1
e T
2
.
L’attrattore del sistema complessivo, in generale, non è un ciclo
bensì un toro poiché i due periodi sono, in generale, in rapporto
irrazionale.
Attrattore toroidale.
Figura 8