VI
Per contro, una tale evoluzione non è stata capace, ad oggi, di
predisporre strumenti tipici che possano difendere gli ignari
consumatori dagli abusi perpetrati a loro carico. Soprattutto in Italia
e in molti altri Paesi dell’ Unione Europea, la legislazione in materia
di domini appare carente e ricca di lacune, disegnata come una lunga
prosecuzione della disciplina sui marchi.
Nella presente trattazione, partendo dall’analisi della struttura e della
natura del nome di dominio definendo, inoltre, le funzioni delle
Autorità italiane e straniere competenti per la registrazione, ci si
soffermerà sulle varie fattispecie di contrasto tra nomi di dominio e
altri segni distintivi (o diritti altrui), evidenziando le relative
possibilità di tutela. Nell’ultimo capitolo, in particolare, si
sottolineeranno le profonde divergenze tra i Paesi di civil e quelli di
common law in materia di nomi di dominio, indicando, con tale
comparazione, la maggiore forbice di tutela offerta dai secondi, in
virtù della presenza di una legislazione molto più puntuale e
notevolmente più attenta al problema.
Il filo conduttore di tutto il lavoro sarà caratterizzato dal tentativo di
rinvenire possibili strumenti idonei a garantire una valida difesa sia
VII
nei confronti del titolare del marchio che desidera utilizzare
liberamente il corrispondente nome di dominio, sia nei confronti
dell’inconsapevole consumatore, che vuole effettuare in trasparenza i
propri acquisti senza il pericolo di essere tratto in inganno.
In particolare, si rileverà, grazie anche all’ausilio di numerosi
interventi giurisprudenziali in materia, come in Italia rispetto agli
Stati Uniti, la disciplina sui marchi non appare più idonea a risolvere
gli eventuali contrasti tra nome di dominio e marchio, apparendo
piuttosto, come un frettoloso tentativo di mettere fine ad un problema
che sta crescendo esponenzialmente, insieme al numero delle
registrazioni.
Lecce, 29 Maggio 2002
Capitolo I: Il nome di dominio
2
1.1 Funzioni e usi del domain name nella rete
A partire dal 1995, «la rete delle reti» Internet è cresciuta esponen-
zialmente fino a raggiungere, nel 2000, un bacino d’utenza di oltre
200 milioni di unità; nel mercato virtuale, per intraprendere un qual-
siasi attività di carattere commerciale o anche soltanto informativa, è
necessario creare uno “spazio” in cui svolgere o effettuare transazioni
e operazioni di vario tipo. Tale spazio viene denominato «sito» e, per
essere raggiungibile dagli utenti di Internet, viene identificato con il
c.d. domain name.
Ciascun computer, infatti, all’interno della rete, ha la necessità di esse-
re riconoscibile: deve cioè avere la possibilità di essere «chiamato» da
un altro, che, a sua volta, deve potergli «rispondere». Tale meccani-
smo di reciproca identificazione, è consentito da un numero detto
«IP», che, inequivocabilmente, permette di riconoscere il computer
con il quale si dialoga.
Tuttavia, dato che risulterebbe estremamente complesso ricordare una
serie di numeri per identificare i siti web, si è allora pensato di asso-
3
ciare un numero IP ad una sequenza di caratteri: da indirizzi numerici
si avranno indirizzi alfanumerici (es. 201.164.24.72 corrispondente a
www.fiat.it). Il passo successivo è stato quello di far coesistere più
numeri IP come identificativi della medesima macchina; infine si è
spezzata, grazie all’evoluzione tecnologica, la correlazione fissa tra un
numero IP ed un sito web, rendendo il primo estremamente variabile e
non più strettamente connesso con il secondo.
Affianco a tale funzione, prettamente tecnica, del domain name, con il
progressivo sviluppo del c.d. «commercio elettronico», si possono os-
servare fenomeni di utilizzo più spiccatamente pratici: il nome di do-
minio ora vale ad individuare in Rete una determinata realtà imprendi-
toriale, associativa, privata o istituzionale nei confronti del «popolo di
Internet». Sotto il profilo economico è ormai evidente, che nel «mer-
cato virtuale» un nome di dominio intuitivo, facilmente memorizzabi-
le e riconoscibile, può determinare il maggiore o minore successo di
un’azienda, sia in rete, che nella realtà off-line.
