La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
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veniva usato in maniera impropria
alludendo a comportamenti gi di per sØ
regolati e sanzionati dalla normativa
civilistica. Piø precisamente, vi erano
taluni Autori che consideravano la
concorrenza parassitaria come
l usurpazione di segni distintivi
prescindente dalla confusione;
l oggetto di tali atti faceva
riferimento a realt quali il marchio
notorio, la denominazione o la ditta
(
1
).
Altri si riferivano invece all abuso
nell attribuirsi pubblicamente pregi o
altre caratteristiche positive proprie
di concorrenti (
2
), sempre prescindendo
dalla confusione; altri ancora (
3
)
rilevavano nell approfittarsi degli
1
Cass. 21/02/55 n. 508; Trib. Torino 07/04/51; TEOFILATO, Della competenza
territoriale in tema di marchi, in Giur. Compl. Cass. Civ., 1950, III, pp. 26 e segg.;
MOSCO, La concorrenza sleale, Napoli, 1956, pp. 183 e segg.; FRANCESCHELLI e
ASCARELLI, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960.
2
ASCARELLI, op. cit., Milano, 1957, p. 193, che rimanda però all’ipotesi di abuso di
segni distintivi.
3
EULA, Rassegna annuale di giurisprudenza italiana in tema di concorrenza sleale,
in Riv. Dir. Comm., 1939, I, pp. 480 e segg., richiamando l’art. 10 bis della
Convenzione di Unione di Parigi.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 3 -
altrui sforzi l elemento cardine cui
riferire.
A dire il vero quest ultimo carattere Ł
presente, sia pur in tono minore o
differente, anche nelle altre forzature
precedenti; e fu proprio la sua
identificazione come comune
denominatore ad ispirare la fattispecie
in oggetto.
In un primo momento la concorrenza
parassitaria fu priva di qualunque
fondamento giuridico; fu giudicata
superflua, in quanto faceva riferimento
ad atti gi regolamentati.
Infatti, l usurpazione del marchio
notorio era gi ritenuta violazione
dell art. 2598 c.c. (
4
) o, secondo
un opinione di minoranza, costituiva
un ipotesi di contraffazione del
marchio (
5
); la stessa pubblicit
parassitaria (appropriazione di pregi
4
MOSCO, op. cit., p. 187; TEOFILATO, op. cit., p. 28.
5
FRANCESCHELLI, Concorrenza Parassitaria, cit., p. 269.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 4 -
altrui) era gi stata accolta da
giurisprudenza e dottrina in un piø
vasto quadro di pubblicit commerciale
contraria ai principi del citato
articolo del Codice.
Alla luce di queste considerazioni, il
parassitismo poteva essere
considerato un elemento accessorio, una
componente morale dell atto tutelato,
non sufficiente ad identificare una
fattispecie degna di tutela speciale
rispetto alle ipotesi previste dal
Codice; tuttavia la nozione si poneva
come qualificazione della slealt , cioŁ
la presupponeva; non poteva, quindi,
servire come criterio per la sua
individuazione.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 5 -
§ 1.2 - La dottrina francese: dalla
elaborazione del Saint Gal
alla percezione del problema
in Italia. La Convenzione di
Unione di Parigi e
l adozione del testo
dell Aja.
Il parassitismo economico cominciava ad
essere una sfumatura di concorrenza
sleale percepita anche al di fuori dei
confini nazionali; fu proprio da uno
studio del francese Saint Gal (
6
), con
le critiche che ne seguirono, ad
indirizzare il Franceschelli verso la
costruzione del fenomeno.
Secondo l Autore francese, occorreva,
infatti, trovare una formula che
consentisse di colpire chi vive,
economicamente parlando, come un
parassita, seguendo la scia del
successo di un concorrente,
6
Y. SAINT GAL Concurrence parasitaire et agissements parasitaires, Paris, 1957.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
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approfittando dei suoi sforzi e della
sua reputazione. Egli osservava come
fosse opportuno introdurre due
tipologie di comportamento onde
valutare il carattere dell atto:
1) la concurrence parasitaire in
senso proprio, consistente
nell imitare le creazioni di un
terzo con il quale si Ł in diretto
rapporto concorrenziale,
approfittando des efforts et de
la rØputation del medesimo:
toute acte qui consistent
singer la crØation d un tiers pour
designer des produits intØressants
la meme cŁrcle de consommateurs ;
2) gli agissements parasitaires
cioŁ atti attraverso i quali si
trae profitto dal renom di un
imprenditore con il quale non ci
si trova tuttavia in un diretto
rapporto di concorrenza: le fait
de se rØfØrer, sans s addresser
la meme clientŁle, un marque ou
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 7 -
toute autre forme de proprietØ
industrielle ou intellectuelle
crØe par un tiers et
particuliŁrement connue et ce,
l effet de tirer profit de sa
renommØe (
7
).
