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Introduzione
a. Prodromi politici ed economici del nazionalsocialismo
Credo opportuno iniziare questo capitolo introduttivo alla nascita
del nazismo con le parole del grande scrittore Elias Canetti che nel suo
saggio “Masse und Macht” (Massa e potere) a proposito della Germania
uscita dal Trattato di Versailles scrive: “Ma Hitler non avrebbe raggiunto
la sua meta se il trattato di Versailles non avesse disciolto l’esercito
tedesco. Il divieto del servizio militare per tutti diede ai tedeschi il colpo
di grazia nella loro più essenziale massa chiusa. Le attività, che ora
erano loro vietate, le esercitazioni, il ricevere e trasmettere un ordine,
divennero qualcosa che essi dovevano tornare a procacciarsi con ogni
mezzo. Il divieto del servizio militare per tutti è la nascita del
nazionalsocialismo […]. Instancabilmente Hitler ha usato la parola
d’ordine del Diktat di Versailles […]. Cosa trasmetteva Hitler con essa
alla massa dei suoi ascoltatori? Per i tedeschi la parola ‘Versailles’
significava soltanto la sconfitta che essi non avevano mai ammesso
veramente, significava il divieto dell’esercito; il divieto di un’attività
determinata e sacrosanta, senza la quale si può difficilmente concepire la
vita. Il divieto dell’esercito fu come il divieto di una religione.”
1
Le umilianti condizioni imposte dal Trattato di Versailles, siglato
dopo un tormentato iter il 28 giugno 1919, imponevano alla Germania di
riconoscersi come unica responsabile del conflitto mondiale,
scioglievano il suo esercito accordandole soltanto un ristretto contingente
di professionisti che non doveva superare i 100.000 effettivi e
imponevano “riparazioni”, fissate nel 1921 in una somma di 132 miliardi
di marchi - oro da pagarsi in 30 anni. Enorme, negativo impatto ebbe
1
E. Canetti, Massa e potere, Rizzoli, Milano, 1972, pp. 194 - 195.
2
anche la perdita di 70.000 kmq di territorio: l’Alsazia e la Lorena
venivano rese alla Francia, il territorio della Saar veniva occupato per 15
anni dagli alleati, parte dello Schleswig veniva restituito alla Danimarca,
la città di Danzica veniva internazionalizzata e le province orientali,
insieme a una parte dell’Alta Slesia, attribuite alla Polonia. La Germania
perdeva inoltre tutte le colonie.
Tutto ciò venne attribuito dalla destra politica, oltre che a una
perfida congiura ebraica, ai partiti della coalizione di Weimar che
governarono il paese in un periodo attraversato da gravi e continue
incertezze sociali ed economiche. Basti pensare alla svalutazione del
marco che, iniziata già nel corso della guerra a causa dei finanziamenti
per le spese belliche, si tramutò in grave inflazione per gli enormi
risarcimenti imposti alla Germania dal trattato di Versailles, per la
riconversione dell’industria a una produzione di pace, il reinserimento
dei soldati, il sostegno ai disoccupati e ai profughi. Tutto ciò determinò
un’imponente circolazione di denaro non corrispondente alle riserve
auree dello stato.
Il generale sentimento dell’opinione pubblica fu quello di una
capitolazione e di un tradimento della nazione. La già pesante situazione
si aggravò ulteriormente quando la commissione per le riparazioni di
guerra rese noto, alla fine del 1922, che la Germania era in arretrato con
le forniture di legno e carbone. Subito il presidente francese Poincaré
fece occupare il territorio della Ruhr da truppe francesi e belghe. Il
governo tedesco protestò energicamente e interruppe le forniture a
Francia e Belgio previste dalle riparazioni chiamando gli abitanti del
territorio occupato alla resistenza passiva e sovvenzionando con miliardi
di marchi la popolazione in sciopero. Ma poiché in tal modo il valore
della moneta tedesca precipitò velocemente (nel 1923, anno della
massima inflazione, un semplice biglietto d’autobus costava 150 miliardi
di marchi e 1 dollaro valeva 4,2 bilioni di marchi), al cancelliere Gustav
3
Stresemann
2
non restò altro da fare che interrompere la resistenza passiva
anche se questa mossa, necessaria ma impopolare, venne sentita come
una seconda capitolazione nei confronti della Francia.
