2
pervenendo a rapporti tra gli stessi sempre più incentrati su concetti di
complementarità. Si sottolinea, in effetti, come le imprese di
dimensioni minori presentino (rispetto alle grandi imprese) una
superiore predisposizione a stipulare accordi di cooperazione con le
realtà imprenditoriali locali, superiori capacità di adattamento verso i
contesti locali in cui si trovano ad operare e maggiori capacità di
sfruttamento dei vantaggi localizzativi, grazie a strutture organizzative
snelle e non rigide molto adattabili alle specificità locali ed in grado di
cogliere e rispondere in maniera più agevole alle opportunità nascenti,
a seguito dell’attuazione di processi decisionali non laboriosi e
complessi.
La cooperazione decentrata costituisce dunque un ambito all’interno
del quale possono trovare spazio strategie innovative di espansione
all’estero, ed è rappresentativa della situazione caratterizzante gli anni
‘90 incentrata sulla crisi dello Stato nazionale, in conseguenza della
globalizzazione e del decentramento delle proprie funzioni e
competenze a livelli locali e sovranazionali, ed alla luce anche delle
richieste di maggiore autonomia avanzate dagli attori sociali, dalla
comunità e dalle istituzioni locali.
Al riguardo si sottolinea come la cooperazione decentrata, anche
definita come globalizzazione alternativa poiché avviata dalle
autonomie locali, e come globalizzazione che si antepone ai
movimenti dei capitali, facendo prevalere una globalizzazione dei
movimenti civici, equi e democratici, non sia assolutamente da vedere
in termini di azione isolata bensì costituisca un efficace strumento di
apertura e dialogo nei confronti dei paesi cui è rivolta. Tale modalità
di cooperazione permette così di avviare continui e sempre più forti
rapporti di interazione e scambio, nel rispetto delle specificità locali e
3
dei concetti di autonomia e democrazia, rappresentando un efficace ed
ulteriore strumento a disposizione delle realtà imprenditoriali per
l’attuazione di strategie di espansione all’estero.
Si afferma così il ruolo della cooperazione decentrata nel promuovere
un processo di internazionalizzazione dei soggetti e delle istituzioni
locali caratterizzato dal trasferimento di know-how e dal
coordinamento delle iniziative nei diversi paesi, come pure la
necessità di gestire in maniera adeguata il coinvolgimento del mondo
imprenditoriale, al fine di valorizzare al massimo le opportunità e
minimizzare i rischi di tali interventi, tra i quali di rilievo il timore di
vedere trasformati i progetti di cooperazione decentrata come una
specie di succursale del commerio estero.
Ugualmente le strategie internazionali delle imprese, tra cui ad
esempio la costituzione di joint venture, acquisiscono un ruolo
centrale nei processi di cooperazione allo sviluppo. Al riguardo di
particolare rilievo risulta essere la considerazione effettuata dal
senatore Stefano Boco alla Commissione Affari Esteri del Senato
della Repubblica sulla legge di riforma della Cooperazione allo
Sviluppo: “Le joint ventures possono giuocare un ruolo di primaria
importanza nel nuovo schema della cooperazione allo sviluppo. Nei
Piani Paese, infatti, una delle priorità è costituita dallo sviluppo
economico del Paese beneficiario e dal sostegno alla piccola e media
impresa ed alle cooperative del posto. Si dovrà quindi studiare un
meccanismo che permetta al Piano Paese di includere interventi di
joint ventures, utilizzando sia meccanismi di dono che di credito di
aiuto, e coinvolgendo, attraverso bandi e gare, le imprese italiane che
meglio possano contribuire alla realizzazione dei fini dei Piani Paese.
In questo modo, le joint ventures previste dal presente schema
4
legislativo si distinguerebbero da quelle previste dal Ministero del
Commercio con l’Estero, che nascono non tanto da una sollecitazione
di carattere governativo, quanto da richieste avanzate da specifiche
imprese”.
Il legame individuato tra i processi di espansione internazionali delle
imprese ed i progetti di cooperazione decentrata richiama
esplicitamente la responsabilità sociale di impresa, tematica emergente
nell’economia moderna con significati ed importanza notevolmente
differente rispetto al passato, e verso la quale le imprese devono
sensibilizzarsi maggiormente.
