3
A questo punto quindi si è iniziato a cambiare il modo di vedere l'inquinamento
dei corsi idrici, non considerandolo più solo come sostanze immesse nell'acqua, ma
come compromissione dell'ambiente naturale a tutti i livelli, quindi considerando anche
la banalizzazione dell'ambiente provocata dall'artificializzazione dell'alveo e delle rive.
Nel corso degli anni ‘90 hanno quindi visto la luce nuovi indici ambientali che si
prefiggono di mostrare lo stato di fatto dell'ambiente fluviale nel suo complesso, al fine
di indirizzare la pianificazione degli interventi di sistemazione fluviale verso soluzioni
che permettano di garantire la funzionalità dell'ambiente fluviale, senza andare per
questo a compromettere la sicurezza idraulica del corso d’acqua.
Grazie a questi indici e alle ricerche derivanti da teorie e modelli per una
interpretazione sistemica dell’ambiente si è dimostrato, come sotto tutti i profili
(idraulico, paesaggistico, ecologico, naturalistico, economico…), sia conveniente una
gestione dei corsi d’acqua a livello di bacino idrografico che abbia come una delle
principali finalità quella di far riacquisire ai fiumi, attraverso il recupero dei loro caratteri
naturali, anche le capacità omeostatiche (cioè di mantenere o tornare all’equilibrio in
conseguenza di un disturbo) strettamente correlate alla diversità ambientale e
biologica.
Da questi presupposti nasce l’indice utilizzato in questo lavoro: l'Indice di
Funzionalità Fluviale (I.F.F.), sviluppato dall'ANPA nel 1998 come evoluzione dell'RCE-
I, ideato da R.C. Petersen nel 1992 e successivamente riadattato alla situazione
Italiana da Siligardi e Maioli (1993) con il nome di RCE-2.
L'I.F.F., mediante la compilazione di un questionario a risposta multipla, si
prefigge di raccogliere, in modo semplice e senza la necessità di strumentazioni
particolari, tutti i dati necessari per individuare i fattori di degrado ambientale che vanno
a diminuire la funzionalità del corso d'acqua. Tali dati sono disponibili in un formato
utile e comprensibile sia ai tecnici che a chiunque voglia prendere visione e
consapevolezza dello stato del territorio in cui vive. L'I.F.F. fornisce non solo
valutazioni sintetiche sulla funzionalità fluviale e preziose informazioni sulle cause del
suo deterioramento, ma anche precise indicazioni per orientare gli interventi di
riqualificazione e stimarne preventivamente l'efficacia.
Uno dei vantaggi maggiori dell'I.F.F. è che, essendo un metodo di indagine
relativamente speditivo ed economico, permette di monitorare reti idrografiche in tempi
sufficientemente rapidi da consentire la tempestiva adozione di misure correttive.
Inoltre la sua applicazione diffusa potrà documentare con rigore ciò che per molti,
addetti ai lavori e non, è ormai evidente: l'impatto devastante di molti interventi di
4
sistemazione fluviale e l'esigenza di adottare modalità di sistemazione più rispettose,
oltreché di avviare uno sforzo di riqualificazione dei fiumi.
Si può sicuramente affermare che l’I.F.F. non è il frutto di progressi tecnologici,
ma riflette innanzitutto il grande progresso culturale e sociale compiuto dal nostro
Paese negli ultimi decenni.
I tratti oggetto di questo studio sono due corsi d’acqua del Friuli Venezia Giulia.
L’I.F.F. è stato applicato al fiume Fella (nel tratto che va da Ugovizza a Pontebba) ed
ad un torrente, il Canale Bartolo, situato nei pressi di Camporosso in Valcanale
partendo dal presupposto che solamente con una approfondita e generalizzata analisi
dello stato di salute dei corpi idrici a tutti i livelli, si può pianificare la gestione
dell'ambiente fluviale in modo da garantire allo stesso tempo sia la salvaguardia, o il
miglioramento, della funzionalità fluviale che la necessaria sicurezza idraulica.
Il tratto di Fella ed il Canale Bartolo sono stati scelti in quanto entrambi inseriti
in un contesto, quello cioè della Foresta di Tarvisio, caratterizzato da un elevato grado
di naturalità diffuso su tutto il territorio. Tuttavia questo discorso non è estendibile, in
special modo per quanto riguarda il Fella, alle aree di fondovalle, dove interventi
antropici di varia natura hanno profondamente modificato e distrutto l'originaria
conformazione della zona. Le cause d’alterazione di questi due corsi d’acqua sono
decisamente diverse.