In realtà Stresemann, che aveva come obiettivo la restaurazione del
capitalismo liberale, frenò l’inflazione con gli aiuti americani e stabilizzò
la moneta con l’introduzione del “Rentenmark” (uno di questi marchi
corrispondeva a un bilione di marchi cartacei) coprendo la mancanza di
scorte in oro con le proprietà fondiarie e industriali. In politica estera
cercò di togliere la Germania dall’isolamento diplomatico attraverso una
serie di accordi internazionali, attività che gli valse, nel 1926, il premio
Nobel per la pace. Ma questi “successi di Stresemann non eliminarono
l’ostilità dei partiti ‘nazionali’ nei confronti della repubblica; invece si
accentuò la loro impazienza di rovesciarla.”
3
Perso il cancellierato, a cui era giunto nel 1923, per una mozione di
sfiducia, egli rimase però fino al 1929, anno della sua morte, ministro
degli Esteri e influenzò tanto la politica tedesca di quegli anni che molti
storici hanno chiamato quel breve periodo di relativo consolidamento
della repubblica “era Stresemann”.
Intanto gli Stati Uniti, unici finanziatori della ricostruzione in
Europa, si trovarono in una congiuntura favorevole che portò a
investimenti eccessivi e a una frenetica attività borsistica. Quando però fu
evidente agli operatori economici che si era determinata una
sovrapproduzione, si procedette a una massiccia vendita di azioni che
determinò il crollo di Wall Street, ricordato come “il venerdì nero” del 25
ottobre 1929. Il conseguente ritiro dei crediti ai paesi europei determinò
2
“(Berlino, 1878 - Berlino, 1929). Statista tedesco. Deputato al Reichstag (1907), membro della
direzione del partito liberal-nazionale, fu energico fautore di una politica di forza per una più grande
Germania. Dopo la disfatta tedesca nella prima guerra mondiale, cancelliere (1923) e ministro degli
Esteri, combatté comunisti e nazisti, cercò di ristabilire le finanze del paese e di togliere la Germania
dall’isolamento diplomatico facendosi apostolo degli accordi internazionali (Trattato di Locarno 1925;
Patto Kellog 1928) e della pacificazione tra i popoli. Ottenne nel 1926 il premio Nobel per la pace.”
Enciclopedia Storica Zanichelli, Bologna, 1975, p. 301.
3
A. J. P. Taylor , Storia della Germania, Longanesi, Milano, 1971, p. 257.
4
in Germania una catastrofe con fallimenti di imprese, massicce ondate di
licenziamenti e, dal 1929 al 1931, balzo esponenziale della
disoccupazione e dell’inflazione. Di ciò approfittarono le formazioni
estremiste e segnatamente la NSDAP che nelle elezioni del 1930 ottenne
un successo eclatante soffiando sul fuoco dello scontento generale. Molto
è stato scritto sulla rovinosa inflazione tedesca di quegli anni ma vale la
pena di sottolinearne anche una lettura in chiave socio - psicologica ad
opera di Canetti: “Difficilmente essi [i tedeschi] sarebbero giunti a tanto
[i delitti contro gli ebrei] se pochi anni prima non avessero sperimentato
un’inflazione a causa della quale il valore del marco calò nella misura di
un bilione. Sugli ebrei essi scaricarono quella inflazione come fenomeno
di massa.”
4
Circa tre mesi dopo l’elezione di Stresemann a cancelliere, l’8
novembre 1923, vi fu il tentativo di colpo di stato messo in atto da Hitler.
Le condizioni in Baviera erano assai diverse da quelle del resto della
Germania fin dal fallito putsch di Wolfgang Kapp
5
. Qui, più che altrove,
si erano formate organizzazioni di autodifesa di ispirazione
nazionaltedesca, formate da cittadini che volevano impedire la nascita di
una repubblica dei soviet; era la cosiddetta “Heimwehr” (milizia
popolare) che, insieme alle attività illegali dei corpi franchi (Freikorps),
aveva instaurato nel capoluogo bavarese un clima controrivoluzionario.
