2
ad essere uno degli elementi che differenzia la ‘nostra’ offerta fuori sede
dalla vendita a domicilio classica, permette di raggiungere l’alto grado di
professionalità che mancava alle prime norme che hanno regolato il tema
fino all’inizio degli anni ‘90.
A conclusione di queste brevi note di apertura viene da chiedersi quale
sarà il futuro dell’offerta fuori sede, già vendita di porta in porta, in un
periodo di sempre maggiore estensione di internet e, di conseguenza, di
trading on line e vendita a distanza.
Una analisi superficiale potrebbe portare a rispondere che essa sia
destinata ad un ruolo di residualità nei confronti dei nuovi sistemi di
investimento.
E’ probabile, invece, che il piccolo e medio risparmiatore, frastornato da
mille informazioni contrastanti, cercherà sempre più un rapporto diretto
e personale con un proprio “consulente”. Se a questo si unisce il fatto
che i conti correnti bancari rivestono ormai solo il ruolo di raccolta del
risparmio, ma non più di investimento, si può pensare giustamente che
nuovi soggetti saranno attratti dalle maggiori possibilità di guadagno
offerte dal mercato mobiliare, soggetti, però, questi ultimi, che
certamente non si imbarcheranno in grosse operazioni, ma si lasceranno
indirizzare dai promotori, i quali, se sapranno sfruttare lealmente le
opportunità che si presenteranno loro, avranno la possibilità di
prosperare ancora a lungo.
3
Capitolo I
Dalla vendita di porta in porta all’offerta fuori sede di
strumenti e servizi finanziari.
1.1. Note introduttive alla vendita di porta in porta. Ratio della
particolare disciplina più severa.
La particolare modalità di sollecitazione del pubblico risparmio in valori
mobiliari fuori dai luoghi istituzionalmente deputati a tal fine, ha visto la
luce da una “stratificata disciplina normativa”
1
; a questa disciplina è
sempre seguita la dottrina, nel difficile compito di interprete dei vari
mutamenti legislativi, susseguitisi nel tempo.
Proprio a causa dei numerosi studi dottrinali in materia, la fattispecie in
questione è stata chiamata in vari modi. In molti, rifacendosi al testo del
2° co. dell’art. 1/18-ter l. 216/74, l’hanno definita “vendita a domicilio”
di valori mobiliari, distinguendola, però, così, dalla mera vendita a
domicilio solo per il suo particolare oggetto. Altri
2
vi si sono riferiti
parlando di sollecitazione extramurale.
Probabilmente la locuzione migliore è quella di “vendita porta a porta”,
traduzione dell’inglese “door-to-door”, molto utilizzata anche dalla
dottrina italiana. Anzi più correttamente si dovrebbe parlare di “vendita
di porta in porta”
3
.
1
F. D. BUSNELLI, Considerazioni introduttive, in La vendita “porta a porta” di valori mobiliari, a
cura di M. BESSONE e F. D. BUSNELLI, Milano, 1992, pag. 4.
2
G. AULETTA- N. SALANITRO, Diritto commerciale, Milano, 1990, pag. 561.
3
F. FERRARA jr.- F. CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 1987, pag. 668.
4
In realtà poco importa il nome dato a questa disciplina, tanto più che
dopo il Decreto Eurosim bisognerebbe parlare di “offerta fuori sede” di
strumenti e servizi finanziari; l’importante è coglierne le peculiarità.
La vendita di porta in porta è stata, fin dal suo sorgere, caratterizzata da
una particolare e severa regolamentazione. Il motivo principale di questo
rigore è l’obiettivo della tutela dei risparmiatori, nel timore che essi
corrano il rischio di non valutare bene la serietà e la portata di
un’operazione, che viene loro proposta in un luogo diverso dalla sede
dell’impresa, dell’intermediario o di colui che per essi agisce.
Quindi suo tratto caratteristico è la pericolosità per l’investitore,
pericolosità che va intesa come “la sorpresa con cui l’offerta viene fatta
al risparmiatore che è raggiunto dalla sollecitazione senza essersi mosso
spontaneamente per cercarla”
4
.
Il risparmiatore ha, dunque, bisogno di protezione contro questo tipo di
contrattazioni non a caso definite “aggressive”
5
e “sorprendenti”
6
.