Il Fella in questo tratto non è interessato da evidenti opere per la cattura e la
regimazione delle acque e nemmeno da movimenti di ghiaia connessi alle attività
estrattive o da interventi di bonifica, principali cause di alterazione degli equilibri
ecologici dei corsi d’acqua montani. Ciò che ha concorso principalmente ad alterare
l’alveo del Fella e di conseguenza a manomettere l’intero ecosistema fluviale di tale
corso sono state sicuramente le grandi opere viarie come la statale, l’autostrada e la
ferrovia. Il Canale Bartolo è stato sottoposto invece ad una intensa sistemazione
mediante la costruzione di numerose opere di sistemazione idraulico-forestale sia
longitudinali che soprattutto trasversali.
Si è ritenuto pertanto utile applicare questo indice per le molteplici indicazioni
pratiche che può dare a chi deve gestire un tratto di fiume o di torrente che necessita di
interventi in grado di riparare alle numerose e significative alterazioni dell'ambiente
fluviale succedutesi nel corso del tempo, delle quali si è cercato di valutare l’impatto
sull’ecosistema fluviale attraverso i parametri considerati nella scheda IFF.
5
CAPITOLO 1
INDICI DI VALUTAZIONE DELLA QUALITA' FLUVIALE E
INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE
1.1 INDICI DI VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ FLUVIALE
1.1.1 QUALITÀ DELLE ACQUE
1.1.1.1 CLASSIFICAZIONE
Con qualità dell'acqua, si indica la composizione chimica e biologica dell'acqua,
come risultato di effetti naturali e derivanti da attività umane, in termini di quantità
misurabili ed in relazione alla destinazione d'uso. Essendo proprio i destini d’uso a
determinare i parametri più idonei a definire il grado di qualità e le soglie di
accettabilità, con il termine inquinamento si può quindi indicare quella alterazione della
qualità fisica, chimica, radiologica e biologica dell'acqua, causata dall'uomo e dalle sue
attività, tale da danneggiare e/o precludere gli obiettivi o i potenziali d'uso della risorsa.
L'analisi della qualità dell'acqua e, di conseguenza dell'inquinamento, avviene
confrontando le misure di quantità e parametri fisici, chimici, biologici, microbiologici e
radiologici ad una serie di criteri (quantità testate scientificamente) e di standard
(derivati solitamente da misure stabilite da una autorità competente) relativi a
determinati usi specifici.
È fondamentale dunque giungere ad una classificazione che serva a produrre
carte tematiche in cui si riassumano i livelli di qualità delle acque di interi corsi d’acqua,
o addirittura, di interi bacini idrografici.
Secondo Vismara (1992) sono due gli obiettivi che si vogliono conseguire con la
classificazione della qualità delle acque.
• Definizione del livello di qualità principalmente per stabilire se la qualità
rilevata consente gli usi attuali o futuri di quelle acque
• Definizione del livello di qualità per stabilire priorità di interventi di
pianificazione e di risanamento
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Il primo obiettivo considera l’acqua in base al suo possibile utilizzo. Essendoci
tra gli svariati usi di quello che oggi, data la sua difficile gestione, è chiamato “oro blu”,
quelli che richiedono livelli qualitativamente molto elevati primo fra tutti l’uso potabile,
sono stabiliti standard basati quasi esclusivamente su parametri chimici.
Per quanto riguarda il secondo obiettivo, esso dà una indicazione di qualità
della risorsa idrica molto più generale. È possibile per cui giungere alla valutazione
della qualità anche tramite parametri biologici, in quanto gli standard si basano su una
classificazione che deve valutare la compatibilità dell’acqua con più di un utilizzo.
1.1.1.2 NORMATIVA ITALIANA
In Italia a regolamentare il monitoraggio della qualità dell’acqua è intervenuto il
testo unico sulle acque (D. Lgs. 152/99). La legge prevede che la classificazione dello
stato ecologico del corso d’acqua venga effettuata incrociando il livello di inquinamento
espresso dai parametri “Macrodescrittori” (LIM) (azoto ammoniacale, azoto nitrico,
percentuale di saturazione dell’ossigeno, fosforo totale, BOD5, COD, coliformi) con il
risultato dell’Indice Biotico Esteso, attribuendo alla sezione in esame il risultato
peggiore tra quelli derivati dalle valutazioni relative ad IBE e macrodescrittori.