1
La grande diffusione della rete, soprattutto a livello imprenditoriale,
ha sollevato problematiche giuridiche nuove e non facilmente risolvi-
1
Cfr. G. SCORZA , «La tutela del consumatore in Internet», Ed. Simone, Napoli, 2000.
4
bili dall’interprete, quali appunto la tutela dei nomi a dominio. Tale
esigenza deriva proprio dalla stessa struttura portante di Internet che,
come si vedrà, non permette la coesistenza di due nomi di dominio
uguali nell’ambito dello stesso livello (nel c.d. «TLD», cioè Top Level
Domain), ponendo così evidenti contrasti al momento della registra-
zione.
La scelta del nome di dominio, implica pertanto, anche conseguenze
di natura economica: esso, infatti, non si limita, al pari di un numero
telefonico, ad individuare un soggetto od un sito web, ma svolge so-
prattutto una funzione di natura pubblicitaria, come catalizzatore di
utenti.
L’avventura sulla rete, soprattutto da parte di imprese neofite del set-
tore, ha dato, sin dall’inizio, le prime preoccupanti perplessità: al mo-
mento della scelta del proprio domain name, infatti, alcuni imprendi-
tori hanno appreso che i loro segni distintivi d’impresa o marchi, era-
no già stati precedentemente registrati da altri soggetti (il c.d. fenome-
no del domain grabbing),
2
mettendo così da subito in evidenza, come
il crescente utilizzo di Internet, da parte di operatori commerciali, pos-
2
Letteralmente «domain grabbing» significa «arraffamento di nomi di dominio».
5
sa causare dei notevoli disagi, riguardanti i diritti sui segni distintivi,
molto spesso di non facile soluzione.
L’esigenza sarà quindi, quella di verificare l’effettiva natura giuridica
del nome di dominio, che nell’incertezza, ha procurato enormi pro-
blemi e potenziali conflitti fra i vari interessi in gioco; in attesa di un
intervento legislativo specifico per l’ambito in questione, il problema
è stato risolto dalla giurisprudenza, mediante l’estensione analogica,
alla fattispecie, della normativa vigente in materia di segni distintivi
d’impresa, concorrenza sleale e, in particolare, della legge marchi del
’42,
3
tenendo comunque conto delle particolari caratteristiche di Inter-
net.
3
R.D. 21 Giugno 1942, n.929 e successive modifiche.
6
1.2 La struttura del nome di dominio
Il motivo della rapida diffusione di Internet è sicuramente dato dalla
capacità che la Rete ha, di “parlare” un linguaggio universale che pos-
sa essere compreso da tutti, grazie all’utilizzo di particolari protocolli
di comunicazione, primo fra tutti il TCP/IP, acronimo di Transmission
Control Protocol/Internet Protocol.
4
Questo, permette di effettuare un
continuo scambio di dati tra due o più computer, grazie
all’attribuzione, a ciascuno di questi, di un proprio indirizzo telemati-
co definito «numero IP», composto da una sequenza di numeri divisi
da punti, che ne permette la rapida e certa localizzazione. L’IP, è
rappresentato da un insieme di numeri a 32 bit con il valore decimale
dei quattro bytes che lo compongono (per esempio 205.194.65.3); ad
ogni indirizzo corrisponde, poi, un unico host
5
sulla rete. Questo
sistema permette alle macchine di «dialogare» tra loro, o con altri
4
Il protocollo TCP/IP dispone di un funzionamento diviso in due fasi: il TCP scompone e identifi-
ca singolarmente i messaggi all’origine in diversi pacchetti, ricomponendoli poi, nell’unità inizia-
le, una volta giunti a destinazione; ogni pacchetto avrà, poi, un’intestazione che conterrà, a sua
volta, una serie di informazioni necessarie per la trasmissione del messaggio. Il TCP ricevente, una
volta raggiunta la destinazione del messaggio, invia un messaggio di conferma al TCP inviante. Se
tutto ciò non avviene in tempi ristretti, il messaggio ritorna al TCP d’origine per essere instradato
in altro modo. L’ Internet Protocol indirizza, invece, i singoli pacchetti verso la giusta destinazio-
ne, attraverso tutte le reti che compongono Internet.