Questo è, senza dubbio, uno dei punti salienti di una fattispecie che,
come detto, è stata più volte riformulata, e sulla quale la dottrina ha
inciso non poco, con tesi, alle volte, anche molto discordanti, anche
perché sviluppate “in itinere”
7
, cioè a commento dei vari cambiamenti
legislativi.
C’è chi ha visto nella vendita di porta in porta una semplice modalità di
svolgimento della sollecitazione del risparmio; chi ha pensato
4
F. PIGA- A. M. SEGNI, voce Società e borsa, in Enciclopedia del diritto, vol. XLII, Varese, 1990,
pag. 1151.
5
A. JANNARELLI, a cura di, Le vendite aggressive, Napoli, 1995.
6
U. BRECCIA, La contrattazione su valori mobiliari e il controllo della contrattazione
“sorprendente”, in M. BESSONE- F. D. BUSNELLI, a cura di, op. cit., pp. 17 e ss.
7
G. ALPA, Jus poenitendi e acquisto di valori mobiliari, in Riv. soc., 1987, II, pag. 1508.
5
rappresentasse un nuovo tipo contrattuale; altri consideravano questa
disciplina sintomatica di un modo di conclusione di tutti i contratti; la
c.d. legge SIM l’ha inserita tra le attività di intermediazione mobiliare;
dal Decreto Eurosim in poi diventa modalità di svolgimento del servizio
di collocamento.
Nonostante questa travagliata vicenda normativa, la vendita di porta in
porta è stata sempre caratterizzata da una qual certa autonomia, dovuta
proprio alla necessità di difendere un contraente debole da pratiche più o
meno invadenti.
Nei capitoli che seguiranno, cercheremo di analizzare le linee portanti di
questa figura: per ora premettiamo, in estrema sintesi, che essa consta di
diversi profili, (soggettivo, oggettivo, dinamico, topografico); del
peculiare diritto di recesso (elemento tipico della struttura del contratto o
mero strumento di tutela per contraenti deboli?), vista la sua rilevanza
che travalica l’ambito del mercato mobiliare, ci occuperemo in un
capitolo a parte, come pure faremo per lo studio della qualifica
professionale di promotore finanziario.
1.2. Prima regolamentazione in Italia. Modifica ed ampliamento
della legge 216/74 ad opera della legge 77/83.
Nella l. 216/74, di conversione del D.L. 95/74, vi erano già degli spunti
riguardanti sollecitazione del risparmio pubblico, almeno per quanto
concerneva l’acquisto e la vendita di azioni e di obbligazioni
convertibili; non vi era, invece, alcun riferimento al tema delle vendite
porta a porta.
6
La disciplina relativa viene introdotta con la legge n. 77 del 1983,
istitutiva dei fondi comuni di investimento, alla stregua delle esperienze
precedenti di altri ordinamenti, come quelli francese, belga, statunitense.
1.2.1. Precedenti nella legislazione francese degli anni ‘70.
La loi n. 72/1137 del 22/12/1972 sul “démarchage”, cioè sulla vendita a
domicilio, non è che una (anche se per quello che qui interessa la più
rilevante) delle leggi francesi del periodo che avevano per oggetto la
tutela del consumatore
8
, spia di un atteggiamento particolarmente
sensibile alle problematiche delle vendite aggressive.
Tale legge mira, senza proibire in modo assoluto il fenomeno della
vendita a domicilio, ad impedire l’abuso della debolezza (faiblesse) dei
consumatori da parte dei “venditori non seri”
9
.
L’art. 1 della legge definiva l’ambito di applicazione della propria
normativa, nei confronti di “chiunque pratichi o faccia praticare la
contrattazione a domicilio di una persona fisica, nella sua residenza o nel
luogo di lavoro, per proporre la vendita, la locazione, o la locazione-
vendita di prodotti od oggetti di qualunque genere o per offrire servizi”
10
.
Requisiti per l’applicazione della legge erano:
a) la necessaria consegna al contraente di copia del contratto che doveva
obbligatoriamente contenere alcune menzioni, come quella della facoltà
di rinuncia.
8
Sul tema si veda M. BESSONE, La tutela del consumatore nella recente evoluzione del diritto
francese, in Foro it., 1974, V, pag. 190.
