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sono stati perduti quasi 15.000 miliardi destinati all’ammodernamento della struttura
pubblica per incapacità della stessa di utilizzare le risorse finanziarie provenienti
dall’Unione Europea.
Nonostante questa premessa, molto si è fatto negli ultimi anni, a livello
legislativo, per migliorare questa situazione: questo sarà l’argomento del mio
elaborato.
La spesa per il personale pubblico ha raggiunto livelli inferiori alla media
Ocse. Il costo dei tre milioni e 300 mila dipendenti dello Stato è sceso dal 1990 al '99
dal 12,8 al 10,6% in rapporto al prodotto interno lordo, anche se il problema
dell’efficienza della P.A. non riguarda solo i suoi costi, ma la qualità dei servizi
offerti a cittadini e imprese.
Il decentramento delle attività amministrative, che come vedremo nel primo
capitolo rappresenta il filo conduttore delle principali Riforme attuate nel nostro
Paese (L. 142/1990, L. 59/1997, L. 191/1998), richiede, soprattutto agli enti locali,
maggiori responsabilità e un’adeguata strumentazione di governo.
Strettamente correlato è il processo di responsabilizzazione sulla gestione delle
risorse : ogni ente è sempre più responsabile dei servizi che offre e delle risorse che
impiega.
Anche dal punto di vista dei rapporti tra cittadino ed enti locali, ed in
particolare per quanto riguarda la semplificazione delle procedure, qualcosa si
muove: la mole dei certificati che, ogni anno, i cittadini sono costretti a chiedere agli
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sportelli della pubblica amministrazione, si è, infatti, ridotta di due terzi, passando da
quota 70-75 milioni di documenti, misurata nel '96, a quella attuale di 20-25 milioni.
L'obiettivo dell'autocertificazione, nelle intenzioni del Ministero della
Funzione Pubblica, è quello di sostituire il 90% dei certificati con semplici
attestazioni. Nel corso del 1999 si è raggiunto il 60-65%, mentre un 10% dovrà
comunque essere richiesto, perché non sarà possibile sostituire tutti i certificati con
dichiarazioni verificabili attraverso controlli a campione.
Passi avanti sono stati fatti anche sul fronte dei servizi alle imprese.
Attualmente almeno il 40% dei Comuni si è dotato dello sportello "Start up", per
l'avviamento di nuove attività produttive, contro il 25% registrato al 31 ottobre del
'99. Si tratta di uffici che unificano 43 procedure necessarie per far partire un'azienda
o installare un qualsiasi impianto industriale.
Uno degli obiettivi più ambiziosi della Riforma della Pubblica
Amministrazione è la creazione della Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione,
prevista dall’art. 15 della legge 59 del 15 Marzo 1997 ; essa ha come obiettivo quello
di garantire che qualsiasi utente operante su di un sistema ad essa connesso, possa
accedere, purché debitamente autorizzato ed in condizioni di sicurezza, ai dati ed alle
procedure residenti su qualsiasi altro sistema connesso. La Rete unitaria è una
tecnologia abilitante all’interoperabilità ed alla cooperazione tra sistemi informativi e
costituisce un fattore decisivo per l’innovazione della pubblica amministrazione.
Infatti, il suo utilizzo consente di ottenere effetti significativi:
• sull’efficienza della pubblica amministrazione;
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• sui costi organizzativi dei servizi;
sulla qualità dei servizi ai cittadini ed alle imprese
2
.
Queste premesse diventano meno significative se si guarda al numero degli
Enti che hanno saputo cogliere i nuovi spazi creati dalla recente normativa; oltre allo
storico divario tra Nord e Sud nella qualità e quantità di servizi offerti, non solo a
livello statale , si parla infatti, spesso, di un Paese a due velocità, si riscontrano
consistenti differenze tra città e città nello snellimento delle procedure: a Bari e a
Padova si autocertifica all'85%, mentre a Verona e a Milano meno del 50%.
Non è sufficiente, infatti, emanare nuove leggi per sanare un ritardo di decenni
rispetto agli altri Paesi Europei, nel livello di efficienza ed efficacia della P.A., ma è
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La Rete unitaria offre diversi tipi di servizi.
Servizi trasmissivi di trasporto, che comprendono:
• rete privata IP,
• circuiti virtuali di reti private virtuali Frame Relay ovvero X.25,
• circuiti trasmissivi del tipo CDN.
Essi consentono alle singole amministrazioni di realizzare le reti geografiche per la connessione di tutti i propri siti e di collegarsi con
altre amministrazioni per poter realizzare i servizi per l’interoperabilità e per la cooperazione applicativa.