Le aspre critiche, guidate in Italia
dal Franceschelli (
8
), che seguirono
tale costruzione, vertevano in primo
luogo sull infondatezza de
l agissement parasitaire , in quanto
prescinderebbe dall esistenza di
rapporti concorrenziali tra soggetto
attivo e passivo; in secondo luogo fu
obiettato che, in effetti, nessuna luce
fu gettata sulla materia, ma si rinvi ,
con malcelato intento, a normative
speciali quali marchi, brevetti o
istituti gi codificati: nØ piø nØ meno
7
Y. SAINT GAL, Concurrence parasitaire et agissement parasitaires, p. 19 ss., Paris
1957.
8
FRANCESCHELLI, Concorrenza parassitaria, cit.; Scritto polemico in tema di
concorrenza parassitaria, in Riv. Dir. ind.., 1959,II, pp. 261 e segg.; La concorrenza
parassitaria come è vista oggi in Italia, in Riv. Dir. ind., 1981, I, pp. 5 e segg.;
MUNARI, Foro padano, 1991, pp. 315 e segg.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 8 -
le stesse conclusioni cui erano giunti
gli Autori italiani.
Ma qual Ł, quindi, il motivo per il
quale questa teorizzazione fu cos
importante per lo sviluppo della
tematica?
Fino a quel momento, la concorrenza
parassitaria non era altro che
un ipotesi accessoria ricavabile dal
testo dell art. 10bis della Convenzione
Internazionale di Unione per la
protezione dell attivit industriale,
costituita a Parigi nel 1883 e
identificata come [ ] qualsiasi atto
di concorrenza contrario agli usi
onesti, in materia industriale o
commerciale [ ] . Appare chiaro come
questo significativo passo lasci ampio
spazio alla considerazione di numerose
sfumature, tra le quali, appunto, la
concorrenza parassitaria ( usi onesti
). Nella revisione dell Aja (1925), al
testo della citata Convenzione, fu data
piena ed intera esecuzione,
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 9 -
nell ordinamento italiano, con R.D.L
10-1-1926, n 169.
Dal lavoro del Saint Gal emerse
definitivamente la presa di coscienza
del problema, accentuato in Italia dal
rallentamento dei lavori di riforma in
materia di concorrenza sleale in
seguito all introduzione del testo
dell Aja, il quale, facendo riferimento
a dogmi di onest la cui valutazione Ł
assolutamente soggettiva, ha fornito
uno strumento giuridico ambiguo e di
difficile applicazione.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 10 -
§ 1.3 L evoluzione della concorrenza
parassitaria: il contributo
del Franceschelli, le
obiezioni e le critiche.
Fu, come accennato, grazie al
Franceschelli che, intorno agli anni
50, si ebbe un primo tentativo di
delimitazione del fenomeno, muovendo
appunto dagli studi francesi e dal
testo dell Aja.
Egli intu l importanza di tutelare
l imprenditore dai comportamenti citati
che, se potevano apparire a prima vista
leciti, rischiavano di riversare una
serie di effetti fortemente negativi
sulla posizione commerciale del
soggetto passivo e sul concetto stesso
di concorrenza.
Egli ha saputo disegnare un equilibrata
costruzione della fattispecie,
ponendone l accento sui primi elementi
caratterizzanti:
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 11 -
- la serie di atti, che presuppone la
malafede e l intenzione della
continuit nel tempo dell illecito;
- l imitazione, pur non confusoria,
senza la quale l istituto non avrebbe
ragione di esistere;
- l esistenza di un rapporto
concorrenziale tra i soggetti
interessati.
Questi caratteri sono gi di per sØ
sufficienti a definire la concorrenza
parassitaria, le cui modalit di
svolgimento urtano i principi della
correttezza professionale (come
sottolineato dall art.10 bis, usages
honnŒtes ) in quanto consentono di
evitare il c.d. rischio d impresa.