9
L’allora guardasigilli Pleven parlava di “isolare le pecore nere”. Si veda in proposito la nota 11, a
pag. 15, in D. VALENTINO, Recesso e vendite aggressive, Napoli, 1996.
10
F. ORIANA, La legge francese sulla vendita a domicilio e la protezione del consumatore, in Riv.
trim. dir. e proc. civ., 1975, II, pag. 1574.
7
b) La fissazione di un periodo di riflessione (délai de réflexion), entro il
quale il cliente potesse rinunciare all’ordine.
c) La previsione del reato di “abus de faiblesse”, abuso di debolezza, che
prevedeva una sanzione penale a carico del venditore che ottenesse
l’adesione ad un contratto, sfruttando la credulità o l’ignoranza
dell’acquirente
11
.
Già da questi pochi cenni si può notare la rilevanza e la novità della
legge francese, emanata in un momento in cui ancora in Italia non
esisteva neppure la Consob.
Certo non mancavano i difetti, anche se il più evidente tra essi, cioè il
ristretto ambito spaziale della legge (che faceva riferimento alla
residenza od al luogo di lavoro)
12
era tale, solo se si fosse data una
lettura restrittiva della norma, cosa che, come vedremo, la dottrina
dominante non farà mai nei riguardi del riferimento al “domicilio” di cui
al 2° comma dell’art. 18-ter, l. 216/74, per cui tale interpretazione non
sarebbe correttamente applicabile nemmeno nei confronti di normativa
straniera
13
.
Non si può nascondere un giudizio estremamente positivo su questa
legge, che insieme ad altri provvedimenti, (tra cui la l. 3/1/72 in materia
di démarchage financier), apportava in Francia una protezione reale per
il consumatore, con largo anticipo rispetto all’ordinamento italiano.
11
Ma F. ORIANA, op. ult. cit., pag. 1576, fa notare che per il concretarsi del reato erano necessari
entrambi i requisiti (prova dell’ esistenza effettiva della credulità; sottoscrizione del contratto). Questa
circostanza attenuava, di fatto, la portata del reato.
12
Sempre F. ORIANA, op. ult. cit., pag. 1577.
13
Per l’evoluzione della normativa francese in materia si veda D. VALENTINO, op. cit., pp. 49 e ss.
8
1.3. Perplessità sulla normativa in materia, introdotta in Italia con
Legge 77/83 di modifica della l. 216/74.
Nonostante che il legislatore italiano potesse attingere all’esperienza
francese, belga o statunitense, ordinamenti “dove la problematica è
giunta da tempo a maturare ed è affrontata analiticamente nelle diverse
sfumature”
14
, le disposizioni relative alla vendita a domicilio, introdotte
dalla l. 77/83 ai commi 2°, 3°, 4°, dell’art. 18-ter, l. 216/74, apparvero
subito imprecise ed incomplete, pertanto di difficile interpretazione.
1.3.1. Vendita di porta in porta come fattispecie della sollecitazione
del pubblico risparmio.
Dal punto di vista sistematico è stato sostenuto che la vendita a domicilio
fosse da ricomprendere, tra le forme di collocamento porta a porta, nelle
sollecitazione al pubblico risparmio secondo la definizione di cui al 1°
co. dell’art. 18-ter
15
.
Anzi, nonostante la diversa formulazione (“vendita a domicilio” ex co.
2°; “collocamento porta a porta” ex co. 1°), si può ritenere che la vendita
a domicilio fosse da considerare un sottoinsieme del collocamento porta
14
G. VISENTINI, I valori mobiliari, in Trattato di diritto privato, diretto da U. RESCIGNO, vol.
XVI, Torino, 1985, pag. 722.
15
Si riporta il 1° co. di tale art. nella sua versione originaria.
Art. 18-ter “Per sollecitazione al pubblico risparmio deve intendersi, ai fini della applicazione dell’art.