1.1.2 PRINCIPALI CRITERI E INDICI DI VALUTAZIONE DELLA
QUALITÀ DELL'ACQUA
Al fine di valutare la qualità delle acque sono stati individuati diversi criteri e, di
conseguenza, utilizzati molteplici indici. In passato, i criteri di valutazione di un corso
d’acqua sono stati spesso costruiti individuando singoli aspetti dell’ecosistema
acquatico sul quale porre l’attenzione; si è cercato inoltre di ottenere un modello di
valutazione sulla base di un ristretto numero di variabili. In particolare, si sono
sviluppate tre tipologie principali di indice:
- Indici chimico-fisici
- Indici microbiologici
- Indici biotici
A queste tre principali tipologie, più recentemente se ne è affiancata un’altra
che cerca di rendere compatibili i molteplici usi di un corso d’acqua e delle sue aree
riparie con la difesa delle piene e con il ripristino della biodiversità e della capacità
7
autodepurativa degli ambienti fluviali. Tutto ciò è possibile solamente attraverso
l’attuazione di studi multidisciplinari.
In questa tipologia rientrano i nuovi indici ambientali sintetici di valutazione
della qualità delle rive e delle aree riparie, Buffer Strip Index (B.S.I.), Wild State Index
(W.S.I.), Enviromental Landscape Index (E.L.I.) (Braioni et al..,1994) ed infine l’Indice
di Funzionalità Fluviale (I.F.F.) di cui parleremo approfonditamente in seguito.
In particolare il B.S.I. dà una misura diretta della capacità delle rive di filtrare, di
metabolizzare e di bioaccumulare i nutrienti e gli inquinanti percolanti dal territorio o
veicolati nella massa d'acqua durante le piene. Lo W.S.I. riflette lo stato di naturalità
delle rive e la potenzialità di queste aree a sostenere un elevato livello di biodiversità.
Questi nuovi indici naturalistico-ecologici, proprio per la specificità con cui sono
stati elaborati, sono tra loro complementari con gli Environnemental-Landscape Indices
(E.L.I.) nella valutazione della qualità delle rive e delle aree riparie. Gli E.L.I. valutano il
paesaggio-ambiente degli ambiti fluviali nel suo significato più ampio (geografico,
ambientale, storico, percettivo, estetico), in funzione della pianificazione di aree,
comprese quelle ad alta vulnerabilità.
Risultano pertanto funzionali, se applicati agli stessi tratti fluviali,
all'individuazione e alla pianificazione lungo un corso d'acqua, ma anche nel suo
territorio di pertinenza, di aree a diversa tutela in cui lo sviluppo delle attività antropiche
può essere compatibile con la riduzione del rischio di esondazione e con il
mantenimento delle risorse fiume, ambiente ripario, acque pulite (Braioni A., 1997).
1.1.2.1 INDICI CHIMICO FISICI
Gli indici di tipo chimico fisici, hanno il pregio di essere stati utilizzati per primi in
modo continuo. Se da un lato però essi sono in grado di fornire serie di dati pregressi
abbastanza lunghe, allo stesso tempo tali dati risentono, per la loro validazione,
dell’istantaneità del campionamento. Di conseguenza risulta talvolta impossibile
passare dal dato analitico ad un giudizio qualitativo del corso d’acqua in esame, non
essendo corretto estendere il significato di una serie temporale o spaziale più vasta.
Sarebbe pertanto opportuno intensificare la cadenza dei prelievi e cercare un confronto
con gli indici biologici e microbiologici. Questo però porterebbe inevitabilmente ad un
aumento dei costi di tale metodologia.
I risultati di queste tipologie di indagini conducono alla quantificazione di una
serie di parametri concordati che definiscono l’inquinamento. Il problema sussiste nel
8
valutare fino a che punto il quantitativo di una singola sostanza sia da configurarsi
come un valore naturale per un dato corso d’acqua, e quando invece sia da attribuirgli
un significato di sostanza inquinante.
I principali parametri utilizzati in Italia sono:
BOD5 (Biological Oxigen Demand): è l’ossigeno consumato per azione
batterica da un campione d’acqua con sostanza organica biodegradabile. Il suo elevato
tenore indica la presenza di notevoli quantità di sostanze biodegradabili provenienti
dall’uso umano delle acque
COD (Chemical Oxigen Demand): è l’ossigeno consumato per ossidazione
chimica da un campione d’acqua con sostanze organica biodegradabile e non. Risulta
essere un buon indicatore di carichi inquinanti organici provenienti dall’ambiente.
Percentuale di saturazione dell’ossigeno: L’ossigeno disciolto costituisce un
dato significativo per i corpi idrici inquinati in quanto dà la possibilità di valutare il
processo autodepurativo.
Conducibilità elettrica: esprime la presenza di sali disciolti nell’acqua,
indipendentemente dall’origine naturale (substrati geologici, copertura vegetale), o
antropica (attività agricola ed industriale), è importante la sua stabilità intorno a valori
ottimali per la vita acquatica, in quanto variazioni in eccesso od in difetto producono gli
stessi effetti negativi.
