Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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dell’omosessualità (The Children’s Hour), del potere
distruttivo del denaro (The Little Foxes), della lotta contro il
nazismo (Watch on the Rhine), solo per citare alcune delle
opere più note.
Per quanto principalmente nota nell’ambito del teatro e del
cinema americano, dagli anni Trenta in poi, Lillian Hellman
si trasformò in un personaggio meritevole di particolare
attenzione per il modo in cui seppe conquistare negli Stati
Uniti una notorietà che trascese quella che comunemente si
riserva a un artista di successo. Come rileva Carl Rollyson
2
nella sua introduzione alla biografia dedicata alla figura di
Lillian Hellman,
ella fu in grado di trasformarsi in una vera e
propria leggenda del suo tempo non tanto, o forse non solo,
per i suoi meriti letterari quanto per aver saputo vivere e
affrontare momenti di grande difficoltà col piglio dell’eroe e
per aver contribuito sapientemente alla nascita della
leggenda che la circondò fino alla sua scomparsa.
Personaggio a tratti complesso e spigoloso, Lillian Hellman
riuscì a trasformare i momenti più critici della sua vita in
esempi di grande integrità morale agli occhi di un’opinione
pubblica affascinata dal coraggio e dalla solidità morale di
una donna non comune.
“Lillian Hellman will be best remembered for a line that
comes not from one of her plays, but from the drama of her
life.”
3
Così scrive Rollyson in riferimento alla lettera che
2
Carl Edmund Rollyson, Lillian Hellman: Her Legacy and Her Legend. New York: St. Martin's
Press, 1988
3
Ibid., pag. 15
Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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Lillian Hellman consegnò al Comitato per le Attività Anti-
Americane prima della sua audizione nel maggio del 1952.
In questo documento si trovano quelle che sono divenute le
parole più citate dell’intera produzione letteraria della
Hellman:
“I cannot and will not cut my
conscience to fit this year’s
fashions.”
4
Il periodo del Maccartismo rappresentò per molti intellettuali
americani un momento di grande difficoltà. Molte furono le
vittime della spietata crociata contro il comunismo e
numerosi furono coloro che dovettero ripiegare su posizioni
di collaborazionismo con gli inquisitori per continuare a
lavorare nell’ambito dello show-business americano. Lillian
Hellman non accettò mai di fare ciò che le veniva richiesto e
cioè di collaborare facendo i nomi di chi, tra i suoi amici e
conoscenti, le avesse mai rivelato di appartenere a
organizzazioni comuniste o di provare anche solo una
simpatia per le stesse.
Il suo rifiuto a collaborare, come si è detto, contribuì a
renderla nota agli occhi del grande pubblico americano ma,
contemporaneamente, ad allontanarla dalla scena teatrale e
cinematografica. Lillian Hellman, così come tanti altri
intellettuali della sua epoca, subì i contraccolpi di
quell’esperienza, soprattutto da un punto di vista
professionale.
4
Lillian Hellman, lettera a John S. Wood (Chairman del House Un-American Activities Committee
- HUAC), in ST, pag. 659
Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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L’abbandono del teatro non fu immediato, ma progressivo.
L’idea di rinascere artisticamente attraverso la ricerca di
nuove forme espressive divenne il suo nuovo obiettivo e si
concretizzò alla fine degli anni ’60, dopo la morte dell’uomo
che era stato al suo fianco per 30 anni: Dashiell Hammett.
La scomparsa di Hammett rappresentò per Lillian un
momento di trasformazione e di ripensamento. Solo allora
iniziò a concepire l’idea di scrivere in un modo diverso.
Lillian Hellman scrisse, a partire dal 1969, quattro opere di
chiara matrice autobiografica nelle quali decise di
raccontarsi e di ricostruire attraverso il recupero della
memoria una vita straordinariamente ricca di avvenimenti,
di incontri, di partecipazioni ad eventi chiave della storia del
‘900.
“Hellman had a talent for placing
herself at the scene of momentous
events: Germany during the rise of
Nazism, Russia during the purge
trials, Spain during the civil war, the
Russian front during World War II and
Yugoslavia soon after Tito Broke with
Moscow.”
5
Di tutti questi avvenimenti ci resta il resoconto lasciatoci
dalla Hellman attraverso i libri di memorie che iniziò a
pubblicare dalla fine degli ’60, e che le permisero di
affermarsi nell’ambito del panorama artistico americano
dopo il periodo di oscurità forzata seguito all’audizione di
5
William Wright, Lillian Hellman: The Image, The Woman, Simon and Schuster, New York,
1986, pag. 13.
Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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fronte all’HUAC (House Un-American Activities Committee)
nella primavera del 1952.
Lillian Hellman dimostrò di avere energia sufficiente per
ricominciare, per uscire da quella lista nera in cui molti
intellettuali americani erano stati inclusi per sospette
simpatie comuniste.