18, ogni pubblico annuncio di emissione; ogni acquisto o vendita mediante offerta al pubblico, ogni
offerta di pubblica sottoscrizione; ogni pubblica offerta di scambio di valori mobiliari; ogni forma di
collocamento porta a porta, a mezzo circolari e mezzi di comunicazione di massa in genere, nonché
ogni annuncio pubblicitario tendente ad offrire informazioni o consigli al pubblico degli investitori,
concernenti valori mobiliari non ancora emessi o per i quali l’emittente o l’offerente non abbia già
predisposto il prospetto informativo, fatta eccezione per quelli quotati presso le borse valori.”(neretto
mio).
9
a porta ( vista la maggior ampiezza del secondo termine rispetto al
primo)
16
.
Al di là di ciò tutta la disciplina era confusa ed incompleta.
1.3.2. Il termine vendita. Sua assunta atecnicità.
Se dunque si accetta il concetto di vendita di porta in porta come species
del genus collocamento, conseguentemente dobbiamo considerare come
non più valido il riferimento alle sole compravendite di valori mobiliari,
non essendo più questa l’unica fattispecie rilevante di sollecitazione del
pubblico risparmio (come invece prevedeva l’originaria formulazione
dell’art. 18 l. 216/74). Va dunque segnalata la atecnicità del termine
vendita, considerazione questa da cui dipende il fatto che si debba
ritenere che “ricadono nel campo di applicazione dell’art. 18-ter, tutti i
contratti conclusi a seguito di una sollecitazione del pubblico
risparmio”
17
,purché tale sollecitazione sia svolta al domicilio
dell’investitore.
1.3.3. Ambito spaziale. Atecnicità anche del riferimento al domicilio.
In realtà, anche quest’ultima affermazione è viziata, almeno da un punto
di vista letterale.
Infatti fin dai primi commenti fu posto il problema se le vendite a
domicilio andassero intese in senso tecnico-giuridico oppure se fosse
possibile assumere un significato lato di domicilio che permettesse di
16
Così L. ZITIELLO, L’offerta fuori sede di strumenti finanziari e di servizi di investimento, in La
riforma dei mercati finanziari, a cura di G. FERRARINI e P. MARCHETTI, Roma, 1998, pag. 217.
17
R. LENER, Dalla formazione alla forma dei contratti su valori mobiliari (prime note sul
“neoformalismo negoziale”), in Banca e borsa, 1990, I, pag. 786.
10
ricomprendere nella fattispecie anche le contrattazioni effettuate in
qualunque luogo, purché diverso da quelli abitualmente a ciò destinati
18
.
La questione non è assolutamente superflua visto che ad autori
19
che
sposano decisamente la tesi della atecnicità, cioè, della maggior
ampiezza possibile data al termine domicilio, se ne contrappongono altri,
che sostengono che l’espressione vada “intesa nel significato tecnico di
cui agli artt. 43 e 47 c.c.”
20
, fino ad affermare la non riconducibilità alla
vendita a domicilio, dei contratti conclusi alla residenza dell’investitore,
quando questa non coincida con il domicilio stesso.
Vedremo più avanti come il legislatore stesso abbia sciolto, seppur
indirettamente, mediante la modificazione del 3° comma dell’art. 18-ter,
questo dubbio, scegliendo a favore della più ampia tutela possibile per il
risparmiatore.
1.3.4. L’oggetto della vendita di porta in porta: i valori mobiliari ex
art. 18-bis l. 216/74. Dubbi su tale nozione e suo progressivo
superamento in dottrina .
Quanto detto finora non esaurisce i problemi relativi all’art. 18-ter.
Come si è detto, l’oggetto della fattispecie in esame e più in generale
della sollecitazione del pubblico risparmio erano i valori mobiliari.
La definizione di questa categoria è proprio uno dei punti più oscuri
della l. 77/83.
18
Vedi sul punto, per primo, E. TONELLI, La vendita a domicilio di valori mobiliari, in
Quadrimestre, 1984, pp. 542 e ss.
19
E. TONELLI, op. ult. cit., pag. 554; A. FUSARO, Sulla vendita “porta a porta”(con particolare
riguardo al collocamento di valori mobiliari), in Riv. critica dir. privato, 1985, pp. 349 e ss.
20
G. VISENTINI, op. cit., pag. 724.
11
Questa, nel riformulare la l. 216/74, aveva inserito all’art. 18-bis, una
nozione di tale classe.
