INTRODUZIONE
II
Il capitolo si conclude con un’analisi delle fonti da cui si genera conoscenza
all’interno di un’azienda; essa può scaturire da informazioni provenienti dall’interno
o dall’esterno dell’organizzazione, ad esempio da clienti e da attori istituzionali
(fornitori, centri di ricerca, società di consulenza, ecc.).
Il capitolo successivo ha come argomento guida la teoria della gestione della
conoscenza: il Knowledge Management. Esso è una disciplina manageriale che
studia la conoscenza aziendale e che permette di individuare le metodologie e gli
strumenti atti alla sua gestione attraverso un approccio basato sull’innovazione
culturale, organizzativa e tecnologica. Tale approccio è finalizzato allo sviluppo di
capacità e competenze che permettano all’azienda di avere una maggiore
competitività su un mercato, quello attuale, che sta contribuendo alla formazione di
una società “globalizzata” in cui la concorrenza è “senza frontiere”.
Nel capitolo si esaminano gli ambiti di applicazione di questa disciplina e
brevemente le componenti principali che si devono considerare nell’attuazione di un
programma di Knowledge Management: il processo della conoscenza, le dinamiche
organizzative, la tecnologia disponibile e le strategie aziendali di gestione della
conoscenza. Un approfondimento è svolto su quest’ultimo elemento attraverso la
presentazione di alcune possibili strategie di Knowledge Management: il modello di
integrazione, di collaborazione, di transazione ed esperto.
Nella parte finale si studiano i possibili interventi di Knowledge Management a
livello corporate e a livello aziendale, con i relativi strumenti e soluzioni,
concludendo con la presentazione di un elenco dei possibili fattori di successo in un
progetto di gestione della conoscenza.
Nel terzo capitolo si considerano e si analizzano due delle componenti base del
Knowledge Management: il processo della conoscenza e la tecnologia necessaria per
attuarlo. All’interno di un’azienda esiste un mercato spontaneo della conoscenza
formato da acquirenti, fornitori ed intermediari. Questo mercato possiede delle
caratteristiche e delle regole e si pone alla base di un processo che ha inizio con la
generazione di conoscenza, prosegue con la codificazione e il coordinamento, per
giungere infine al trasferimento di conoscenza a tutti gli individui facenti parte
dell’organizzazione.
In questa sezione del lavoro si sono approfonditi tutti i livelli di questo processo, per
arrivare alla conclusione che un ruolo importante è svolto dalla tecnologia. Essa
infatti è presente in ciascuna delle fasi prese in considerazione e ha il ruolo di
INTRODUZIONE
III
supportare tale processo, risultando però chiaro che l’Information and
Communication Technology (ICT) non è la soluzione al problema, di più ampio
raggio, come quello della gestione del sapere all’interno di un’impresa. Se alla base
non vi è una cultura della conoscenza diffusa, l’acquisto di una qualsiasi piattaforma
tecnologica non potrà certo portare all’azienda quel vantaggio competitivo ricercato.
Il capitolo si conclude con l’analisi dei limiti della tecnologia e l’esposizione di
un’iniziativa di Knowledge Management.
Con il quarto capitolo termina la prima parte di questo lavoro dedicata alla gestione
della conoscenza. Il capitolo infatti riprende l’ultimo elemento del Knowledge
Management, ossia la struttura organizzativa, e in modo specifico la Learning
Organization e la funzione svolta dai knowledge workers.
Con Learning Organization s’indica un’organizzazione orientata all’apprendimento
che offre ai propri dipendenti la possibilità di assumere il ruolo di lavoratori della
conoscenza, cioè di knowledge workers. Il capitolo si apre esaminando il significato
delle mappe mentali, in quanto strumenti utili a migliorare l’apprendimento delle
persone e indirettamente l’apprendimento di tutta l’organizzazione; procede poi con
lo studio dell’apprendimento organizzativo in tutti i suoi aspetti, a partire dai fattori
ambientali che lo alimentano, passando poi ai vari livelli di apprendimento
organizzativo possibile, per giungere infine alla creazione della Learning
Organization.
Altro concetto basilare nell’organizzazione basata sulla conoscenza è costituito
dall’insieme delle competenze, ossia quelle capacità e risorse che un’azienda
possiede in modo esclusivo permettendole di primeggiare nel mercato. Le
competenze presentano delle caratteristiche precise ed uniche per ogni azienda: sono
definibili, osservabili, misurabili e sviluppabili. E’ compito del management saperle
individuare, sviluppare continuamente e preservarle all’interno dell’organizzazione.
Compito questo che può essere svolto dai lavoratori della conoscenza, i quali devono
possedere delle capacità e abilità superiori agli altri dipendenti. Sono loro a dover
gestire e diffondere la conoscenza e le competenze a tutta l’organizzazione.
Si giunge così alla seconda parte dell’elaborato che prende in analisi il Capitale
Intellettuale, vale a dire il materiale intellettuale che è stato formalizzato, incapsulato
e usato come leva per produrre un patrimonio di maggior valore.