L’impresa moderna, quale attore sociale, alla luce delle modifiche
intervenenti nell’economia attuale tra cui il raffiguare l’azienda come
un sistema aperto, la globalizzazione della economia, da vedere in
termini oltre che economici, culturali e politici, la maggiore
complessità dell’ambiente esterno, i crescenti processi di
internazionalizzazione delle imprese, l’affievolimento degli Stati
nazionali si trova così a rispondere non più unicamente alla logica
economica per le azioni intraprese, ma, in aggiunta, alle influenze
esercitate nei confronti dell’ambiente politico, sociale e culturale in
cui opera. Da questo deriva un’estensione del concetto stesso di
responsabilità sociale, non raffigurata unicamente in termini di
responsabilità nei confronti degli interlocutori esterni alla realtà
imprenditoriale quali clienti, fornitori, istituzioni ambientali e la
comunità nel complesso, ma ulteriormente da vedere in termini di
partecipazione allo sviluppo economico, ma anche umano e sociale,
del paese o dei paesi nei quali opera. Più in generale con
responsabilità sociale si richiama così l’interesse dell’impresa al
superamento di problematiche, tuttora esistenti, ambientali, sanitarie,
5
civili e di istruzione che costringono i paesi poveri, rappresentanti
numericamente i 4/5 del mondo, a sopravvivere in condizioni incivili,
inumane oltre che insostenibili, indipendentemente da un concetto di
prossimità e di appartenenza ad un determinato contesto territoriale
ma semplicemente per il fatto di essere problematiche esistenti e reali.
In particolare, il primo capitolo analizza l’evoluzione storica dei
processi di internazionalizzazione delle imprese, a livello mondiale ed
in riferimento al contesto italiano, attraverso la rappresentazione delle
differenti forme di penetrazione all’estero quali lo scambio di merci, il
commercio dei servizi, gli investimenti diretti e le nuove forme di
internazionalizzazione. Oltre a questo si propone di definire il
concetto di globalizzazione, ivi inclusa l’analisi delle teorie della
globalizzazione e delle strategie delle aziende globali, e
l’affermazione dell’impresa transnazionale.
Il capitolo secondo contiene una riflessione sui principali contributi
teorici esistenti in letteratura relativamente ai processi di
internazionalizzazione delle imprese, il concetto di dimensione di
impresa, le specificità e caratteristiche delle imprese di minori
dimensioni e le modalità di attuazione delle strategie di espansione
all’estero delle imprese non grandi, con particolare riguardo alla
situazione italiana. Per ultimo viene prestata attenzione ai rapporti
intercorrenti tra il nostro paese ed il continente latino americano,
rappresentando al riguardo le forme storicamente assunte
dall’espansione internazionale delle piccole e medie imprese italiane
in tali contesti ed il trasferimento tecnologico nelle aree a minor
sviluppo, quale principale modalità di internazionalizzazione che lega
aree geografiche a differente sviluppo. Infine viene rappresentata
6
appendice esplicativa dei principali strumenti finanziari a sostegno
delle strategie internazionali delle imprese, nelle differenti forme e
modalità di attuazione delle stesse.
Il terzo capitolo è rivolto all’analisi dei riflessi organizzativi dei
processi di internazionalizzazione delle imprese. Focalizzato sulla
rappresentazione dell’impresa transnazionale, quale modello
emergente, prosegue successivamente a considerare, a livello
organizzativo, le risposte offerte dalle imprese alla complessità
ambientale dominante, centralizzando l’analisi verso il modello della
produzione dinamica e le reti di imprese. Coerentemente a questo è
evidenziato sinteticamente il concetto di rete, in termini generali e
nello specifico riferimento alla realtà imprenditoriale, e sono
rappresentate le alleanze tra imprese in riferimento ai processi di
internazionalizzazione, soffermandosi in particolare sulle modalità
operative di costituzione delle stesse e sull’apprendimento relazionale
derivante, fonte di vantaggio competitivo nell’attuale società della
conoscenza. Particolare attenzione viene rivolta alle joint venture tra
imprese, coerentemente agli aspetti su cui il presente lavoro si è voluto
concentrare. Si sottolinea, in effetti, come tali forme collaborative
siano particolarmente utilizzate dalle unità produttive non grandi, oltre
ad essere realmente efficaci in riferimento ai paesi in via di
industrializzazione. Per questo vengono rappresentate ed esaminate le
joint venture societarie e contrattuali, le motivazioni che sono alla
base del ricorso a tali modalità di internazionalizzazione come pure le
motivazioni che possono determinare l’insuccesso delle stesse, le fasi
operative necessarie per la costituzione di joint venture, ed infine,
anche per queste, gli strumenti finanziari internazionali a sostegno
della costituzione di aziende miste, ivi incluso il progetto comunitario
7
Ecip (attualmente sospeso) riferito ai paesi in via di sviluppo, quali
paesi destinatari delle stesse.