Dall’analisi del dettato normativo si ricavavano diversi sottoinsiemi: per
valore mobiliare andava inteso “ogni certificato o documento”
rappresentativo di:
a) diritti, lato sensu, associativi;
b) diritti di credito e di interesse negoziabile o non;
c) diritti relativi a beni materiali;
d) diritti di acquisto di altri valori mobiliari.
Forse per la denunciata paura dei titoli atipici
21
, era evidente il tentativo
di onnicomprensività del concetto.
Nonostante non sia mancato chi ha cercato di “salvare” la norma,
sottolineandone il presunto elemento comune, rappresentato dai termini
di certificato o documento (dal ché si ricaverebbe che la peculiarità dei
valori mobiliari è la circolarità)
22
, più forti sono state le voci di chi si
chiedeva “che cos’era un valore mobiliare?”, dal titolo di un fortunato
contributo sul tema
23
.
Infatti la definizione era talmente vasta da far perdere i propri confini,
così che non era più distinguibile l’elemento fondante la categoria.
Ecco allora che l’art. 18-bis non rappresentava nient’altro che una
pseudodefinizione. “Se valore mobiliare è tutto, allora esso è niente.”
24
Bisogna dare ragione a D’Alessandro
25
quando afferma che “valore
21
F. CARBONETTI, Che cos’è un valore mobiliare?, in Giur. comm., 1989, I, pag. 286.
22
G. VISENTINI, Emissione e collocamento di valori mobiliari: prime note di commento agli artt. 11-
14 della legge 23 marzo 1983, n. 77, in Riv. soc., 1983, II, pp. 893-894.
23
F. CARBONETTI, op. cit.
24
F. CARBONETTI, op. ult. cit., pag. 301.
25
Si veda a tal proposito: F. D’ALESSANDRO, L’attività di sollecitazione al pubblico risparmio, in
AA.VV., Sistema finanziario e controlli: dall’impresa al mercato, Milano, 1986, pp. 91 e ss.
12
mobiliare è quella qualsiasi cosa che può essere utilizzata per sollecitare
il pubblico risparmio”, suffragando così la sua tesi della struttura
monistica, anziché dualistica, del concetto di sollecitazione, teoria che
consiste nel ritenere la nozione di cui all’art. 18 l. 216/74 fondata solo
dall’attività medesima e non anche dall’oggetto-valore mobiliare, non
avendo, quest’ultimo, alcun connotato reale.
1.3.5. L’autorizzazione all’attività di vendita di porta in porta.
Corrispondenza sotto il profilo oggettivo tra regolamento
dell’efficacia del contratto e quella del regime autorizzativo.
L’originario 3° comma dell’art. 18-ter prevedeva un regime
autorizzatorio per l’attività di vendita porta a porta, decorrente dalla
emanazione di apposito regolamento predisposto dalla Consob ed
approvato dal Ministro del Tesoro.
Tralasciando per il momento la vicenda regolamentare (anche perché
sotto la vigenza di questo 3° co., un regolamento su tale materia non fu
mai approvato), va notata la perfetta corrispondenza sotto il profilo
oggettivo tra la regolamentazione dell’efficacia dei contratti di
investimento e quelle del regime autorizzatorio, in quanto entrambi
concernevano, esplicitamente, l’attività di vendita a domicilio
26
.
La norma, che stiamo analizzando, puntualizzava che l’autorizzazione
dovesse essere rilasciata “in via generale”: ciò poteva significare sia che
l’oggetto dell’indagine nei confronti dei legittimati dovesse essere la loro
26
Si veda L. ZITIELLO, op. cit., pag. 217.
13
struttura, serietà, organizzazione
27
, sia che tali soggetti dovessero
dedicarsi alla vendita a domicilio non occasionalmente e che, di
conseguenza, l’autorizzazione fosse concessa una tantum e non in
relazione ad ogni serie di valori mobiliari da collocare.
1.3.5.1. I soggetti legittimati ed il problematico riferimento a “società
od enti”.
Anche il profilo soggettivo non era privo di punti oscuri. Il 3° co. si
rivolgeva a Società od enti richiedenti.
“Così inteso, isolatamente dal contesto della legge, il rilascio
dell’autorizzazione trova la sola condizione che non si tratti di persone
fisiche”
28
.