L’avversione per la “rossa” Berlino e il desiderio di imporre in Baviera
interessi e regole locali, portarono alla formazione di governi di
coalizione di destra sostenuti soprattutto dai nazionaltedeschi e dal
4
E. Canetti, op. cit., p. 202.
5
“La repubblica di Weimar nacque l’11 agosto 1919 ma già il 13 marzo 1920 il generale von Lüttwitz
e Wolfgang Kapp tentarono, con l’aiuto della ‘brigata baltica’, uno dei corpi franchi costituiti dai resti
delle forze armate, un colpo di stato che portò alla istituzione di un effimero governo presieduto dal
dottor Kapp. I seimila uomini della brigata occuparono Berlino, mentre il governo del Reich si
trasferiva prima a Dresda, quindi a Stoccarda. Ma ai sindacati era stata lanciata la parola d’ordine dello
‘sciopero generale’, e il putsch fallì nel breve giro di quattro giorni.” Storia Universale, vol. II, Milano,
Rizzoli, 1965, p. 549.
5
“Katholische Bayerische Volkspartei” (Partito Popolare Bavarese
Cattolico).
Da uno dei numerosi gruppuscoli si sviluppò nel 1920 la
“Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei - NSDAP” (Partito
Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori), il cui capo era l’austriaco
Adolf Hitler, assorbendo e ampliando la “Deutsche Arbeiterpartei -
DAP” (Partito Operaio Tedesco) sorto l’anno precedente. Questo nuovo
movimento mirava all’unione in una grande Germania di tutti i gruppi
etnici tedeschi che il trattato di Versailles aveva sparso per l’Europa
(Volksgemeinschaft). Ma per raggiungere tale fine si doveva costituire
un potere centrale accentratore e totalitario che potesse preparare senza
contrasti la rivincita militare. Quindi era necessario opporsi risolutamente
e con ogni mezzo alla repubblica di Weimar. Quelli citati sopra erano il
primo e l’ultimo, i più importanti dei 25 punti programmatici del partito
enunciati da Hitler che ancora nel 1926 li dichiarava non modificabili.
“Si trattava di un vero guazzabuglio, di un’esca per i lavoratori, per gli
strati inferiori della classe media e i contadini. Non appena il partito salì
al potere, gran parte del programma fu completamente dimenticata.”
6
Sconosciuto nel resto del Reich, Hitler, allora privo della
cittadinanza tedesca, che avrebbe ottenuto solo nel 1932, assunse in
Baviera una posizione chiave fra governo regionale, esercito e
associazioni nazionali di difesa nella generale avversione al governo
centrale. Quando esso interruppe, come si è visto, la resistenza passiva
nella Ruhr, il governo regionale bavarese proclamò lo stato d’emergenza
rifiutandosi di obbedire agli ordini del governo centrale. A questo punto
Hitler cercò di approfittare della situazione fattasi sempre più tesa e di
costringere il governo bavarese a pronunciarsi decisamente contro quello
centrale e a marciare su Berlino con truppe bavaresi. Ma il governo
regionale fece marcia indietro arrestando con unità di polizia la marcia
6
W. L. Shirer, Storia del Terzo Reich, vol. I, Torino, Einaudi, 1962, p. 64.
6
delle colonne nazionalsocialiste attraverso Monaco. Fu il putsch detto
“del Bürgerbräukeller” dal nome del locale dove Hitler e i suoi si
riunirono per preparare l’insurrezione. La NSDAP fu proibita, Hitler ed
altri capi del partito vennero arrestati e condannati a una pena detentiva
nella fortezza di Landsberg. Durante questa prigionia, che peraltro fu di
soli nove mesi rispetto ai 4 anni inflitti dal tribunale, Hitler elaborò il suo
“Mein Kampf” (La mia battaglia).
Dopo il fallito tentativo di sollevazione Hitler abbandonò i metodi
rivoluzionari mettendosi sul terreno della più formale legalità. “Cercò
l’appoggio della grande industria, bloccò le agitazioni anticapitalistiche
dell’ala di Gregor Strasser
7
, lasciò cadere le richieste di espropri
contenute nel programma del partito”
8
e si riorganizzò secondo
formazioni paramilitari come le SA (Schutzabteilungen), le SS
(Schutzstaffeln) e la Hitlerjugend (Gioventù Hitleriana). Nelle elezioni
del 1930 i nazionalsocialisti divennero il secondo partito cambiando così
radicalmente il panorama politico tedesco.