Azoto ammoniacale: presenze discrete di questo ione nelle acque avvengono
generalmente per effetto di scarichi fognari o di acque provenienti da attività agricole.
Azoto nitrico: I nitriti devono essere assenti od al massimo in tracce nell’acqua
ad uso potabile, poiché denunciano un inquinamento recente od in atto. I nitrati
rappresentano la forma più ossidata dell’azoto e indicano che l’effetto inquinante è
stato oramai superato.
Fosfati: sono legati strettamente alle attività umane. Hanno funzione di nutrienti
per le alghe e le piante acquatiche, attivando così il processo di eutrofizzazione nelle
acque lente e stagnanti.
9
1.1.2.2 INDICI MICROBIOLOGICI
Come gli indici chimico fisici anche quelli microbiologici risentono
dell'istantaneità del campionamento. Inoltre, sotto l'aspetto puramente analitico, il
risultato è una elaborazione di tipo statistico (metodica Most Probable Number) che
non dà un valore esatto, ma ne individua uno definito come il più probabile. Seppure
siano evidenti dei motivi di cautela nei confronti di quanto espresso dal rilevamento
microbiologico, normalmente si ritiene comunque imprescindibile all'interno di una
valutazione globale la conoscenza anche di questo aspetto, il quale è peraltro più
significativo di altri nelle valutazioni inerenti l'impatto di origine antropica.
Il monitoraggio microbiologico, che è forse il più significativo nelle valutazioni
inerenti l'impatto di origine antropica, è spesso sintetizzato da tre parametri principali:
coliformi fecali, coliformi totali e streptococchi fecali. Tali parametri sono sempre stati
utilizzati come riferimenti fissi all'interno di una serie di normative e di direttive tendenti
a dare dei limiti di accettabilità per gli scarichi, o degli obiettivi di qualità a seconda
della destinazione d'uso per i corpi idrici ricettori.
1.1.2.3 INDICI BIOTICI
Con il termine “qualità biologica delle acque” si intende il grado di integrità degli
equilibri ecologici in un corso d’acqua. Gli interventi antropici, intesi sia come azioni
dirette sull’alveo del fiume (canalizzazioni, sottrazioni d’acqua ad uso irriguo o
idroelettrico, disboscamento delle rive, ecc.), sia come sversamento di sostanze
inquinanti (scarichi fognari, fertilizzanti, ecc.) compromettono notevolmente i
microhabitats che ospitano gli organismi acquatici, modificano la quantità di nutrienti
sciolta nell’acqua e a volte arrivano anche a provocare azioni tossiche dirette di
sostanze chimiche. Tutto ciò ovviamente si ripercuote negativamente sulla struttura
delle comunità macrobentoniche, che si modifica sia qualitativamente che
quantitativamente.
Dal punto di vista qualitativo si può osservare in seguito ai fattori di disturbo un
cambiamento nella composizione specifica delle specie della comunità; in pratica
spariranno alcune specie e la fauna nel suo complesso viene ad essere meno
diversificata e costituita da specie ad ampia valenza ecologica. Quantitativamente si
nota una contrazione numerica ed in termini di biomassa delle specie più sensibili ai
fattori di disturbo ed un aumento di quelle più tolleranti. Nel complesso si verifica quindi
10
una diminuzione della diversità specifica della comunità, con ripercussioni negative ad
ogni livello della rete alimentare.
Gli indici biotici rappresentano quindi un originale e prezioso strumento di
descrizione della qualità dei corsi d’acqua, difatti, secondo Ghetti e Bonazzi (1981), le
popolazioni animali e vegetali costituiscono, nel loro insieme, gli “indicatori per
eccellenza” degli effetti prodotti dall’inquinamento sull’ambiente in cui vivono.
Tale indagine, può confermare o completare i risultati chimico-fisici ottenuti, i
quali tuttavia restano sempre i parametri prescritti dalla legge nazionale per la
valutazione delle acque superficiali ai vari usi. La caratteristica che distingue questo
tipo di indagine, rendendola complementare a quelle di tipo chimico, è la possibilità di
estendere in termini di spazio e di tempo il valore che da questa scaturisce. Essendo
infatti basata su una analisi presenze-assenze a livello di taxa del macrobenthos,
l’indicazione che si ricava è in generale riferibile ad un arco temporale abbastanza
ampio, per una certa inerzia che tale macrobenthos oppone sia ad un mutamento della
qualità dell’ambiente acquatico, che al processo di ricolonizzazione di corsi d’acqua
che hanno subito uno stress ambientale. L’estensione in senso spaziale può invece
essere valida considerando tratti di fiume con caratteristiche omogenee ed immissioni
che non alterino il loro equilibrio.