5
Per host si intende un computer collegato a una rete di cui costituisce il nodo, e un terminale per
l’accesso a determinati servizi. In particolare, su Internet, ogni host è dotato di un nome (hostna-
7
permette alle macchine di «dialogare» tra loro, o con altri server o
router,
6
cioè dispositivi (generalmente rappresentati da un altro com-
puter) progettati per connettere tra loro reti diverse. Tuttavia, sin dai
primi anni ottanta, è stato rilevato come sia poco pratico dover ricor-
dare dei numeri per poter accedere ad un sito web, e così, accanto al
codice IP, è stato istituito il c.d. domain name,
7
composto da acronimi,
nomi di uso comune o identificativi della propria attività o azienda,
scelti liberamente dall’utente e pertanto certamente più facilmente
memorizzabili. Nella formazione del nome di dominio si seguono,
comunque, alcune regole, che sono state fissate convenzionalmente. Si
tratta di una regolamentazione che lascia alla libertà di scelta e alla
fantasia del richiedente, l’indicazione di una parte soltanto del domain
name. Questo risulta infatti, composto da tre parole separate tra loro
da un punto: la prima è costituita dall’acronimo «www» (World Wide
Web), uguale per qualunque nome a dominio, la seconda dal già citato
«second level domain» (di cui si vedrà più avanti) che costituisce il
«cuore» del dominio e che ne fornisce la capacità distintiva, e la terza
me) e di un indirizzo univoco ed è, insieme al router, un punto di passaggio per l’accesso alla Re-
te.
6
Gli IP router sono computer che collegano a Internet le reti locali smistando i pacchetti di dati ed
indirizzandoli secondo la traiettoria e direzione ottimale. Essi sono una componente fondamentale
di Internet in quanto, grazie ad essi, è aumentato notevolmente lo sviluppo della Rete.
7
Letteralmente “nome di dominio” o “Fully Qualified Domain Name”.
8
dall’estensione identificante la categoria del sito o la sua appartenenza
geografica. Tecnicamente, quindi, ciascun domain name corrisponde
esattamente ad un numero IP; la «decifrazione» è consentita da un
particolare software, che permette di rendere comprensibile
all’elaboratore, un nome di dominio, convertendolo nel corrispettivo
indirizzo IP.
Tuttavia, anche questa indicazione non è assolutamente libera, perché
risente della stessa conformazione tecnica di Internet. E’ chiaro, infat-
ti, che se il nome a dominio si affianca all’indirizzo IP, ovviamente
senza eliminarlo, ma nascondendolo soltanto agli occhi dell’operatore,
deve presentarne le stesse caratteristiche e, pertanto, deve essere unico
ed esclusivo. Si tratta, cioè, di un’esigenza derivante dalla stessa strut-
tura di Internet: il sistema non potrebbe tollerare, pena l’impossibilità
di funzionamento, due siti web che abbiano identica denominazione.
Ed è proprio in ragione di tale esigenza, che si è realizzato un mecca-
nismo di autoregolamentazione che assicuri, al momento della regi-
strazione, l’unicità di ogni domain name.
Da ciò si può comprendere, il perché sia tecnicamente impossibile, la
coesistenza di due nome di dominio uguali come “www.unile.it”; al
9
contrario, potranno contemporaneamente sussistere due siti, di cui uno
denominato “www.unile.it”, e l’altro “www.unile.com”.
Un nome di dominio è, inoltre, strutturato per facilitare il più possibile
il percorso che deve essere seguito dalle informazioni. Proprio per tale
motivo esso riflette, al suo interno, una gerarchia, dove ciascun ele-
mento, è legato ad un altro, secondo uno schema di collocazione, volto
ad individuare le relazioni interne tra gli elementi stessi.