Servizi per l’interoperabilità, che comprendono:
• posta elettronica,
• trasferimento file,
• terminale virtuale,
• accesso a News, a World Wide Web ed alla rete Internet,
corredati di servizi di gestione e supporto (DNS, Directory Service, Tempo ufficiale, Call Center, Formazione).
Essi consentono, in modo sicuro, lo scambio di informazioni tra amministrazioni e, se richiesto, al loro interno.
Servizi per la cooperazione applicativa.
Comprendono i servizi generalizzati necessari per consentire lo scambio di dati strutturati e l’accesso ai servizi applicativi delle diverse
amministrazioni.
Al fine di realizzare la Rete unitaria, l’Autorità, in virtù della legge n. 59 del 15 marzo 1997, art. 15, comma 1, ha indetto in data 26 gennaio 1998
una gara ad appalto concorso con prequalificazione per la fornitura del servizio trasmissivo di trasporto (lotto 1) e dei servizi per l’interoperabilità
(lotto 2).
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necessaria una strategia innovativa che le metta in pratica, partendo dal contesto
esistente, passando per una necessaria riqualificazione e formazione del personale.
Si tratta di una rivoluzione culturale già iniziata a livello centrale; oramai non è
più in discussione il fatto che alcuni settori non strategici dello Stato vadano
privatizzati per aumentarne l’efficienza e liberare risorse per nuovi investimenti;
l'Italia vanta il record mondiale del ricavato della vendita di azioni di società
pubbliche, fra il 1993 e il '98, con circa 140 mila miliardi di lire.
Si tratta, piuttosto, di attuare quella trasformazione che Osborne e Gaebler , nel
famoso testo “Reinventing government”, ritenevano necessaria per migliorare
l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici, all’interno di un progetto che coinvolge
tutti i Paesi del mondo, movimento chiamato New Public Management.
D’altra parte anche il livello di qualità richiesto dal cittadino è cambiato :
l’opinione pubblica non sopporta più i ritardi , gli sprechi, l’improduttività, derivanti
da una gestione dell’apparato amministrativo approssimativa e deresponsabilizzata.
Un sondaggio commissionato all’IPSO dal Dipartimento della Funzione
Pubblica su 5600 cittadini in 8 città campione nel corrente anno ha evidenziato che ,
sebbene il 56% degli intervistati abbia un giudizio negativo sulla Pubblica
Amministrazione, il 26% ha cambiato il proprio giudizio in positivo nel corso
dell’ultimo anno. Il 46% degli intervistati ha usufruito dello strumento
dell’autocertificazione e l’88% si è dichiarato soddisfatto di questa innovazione.
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Per far fronte alle sempre crescenti esigenze di rapidità, efficacia ed efficienza
della macchina statale, anche l’informatizzazione e la semplificazione normativa
rischiano di essere vanificate senza un’adeguata formazione del personale statale.
Non è questa la sede per affrontare il problema degli effetti nefasti della logica
clientelare, perseguita nel passato nell’assunzione del personale pubblico, tuttavia
appare evidente che solo un’azione mirata per la formazione del nuovo personale e
l’aggiornamento di quello esistente può consentire di creare anche nel settore
pubblico, dei veri e propri manager.
Per questo motivo è stato istituito nel 1998 il primo corso-concorso di
formazione dirigenziale svolto presso la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione
3
, che ha sfornato di recente 87 dirigenti. Il corso consisteva di due
anni di attività formativa e sei mesi di stages presso le più importanti amministrazioni
3
La Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, recentemente riformata con decreto legislativo n.287 del
30 luglio 1999, n.287, è un'istituzione di alta cultura e formazione ed ha, nell'ambito della Presidenza del
Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica, autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle
proprie risorse economico-finanziarie.
Sono compiti della Scuola:
o l'organizzazione dei cicli di attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato;
o l'attività di formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato;
o lo svolgimento di attività di ricerca e consulenza per la Presidenza del Consiglio e per le
amministrazioni pubbliche in materia di innovazione amministrativa e formazione;
o la valutazione, su richiesta delle amministrazioni statali e sulla base di apposite indicazioni del
Dipartimento della funzione pubblica, della qualità delle offerte formative presentate da soggetti terzi,
nonchè lo svolgimento di attività di monitoraggio;
o il coordinamento delle attività delle altre scuole pubbliche di formazione mediante forme di
collaborazione e di raccordo;
o la realizzazione di un osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle
amministrazioni pubbliche;
o la cura dei rapporti con gli organismi e le strutture di formazione similari di altri paesi e lo
svolgimento, su richiesta, di attività di formazione di personale delle loro amministrazioni;
o l'attività di formazione del personale delle amministrazioni pubbliche diverse da quelle dello Stato e di
soggetti gestori di servizi pubblici.