Gli indici biotici si possono raggruppare sinteticamente in due gruppi:
- Il primo gruppo di indici (B.E.O.L. e derivati dal Saprobien System di
Kolkwitz e Marsson) privilegia l’aspetto della sensibilità di determinati
taxa all’aumentare del tasso di inquinamento organico. L’uso di tali indici,
anche se si basano su metodi scientificamente molto rigorosi, è limitato.
Ciò è da imputare anche alle difficoltà tassonomiche (riconoscimento
sempre a livello di specie) che essi richiedono.
- Gli indici biotici propriamente detti (E.B.I. di Woodiwiss, I.Q.B.G. di
Verneaux et al., quest’ultimo molto utilizzato in Francia) considerano sia
il valore di alcuni taxa quali indicatori biologici, sia la ricchezza in unità
sistematiche (famiglie o generi) di una comunità di macroinvertebrati.
Quello più largamente diffuso in Italia è l’Extended Biotic Index (E.B.I.), messo a
punto da Woodwiss nel 1978 e modificato da Ghetti nel 1981 (Indice Biotico Esteso),
che si basa sulla valutazione delle comunità di macroinvertebrati che vivono in una
determinata stazione di campionamento.
11
L’Indice Biotico Esteso
Il metodo dell'Indice Biotico Esteso (Woodwiss, 1978), il cui utilizzo è iniziato
negli anni '80 ha rappresentato un momento di rottura degli schemi mentali in Italia,
basati sull'approccio antropocentrico dei parametri chimici e batteriologici. Per la prima
volta il giudizio non viene più espresso dall'uomo in funzione degli usi della risorsa
idrica, ma dai legittimi inquilini del fiume in funzione della loro sopravvivenza. Il giudizio
non è più limitato alla sola componente acqua, ma incorpora la presenza di
microhabitat, il perifiton, la vegetazione acquatica, la diversità ambientale, il regime
idraulico. Per la prima volta gli effetti della cementificazione dell'alveo e della
banalizzazione dell'ambiente fluviale vengono rilevati da un metodo di indagine e
vengono perciò registrati dagli organi deputati al controllo.
Di conseguenza, l'acquisizione di questi dati e la grande efficacia comunicativa
delle mappe a colori della biologia dei corsi d'acqua rendono documentata e diffusa
anche nel largo pubblico una consapevolezza che fino ad allora era rimasta confinata
ad una ristretta cerchia di tecnici di matrice biologico-naturalistica. Si nota anche che
spesso il degrado maggiore per i corsi d'acqua è rappresentato dalle opere di
artificializzazione come risagomature, rettifiche, difese spondali, arginature,
rivestimenti, tombamenti, taglio della vegetazione. Vengono così individuate le strette
interrelazioni funzionali tra il fiume e il territorio circostante e viene riconosciuta, prima
tra tutte, l'importanza centrale delle fasce di vegetazione riparia.
Il metodo è basato sulla raccolta e classificazione dei vertebrati fino ad un livello
tassonomico denominato Unità Sistematica (genere, famiglia, specie). L’I.B.E.
considera contemporaneamente la sensibilità all'inquinamento da parte di alcuni taxa e
la ricchezza di specie i cui taxa chiave sono disposti in ordine di sensibilità decrescente
all’inquinamento organico (Ninfe di Plecotteri, Ninfe di Efemerotteri, Larve di
Tricotteri,Gammarus sp., Asellus sp., Tubificidi e larve rosse di Chironomidi.)
Individuate le Unità Sistematiche presenti nel campione si passa al calcolo dei
valori numerici convenzionali o indici biotici attraverso una apposita tabella a due
ingressi: si sceglie dapprima la riga, entrando con la unità sistematica più sensibile che
è risultata presente, e poi la colonna, entrando con il numero totale di unità
sistematiche riscontrate nel campione.
12
CLASSI DI QUALITÀ VALORE DI E.B. GIUDIZIO COLORE
I 10 – 12
Ambiente non inquinato o non alterato
in modo sensibile
azzurro
II 8 – 9
Ambiente in cui sono evidenti alcuni
effetti dell’inquinamento
verde
III 6 – 7
Ambiente inquinato giallo
IV 4 – 5
Ambiente molto inquinato arancione
V 1 – 3
ambiente fortemente inquinato rosso
Tabella 1.1 Valori di giudizio attribuiti dall’I.B.E.