Il quarto capitolo tratta della cooperazione decentrata. Nello specifico
all’interno di esso sono analizzate le cause dell’affermazione di questa
nuova modalità di cooperazione, in generale e nello specifico
riferimento al contesto italiano, ed i progetti di cooperazione
decentrata collegati a programmi di sviluppo umano, quale il
Pdhl/Cuba, all’interno del quale il Comune di Viareggio e la stessa
A.s.s.p (Azienda speciale servizi pubblici) di Viareggio, costituente il
caso aziendale esposto nel presente lavoro, hanno operato attivamente.
Attraverso questo studio sono riuscita a toccare più da vicino
l’interesse mostrato dal nostro paese verso i progetti di cooperazione,
per tradizione impegnato con fervore verso tali tematiche.
L’attività di gemellaggio esplicata dal Comune di Viareggio verso
Cuba ed avanzata nel progetto del PDHL/Cuba può essere assunta a
modello del coinvolgimento di soggetti locali nei confronti dei paesi
in via di sviluppo e delle problematiche non soltanto economiche ma
anche umane, sanitarie, sociali, civili che investono tuttora e
pesantemente, nella società postmoderna, tali contesti. Tale impegno
si ricollega anche al più ampio processo di decentramento del potere
amministrativo caratterizzante i paesi industrializzati e disciplinato
dalla L. 59/1997, intervento legislativo che ridisegna le funzioni per
tradizione appartenenti allo Stato, tra cui lo sviluppo economico ed
industriale del paese, a favore di nuovi soggetti come le Regioni,
Province e Comuni. La partecipazione delle autonomie locali alla vita
pubblica rappresenta così un’efficace risposta ai processi di
globalizzazione in corso, frenando e limitando il diffuso senso di
8
impotenza avvertito dai cittadini in conseguenza del trasferimento dei
poteri dello Stato a livello nazionale e sovranazionale.
Il capitolo prosegue con la trattazione del Programma di Sviluppo
Umano a Livello Locale verso Cuba, al cui interno ha operato il
Comune di Viareggio, riportando il Promemoria Preliminar e
l’Allegato Tecnico del progetto.
Infine nel quinto capitolo sono analizzati i concreti progetti avviati dal
Comune di Viareggio nell’ambito del Pdhl/Cuba, opportunamente
distinti nelle tre fasi che lo caratterizzano (prima, seconda e terza
fase), ed è esposto il caso aziendale oggetto di studio in questo lavoro,
rappresentato dalla A.s.s.p di Viareggio, costituita in forma di società
pubblica di proprietà del Comune di Viareggio ed allo stato attuale
composta da differenti società di scopo, in conseguenza del processo
di privatizzazione avviato a partire dal gennaio 2001. Al riguardo
viene fornito un quadro riassuntivo delle informazioni utili per
commerciare con Cuba, rappresentati i principali indicatori della
azienda in oggetto ed infine esposta la stessa normativa giuridica di
riferimento per gli investimenti esteri sul territorio cubano.
L’interesse verso il paese Cuba della A.s.s.p di Viareggio si ricollega
all’attiva partecipazione dell’azienda all’interno del consorzio
Promocuba, Società Consortile finalizzata allo sviluppo delle
Relazioni Economiche e Culturali tra l’Italia, la Repubblica di Cuba
ed il Caribe, con sede a Livorno ed ufficio di rappresentanza a
l’Avana, ed all’impegno prestato dal Comune di Viareggio verso tale
contesto, in cui per molto tempo l’amministratore attuale della A.s.s.p,
Sig. Roberto Squaglia, ha esercitato la carica di Presidente del
Consiglio Comunale.