Le quattro opere, An Unfinished Woman (1969), Pentimento
(1973), Scoundrel Time (1976) e Maybe (1980)
rappresentarono per lei l’inizio di una nuova carriera, la
riconquista di un posto d’onore nel panorama letterario
dell’epoca ma soprattutto la possibilità di raggiungere un
pubblico più vasto di quello che aveva conosciuto il suo
lavoro in ambito teatrale.
Il ritorno sulla scena americana fu accolto con i favori del
pubblico e della critica. Fino alla sua morte poche voci si
staccarono dal coro di universale apprezzamento espresso a
favore di quelle che l’autrice non volle mai definire
autobiografie. I primi giudizi negativi volti a mettere in
discussione l’attendibilità dell’autrice, sebbene condivisi
inizialmente da pochi critici e da nemici storici della Hellman
come la scrittrice Mary McCarthy e i critici Lionel e Diana
Trilling, segnarono un progressivo mutamento nell’approccio
critico alla sua produzione autobiografica.
Lillian Hellman non si prestò mai a chiarire i punti oscuri che
l’analisi puntuale dei testi rese evidenti. Anzi, la sua
reazione a qualsiasi richiesta di confronto diretto sulla
veridicità di quanto scritto nelle memorie fu sempre di
grande aggressività. Negò tenacemente che i fatti narrati
Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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fossero anche solo in parte frutto della sua fantasia. Si
rifiutò di discutere la possibilità di aver accresciuto o
modificato il suo reale ruolo nell’ambito dei tanti
avvenimenti cruciali per la storia mondiale cui aveva
partecipato.
Fu accusata di aver mentito, di aver inventato interi episodi
della sua vita, soprattutto in relazione al rapporto con
Dashiell Hammett, di essersi appropriata di esperienze
vissute da altri. Qualcuno arrivò a sostenere che nei suoi
scritti autobiografici Lillian avesse creato il suo personaggio
più riuscito, se stessa, e che quindi avesse mentito
volontariamente o involontariamente allo scopo di creare
una falsa immagine di sé. In qualche modo quindi avrebbe
contribuito attivamente alla nascita del suo stesso mito.
A queste critiche la Hellman rispose sempre con fermezza e
rabbia, negando di aver alterato anche in minima parte la
verità.
Controversa fino alla fine, insomma, la vita di Lillian
Hellman continua ad esercitare sul lettore e sullo studioso
un fascino del tutto particolare. Risale al 1977, ad esempio,
il film di Fred Zinnemann dal titolo “Julia”, tratto dal
racconto omonimo contenuto in Pentimento, in cui il ruolo di
Julia valse a Vanessa Redgrave l’Oscar come migliore attrice
non protagonista. Nel 1999, poi, la produzione della CBS
intitolata “Dash and Lily”, fece rivivere sullo schermo la
storia d’amore tra Lillian e Dashiell Hammett. Pur con tutte
le riserve del caso, ciò dimostra quanto le vicende legate
Le Autobiografie di Lillian Hellman - Premessa
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alla sua vita siano state e siano ancor oggi in grado di
calamitare attenzione ed interesse.
Nei 17 anni trascorsi dalla scomparsa della Hellman, d’altro
canto, anche il dibattito critico sulla sua opera è stato
continuamente alimentato dalla pubblicazione di biografie,
studi critici, saggi e articoli di stampa orientati a
comprendere le linee guida di una produzione quanto mai
eclettica e ricca.
Donna di teatro, sceneggiatrice, giornalista e autrice di
memorie, docente universitaria e donna impegnata in
numerose attività a difesa dei diritti civili, Lillian Hellman
continua nel tempo a rappresentare un esempio di
commistione tra vita e arte che merita di essere compreso a
prescindere dalle polemiche che l’accompagnarono fino alla
fine della sua controversa vita di donna e di artista.
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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Cap. 1 Lillian Hellman: profilo biografico
1.1 Da New Orleans a New York
Lillian Hellman nacque il 20 giugno 1906 a New Orleans,
Louisiana, figlia unica di Max Bernard Hellman e Julia
Newhouse.
Suo nonno, Bernard Hellman, era emigrato dalla Germania
nel 1848 e si era stabilito a New Orleans, dove la comunità
ebraica era numerosa. Qui era nato Max, il padre di Lillian
che aveva sposato Julia Newhouse, figlia di una ricca
famiglia di Desmopolis, Alabama, descritta in seguito da
Lillian come una sorta di clan-famiglia dominato dalla
matriarca, Sophie Marx Newhouse, e dal fratello, Jake Marx,
banchiere di successo a Desmopolis e a New York. I
Newhouse furono sempre visti dalla Hellman come ricchi,
potenti e spinti dall’unico interesse di accumulare denaro e
per questo sempre ostili al matrimonio di Julia con un uomo
che, a parer loro, non avrebbe mai potuto garantirle un
adeguato tenore di vita.