Allorché Paul von Hindenburg
9
, eletto Reichspräsident (Presidente
del Reich) nel 1925 succedendo a Friedrich Ebert
10
, nominò, nel marzo
7
Gregor Strasser, (Geisenfeld, 1892 - Berlino, 1934). Tenente durante la prima guerra mondiale,
divenne Gauleiter della Bassa Baviera, dopo aver aderito nel 1921 alla NSDAP. Nel 1923 fu
condannato a un anno e mezzo di carcere per la sua partecipazione al putsch di Hitler. Dopo sei mesi
venne rilasciato in seguito alla sua elezione nel Landtag bavarese. Dal 1924 al 1933 fu membro del
Reichstag. Dopo la riorganizzazione della NSDAP, divenne capo del partito nella Germania
settentrionale e fondò il reparto berlinese delle SA. Nel 1926 entrò in conflitto con Hitler poiché cercò
di distanziarsi dalla politica del partito e per il suo programma anticapitalistico e filorusso. Nel 1932
trattò con Schleicher per una sua partecipazione come vice cancelliere a un governo “sociale” cosa che
gli valse la ferma opposizione di Hitler. Nel 1933 abbandonò gli incarichi politici ritirandosi a vita
privata. Fu assassinato durante il putsch di Röhm il 30 giugno 1934.
8
H. Mommsen, Nazionalsocialismo, in Enciclopedia del Novecento, Milano, Treccani, 1979, p. 512.
9
“(Posen, 1847 - Neudeck, 1934). Maresciallo tedesco. Nella guerra 1915-18 vinse i Russi a
Tannenberg e ai laghi Masuri sicché fu nominato capo di stato maggiore (1916). Dopo la disfatta della
Germania nel 1918 si tenne in disparte, finché nel 1925 fu presentato candidato dalla coalizione
conservatrice ed eletto presidente. Riconfermato nel 1932, chiamò al potere l’anno dopo A. Hitler,
preparando così l’avvento del regime nazista.” Enciclopedia Storica Zanichelli, cit., p. 201.
10
“(Heidelberg, 1871 - Berlino, 1925). Uomo politico tedesco. Di famiglia operai e operaio egli stesso,
si diede ancor giovane alla politica, e dopo aver aderito al partito socialdemocratico ne divenne il capo
nel 1913. Deputato nel 1912, guidò l’opposizione pacifista contro la politica imperiale negli anni della
prima guerra mondiale, divenendo quindi (1918) Cancelliere; repressa la rivoluzione spartachista,
eletto presidente della Repubblica di Weimar (1919), si destreggiò con la sua moderazione fra le
diverse forze politiche subendo soprattutto gli attacchi delle Destre, ma ottenendo un unanime
7
1930, il capo del Partito Cattolico del Centro, Heinrich Brüning
11
,
cancelliere senza l’intervento del Parlamento, aprì di fatto la via
all’esautoramento del sistema parlamentare e alla nascita di un regime
presidenziale. Questa decisione nacque dall’idea di formare una
compagine di governo indipendente dalle maggioranze parlamentari e
perciò libera da condizionamenti e ricatti; il cancelliere doveva
rispondere del suo operato solo al presidente, l’unico in grado di
togliergli la fiducia.
Il governo Brüning cadde il 16 giugno 1932 e le successive
elezioni del 31 luglio dello stesso anno, nelle quali la NSDAP ottenne
230 deputati e il 37,8% dei voti, portarono alla sfiducia del gabinetto di
Franz von Papen
12
, intanto succeduto a Brüning. Von Papen sciolse
l’assemblea con l’intento di non procedere a nuove elezioni ma il suo
proposito fallì per l’opposizione di Hindenburg che vedeva in ciò un atto
anticostituzionale.