9
In effetti il progetto rappresentato nel presente lavoro (proposta di un
sistema di raccolta degli scarti organici e loro trasformazione in
compost agricolo, da realizzarsi nel territorio del Municipio di La
Habana Vieja tramite impresa mista o associazione economica
internazionale ai sensi della L. 77/1995) prende avvio a seguito della
visita a Cuba di una delegazione del Comune di Viareggio guidata dal
Presidente pro-tempore del Consiglio Comunale Roberto Squaglia nel
maggio del 1998, ospiti del Municipio di La Habana Vieja, attraverso
la quale acquisce consapevolezza la necessità di avviare un processo
di separazione delle varie componenti presenti nei rifiuti urbani, di
ingente entità data la rilevante presenza di Aberghi e Ristoranti a
servizio del numero crescente di turisti in visita a Cuba, collocate
indistintamente in discarica.
In conseguenza a tale incontro venne così sottoscritto un Patto di
amicizia e gemellaggio ed iniziato un rapporto di cooperazione allo
sviluppo nell’ambito del Programma di Sviluppo Umano a livello
locale tra l’Italia e Cuba, quale il Pdhl/Cuba, al cui interno fu inserito
questo progetto relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti organici e
loro trasformazione in fertilizzante naturale, alla luce del successo
riportato dalla A.s.s.p in tali attività nel territorio di Viareggio.
Il progetto di compostaggio appena citato, finalizzato all’ottenimento
di fertilizzante naturale per uso agricolo rientra così tra i più ampi
progetti che tuttora collegano tale azienda con Cuba, rivolti alla
costituzione di joint venture. Per questo la stessa A.s.s.p ha avviato a
partire dall’anno 2001 un processo di privatizzazione esplicatosi nella
costituzione di differenti società di scopo, tra cui la Biojea, interessata
a collaborare con Cuba ed a stringere con esso rapporti economici
sempre più stretti.
10
L’inserimento dell’attività imprenditoriale nei progetti di
cooperazione decentrata non è da vedere unicamente come il frutto di
personali e ribelli ideologie quanto, a mio parere, da valutare in
un’ottica di necessità. Al tempo stesso il mondo imprenditoriale può
ravvedere in questi progetti di cooperazione decentrata ulteriori
modalità di espansione internazionale, attraverso i quali intrattenere
rapporti di reciprocità e scambio.
La logica decentrata, affermatasi in conseguenza dei numerosi
fallimenti della cooperazione tradizionale e degli avvenimenti
caratterizzanti lo scenario economico moderno, ridefinisce gli
interventi verso i paesi in via di sviluppo avvicinandoli così ai concetti
di sviluppo partecipativo e nel pieno rispetto delle specificità locali.
L’elemento che la contraddistingue si caratterizza comunque
nell’approccio decentrato per il quale si afferma una mobilitazione di
risorse, di capacità e più in generale un coinvolgimento degli attori
sociali delle realtà locali alle problematiche esistenti a livello
internazionale, perfettamente aderente al generale processo di
svuotamento delle funzioni per tradizione appartenenti allo Stato
nazionale, che viene così privato del ruolo centrale di promotore dello
sviluppo e di protagonista della crescita economica.
Coerentemente all’affermazione dello sviluppo partecipativo,
sovracitato, diviene essenziale che la stessa realtà imprenditoriale
abbandoni logiche di intervento forse fin da sempre dominanti,
finalizzate essenzialmente al risparmio dei costi, allo sfruttamento di
manodopera a basso costo, all’ampliamento dei propri mercati per
avvicinarsi sempre più ad interventi rivolti allo sviluppo reale di tali
contesti, permettendo loro il superamento di problematiche
11
assolutamente inconcepibili in un concetto di modernità, verso le quali
gran parte della società civile manifesta il proprio dissenso e sdegno.
