Introduzione
• per i neonati di 24 settimane: 9% di sopravvivenza (se il
peso alla nascita era compreso tra 250 e 499 grammi);
15% (se il peso alla nascita era compreso tra 500 e 749
grammi); 20% (se il peso alla nascita era compreso tra 750
e 999 grammi)
• per i neonati di 26 settimane: 43% di sopravvivenza (peso
compreso tra 500 e 749 grammi); 56% (peso compreso tra
750 e 999 grammi); 63% (peso compreso tra 1000 e 1249
grammi)
• per i neonati di 28 settimane: 79% di sopravvivenza (peso
compreso tra 750 e 999 grammi); 87% (peso compreso tra
1000 e 1249 grammi); 90% (peso compreso tra 1250 e
1499 grammi)
• per i neonati di 30 settimane: 93% di sopravvivenza (peso
compreso tra 1000 e 1249 grammi); 96% (peso compreso
tra 1250 e 1499 grammi); 97% (peso compreso tra 1500 e
1749 grammi)
• per i neonati di 32 settimane: 93% di sopravvivenza (peso
compreso tra 1000 e 1249 grammi); 97% (peso compreso
tra 1250 e 1499 grammi); 98% (peso compreso tra 1500 e
1749 grammi); 99% (peso compreso tra 1750 e 2249
grammi) [2].
Introduzione
Questo miglioramento della sopravvivenza dalla seconda metà
degli anni ’90 è dovuto soprattutto all’introduzione, in patologia
neonatale, dell’uso del surfattante artificiale, che consente il
superamento della sindrome da distress respiratorio caratteristica
dei prematuri, soprattutto in quelli di età maggiore o uguale a 25
settimane di gestazione [22].
Purtroppo la morbilità, soprattutto neurologica, di questi
prematuri, non è migliorata di pari passo con la sopravvivenza.
Se negli anni ’80 l’insorgenza di disabilità gravi era del 12%,
oggi risulta essere del 10%. Si intendono disabilità gravi quelle
che impediscono la normale frequenza scolastica, ad esempio
forme severe di paralisi cerebrale, cecità, sordità
neurosensoriale, ritardi gravi dello sviluppo. Infatti queste
disabilità sono fortemente correlate con alcune patologie tipiche
del prematuro, quali la leucomalacia periventricolare, le
emorragie cerebrali, e la retinopatia del prematuro (ROP).
Aumentando la quota di neonati prematuri che sopravvivono,
ovviamente aumenta anche la prevalenza di queste disabilità. In
particolare la prevalenza della ROP nei neonati ELBW che
sopravvivono, ha raggiunto il 40%: la sequela più grave di
questa patologia è, nel 6% dei casi, la cecità a livello di un solo
occhio e, nel 4%, la cecità completa bilaterale [1].
Introduzione
Per quanto riguarda le disabilità meno gravi, un recente studio
multicentrico riguardante il follow-up di bambini nati prematuri
negli Stati Uniti negli anni 1993-94 (tutti ELBW e di età
gestazionale media pari a 26 + 2 settimane), ha stabilito che a 18
mesi di età corretta il 25% di questi bambini presenta delle
alterazioni all’esame neurologico, il 29% ha un Indice di
Sviluppo Psicomotorio minore di 70 (valore normale 100), il 9%
ha una minorazione dell’apparato visivo e l’11% ha delle
alterazioni dell’udito. I fattori più significativamente correlati
con lo sviluppo di queste disabilità sono patologie croniche
polmonari, l’insorgenza di emorragie intraventricolari o di
leucomalacia periventricolare, l’uso di steroidi cronico e il sesso
maschile [3].
Un altro studio riguardante, invece, bambini nati a sole 25
settimane di gestazione o meno, nel 1995, ha evidenziato che
dopo 30 mesi di follow-up il 49% dei bambini aveva delle
disabilità (alterazioni dell’apparato neuromuscolare, cecità,
perdita dell’udito, ritardi dello sviluppo psicomentale severi) [5].
La percentuale di morbilità neurologica conseguente alla nascita
pretermine è rimasta quindi più o meno immodificata rispetto al
passato, ed è inversamente correlata con l’età gestazionale e il
peso del bambino alla nascita: minori sono l’età e il peso,
maggiore sarà la probabilità di insorgenza di patologie
Introduzione
neurologiche correlate alla nascita pretermine. Dunque, la
gestione di queste patologie neurologiche assume oggi un peso
sempre maggiore, vista l’aumentata sopravvivenza dei neonati
con più bassa età gestazionale e bassissimo peso, che hanno una
più alta percentuale di insorgenza di queste patologie.