Julia Newhouse era stata educata al Sophie Newcomb di
New Orleans, mentre Max Hellman era un autodidatta che
solo grazie alle sostanze portate in dote dalla moglie era
riuscito ad avviare un piccolo calzaturificio, “The Hellman
Shoe Company” situato in Canal Street a New Orleans.
Quando Lillian aveva circa sei anni, suo padre decise di
lasciare New Orleans e di raggiungere con la famiglia New
York dove i Newhouse/Marx si erano trasferiti poco prima.
Gli Hellman attraversavano un momento di grave crisi
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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economica in seguito al fallimento dell’azienda di calzature
del padre che sperava di ricominciare a New York con una
nuova attività di commesso viaggiatore per un’industria
tessile.
Così fino all’età di sedici anni, Lillian Hellman visse per circa
sei mesi l’anno a New York, nell’appartamento sulla 95°
strada, tra Riverside Drive e West End Avenue, e per la
restante parte dell’anno a New Orleans, al 1718 di Prytania
Street presso la pensione gestita dalle zie paterne. Con le
parole di Pat Shantze
6
Lillian crebbe dunque:
“with an absent father; a black maid
whose presence both frightened and
comforted ; school systems so
divergent that she could skip class in
the South and then struggle to catch
up in her New York semester; and the
paradoxical invisibility and spectacle
to be an only child.”
7
Lillian visse insomma due esistenze parallele, ognuna delle
quali influenzata da una città e da una cultura diversa, e da
una galleria di personaggi descritti in seguito nelle memorie
come modelli dei propri personaggi teatrali: le zie paterne,
Hannah e Jenny, Sophronia, l’amatissima balia nera che,
come ammette la stessa Hellman nelle memorie, fu l’unica
in grado di esercitare autorità sul suo carattere ribelle e
avventuroso, i bizzarri ospiti della pensione di Prytania
Street e i Newhouse/Marx, utilizzati come modello per la
6
Pat Shantze, “Lillian Hellman 1905-1984,” Modern American Women Wtiters. New York: Collier
Books, 1993. Pag 207
7
Ibid. pag 207
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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famiglia Hubbard protagonista di The Little Foxes e Another
Part of the Forest.
Lillian ricevette un’educazione tradizionale a New Orleans:
fu allevata a divenire una vera e propria “lady” del Sud,
eppure, sebbene una parte di lei rimanesse in un certo
senso legata a quell’immagine di femminilità e di
perbenismo, fu la sua parte più determinata a crearsi
un’indipendenza a prevalere e a spingerla a lasciare
definitivamente il sud per trovare la sua realizzazione a New
York.
Lillian Hellman non completò mai i suoi studi formali.
Costretta a frequentare ogni anno metà dei corsi a New
York e l’altra metà a New Orleans, non riuscì mai a trovare
un vero e proprio equilibrio, a maturare in altre parole
l’interesse e il coinvolgimento necessari alla buona riuscita
di qualsiasi impegno scolastico. Si sentì sempre inadeguata
a causa dell’enorme diversità qualitativa della preparazione
richiesta nelle due città: molto alta a New York e
relativamente più modesta a New Orleans. Ciononostante
nel 1922 si diplomò alla Wadleight High School di New York.
Tra il 1922 e il 1924 fu iscritta alla New York University
dove seguì con scarso entusiasmo corsi su Hegel, Kant,
Marx ed Engels. Nel 1924 si iscrisse alla Columbia University
per un semestre estivo durante il quale fu introdotta a
Dostoevsky, Dante, Melville e Lewis Carroll. Quello stesso
anno decise di abbandonare definitivamente il college per
farvi ritorno quarant’anni più tardi con l’incarico di docente.
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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Si aprì così una nuova fase della sua vita che la portò a
muovere i primi passi in quel mondo che sarebbe stato per
lei fonte di grandissime soddisfazioni professionali e
personali.
A 19 anni, infatti, Lillian iniziò a lavorare come lettrice di
manoscritti per il leggendario editore Horace Liveright a
New York. A questo periodo risalgono i primi tentativi di
scrittura di novelle e racconti brevi che non furono mai
pubblicati.
Nel suo primo libro di memorie, An Unfinished Woman,
ricorda l’esperienza presso la casa editrice come un
momento felice della propria gioventù. Qui, oltre a entrare
in contatto col mondo dei grandi nomi della letteratura
americana e mondiale “Faulkner, Freud, Hemingway,
O’Neill, Hart Crane, Sherwood Anderson, Dreiser, E. E.
Commings, and many other less talented but remarkable
people”
8
, la giovane Hellman ebbe modo di far parte della
frizzante, mondana e irrefrenabile vita letteraria newyorkese
degli anni ’20.