Infatti, l imprenditore commerciale che
si pone nella scia del concorrente in
modo sistematico e continuativo, viene
a trarre profitto dagli studi, dalle
ricerche, dalle spese di penetrazione
altrui, evitando cos eventuali
insuccessi; inoltre, a causa dei minori
costi, si trova in condizione di poter
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 12 -
praticare prezzi inferiori rispetto a
quelli del concorrente, attirando verso
di sØ clienti che sarebbero altrimenti
stati serviti da quest ultimo.
Da quest ultima considerazione, appare
chiaro come anche l idoneit a
danneggiare l altrui azienda sia un
carattere fortemente presente nella
costruzione.
Nella normativa italiana,
l introduzione della concezione di
concorrenza parassitaria non fu del
tutto priva di resistenze.
Alcuni autorevoli autori (
9
)
sostenevano critiche assolutamente
valide in materia, fugate solo da
successive precisazioni di merito.
Il Carnelutti, ad esempio, sosteneva
argomentazioni che vertono direttamente
sulla continuit degli atti.In
contrapposizione con la formulazione
del Franceschelli, secondo il quale la
9
GHIDINI, La c.d. concorrenza parassitaria, in Riv. Dir. Civ., 1964, I, pp. 616 e
segg.; ID., Della concorrenza sleale, Giuffré, 1991, pp.91 e segg.; CARNELUTTI,
Concorrenza parassitaria?, in Riv. Dir. Civ., 1959, I, pp. 492-494.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 13 -
concorrenza parassitaria Ł data da una
serie di atti ognuno di per sØ
assolutamente legale, ma che
nell insieme configurano un
comportamento sleale, egli contesta in
originali termini aritmetici, la
validit di tale costruzione.
In altre parole, assegnando valore
illecito zero per ogni singolo atto,
come pu la loro somma costituire
un unit , dare cioŁ luogo ad un
illecito?
Innanzi tutto non ha nulla di singolare
nel mondo del diritto il fenomeno
secondo il quale una serie di atti
leciti pu costituire illecito; come
successivamente egli stesso consider
(
10
), Ł ammissibile che sul piano logico
un atto lecito secondo il diritto pu
essere oggetto di diverso apprezzamento
secondo l etica professionale; inoltre,
l elemento essenziale sul quale si basa
la concorrenza parassitaria Ł
10
CARNELUTTI, op. cit.
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
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l imitazione dell attivit , non
dell atto. Infatti Ł tale attivit ad
essere contraria ai principi di
correttezza ed in grado di cagionare
danno, sotto un duplice aspetto:
- il danno emergente, rappresentato dai
costi vivi sostenuti dall imitato e
dal loro ammortamento inevitabilmente
piø lento dopo l atto sleale;
- il lucro cessante, rappresentato
dalla perdita imprecisabile del giro
d affari altrimenti realizzabile.
Secondo questa classificazione, ai fini
dell affermazione della responsabilit
per concorrenza sleale, non occorre un
danno effettivo, ma che l atto
denunciato sia potenzialmente o
astrattamente idoneo a produrre un
effetto pregiudizievole, attuale o
futuro, in danno dell impresa
concorrente.
A questo proposito Ł interessante
riportare il senso di una sentenza
significativa della Corte di Cassazione
La concorrenza parassitaria come atto di concorrenza sleale
- 15 -
(
11
), secondo la quale il pericolo di
danno, generalmente desumibile
dall intrinseca natura dell attivit
svolta, deriva anche dalla produzione
di beni succedanei; quindi alla
concorrenza potenziale deve ascriversi
anche la fattispecie della concorrenza
prossima e cioŁ quella che potrebbe
sorgere nel futuro prossimo per la
naturale e prevedibile espansione
dell attivit del soggetto passivo (
12
).
La seconda critica fondamentale Ł stata
mossa dal Ghidini che, inquadrando la
concorrenza parassitaria sotto una luce
aziendalistica , afferm , con minore
eco, che l imitazione costituiva uno
dei piø diffusi modelli di
comportamento di un soggetto economico,
ed inoltre mise in guardia la dottrina
sul rischio, sanzionando la concorrenza
parassitaria, di favorire formazioni
economiche di tipo filomonopolistico.
11
Cass., 01/03/86, n° 1310.
12
A. BONAJUTO, Della disciplina della concorrenza, pp. 2809 e segg.