Introduzione
1.1 Il neonato pretermine
Il neonato pretermine è un essere particolarmente fragile,
esposto a vari insulti patogeni, in cui piccole perturbazioni
ambientali possono provocare anche notevoli alterazioni
omeostatiche dell’organismo. Infatti tra le 24 e le 40 settimane di
età gestazionale il Sistema Nervoso Centrale presenta un rapido
sviluppo, una notevole differenziazione, grande plasticità e una
spiccata sensibilità a qualsiasi tipo di stress.
Inoltre il prematuro è frequentemente esposto all’insorgenza di
numerose patologie ed alterazioni a carico di diversi apparati:
• Apparato cardiovascolare: ipotensione, pervietà del dotto
arterioso
• Apparato respiratorio: apnea del prematuro, sindrome da
distress respiratorio, pneumotorace, polmonite interstiziale,
enfisema polmonare, displasia broncopolmonare
• Apparato gastro-intestinale: enterocolite necrotizzante,
reflusso gastro-esofageo
• Alterazioni del metabolismo e del sangue:
iperbilirubinemia, ipoglicemia, ipotiroidismo, alterazioni
dell’equilibrio acido-base, anemia
Introduzione
• Sistema nervoso centrale: leucomalacia periventricolare,
emorragia peri-intraventricolare, emorragia subaracnoidea,
emorragia intracerebellare, idrocefalo, retinopatia del
prematuro.
1.2 Patologie neurologiche del neonato pretermine
Le patologie neurologiche del prematuro che hanno un impatto
maggiore, sia per la frequenza con cui insorgono, sia per le
complicanze a lungo termine che possono comportare, sono la
leucomalcia periventricolare (PVL) e l’emorragia peri-
intraventricolare (PVH/IVH).
La PVL consiste in una lesione ipossico-ischemica che insorge
bilateralmente a carico della sostanza bianca adiacente agli
angoli esterni dei ventricoli laterali cerebrali. Le aree coinvolte
sono lo spartiacque tra la zona di irrorazione delle arterie
penetranti che derivano dall’arteria cerebrale media e alcuni rami
delle arterie cerebrali anteriore e posteriore. In particolare sono
frequentemente coinvolti il tratto corticospinale discendente, le
radiazioni ottiche e acustiche e il centro semiovale. L’incidenza
della PVL è del 4-26% nei neonati prematuri ricoverati nei
reparti di Terapia Intensiva Neonatale. Circa il 75% di neonati
Introduzione
prematuri presenta evidenze di PVL all’esame autoptico [10,
14].
I fattori di rischio per l’insorgenza della leucomalacia sono legati
sia ad alcune patologie materne, sia ad alcune condizioni proprie
del neonato. Quelli riguardanti la madre sembrano essere:
• la prolungata rottura delle membrane (PROM)
• alcune vasculiti
• la presenza di infezione delle membrane coriali e
amniotiche
• l’uso di cocaina.
Tutte queste situazioni, tranne l’uso di cocaina, comportano,
infatti, la produzione di citochine infiammatorie (ad esempio:
IL-6, TNF-α e PAF) le quali possono provocare un danno diretto
neuronale nell’area periventricolare del cervello del neonato [10,
69]. La cocaina, invece, che attraversa agevolmente la barriera
placentare, è un potente vasocostrittore, che può contribuire
all’insorgenza di lesioni ipossico-ischemiche nel feto [44].
I fattori di rischio riguardanti il neonato, invece, sono:
• un peso alla nascita inferiore a 1500 grammi
• un’età gestazionale inferiore alle 32 settimane
• l’essere stato sottoposto a ventilazione meccanica
(soprattutto nei primi giorni di vita)
Introduzione
• l’insorgenza di marcata ipocapnia, di ipotensione, di
ipossiemia o di acidosi
• l’essere nato da gravidanza gemellare.
L’incidenza maggiore di questa lesione nel prematuro, piuttosto
che nel neonato a termine, dipende dal fatto che, nel primo, il
sistema di autoregolazione del flusso ematico cerebrale non è
ancora sufficientemente sviluppato e possono quindi più
facilmente insorgere fenomeni di ischemia o di emorragia.