Oltre a questo l’operare in un mondo globale, interconnesso,
interdipendente al cui interno i concetti di locale e globale si fondono
ed ibridano sempre più costringe le unità economiche produttive, in
particolare le grandi imprese multinazionali, in conseguenza del
potere che le stesse hanno nel mercato globale, addirittura equiparato
al potere politico, a raffrontarsi con tali questioni, a farsi carico di
problematiche altrui, sempre più coincidenti con le proprie.
Si sottolinea a proposito come la società attuale, e quella futura, pur
mantenendo vincoli a carattere legislativo ed istituzionale al proprio
interno, tutelerà sempre meno il perseguimento di comportamenti
socialmente responsabili, al cui interno perciò il mondo
imprenditoriale, quale attore sociale, si trova costretto ad assumere in
proprio obbligazioni sociali verso le quali essere responsabile.
Ciò oltre ad essere perfettamente aderente alle modifiche intervenenti
nell’economia moderna costituisce una condizione di vitale
importanza affinchè permangano i concetti di democrazia e libertà,
addirittura all’interno di un’orizzonte temporale non più limitato.
Le problematiche ambientali emergenti, la situazione dei paesi poveri,
sempre più ai margini della società e purtroppo sempre più emarginati
in un mondo globale, poiché non in possesso né di capitali, né di
risorse umane adeguate alla nuova fase dello sviluppo mondiale, e
forse il disinteresse mostrato da sempre verso tali questioni, forse al
limite della sopportazione, stanno creando un clima di dissenso in
alcune fasce dell’opinione pubblica occidentale, verso il quale gli
attori economici non possono più far prevalere interessi
individualistici, economici ed egoistici.
12
Indipendentemente dalle motivazioni per le quali il mondo
imprenditoriale è costretto ad avvicinarsi sempre più agli attuali
problemi mondiali, la globalizzazione, con tutte le sue sfaccettature,
anche negative, ha acceso un fervido dibattito sullo stato attuale delle
cose e costringe anche le imprese a parteciparvi.
È così che allora risulta corretto parlare di globalizzazione come
ampliamento delle opportunità e possibilità: soltanto così, attraverso
un’adeguata gestione e controllo dei meccanismi di mercato
assolutamente irrefrenabili, naturali, evolutivi o meno, si possono fare
emergere i reali, ed a mio parere esistenti, vantaggi di un mondo
sempre più globale, interconnesso, aperto alle problematiche altrui e
maggiormente libero di cogliere le opportunità nascenti.
La realizzazione del presente lavoro è stata resa possibile grazie
all’ospitalità ed attenzione offertami dai dipendenti del Comune di
Viareggio, in particolare la Sig.ra Antonella Frusteri responsabile
dell’Ufficio Pace e Cooperazione ed il Dott. Gabriele Tomei
segretario del comitato per la cooperazione decentrata, e dalla stessa
azienda A.s.s.p di Viareggio, come pure dall’Azienda A.S.A di
Livorno verso la quale ho intrattenuto diversi colloqui e
dall’associazione Cispel Toscana di Firenze.
In particolare comunque sento di ringraziare il Sig. Roberto Squaglia,
amministratore della A.s.s.p di Viareggio, per la disponibilità e
pazienza con cui mi ha generosamente seguita e la Simurg Ricerche di
Livorno per l’elaborazione di alcuni dati.
CAPITOLO 1 I processi di internazionalizzazione delle imprese
1 Il concetto di internazionalizzazione
2 L’internazionalizzazione delle imprese: evoluzione storica
2.1 Lo scambio di merci
2.2 Il commercio dei servizi
2.3 Gli investimenti diretti
2.3.1 Le origini, fino alla prima guerra mondiale
2.3.2 Il periodo fra le due guerre
2.3.3 Il dopoguerra, periodo 1945-1960
2.3.4 Dagli anni ’60 alla globalizzazione degli anni ‘90
2.4 Le nuove forme di internazionalizzazione
3 Il caso italiano nei processi di internazionalizzazione delle
imprese
3.1 Le esportazioni di beni
3.2 I servizi
3.3 Gli investimenti diretti
3.4 Le nuove forme di internazionalizzazione
4 Il concetto di globalizzazione: dall’impresa multinazionale
all’impresa transnazionale
4.1 Teorie della globalizzazione
4.2 L’impresa transnazionale
4.3 Le strategie delle imprese globali
1 Il concetto di internazionalizzazione
Il concetto di internazionalizzazione si riferisce a tutti i processi di
crescita che le imprese intraprendono sui mercati esteri.