I domini sono stati fin’ora definiti secondo due standard internaziona-
li: l’Internet Protocol Suite (IPS) e l’Open System Interconnection
(OSI).
Lo standard IPS, per effettuare la rappresentazione gerarchica, utilizza
una tecnica posizionale, attraverso la “scrittura” dei livelli che com-
pongono il nome, da destra verso sinistra, separandoli da un punto; al
contrario, lo standard OSI, utilizza una tecnica ad etichetta, “che con-
siste nel far precedere i vari elementi del nome da etichette standard
che identificano il livello”.
8
In particolare, nello standard IPS, il dominio è composto da due parti:
dal c.d. top level domain (TLD) che identifica l’area d’interesse del si-
8
A. AMBROSINI , La tutela del nome di dominio, pp. 24-26, Ed. Simone, Napoli, 2000.
10
to oppure la sua localizzazione geografica,
9
e dal c.d. second level
domain (SLD), che, come già rilevato prima, consiste in un nome o
espressione liberamente scelti dall’assegnatario del dominio; alla sini-
stra di quest’ultimo, vi possono essere ulteriori livelli, i c.d. subdo-
mains, ciascuno separato da un punto, che individuano diversi livelli
di allacciamento alla rete, in base alle attività svolte dal soggetto regi-
strato. Si noti che l’utilizzo di un TLD di tipo geografico è proprio dei
paesi europei e sconosciuto a quelli americani che, viceversa, predili-
gono TLD di tipo tematico.
10
E’ significativo rilevare, a questo proposito, che un’impresa italiana
possa registrare il proprio dominio, indifferentemente, presso
l’Autorità italiana, scegliendo l’estensione .it, o presso quella statuni-
tense adottando estensioni di tipo .org, .com, a seconda del tipo di
settore in cui si desidera far figurare la propria attività.
11
9
I domini tematici aperti sono tre: “.com” per entità commerciali, “.net” per fornitori di servizi
sulla rete, “.org” per altri tipi di organizzazioni. A questi ne vanno aggiunti altri quattro chiusi:
“.edu” per organizzazioni ed enti di tipo organizzativo - scolastico, “.gov” per uffici ed enti pub-
blici, “.int” per database internazionali o organizzazioni create in forza di trattati internazionali,
“.mil” per le varie armi della difesa. Originariamente questi identificavano la natura dell’attività
svolta dall’assegnatario del dominio, ma, con il passare del tempo, questo riferimento è andato
perdendosi, dato che chiunque può chiederne l’assegnazione. A questi sette ne vanno aggiunti altri
otto di prossima attivazione: .firm, .shop, .web, .rec, .info, .arts, .nom, ed un probabile .eu . Esisto-
no poi, i domini geografici i quali, attualmente, sono 243 e identificano la locale Registration Au-
thority che ha assegnato il dominio (es. .it quella italiana, .de quella tedesca, .uk quella inglese).
10
In Italia non esistono ad oggi suddivisioni per organizzazione; al contrario, è stata adottata una
gerarchia geografica contenente i nomi di regione, provincia, comune.
11
Cfr. A. STRACUZZI , «Il commercio elettronico e l’impresa», Ed. Il Sole 24 ore, Milano, 1999
11
Nello standard OSI, al contrario, il nome di dominio è formato, in or-
dine gerarchico, da un Country code (C) che corrisponde
sostanzialmente al TLD geografico, da un Administration domain
name (ADMD) e da un Organization name (O). Qualunque tipologia
di registrazione si scelga (IPS oppure OSI), il nome di dominio
registrato deve essere unico ed equivalente per entrambi gli standard.
Tutti gli utenti devono registrare la loro parte «individualizzante» del
nome di dominio che, essenzialmente, «identifica il server e la relativa
unità che lo possiede».
12
Tutte le ulteriori parti di dominio che servono
ad identificare i successivi livelli, non devono essere registrate; né,
tantomeno, deve essere registrato il nome della persona fisica
raggiungibile a quel particolare indirizzo (es. Bill Gates non registrerà
[email protected]).
12
P. CERINA , «Internet: nuova frontiera per il diritto dei marchi ?», in Il diritto industriale,
n.7/1996