Il risultato positivo dei nazionalsocialisti non si ripeté nelle
successive elezioni del 6 novembre 1932 poiché essi, a causa degli atti
terroristici delle SA nei confronti degli avversari politici, perdettero 4
milioni di voti a favore della “Deutschnationale Volkspartei” (Partito
Popolare Nazionaltedesco) pur rimanendo il più forte partito in
Parlamento. A questo punto i partiti borghesi sperarono che il successo
dei nazionalsocialisti, raggiunto il suo apice, scendesse verso il basso ma
proprio in questo momento il vecchio presidente Hindenburg, su consigli
riconoscimento di stima e di fiducia e riuscendo a salvare la compagine statale.” Enciclopedia Storica
Zanichelli, cit., p. 159.
11
“(Münster, 1885 - Colonia, 1970). Uomo politico tedesco. Militante nel partito del centro, fu
segretario della lega dei sindacati tedeschi dal 1921 al 1930, deputato dal 1924. Eletto Cancelliere nel
marzo del 1930, fu rovesciato dall’avvento del nazionalsocialismo. Esule negli Stati Uniti, dal 1939
insegnò pubblica amministrazione all’Università di Harvard fino al 1952.” Enciclopedia Storica
Zanichelli, cit., p. 125.
12
“(1879 - 1969). Uomo politico e diplomatico tedesco. Capo dell’ala conservatrice del Centro
cattolico, fu nominato Cancelliere del Reich nel 1932, preparando in tal veste l’avvento di Hitler. Vice-
cancelliere l’anno dopo, fu in seguito ambasciatore a Vienna (1934), dove si adoperò per preparare
l’Anschluss, e ad Ankara (1939 - 40). Assolto a Norimberga, ma condannato da un tribunale tedesco,
venne amnistiato nel 1949.” Enciclopedia Storica Zanichelli, cit., p. 266.
8
interessati di amici e pressato da potenti interessi lobbistici, diede
praticamente via libera alla NSDAP.
Fu però Kurt von Schleicher
13
, già ministro della Difesa nel
gabinetto von Papen, a ricevere nel dicembre 1932 dal presidente
l’incarico di formare un nuovo governo. Schleicher, che già
precedentemente aveva in mente di far partecipare Hitler e la NSDAP al
governo con l’intenzione di “addomesticarli”, cercò ora di coinvolgere in
un grande programma di impulso all’occupazione i sindacati, la dirigenza
socialdemocratica e parti della NSDAP sotto la guida di Gregor Strasser,
il più autorevole esponente dell’ala sinistra nazionalsocialista.
Anche in questo caso il fine nascosto era quello di dividere il
movimento nazionalsocialista e di tenere Hitler lontano dal potere.
Ma il piano di Schleicher di mobilitare contro la disoccupazione
tutte le forze socialriformiste, si scontrò con gli interessi delle
associazioni degli imprenditori e dei grandi proprietari terrieri prussiani,
gli Junker, che protestarono con Hindenburg contro le idee socialiste del
“generale rosso” e si impegnarono per la candidatura di Hitler al
cancellierato. Nel contempo furono fatte circolare ad arte voci secondo le
quali Schleicher preparava la guerra civile.
Così Schleicher dovette dimettersi il 28 gennaio 1933 e passare la
mano ad Adolf Hitler che non si dimenticò di lui e lo fece assassinare,
insieme alla moglie, dalle sue SS durante la purga del giugno 1934.
13
“(Brandeburgo, 1882 - Berlino, 1934). Generale e uomo politico tedesco. Partecipò alla
riorganizzazione della Reichswehr, e ne divenne dal 1929 il capo autorevole; nel dicembre del 1932 fu
Cancelliere per due mesi. Tentò, ma con politica incerta, di opporsi al nazismo; con la sua caduta finì
la repubblica di Weimar. Fu ucciso con sua moglie in casa dalle SS.” Enciclopedia Storica Zanichelli,
cit., p. 291.
9
b. Passività e sostegno della società tedesca
Quando il Presidente del Reich von Hindenburg il 30 gennaio 1933
nominò Adolf Hitler Cancelliere del Reich, (“quel caporale austriaco”,
come soleva chiamarlo) la democrazia parlamentare della Repubblica di
Weimar aveva cessato da gran tempo di funzionare in quanto già dal
1930 il Presidente aveva insediato e licenziato, come si è visto,
cancellieri senza la diretta partecipazione del Parlamento.