Viene così individuato un numero, da 0 a 12, detto Indice Biotico Esteso (E.B.I.)
che è tanto più alto quanto è migliore la qualità dell’ambiente acquatico. Per comodità
di rappresentazione gli indici sono raggruppati in cinque classi di qualità (la I è la
migliore, la V è la peggiore) corrispondenti a condizioni di inquinamento progressivo
(tabella 1.1). Convenzionalmente nelle rappresentazioni cartografiche si sono attribuiti
alle classi cinque diversi colori che rendono più immediata la comprensione del dato
analitico. Mappe di questo tipo rappresentano utili strumenti di pianificazione territoriale
per gli uffici competenti delle pubbliche amministrazioni.
1.2 INDICE DI FUNZIONALITÀ FLUVIALE (I.F.F.)
1
1.2.1 INTRODUZIONE
L'Indice di Funzionalità Fluviale (IFF) prende origine e basa il suo obiettivo
principale nella valutazione dello stato complessivo dell'ambiente fluviale e della sua
funzionalità, intesa come risultato della sinergia e dell'integrazione di una importante
serie di fattori biotici ed abiotici presenti nell'ecosistema acquatico e in quello terrestre
ad esso collegato.
Seguendo i principi dell'ecologia fluviale, in questo indice vengono descritti i
parametri morfologici, strutturali e biotici dell'ecosistema e rilevata la funzione ad essi
associata, nonché l'eventuale grado di allontanamento dalla condizione di massima
funzionalità. La lettura critica ed integrata delle caratteristiche ambientali consente così
di definire un indice globale di funzionalità.
1
Estratto dal manuale di applicazione dell’Indice di Funzionalità fluviale, ANPA 2000
13
La metodica, proprio per l'approccio olistico, fornisce informazioni peculiari che
possono differire, anche sensibilmente, da quelle fornite da altri indici o metodi che
restringono l'indagine ad un numero più limitato di aspetti e/o di comparti ambientali.
L'Indice di Funzionalità Fluviale può quindi essere uno strumento
particolarmente utile per la programmazione di interventi di ripristino dell'ambiente
fluviale e per supportare le scelte di una politica di conservazione degli ambienti più
integri.
1.2.2 CENNI STORICI
L'Indice di Funzionalità Fluviale deriva dall' RCE-I (Riparian Environmental
Inventory). Tale metodo, ideato da R.C. Petersen (1992) dell'Istituto di Limnologia
dell'Università di Lund (Svezia) e pubblicato nel 1992, presentava una scheda
costituita da 16 domande, con 4 risposte predefinite per ognuna di esse. Scopo
primario della metodica era la raccolta delle informazioni relative alle principali
caratteristiche ecologiche del corso d'acqua, al fine di redigere un inventario dello stato
degli alvei e delle fasce riparie dei fiumi svedesi. In tale ambito di utilizzo l'espressione
di valutazioni ambientali, pur ricavabili dai punteggi attribuiti alle singole caratteristiche,
rappresentava più un "sottoprodotto" che un esplicito obiettivo dell'indagine.
Nel 1990 la scheda è stata applicata in Trentino su 480 tratti dei principali corsi
d'acqua (Siligardi e Maiolini, 1990). L'analisi critica dei dati così raccolti ha evidenziato
la necessità di apportare alcune modifiche di rilievo al metodo originale, al fine di
adattare la metodologia alle caratteristiche morfo-ecologiche dei corsi d'acqua italiani,
soprattutto di tipo alpino e prealpino. Man mano, nel corso delle sue molteplici
applicazioni, è emersa con sempre maggiore evidenza l'importanza che tale
metodologia poteva assumere, non solo come supporto per un inventario delle
caratteristiche ambientali, ma soprattutto come modello di definizione della qualità
ambientale. È stato pertanto proposto l'RCE-2, con una nuova scheda per la
valutazione (Siligardi e Maiolini, 1993).
L'esigenza di disporre di nuovi strumenti di valutazione dell'ecosistema, senza
nulla togliere allo specifico contenuto informativo fornito dagli indici biologici,
microbiologici e chimici ormai consolidati, era nel frattempo fortemente maturata nella
cultura idrobiologica, come dimostra la veloce diffusione dell'applicazione del nuovo
indice RCE-2 nel territorio italiano. L'indice è stato infatti applicato estesamente non
solo in zone alpine, ma anche in aree di pianura, appenniniche e del sud Italia. Il
workshop "La qualità ambientale dei corsi d'acqua: RCE-2 Riparian Channel and
14
Environmental Invectory", tenutosi a Saluggia nel 1997, ha permesso di constatare
come la scheda RCE-2 fosse stata più volte sottoposta a ritocchi e modifiche - talora
rilevanti - per adattarla a specifiche tipologie di corsi d'acqua, ad obiettivi di indagine
particolari o alle esigenze metodologiche dei ricercatori, talora con formazione
professionale estranea alla cultura biologico - naturalistica.