Il termine stesso nel tempo ha assunto un significato sempre più am-
pio al punto che oggi con internazionalizzazione non si fa più riferi-
mento soltanto allo svolgimento di attività all’estero ed alla conse-
quenziale presenza di imprese nel nostro territorio, ma più in generale
ad una tendenziale omogeneizzazione a livello internazionale di
modalità e metodologie operative, di caratteristiche dei prodotti, di
regolamentazioni e comportamenti
1
.
L’internazionalizzazione è un fenomeno che si esplica nella produzio-
ne ed anche acquisto di beni intermedi e finali al di fuori dei confini
nazionali. Quest’operazione, che determina un ampliamento di tali
confini, può essere sostitutiva (nel caso in cui i prodotti locali non sia-
no più competitivi in termini di costi) o semplicemente aggiuntiva (nel
caso in cui sia individuato un legame tecnologico-produttivo e/o
commerciale distributivo) rispetto alle produzioni locali.
È un’operazione che dà origine ad una rottura degli equilibri economi-
ci e produttivi esistenti secondo gli schemi d’impostazione liberista,
che, infatti, sono modificati dalle Teorie degli scambi internazionali e
poi ampliati agli investimenti diretti all’estero e che comporta
un’ulteriore diffusione della produzione, del valore aggiunto, del red-
dito disponibile, del consumo e quindi ancora di produzione secondo
il noto processo moltiplicativo del reddito.
1
In effetti, “questa estensione del concetto di internazionalizzazione riflette la crescente comples-
sità delle modalità con cui le imprese sviluppano la loro presenza all’estero” (Majocchi A., pag.
VII, 1997).
Sebbene il mercato risulti essere il mezzo più efficace per garantire
all’investimento produttivo il massimo rendimento, il processo di in-
ternazionalizzazione, e perciò la distribuzione dell’investimento stesso
su scala sempre più vasta, comporta una riallocazione degli effetti in-
dipendentemente dalle conseguenze derivanti dall’attuazione di una
politica pubblica a livello locale o regionale (Irpet, pag. 75, 1995).
L’internazionalizzazione assume, sempre più, la configurazione di un
normale processo evolutivo delle imprese, addirittura obbligatorio,
che determina forme d’impegno sempre maggiori (a livello qualitativo
e quantitativo) nei confronti dei mercati esteri mettendo a dura prova
le imprese stesse, oltre ad essere di per sé un fattore generatore di van-
taggi competitivi in capo alle stesse.
Le motivazioni alla base di questo sviluppo internazionale possono es-
sere ricondotte ai seguenti aspetti:
• l’esistenza di vincoli gravanti sulle esportazioni da stimolo alle
imprese nell’adozione di strategie o investimenti (anche limita-
ti) alla conquista di mercati esteri ritenuti proficui
2
;
• la presenza di mercati a basso costo del lavoro (come ad esem-
pio i paesi dell’est europeo e del bacino del Mediterraneo ma
anche l’India e la Thailandia) che permettono al paese investito-
re di realizzare vantaggi considerevoli in termini economici e
competitivi sul mercato nazionale e sui mercati esteri tradizio-
nali (Stati Uniti ed Europa in particolare)
3
;
2
La mancanza delle forme tradizionali di vendita, trasporto, commercializzazione sono una rap-
presentazione adeguata dei vincoli che spesso gravano sulle esportazioni. Oltre a questo possono
esistere altri problemi tra cui l’esistenza di barriere all’entrata di prodotti importati, la mancanza di
servizi di pagamento o di valuta accettabile negli scambi internazionali.
3
È importante rilevare come frequentemente le imprese in questi casi tendano a trascurare le diffi-
coltà legate a tali operazioni. Infatti, anche quando il trasferimento all’estero riguarda singole parti
di produzione (talvolta anche sostituibili), i bassi livelli di produttività ottenibili ed i problemi or-
ganizzativi e logistici inerenti alla produzione in loco non risultano sufficientemente compensati