Ciò ha portato i commentatori a cercare un’interpretazione restrittiva del
dettato legislativo. Si può condividere il punto di vista di Tonelli
29
laddove, riprendendo la Relazione della Commissione Permanente del
Senato al d.d.l. poi approvato, affermava che con tale formulazione si
mirava a sottoporre all’autorizzazione Consob sia il venditore di valori
mobiliari porta a porta, sia l’emittente, ma, quest’ultimo, solamente
qualora avesse intrapreso direttamente l’attività in questione.
Non può essere accolta, invece, l’interpretazione di Visentini
30
, il quale,
rifacendosi alla propria interpretazione dell’art. 18.1, arrivava ad
affermare che solo gli emittenti (SPA od enti pubblici che fossero)
avrebbero potuto collocare i propri valori a domicilio.
27
E. TONELLI, op.cit., pag. 557.
28
G. VISENTINI, I valori mobiliari, in Trattato di diritto privato, diretto da U. RESCIGNO, vol. XVI,
Torino, 1985, pag. 724.
29
E. TONELLI, op. cit., pp. 556-557.
30
G. VISENTINI, op. cit., pag. 724.
14
Ad onor del vero va però ricordato che proprio Visentini ammette che
“soltanto la prassi potrà aiutare a meglio intendere la portata della
disciplina, che........richiede un nuovo intervento del legislatore”
31
, cosa
che puntualmente avvenne, come tra poco vedremo.
1.3.6. Il diritto di recesso. Rinvio.
Resta da analizzare il 2° co. dell’art. 18-ter.
Vi si prevedeva il c.d. jus poenitendi a favore del risparmiatore.
In tale comma si prevedeva che l’efficacia del contratto fosse sospesa per
5 giorni decorrenti dalla “data di sottoscrizione”, termine entro il quale
l’acquirente aveva facoltà di comunicare al venditore, al suo agente,
procuratore, o commissionario, a mezzo di telegramma il proprio recesso
senza corrispettivo. L’ultimo comma puntualizzava, poi, che i contratti
dovevano riprodurre il contenuto di questa disposizione a pena di nullità.
Questo particolare “diritto di recesso” rappresenta la più importante
peculiarità della disciplina in analisi, ma anche il suo punctum dolens,
perché da essa ha preso il via un acceso dibattito dottrinale sulla natura
dei contratti sottoscritti a domicilio o comunque “fuori sede”, sulle
modalità di conclusione degli stessi e su quello che la norma definisce
recesso; dibattito che ha interessato la forma stessa dei relativi
contratti
32
.
Vista l’importanza del tema che travalica la disciplina in analisi per
approdare in fattispecie confinanti (tipo la vendita a distanza, o quella a
domicilio non finanziaria), allo jus poenitendi sarà dedicato un capitolo a
31
G. VISENTINI, op. ult. cit., pag. 725.
32
R.LENER, op. cit., pp. 777 e ss.
15
parte, cui si farà più volte inevitabilmente rinvio in questa panoramica
storico-introduttiva.
1.3.6.1. La nullità comminata dall’ultimo comma dell’art 18-ter.
In conseguenza dei legami tra 2° ed ultimo comma dell’articolo, si rinvia
oltre anche per la disciplina di quest’ultimo.
Vi si puntualizzava che i contratti sottoscritti a domicilio, dovessero
riprodurre la previsione del diritto di recesso, pena la nullità dell’intero
contratto, nullità dai più ritenuta relativa, seppure non sia mancato chi la
ritenesse assoluta
33
.
1.4. Modificazioni ad opera della l. 281/85.
La manifesta imprecisione che caratterizzava la disciplina in commento,
insieme alla mancata emanazione del regolamento Consob, portò il
legislatore a modificare l’art. 18-ter dopo appena due anni dalla sua
emanazione.
La legge 281/85 ha introdotto tre nuovi commi che sono andati a
sostituire l’originario 3° co., lasciando invece immutato il diritto di
recesso.
Trattasi, come vedremo, di una modifica importante perché il nuovo 3°
comma, “nel ribadire la sottoposizione al regime autorizzatorio della
Consob, ne mutava l’identificazione”
34
.
33
G. VISENTINI, op. cit., pag. 725.
34
L. ZITIELLO, op. cit., pag. 218.