In azienda si trovano due tipi di capitale: tangibile e intangibile. Il primo è dato dal
capitale finanziario o strutturale dell’organizzazione, mentre il secondo è costituito
INTRODUZIONE
IV
dal capitale umano, dal capitale strutturale e dal capitale cliente. Nel capitolo è stato
fatto un approfondimento di questi tre elementi, con la conclusione che dalla loro
interazione scaturiscono importanti benefici tangibili per l’azienda: valore aggiunto e
accordo su valori minimi condivisi fra fornitori e clienti. Questo permette all’impresa
di creare un capitale relazionale solido in grado di aumentare la propria
competitività.
Il Capitale Intellettuale deve poi essere gestito, sviluppato e valutato, anche usando la
tecnologia, attraverso l’Itellectual Asset Management e Intellectual Capital
Development, affinché si creino le basi per porre l’organizzazione in condizioni di
adattarsi ed anticipare i cambiamenti. Questo in relazione al fatto che si sta vivendo
in una società in continua evoluzione e influenzata dalla New economy.
Il capitolo termina con una riflessione sul vantaggio competitivo che è apportato
dalle Risorse Umane: selezionare i migliori talenti individuali possibili, creare una
cultura della condivisione delle competenze e innestare politiche formative e di
sviluppo atte a garantire una crescita professionale delle persone all’interno
dell’organizzazione consentiranno all’azienda di ottenere un fondamentale fattore di
successo.
Nel quinto capitolo si presentano due innovativi metodi di gestione delle Risorse
Umane: la selezione e la formazione on-line. Questi nuovi canali scaturiscono
dall’utilizzo sempre più massiccio e innovativo di Internet e della Intranet all’interno
delle aziende.
In questa parte si esaminano dapprima il ruolo e gli obiettivi delle due funzioni
(selezione e formazione) all’interno di un’organizzazione; poi si approfondisce
l’analisi sulla situazione del mercato a livello europeo e italiano, sui costi e benefici
che si creano nell’implementare processi di e-Recruiting e di e-Learning.
Viene qui riconosciuto il ruolo importante assunto dalle società di ricerca e di
selezione del personale e dalle società di consulenza, considerato il fatto che le
aziende sono più propense ad utilizzare l’outsourcing per questo tipo di soluzioni
tecnologiche, piuttosto che investire al proprio interno.
Si è quindi presa in considerazione la formazione a distanza e le sue fasi di sviluppo,
susseguitesi in funzione dell’innovazione tecnologica. Il presentimento è quello di
essere all’inizio di una vera e propria rivoluzione nel campo della formazione.
INTRODUZIONE
V
Si sono quindi illustrate quali sono le fasi nella progettazione di un progetto di e-
Learning e quali sono i suoi protagonisti: Learning manager, Staff tutoriale e Staff
pedagogico.
Nel capitolo finale sono stati esposti i due casi inerenti a due società di consulenza
che operano rispettivamente nel campo dell’e-Recruiting, come “Talent Manager”, e
in quello del Corporate e-Learning, come “Tesi”, esponendo i vari aspetti delle loro
soluzioni. In ultimo, si sono rilevati i risultati di un’indagine svolta da Arthur D.
Little presso alcune importanti aziende italiane, sul livello di diffusione e sullo stato
di sviluppo delle strategie di e-Learning. Il dato che ne scaturisce è che le imprese
italiane stanno implementando e utilizzando l’e-Learning senza però avere delle
precise strategie di sviluppo.
CAPITOLO 1
LA CONOSCENZA
“Dubium sapientiae initium”
CARTESIO
“Chi non ricorda è destinato a ripetere i suoi errori”
SANTAYANA
“Adesso sappiamo che la fonte della ricchezza è
qualcosa di specificamente umano: la conoscenza.
Se applichiamo la conoscenza a mansioni che già
sappiamo svolgere la chiamiamo produttività.
Se applichiamo la conoscenza a compiti che sono
nuovi e diversi, la chiamiamo innovazione.
Soltanto la conoscenza ci permette di realizzare
questi due scopi.”
PETER F. DRUCKER
La società della conoscenza (information society) è una sfida per tutto il mondo. In
questo periodo, le nuove tecnologie dell’informazione interattiva stanno cambiando
il modo di lavorare, di apprendere e di comunicare a livello mondiale, e ciò ha un
notevole impatto sull’economia e sulla società. I principi economici su cui si basa la
cosiddetta “old economy”, che ancora sopravvive ma che allo stesso tempo è in
profonda e continua crisi, sono fondati sulla legge del mercato dei prodotti, ordinati
dal principio delle “rendite decrescenti”. Brevemente ciò significa che all’aumento di
produzione di merci il loro prezzo diminuisce; tale diminuzione del valore di mercato
delle merci, è favorita da un sistema concorrenziale “libero”. Gli antidoti a questa
legge di mercato, che tende a diminuire i profitti dei produttori di beni commerciali,
sono sostanzialmente quattro
1
:
a) l’espansione dei mercati, la ricerca di nuovi mercati per aumentare la quantità di
prodotti vendibili a prezzo costante;
b) lo sviluppo dell’informazione, tramite la quale ci si prodiga per attivare nei mass
media la notorietà di un prodotto aprendone il ventaglio dei possibili acquirenti;
1
http://knowledge.sda.uni-bocconi.it/ticonzero/ArticoliPublic/articolo.asp?IdArticolo=157
LA CONOSCENZA 2
c) l’innovazione tecnologica, finalizzata alla diminuzione dei prezzi per unità di
prodotto, con peculiare tendenza alla sostituzione del lavoro umano;
d) la realizzazione di sistemi di potere di stato o di trust economici, il cui scopo
primario è quello di limitare la libera concorrenza nei mercati.