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pubbliche. Nell'ambito delle oltre 1.900 ore di attività didattiche, sono state svolte, in
particolare, circa 400 ore di lingua inglese, 160 ore di alfabetizzazione informatica,
134 ore di gestione dei sistemi operativi, 110 ore di gestione dei processi, 130 di
valutazione dei risultati, 50 ore di dinamiche dei gruppi e 100 ore di budget e
controllo di gestione.
1.1 I grandi nodi della Pubblica Amministrazione italiana.
Partendo dal “Rapporto sulle condizioni delle Pubbliche Amministrazioni”,
predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica e relativo all’anno 1998,
possiamo riassumere i grandi nodi da sciogliere della P.A. del nostro Paese come:
- l’eccesso di regolamentazione;
- la confusione nella distribuzione delle funzioni
- il problema del rapporto tra centro e periferia, con particolare riguardo al
federalismo
- la politica del personale
In effetti, come accennato nel paragrafo precedente, l’inadeguatezza della Pubblica
Amministrazione non è dovuta all’agire di un solo fattore ma è la risultante di diversi
elementi che sono andati stratificandosi nel tempo, costituendo un vero e proprio
impedimento al rilancio della stessa.
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Abbiamo già accennato ai miglioramenti in corso per la semplificazione del
numero delle leggi, e tuttavia, mentre in Francia e Germania, ogni anno, si approvano
in media 100 leggi all’anno, nel corso della X legislatura sono state approvate 1074
leggi , pari a 215 per anno.
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20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
Leggi in vigore
Francia
Germania
Italia
Figura 1: Dati del Dipartimento della Funzione Pubblica, 1998
Questa sovrabbondanza di leggi e norme ha molte cause, interne ed esterne alle
pubbliche amministrazioni: spesso deriva dall’emanazione di minuziose prescrizioni
da parte delle assemblee legislative, le quali credono di guidare e controllare al
meglio le attività delle pubbliche amministrazioni, senza invece comprendere che le
amministrazioni pubbliche non possono essere considerate come apparati rigidi,
unitari e uniformi, ma piuttosto come organismi differenziati ed autonomi, nei quali il
cambiamento dinamico è frutto dell’adattamento organizzativo e procedurale alle
richieste della comunità.
L’amministrazione è , o meglio dovrebbe essere, il prodotto delle interazioni
fra i cittadini e l’apparato pubblico formato sia dai dipendenti e dirigenti, sia dai corpi
politici deputati a compiti di indirizzo e supporto, per cui abbisogna di una normativa
snella, di facile applicazione, la quale fornisca sia degli indirizzi generali per un
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opportuno coordinamento tra le varie aree, sia delle direttive specifiche in relazione
alle corrette criticità che ogni ufficio o ente possono esprimere [P.C.M. 1993; Lacava
e Vecchi, 1995]. In realtà, spesso, si è assistito ad un’inversione del rapporto
funzione-struttura , per cui anziché essere gli obiettivi da raggiungere (la cosiddetta
vision) a fissare l’assetto organizzativo , in molti casi, l’orientamento principale è di
adattare costantemente le funzioni agli assetti organizzativi esistenti (si pensi, ad
esempio, al paradosso di molti musei italiani che rimanevano chiusi a Ferragosto e in
molte festività per rispondere alle esigenze organizzative del personale interno
piuttosto che dei visitatori).
Altra componente di attrito nell’”ingranaggio” che fa muovere la macchina
burocratica è la separazione fra compiti e responsabilità tra direzione politica e
direzione amministrativa; negli ultimi anni, ed in particolare con la Riforma Generale
del pubblico impiego (D. Lgs. N. 29/1993), vengono affidati alla componente politica
compiti di indirizzo e ai dirigenti compiti gestionali, e viene, finalmente, sancita la
responsabilità dirigenziale, grazie al passaggio dal rapporto di gerarchia a quello di
direzione con gli organi di direzione politica.
Tuttavia, la trasformazione dei dirigenti e dei funzionari da garanti della norma
in manager non deve avvenire per decreto, ma richiede un’azione mirata e coerente
sugli aspetti culturali, organizzativi e tecnici.