“Contrariamente a quanto sostengono posteriori apologeti
conservatori, la NSDAP giunse al potere non attraverso le elezioni, ma
grazie al meccanismo di un regime presidenziale autoritario, manovrato
da una camarilla annidata nell’ufficio del presidente del Reich: non solo,
ma vi giunse in un momento in cui aveva dovuto incassare un netto calo
elettorale e la tendenza espansionistica stava subendo un’inversione di
segno. La capacità di resistenza del movimento operaio socialista era già
stata psicologicamente infranta con la deposizione del governo
prussiano compiuta da von Papen il 20 luglio 1932. Fu allora, se non
prima, che venne abbandonato il terreno della legalità […]. Gli elementi
di continuità fra l’epoca dei gabinetti presidenziali e la prima fase del
cancellierato di Hitler furono soprattutto i seguenti: l’utilizzazione della
facoltà presidenziale d’emanare decreti di emergenza al fine di scalzare
progressivamente la costituzione repubblicana; la tecnica della
‘integrazione’ (Gleichschaltung), […] e infine l’assunzione massiccia di
personale negli uffici pubblici, effettuata col pretesto di necessità
tecnico-amministrative.”
14
L’opposizione alla presa di potere dei nazionalsocialisti fu debole.
Ampi strati della società tedesca non avevano alcun interesse a difendere
la democrazia: le forze armate avevano condotto nella repubblica di
Weimar fin dall’inizio una esistenza di “stato nello stato”, gran parte del
14
H. Mommsen, op. cit., p. 513.
10
mondo economico aveva sostenuto Hitler già prima del suo cancellierato:
quello agricolo era già sensibilmente sotto l’influsso nazionalsocialista.
Il mondo burocratico - impiegatizio, anche quello non
dichiaratamente di sentimenti nazisti, accettò la presa di potere nazista,
apparentemente legale, col suo tradizionale atteggiamento di deferenza
verso lo stato. I partiti operai e i sindacati si sentivano molto indeboliti
dalla disoccupazione di massa, il partito socialista e quello comunista
erano in disaccordo fra loro; il liberalismo era già stato schiacciato
politicamente; per il cattolicesimo politico l’interesse organizzativo
ecclesiastico veniva prima della difesa di una democrazia non ancora
completamente accettata.
Dall’altra parte la NSDAP aveva esercitato con Hitler una
crescente forza di attrazione sugli elettori fin dal 1930. Era un
movimento che non voleva avere nulla a che fare con quei partiti
parlamentari che non erano riusciti a risolvere la crisi economica, un
movimento deciso a cancellare “l’onta di Versailles”. Il programma della
NSDAP, partito costituito secondo il “Führerprinzip” (principio del
capo), si componeva di vecchi elementi ideologici: concetto di “comunità
di popolo”, come si è già visto, conseguente esagerato nazionalismo e
profondissimo antisemitismo.
c. Tappe della nazificazione della società tedesca
Data la vastità dell’argomento non è possibile prendere in
considerazione in questa sede tutti gli importantissimi avvenimenti di
politica estera che portarono all’invasione della Polonia e all’inizio della
seconda guerra mondiale ma soltanto le più importanti norme che
modificarono totalmente il tessuto sociale in senso nazionalsocialista a
partire dall’inizio degli anni Trenta.
11
Nato nel gennaio 1930 un “legittimo” governo di coalizione, già il
27 febbraio dello stesso anno l’edificio del Reichstag a Berlino andò in
fiamme. Come responsabile dell’attentato venne arrestato un giovane
squilibrato olandese, Marinus van der Lubbe, che però negò ogni
responsabilità. I nazionalsocialisti incolparono subito i comunisti e il
giorno successivo Hitler fece approvare da Hindenburg la “Verordnung
zum Schutz von Volk und Staat” (Leggi per la difesa del popolo e dello
stato), cioè in pratica la sospensione “temporanea” di tutti i diritti civili.
Le formazioni paramilitari delle SA e delle SS ne approfittarono
immediatamente per scatenarsi contro ebrei, comunisti e oppositori in
genere.