Tale proliferazione di applicazioni e di modifiche testimoniava lo spiccato
interesse del metodo e la sua rispondenza ad esigenze diffuse ma, al tempo stesso,
evidenziava una sua insufficiente calibrazione all'ampio ventaglio di tipologie di corsi
d'acqua italiani e rendeva più che concreti i timori che il nome generico RCE si
avviasse a comprendere una famiglia eterogenea di indici con contenuti ed obiettivi
divergenti. Da ciò l'esigenza di produrre un aggiornamento del metodo che lo rendesse
più generalizzabile (coprendo le varie tipologie fluviali italiane), ne definisse con
maggior rigore le finalità e ne garantisse la conformità dei risultati attraverso la stesura
di linee guida e di precise istruzioni per gli utilizzatori.
A tal fine, l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) ha riunito
nel 1998 un gruppo di lavoro - costituito da esperti nel campo dell'ecologia fluviale -
che, a seguito di approfondite riflessioni e confronti, ha apportato varie modifiche alle
domande e alle risposte della scheda, al loro significato e al loro peso. L'insieme delle
modifiche apportate - spesso apparentemente lievi ma, in realtà, sostanziali - è risultato
talmente rilevante da richiedere una nuova denominazione dell'indice. Il nuovo nome
attribuito all'indice, Indice di Funzionalità Fluviale (IFF), sottolinea efficacemente la
nuova chiave di lettura che permea ogni domanda della scheda di rilevamento.
1.2.2.1 PROPOSTA DI MODIFICA DI PARISE (2001)
Da sottolineare che nel 2000, Lenzi e Parise hanno riscontrato una serie di
carenze e di imprecisioni dell’Indice di Funzionalità Fluviale riguardanti gli aspetti
idrologici e morfologici dei corsi d’acqua. Sono state proposte quindi una serie di
modifiche ed integrazioni alla scheda (Parise, 2001) che cercano di correggere la
terminologia usata nella classificazione dei tipi di correnti (non corrispondente a quella
effettivamente usata in idrologia) e la classificazione delle unità fisiografiche fluviali,
descritte nell’Indice principalmente in funzione dell’ittiologia del fiume senza tenere
conto delle moderne classificazioni proposte negli ultimi anni.
Queste modifiche non comportano variazioni nel funzionamento dell’indice e
nemmeno nell’assegnazione dei punteggi, ma vanno a sostituire la terminologia usata
in certe domande ed a proporre l’acquisizione di informazioni aggiuntive in certe altre.
15
Nel presente lavoro riguardante l’applicazione dell’Indice di Funzionalità
Fluviale ad un tratto del Fiume Fella ed all’intero Canale Bartolo, si è comunque
utilizzata la scheda originale di cui si parlerà approfonditamente più avanti.
Di seguito viene riportata invece la scheda di rilevamento IFF con le modifiche e
le integrazioni apportate da Parise (2001).
SCHEDA IFF modificata scheda n°…………….……..
Bacino…………….…corso d'acqua….……………Località…………..quota…..……
Tratto (metri)……………...data…………..operatori…………codice……..……
Substrato: carbonatico ! - siliceo ! - misto !. Corrente: rapida ! - lenta !.
1)Stato del territorio circostante sponda Sx Dx
Coperto da foreste e boschi 25 25
Prati, pascoli, boschi, pochi arativi ed incolti 20 20
Colture stagionali in prevalenza e/o arativi misti e/o colture permanenti 5 5
Aree urbanizzate 1 1
2)Vegetazione presente nella fascia perifluviale primaria
Presenza di formazioni arboree riparie 30 30
Presenza formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 25 25
Presenza di formazioni arboree non riparie 10 10
Costituita da specie arbustive non riparie o erbacea o assente 1 1
2bis)Vegetazione presente nella fascia perifluviale secondaria (muri)
Presenza di formazioni arboree riparie 20 20
Presenza di formazioni arbustive riparie (saliceti arbustivi) e/o canneto 15 15
Presenza di formazioni arboree non ripari 5 5
Costituita da specie arbustive non riparie o erbacea o assente 1 1
3)Ampiezza della fascia di vegetazione perifluviale
Fascia di vegetazione perifluviale > 30 m 20 20
Fascia di vegetazione perifluviale 5-30 m 15 15
Fascia di vegetazione perifluviale 1-5 m 5 5
Fascia di vegetazione perifluviale assente 1 1
4)Continuità della fascia di vegetazione perifluviale
Fascia di vegetazione perifluviale senza interruzioni 20 20
Fascia di vegetazione perifluviale con interruzioni 10 10
Interruzioni frequenti o solo erbacea continua e consolidata 5 5
Suolo nudo o vegetazione erbacea rada 1 1
5)Condizioni idriche dell'alveo
Larghezza alveo bagnato m…………………. Larghezza doppio bankfull m……………………
Entrenchement ratio………………………… Larghezza bankfull m…………………………...