Analogo discorso vale per gli amministratori ai quali si chiede di abbandonare
la gestione operativa spicciola a favore di una attività di indirizzo, guida e
valutazione.
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Prima di tale Riforma (anche se purtroppo in alcuni casi, questo fenomeno
permane ancora oggi), la commistione tra politica e amministrazione a tutti i livelli,
dalla gestione degli Enti Locali alle grandi gare d’appalto per le Aziende Statali
(Poste, Ferrovie, Anas, ecc.), ha permesso un intervento diretto degli organi politici
anche negli aspetti gestionali dell’azienda con una nefasta inversione fini-mezzi e
l’impossibilità di distinguere le responsabilità nella gestione.
Per la prima volta con il D. Lgs. 29, l’Amministrazione Pubblica prevede al
proprio interno il controllo di gestione, elemento fondamentale per valutare l’operato
di un qualsiasi processo. Solo con il controllo di gestione (implementato inizialmente
mediante servizi di controllo interno e nuclei di valutazione) si completa il ciclo di
produzione dei servizi che oltre alla fase di produzione ed erogazione del servizio
deve valutare il grado di soddisfacimento dei bisogni del vero cliente , che è il
cittadino/azienda fruitore del servizio.
Tutti questi aspetti verranno trattati in dettaglio nel secondo capitolo.
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Capitolo 2 – La comunicazione pubblica e il fondamento normativo dell’U.R.P.
2.1 L’importanza della comunicazione pubblica
La Pubblica Amministrazione nel 1996 ha speso in sola pubblicità oltre duecento
miliardi, cui vanno aggiunti gli altri investimenti in comunicazione (dai convegni alle
riviste istituzionali: dagli opuscoli ai manifesti), che portano la spesa complessiva ad
oltre 1.500 miliardi.
Accanto a questa notevole mole di investimenti vanno ricordati:
• i quasi 25.000 pubblici dipendenti impegnati nelle diverse attività di
comunicazione (uffici stampa, uffici per le relazioni con il pubblico, uffici per
le relazioni esterne, ecc.);
• i 3.084 uffici per le relazioni con il pubblico già attivi , di cui 1.208 negli enti
locali ; 177 fra Regioni , Province e Comuni che dispongono di reti civiche o
siti Internet in 542 città digitali. [Fonte : Dipartimento della Funzione Pubblica,
sondaggio 21 Aprile 1997].
Come si vede, siamo di fronte ad un fenomeno che per investimenti finanziari,
risorse umane impegnate, strutture e tecnologie utilizzate ha assunto una sua rilevante
specificità ed importanza.
Quando però dai numeri e dalle percentuali si passa ai contenuti, ecco
emergere il vero problema, cioè quello di una P.A. che certamente comunica ma lo fa
male. La Pubblica Amministrazione per anni ha “imposto”, “ordinato”, “comandato”.
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Ha scelto di “sembrare” (impenetrabile, indecifrabile, lontana) piuttosto che “essere”
(disponibile, efficace, controllabile) [Rovinetti, 2000].
Questo procedere a sussulti, senza coordinazione né programmazione quasi che
la comunicazione , anziché disciplina e strategia fondamentale in società complesse e
in rapida trasformazione come la nostra, fosse una sorta di puro accessorio per dare
un’immagine moderna ad un’amministrazione chiusa, una sinecura da affidare non
importa a chi, è all’origine di molte delle presenti difficoltà. Così facendo, infatti, si è
ritardato il maturare di una reale cultura della comunicazione all’interno degli
apparati, tra i quadri dirigenti e gli amministratori. Si è, più o meno consciamente,
legittimata l’idea che comunicare volesse dire inseguire i giornalisti piuttosto che
parlare con i cittadini e gli utenti dei servizi pubblici. Non si è riusciti a convincere la
gran parte dei dirigenti e dei tecnici che una reale ed efficace comunicazione
rappresenta non un lavoro in più, ma un problema in meno di ogni amministrazione
[Rovinetti, 2000].
Osservatorio privilegiato per verificare la validità di queste affermazioni è
senza dubbio la dimensione locale, rappresentata dalle attività di comunicazione di
Regioni, Province e Comuni. Gli enti locali, infatti, per la particolare funzione che
loro compete e per il rapporto diretto con la società, dovrebbero ricevere il massimo
vantaggio da una corretta comunicazione e invece ne subiscono limiti e carenze. Il
che è tanto più grave, se si considera che le attività di informazione rappresentano
uno degli elementi indispensabili per creare e consolidare efficaci processi di
coinvolgimento e partecipazione dentro e fuori le istituzioni.