Le elezioni del 5 marzo 1933 furono le ultime che videro la
partecipazione di più partiti. Goebbels fece trasmettere quasi
ininterrottamente alla radio i discorsi del Führer e ne introdusse
personalmente l’ultimo il giorno precedente le elezioni. In esse la
NSDAP ottenne 282 seggi col 44% dei voti ma poiché il partito
nazionaltedesco di Alfred Hugenberg
15
, alleato di Hitler, ottenne l’8% con
52 seggi, si produsse una maggioranza del 52% corrispondente a 16
seggi. “Le elezioni diedero alla coalizione una risicata maggioranza:
spacciate per un trionfo schiacciante, esse servirono come pretesto per
l’allineamento forzato (Gleichschaltung) dei Länder.”
16
Il 23 marzo 1933 Hitler impose al parlamento una “Legge sui pieni
poteri”, nota come “Ermächtigungsgesetz”
17
, che gli permetteva di
promulgare leggi, stabilire il bilancio, firmare trattati con paesi stranieri e
attuare emendamenti alla Costituzione. Queste misure scardinavano le
regole democratiche ma il partito socialdemocratico “si illuse di potere
15
Alfred Hugenberg, (1865 - 1951). Fu deputato al Reichstag e capo della “Deutschnationale Partei”
(Partito nazionale tedesco); nel 1931 firmò, insieme a Hitler, il cosiddetto “Harzburger Front” e fino al
giugno 1933 fu ministro dell’economia del regime.
16
H. Mommsen, op. cit., p. 513.
17
In realtà la legge si chiamava ufficialmente “Gesetz zur Behebung der Not von Volk und Staat”
(Legge per l’eliminazione dello stato di bisogno di popolo e stato).
12
esercitare la funzione di opposizione costituzionale […] e seguì una
tattica rigorosamente legalitaria”
18
votando in modo compatto ma inutile
contro il disegno di legge.
A tambur battente, il 31 marzo 1933, seguì il “Gesetz zur
Gleichschaltung der Länder mit dem Reich” (Legge per il coordinamento
dei Länder col Reich) con la quale l’autonomia dei Länder venne abolita,
tutti i partiti, tranne quello nazista, sciolti e i sindacati soppressi e
convogliati nella “Deutsche Arbeitsfront” (Fronte Tedesco del Lavoro), il
sindacato unico nazista il cui compito ufficiale era quello di “den
Arbeitsfrieden im Sinne der nationalsozialistischen Gemeinschaftsidee zu
sichern.”
19
Questa rivoluzione fu accompagnata fin dall’inizio da una
martellante propaganda condotta da radio e stampa.
Il 7 aprile 1933 il ministro dell’Interno Wilhelm Frick
20
, ex
ufficiale di polizia a Monaco e collaboratore di Hitler fin dai giorni del
fallito putsch del 1923, fece introdurre il “Gesetz zur Wiederherstellung
des Berufsbeamtentums” (Legge per la ricostruzione della
Amministrazione Pubblica) con la quale si posero le basi per
l’allontanamento dal posto di lavoro di funzionari e impiegati “non
ariani”.
Il comma 1 di questa legge recitava: “Zur Wiederherstellung eines
nationalen Berufsbeamtentums und zur Vereinfachung der Verwaltung
können Beamte nach Maßgabe der folgenden Bestimmungen aus dem
Amt entlassen werden, auch wenn die nach dem geltenden Recht hierführ
erforderlichen Voraussetzungen nicht vorliegen.”
21
18
E. Collotti, La Germania nazista. Dalla repubblica di Weimar al crollo del Reich hitleriano, Torino,
Einaudi, 1962, p. 83.
19
“di assicurare la pace lavorativa nel senso dell’idea comunitaria nazionalsocialista.” J.Wulf, Theater
und Film, Frankfurt, Ullstein, 1989, p. 68.
20
Wilhelm Frick, (1877 - 1946). Ministro degli Interni del Reich dal 1933 al 1943. “Reichsprotektor”
di Boemia e Moravia dal 1943 al 1945.
21
“Per la ricostruzione di una amministrazione pubblica nazionale e la semplificazione amministrativa
possono essere licenziati dal loro ufficio funzionari in base alle seguenti disposizioni anche se non
sussistono i presupposti a ciò necessari secondo il diritto vigente.” J.Wulf, Presse und Funk, Frankfurt,
Ullstein, 1989, p. 227.