Larghezza dell'alveo di morbida inferiore al triplo dell'alveo bagnato 20
Alveo di morbida maggiore del triplo dell'alveo bagnato con fluttuazioni di portata a 15
ritorno frequente
Alveo di morbida maggiore del triplo dell'alveo bagnato con fluttuazioni di portata a 5
ritorno stagionale
Alveo bagnato inesistente o quasi o presenza di impermeabilizzazioni della sezione 1
trasversale
6)Conformazione delle rive
Rive trattenute da radici arboree e/o massi 25 25
Rive trattenute da erbe e arbusti e/o con interventi di rinaturalizzazione 15 15
Rive trattenute da un sottile strato erboso o scogliera non trattenuta 5 5
Rive nude e/o con interventi artificiali 1 1
7)Strutture di ritenzione degli apporti trofici (solo alveo bagnato)
Alveo con grossi massi e/o vecchi tronchi stabilmente incassati o presenza 25
di fasce di canneto o idrofite
16
Massi e/o rami presenti con deposito di sedimento o canneto o idrofite rade 15
o poco estese
Strutture di ritenzione libere e mobili con le piene o assenza di canneto o idrofite 5
Alveo di sedimenti sabbiosi e/o ghiaiosi privo di alghe o sagomature artificiali 1
lisce a corrente uniforme
8)Erosione delle rive
Nessuna o poco evidenti 20 20
Erosioni solamente nelle curve e/o nelle strettoie 15 15
Erosioni frequenti con scavo delle rive e delle radici 5 5
Erosione molto evidente con rive scavate e franate o presenza di interventi artif.1 1
9)Naturalità della sezione trasversale
Sezione aturale 15
Naturale con lievi interventi artificiali 10
Artificiale con qualche elemento naturale 5
Sezione artificiale 1
10)Fondo dell'alveo
Irregolare, stabile e diversificato 25
A tratti movibile e con poco sedimento 15
Facilmente movibile 5
Artificiale o cementificato 1
11)Raschi, pozze e meandri (riffle-step-pool)
Step-pool in sequenza; riffle-pool; rapide; riffle-step-pool in sequenza; transverse rib 25
Log-step, cascate, barre e raggrupp. laterali e mediani, riffle-pool: irregolari; meandrifor. 20
Riffle-step-pool, step-pool e pool isolati; tratto deposizionale; lungo pool; letto piano 5
Tratto sistemato; percorso raddrizzato 1
12)Vegetazione in alveo bagnato in acque a corrente rapida >0.5 m/s superf.
Assente o costituita da gruppi di idrofite con copertura complessiva <10% 15
Costituita da idrofite con copertura complessiva tra 10 e 35%, feltro perifitico visibile 10
Costituita da idrofite con copertura complessiva >35%, feltro perifitico discreto 5
Costituita esclusivamente da alghe filamentose, feltro perifitico spesso 1
12bis)Vegetazione in alveo bagnato in acque a corrente lenta <0.5 m/s superf.
Periphiyon scarso: copertura di idrofite <5% 15
Periphyton visibile: copertura di idrofite <35% 10
Periphyton discreto: alghe filamentose; copertura di idrofite > 35% 5
Periphyton spesso e/o idrofite assenti o solo alghe filamentose 1
13)Detrito
Composto da frammenti vegetali riconoscibili e fibrosi 15
Composto da frammenti vegetali fibrosi e polposi 10
Composto da frammenti polposi 5
Detri aneobico 1
14)Comunità macrobentonica
Ben strutturata e diversificata, adeguata alla tipologia fluviale 20
Sufficientemente diversificata ma con struttura alterata rispetto a quanto atteso 10
Poco equilibrata e diversificata con prevalenza di taxa tolleranti l'inquinamento 5
Assenza di una comunità strutturata, presenza di pochi taxa tutti piuttosto tolleranti 1
l'inquinamento.
Sx Dx
Punteggio totale
Livello di funzionalità
Granulometria dominante
In alveo Sponde
Argilla - limo
! !
Sabbie
! !
Ghiaie
! !
Ciottoli
! !
Massi
! !