L’infarcimento emorragico della zona infartuata, infatti, che può
esitare anche in una emorragia ventricolare, è una non rara e
spesso grave complicanza della leucomalacia [6, 10, 17]. Un
altro fattore patogenetico è la vulnerabilità delle cellule-
precursore degli oligodendrociti, che rappresentano il maggior
target dell’insulto ischemico nella PVL. Recenti studi
neurobiologici hanno dimostrato che queste cellule sono
particolarmente sensibili all’azione dei radicali liberi e di alte
concentrazioni extra-cellulari di glutammato, che si generano in
abbondanza in situazioni di ischemia e riperfusione. Questa
vulnerabilità degli oligodendrociti è dipendente dal loro stadio di
maturazione. Solamente le cellule immature, infatti, sono
sensibili ai radicali liberi, in virtù del fatto che hanno minore
attività antiossidante [70]. Inoltre la presenza intracellulare di
molecole di ferro (che le cellule immature assumono attivamente
Introduzione
per i loro processi di differenziazione) può favorire, a causa
dell’interazione con i radicali liberi, la formazione di forme
reattive dell’ossigeno. Queste, a loro volta, possono provocare
l’induzione apoptotica della morte cellulare [25]. L’importante
contributo dei fattori di rischio materni nella patogenesi della
PVL potrebbe essere correlato proprio con il fatto che le
citochine infiammatorie possono agire come cofattori nella
produzione di derivati reattivi dell’ossigeno o come insulto
diretto alle cellule in fase di sviluppo.
Questi studi aprono una nuova prospettiva sulla possibilità di
prevenire l’insorgenza della leucomalacia, utilizzando farmaci
con attività antiossidante che annullino l’effetto dei radicali
liberi, oppure somministrando degli agonisti selettivi dei
recettori per il glutammato che antagonizzino l’effetto delle
elevate concentrazioni del mediatore, oppure ancora avvalendosi
di antibiotici e di agenti anticitochine per prevenire la tossicità
dovuta agli stati di infezione o infiammazione materni [9, 15, 16,
70].
Una volta che il danno si è instaurato, comunque, l’effetto è la
perdita di una certa quantità di cellule dell’oligodendroglia, con
aumento conseguente di astrociti ipertrofici e un’iperplasia
endoteliale. Inoltre gli esiti della necrosi possono portare alla
formazione di una cavità cistica, a volte comunicante con lo
Introduzione
spazio subaracnoideo, a volte con un ventricolo (poroencefalia);
nei casi gravi possono osservarsi più cavità cistiche occupanti
buona parte della sostanza bianca (encefalomalacia multicistica).
La diagnosi di PVL si ottiene difficilmente utilizzando solo
l’osservazione clinica del neonato: infatti, la maggior parte dei
neonati è inizialmente asintomatica o presenta sintomi molto
subdoli come: tono diminuito delle estremità inferiori, tono
aumentato dei muscoli estensori del collo, episodi di apnea e
bradicardia, irritabilità. E’ quindi d’obbligo l’utilizzo di tecniche
di neuroimmagine o elettrofisiologiche: classicamente la
diagnosi si ottiene mediante l’ecografia cerebrale
transfontanellare, ma altre procedure utilizzate sono l’EEG, la
Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) e la Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN).
E’ comunemente ammesso che la maggior parte dei prematuri in
cui non è stata evidenziata PVL con ecografia cerebrale entro
l’età di un mese di vita, rimarrà immune da ulteriori
deterioramenti neurologici dovuti alla nascita pretermine. In
realtà sembra che esista anche una forma di leucomalacia ad
insorgenza tardiva: un evento scatenante (ad esempio
l’insorgenza di una severa ipotensione, di acidosi metabolica, di
una sepsi o di una intensa reazione infiammatoria in qualche
distretto dell’organismo) può provocare la comparsa di PVL (e
Introduzione
delle correlate sequele neurologiche) anche in neonati senza
alcun tipo di alterazione ecografia patologica ad un mese di vita.
Ciò può spiegare l’insorgenza di paralisi cerebrale in prematuri
che erano stati considerati sani dal punto di vista neurologico e
sollecita un attento follow-up neurologico di tutti i neonati
prematuri con fattori di rischio per PVL [13].
La più frequente sequela a lungo termine della PVL è una
paralisi spastica, predominante agli arti inferiori. Gli arti
superiori sono quasi sempre meno coinvolti in quanto la lesione
periventricolare interessa soprattutto le fibre mediali del tratto
corticospinale, cioè quelle preposte al controllo degli arti
inferiori. In forme più o meno gravi questa forma di paralisi
insorge nel 60-80% dei neonati con PVL.