Visse insomma i fuochi della sua generazione, le libertà,
sessuali e non, il desiderio di godere appieno la giovinezza,
l’edonismo, tutto ciò che i grandi scrittori degli anni Venti
hanno descritto nelle loro memorabili cronache del periodo.
Nel 1925, Lillian Hellman rimase incinta ma decise di
abortire: il padre del bambino era Arthur Kober, allora
addetto stampa teatrale per Jad Harris, destinato a divenire
8
AUW, pag. 43
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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a sua volta un commediografo e sceneggiatore di successo
(Having Wonderful Time). Lillian e Arthur si erano conosciuti
a New York in uno dei tanti eventi mondani organizzati dalle
case editrici per promuovere i propri artisti. Si sposarono il
1 dicembre 1925. Il matrimonio non ebbe lunga vita: nel
1932, infatti, si concluse con un divorzio amichevole.
Nel 1926 i Kober si trasferirono a Parigi, dove Arthur era
stato incaricato di curare la pubblicazione di una rivista in
lingua inglese, The Paris Comet (che pubblicò due racconti
di Lillian). Tra il 1925 e il 1932, l’attività letteraria di Lillian
Hellman si limitò alla stesura di recensioni letterarie per il
New York Herald Tribune, alla collaborazione a un paio di
campagne pubblicitarie come copywriter e alla stesura di
alcuni racconti che non furono pubblicati.
Nel 1929, durante un soggiorno a Bonn in Germania, decise
di iscriversi ai corsi dell’università locale. Qui iniziò a
frequentare un gruppo di studenti che si rivelarono poi
entusiasti sostenitori delle teorie razziste e antisemitiche
che si andavano diffondendo per opera dell’allora
embrionale movimento nazional-socialista. Questo fu senza
dubbio un momento importante nella sua vita perché per la
prima volta si vide costretta ad affrontare un problema
nuovo per lei: quello dell’identità religiosa. Lillian, che aveva
all’epoca 24 anni, descrive così quell’esperienza in Scoundrel
Time: “Then for the first time in my life I thought about
being a Jew.”
9
9
ST, pag. 607
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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Lillian Hellman proveniva da una famiglia ebrea di origine
tedesca ben assimilata e integrata a New Orleans. Essere
ebrea non era mai stato per lei, così come per molti ebrei
del vecchio sud, motivo di discriminazione. La
consapevolezza della diversità acquisita durante il suo
soggiorno a Bonn, fu condivisa da molti ebrei in modo
traumatico durante gli anni del Nazismo e delle persecuzioni
razziali.
Nel 1930, al ritorno dal viaggio in Europa, Lillian e suo
marito si trasferirono a Hollywood. Nel febbraio dello stesso
anno, un’epoca in cui a causa della Depressione molti
americani stavano perdendo il proprio posto di lavoro,
Arthur Kober aveva ricevuto un’offerta di lavoro molto
vantaggiosa: diventare scrittore di sceneggiature per la
Paramount Pictures con un salario di 450 dollari la
settimana. Benché non entusiasti all’idea di trasferirsi in
California, i coniugi Kober decisero in ogni modo di
accettare l’offerta. Giunti a Los Angeles si sistemarono
presto in un monolocale sul Sunset Boulevard per trasferirsi
subito dopo nel celebre complesso di 25 bungalow “The
Garden of Allah” che fu reso celebre dalla presenza di
leggende del cinema americano come i fratelli Marx e Greta
Garbo e ancor più per essere il luogo prescelto nei periodi di
permanenza a Hollywood di famosissimi scrittori della East
Coast tra i quali Scott Fitzgerald, Dorothy Parker e John
O’Hara.
Dopo un periodo di ambientamento nella vita sociale e
culturale di Hollywood, Lillian iniziò a lavorare per la Metro-
Le Autobiografie di Lillian Hellman – Cap.1 Lillian Hellman: profilo biografico
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Goldwyn-Mayer come lettrice di sceneggiature a 50 dollari la
settimana in un gruppo guidato da Herman Shumlin, quello
stesso Shumlin che avrebbe prodotto cinque delle otto
opere originali da lei scritte. Lillian non amava il suo lavoro
e si lamentava delle condizioni in cui lei e i suoi colleghi
erano costretti a lavorare. In quella situazione, secondo
William Wright, “Hellman’s political sense, theoretical until
now, received a personal boost [..] she attempted to
organize her fellow readers.”
10
Nelle sue memorie, Lillian Hellman non affronta questa
tematica. Ricorda il periodo a Hollywood come difficile e
infelice ma non indica mai l’esperienza alla Metro-Goldwyn-
Mayer come il momento in cui iniziò a delinearsi quello che
era destinato a divenire un segno distintivo della sua
personalità e del suo destino, ovvero il forte senso politico.
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William Wright, op. cit., pag. 61.