13
Il 10 Maggio 1933, ispirati da quello che Goebbels definì
“Verbrennung undeutschen Schrifttums” (rogo degli scritti non -
tedeschi), gli studenti nazionalsocialisti bruciarono pubblicamente a
Berlino e sulle piazze di molte città universitarie i libri, considerati
“entartet” (degenerati) e “undeutsch” (non - tedeschi), di moltissimi
scrittori ebrei e non. “In der deutschen Öffentlichkeit wurden diese
Vorgänge mehr oder weniger hingenommen; Erschrecken zeigte sich nur
dort, wo Angehörige oder Freunde betroffen waren. Einige der wenigen,
die ihrer Empörung öffentlich Ausdruck gaben, war Ricarda Huch. Sie
protestierte in einem Brief an den Präsidenten der Preussischen
Akademie der Künste, als diese begann, ihre jüdischen Mitglieder
auszuschliessen, und erklärte ostentativ ihren Austritt aus der
Akademie.”
22
A novembre dello stesso anno gli scrittori rimasti in
Germania venivano inquadrati nella “Reichsschrifttumskammer - RSK”
(Camera degli scrittori del Reich) che era una delle sette sezioni della
“Reichskulturkammer - RKK” (Camera della cultura del Reich),
presieduta dallo stesso Goebbels.
Il 14 luglio 1933 uscì la legge che, impedendo la fondazione di
nuovi partiti politici, proclamava di fatto la NSDAP unico partito della
Germania: “Il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi
costituisce l’unico partito politico della Germania. Chiunque sostenga la
struttura organizzativa di un altro partito politico o formi un nuovo
partito politico sarà punito coi lavori forzati fino ad un massimo di tre
anni o con la reclusione da sei mesi a tre anni, ove il fatto non comporti
pene maggiori previste da altre leggi.”
23
22
“Nell’opinione pubblica tedesca questi avvenimenti vennero più o meno accettati: la paura si
manifestò solo laddove vennero colpiti parenti o amici. Una dei pochi che espressero pubblicamente la
loro indignazione fu Ricarda Huch che protestò in una lettera al presidente dell’Accademia prussiana
delle arti quando questa cominciò a espellere i suoi membri ebrei e spiegò ostentatamente la sua uscita
dall’Accademia.” H. M. Müller, op. cit., p. 269.
23
W. L. Shirer, op. cit., vol. I, p. 314.
14
Sempre il 14 luglio 1933 venne emanato il “Gesetz zur Verhütung
erbkranken Nachwuchses” (Legge per la profilassi delle malattie
ereditarie nei giovani) che fu il punto di partenza per il successivo
sviluppo del programma nazista di eutanasia, di sterilizzazione e degli
esperimenti medici su persone nei campi di concentramento
24
.
Il 20 luglio 1933 la dittatura hitleriana raggiunse il suo primo
successo in politica estera con la firma di un concordato fra il Reich
tedesco e il Vaticano, i cui artefici furono da parte tedesca il vice-
cancelliere von Papen e da quella vaticana il segretario di stato, cardinale
Pacelli, il futuro Papa Pio XII.
Per lo stato nazionalsocialista era di grande importanza soprattutto
l’articolo del concordato che escludeva i preti cattolici da ogni attività
politico - partitica. Il Vaticano giustificò il suo passo con l’evidente
posizione della nuova Germania nei confronti del bolscevismo e
dell’ateismo. Più tardi però, quando le violazioni del concordato si
accumularono, papa Pio XI le stigmatizzò con l’enciclica “In brennender
Sorge” (Con grandissima preoccupazione).
Nell’ambito della chiesa evangelica nacque invece il movimento
dei “Deutsche Christen” (Cristiani Tedeschi) di ispirazione nazista, che
elessero a loro vescovo lo sconosciuto cappellano Ludwig Müller,
creatura di Hitler. Contro questa evoluzione si levò il pastore berlinese
Martin Niemöller con la sua “Bekennenede Kirche” (Chiesa professante)
la quale fu bersaglio, come il suo capo, di feroci persecuzioni (Niemöller
fu arrestato e passò quasi otto anni in campo di concentramento) che però
non riuscirono ad annientarla.
24
J. Wulf, Theater und Film, cit., p. 307.