Anche disfunzioni visive sono state associate alla PVL: difficoltà
nella fissazione, nistagmo, strabismo convergente (soprattutto se
la PVL ha provocato la formazione di numerose cisti) ed anche
cecità [18]. Alcune di queste disfunzioni si sono manifestate
anche in assenza della retinopatia del prematuro, suggerendo una
lesione diretta della radiazione ottica.
L’interessamento, da parte di lesioni più estese, di altre aree di
sostanza bianca che contengono fibre associative per funzioni
uditive, visive e somestesiche sembra possa essere responsabile
anche di deficit intellettivi [1,10].
Introduzione
La PVH/IVH è un’altra patologia tipica del prematuro: infatti,
consiste in un sanguinamento che origina, nel 90% dei casi, dalla
matrice germinale, un’area cerebrale ricca di cellule precursore,
che compare alla 10ª settimana di gestazione, è particolarmente
sviluppata tra le 24 e le 34 settimane e scompare prima del
termine della gravidanza. L’incidenza della PVH/IVH va dal
15% al 40% nei neonati di 32 settimane gestazionali o di peso
alla nascita inferiore ai 1500 grammi e nella maggior parte dei
casi insorge nelle prime 72 ore dopo la nascita [18].
I fattori di rischio per l’insorgenza di questa patologia sono gli
stessi legati alla leucomalacia e cioè tutte le situazioni che
possono provocare una condizione di ipossia cerebrale o di
aumento nel liquido extra-cellulare di glutammato. L’ipossia
cerebrale ed eccessive concentrazioni di glutammato stimolano
l’enzima NO-sintasi a produrre ossido nitrico (NO), un potente
vasodilatatore. L’NO può indurre un aumento del flusso
cerebrale nell’area danneggiata anche del 300-400%, favorendo
così l’insorgenza di emorragia. Inoltre tutte le manovre o le
condizioni che fanno aumentare la pressione nel distretto venoso
cerebrale (ad esempio: ventilazione meccanica con alto picco di
pressione inspiratorio, pneumotorace iperteso, rapida infusione
di colloidi, trasfusioni, ischemia miocardica) possono provocare
l’emorragia: infatti sembrano essere proprio le venule che si
Introduzione
trovano nella matrice germinale, a dare origine all’emorragia.
Successivamente il sangue tende ad invadere lo spazio
perivenoso, facendo collassare le vene e provocando la rottura
delle connessioni vascolari terminali [7]. Inoltre nell’80% dei
casi l’emorragia della matrice germinale si diffonde ai ventricoli
laterali, causandone la distensione e, nei casi più gravi,
l’infarcimento emorragico si diffonde alla sostanza bianca
periventricolare, caratteristicamente in modo unilaterale (o
bilaterale ma asimmetrico), peculiarità che permette di
distinguerlo dall’infarcimento emorragico della leucomalacia. Il
coinvolgimento della sostanza bianca sembra essere, però, più
correlato con una leucomalacia associata e con un infarto venoso
dovuto alla distensione ventricolare (che provoca un’alterazione
del drenaggio), piuttosto che con una semplice estensione
dell’emorragia della matrice.
Una grave complicanza acuta della PVH/IVH è l’idrocefalo
postemorragico: il sangue, riversatosi nei ventricoli laterali, può
otturare il forame di Monro (che consente il drenaggio del
liquido cerebrospinale dai ventricoli laterali al 3° ventricolo) e
provocare così un’iperdistensione delle cavità ventricolari e una
compressione del tessuto cerebrale ad esse adiacente, con
ulteriore danno. Raramente si ha una risoluzione spontanea di
questa complicanza, che va dunque trattata urgentemente con
Introduzione
ripetute punture lombari o con il posizionamento di uno shunt o
di un reservoir ventricolare nei casi di non risposta a terapie più
conservative [14].
Per fare diagnosi di PVH/IVH, gli strumenti sono i medesimi a
disposizione per la leucomalacia: ecografia cerebrale
trnsfontanellare, TAC e RMN cerebrale, EEG.
Dal punto di vista clinico, i sintomi sono scarsi: se l’emorragia è
estesa ci possono essere dei segni oculari, come midriasi e
sguardo fisso, esotropia, strabismo, oppure i segni clinici
dell’idrocefalo, se è presente [18].
Le sequele neurologiche sono correlate a due momenti
patogenetici. Il primo consiste nell’emorragia e nelle sue
complicanze: esse possono danneggiare le vie corticospinali
discendenti provocando la comparsa di spasticità agli arti
inferiori o di movimenti non volontari coreiformi o
coreoatetosici; questi fenomeni, però, non si manifestano subito,
ma alla fine del 1°-2° anno di vita, cioè quando il neonato
comincia ad “utilizzare” le aree cerebrali che sono state
danneggiate. Il secondo momento patogenetico delle
conseguenze neurologiche della PVH/IVH consiste
probabilmente nella distruzione di neuroni che, al momento
dell’emorragia, si trovano nella matrice germinale, ma che
sarebbero stati destinati a migrare verso gli strati dal II al VI
Introduzione
della corteccia cerebrale. Questo fatto può spiegare alcuni deficit
complessi di tipo cognitivo e disturbi dell’attenzione che si
vedono nel 25-50% dei neonati prematuri [8].
Alcuni ricercatori, inoltre, hanno recentemente indagato con la
RMN la conformazione cerebrale di 25 neonati prematuri all’età
di otto anni, comparandola con quella di 39 bambini della stessa
età, nati però al termine della gravidanza. Nei bambini nati
prematuramente (e in modo più accentuato in quelli che avevano
avuto un episodio di PVH/IVH) alcune regioni cerebrali sono
risultate di volume minore che nel gruppo di controllo. Più
precisamente si sono dimostrate di volume ridotto alcune aree
della corteccia motoria (14% in meno), premotoria (12% in
meno), temporale (8,8% in meno) e parieto-occipitale (9% in
meno). Anche il cervelletto, i nuclei della base, l’amigdala,
l’ippocampo e il corpo calloso sono risultati significativamente
più piccoli. Al contrario si è riscontrato un volume
significativamente più grande a livello dei corni temporali e
occipitali dei ventricoli laterali. Queste variazioni volumetriche
potrebbero essere un’altra causa delle sequele neurologiche dei
neonati pretermine in generale e in particolar modo di quelli con
PVH/IVH [11, 33].
Altre sequele si possono avere a livello oculare: lo strabismo
convergente compare, infatti, nel 12% dei neonati pretermine e
Introduzione
nel 52% dei neonati che hanno sviluppato segni di paralisi
cerebrale da PVH/IVH, a fronte di un’incidenza del 2% nella
popolazione normale [18, 20]. Inoltre, neonati con IVH di 3°
grado e/o con coinvolgimento parenchimale, hanno un elevato
rischio di sviluppare atrofia ottica [19].
Oltre ai problemi neurologici causati da queste due gravi
patologie, sono stati individuati i cosiddetti “soft neurological
signs”, ovvero delle “disfunzioni cerebrali minime” che
insorgono nel 23-60% dei neonati VLBW e ELBW. Si tratta di
alterazioni a carico di:
• coordinazione visivo-motoria: disfunzioni nella manualità
fine, nella scrittura, “camminare sopra una linea”, ecc.
• performance scolastica: difficoltà nell’apprendimento
della matematica e dell’analisi logica, maggior
“fabbisogno” di ripetizioni
• performance comportamentale: disattenzione, iperattività
• performance nel linguaggio: articolazione della parola,
uso proprio della parola, espressione verbale (il 28% di
questi bambini necessita dell’intervento di un logopedista
all’età di cinque anni) [1, 4, 21].
Inoltre è stato fatto un paragone tra il Quoziente d’Intelligenza
(Q.I.) a cinque anni di età tra bambini nati prematuramente (età
Introduzione
gestazionale minore o uguale a 32 settimane) e bambini nati a
termine. Nel gruppo dei prematuri i valori di Q.I. si sono
dimostrati inferiori alla media tre volte più spesso che nel gruppo
di controllo , con un Q.I. globale che è risultato di valore minore
di 0.8 Deviazioni Standard (DS), rispetto a quello dei nati a
termine [23].
Tutte queste considerazioni sulla prognosi neurologica a lungo
termine dei neonati prematuri, specialmente di quelli in cui si è
verificato qualche danno a livello cerebrale, convincono sempre
di più sulla necessità di effettuare un lungo ed accurato follow-
up, per giungere ad una diagnosi precisa il più precocemente
possibile e quindi poter influire positivamente (con interventi
mirati) sulla storia naturale della malattia.