Ebbene, qualcosa sta cambiando profondamente nelle precedenti attività di controllo,
tendenti a stabilizzare le economie di mercato, ed il motivo va ricercato nel
cambiamento delle regole che hanno reso possibile alla società industriale la
trasformazione delle conoscenze in prodotti ad esclusivo o principale interesse dei
produttori. Nell’era contemporanea dell’economia e della moneta digitale (la
cosiddetta new economy), è, infatti, in atto una profonda transizione, descritta come
passaggio dalla società industriale dell’informazione unidirezionale dei mass media,
alla società post-industriale della conoscenza interattiva; il dato fondamentale di
quest’ultima società in rapido sviluppo consiste nel fatto che la fabbrica non è più il
centro esclusivo dell’integrazione produttiva tra conoscenze e lavoro, principalmente
per il fatto che l’automazione dei processi di produzione espelle il lavoro manuale ed
intellettuale di tipo ripetitivo, e contemporaneamente le conoscenze più avanzate si
espandono in una dimensione estesa al World Wide Web ovvero attraverso Internet
(net economy).
E’ in questo contesto storico che diventa sempre più prioritario e fondamentale saper
gestire la fonte di ricchezza primaria per ogni azienda: la conoscenza.
In questo capitolo si tratta della conoscenza, risorsa fondamentale per
un’organizzazione che vuole essere competitiva in un mercato globale, partendo
dalle sue innumerevoli definizioni e dagli studi che si sono susseguiti nel corso della
storia su tale argomento. Si è poi passati, all’analisi delle differenze concettuali tra
dato, informazione e conoscenza soffermandosi, in particolare, sul fatto che la
conoscenza non è informazione, e sul confronto tra il sistema informativo e il sistema
cognitivo. L’analisi è proseguita con la ricerca delle diverse categorie di conoscenza:
dalla conoscenza tacita a quella esplicita, dalla conoscenza aziendale ai fabbisogni
conoscitivi di un’impresa. Infine, ci si è posti una domanda: è più importante creare o
gestire la conoscenza? Questo dubbio è nato dal confronto tra due diverse filosofie di
pensiero: la tradizione intellettuale occidentale e quella giapponese. Si è quindi
analizzato un modello di creazione della conoscenza, proposto da Nonaka e
Takeuchi, e in ultimo è stato affrontato il tema delle fonti per la generazione di nuova
conoscenza, con particolare attenzione sulle fonti esterne all’impresa.
LA CONOSCENZA
3
1.1 La conoscenza: definizioni e cenni storici
La sfida della conoscenza è antica quanto l’uomo e così lo è la questione della sua
preservazione, diffusione e innovazione. Ma che cosa s’intende con il termine
conoscenza? Ecco alcune definizioni:
- la conoscenza è un insieme di informazioni tra loro correlate che possono essere
acquisite sul piano logico e dell’esperienza
2
;
- la conoscenza è la situazione o la condizione in cui si percepisce qualcosa con
facilità grazie all’esperienza o alla condivisione;
- la conoscenza è un insieme di modelli che descrivono le diverse caratteristiche e
comportamenti in un dominio; essa può essere presente in un singolo individuo
oppure in un’organizzazione e nei suoi processi, prodotti, sistemi e documenti
3
;
- la conoscenza come “sistema di informazioni”, apprese e distribuite in azienda
secondo diverse modalità e correlate tra loro da nessi funzionali, tale da
consentire agli operatori di interpretare le diverse situazioni ambientali esterne e
interne in modo adeguato alle condizioni di economicità della combinazione
produttiva e di orientare conseguentemente i propri giudizi di convenienza
4
.
- la conoscenza è una combinazione fluida di esperienza, valori, informazioni
contestuali e competenza specialistica che fornisce un quadro di riferimento per
la valutazione e l’assimilazione di nuova esperienza e nuove informazioni. Essa
origina e viene applicata attraverso i conoscitori. Nelle organizzazioni la
conoscenza risulta legata non solo ai documenti, ma anche alle procedure e ai
processi organizzativi, alle pratiche e alle norme
5
.
Volendo ora analizzare sotto un aspetto più filosofico il termine “conoscenza”, si
ricorda che il suo studio trova le origini nell’antica Grecia, culla della filosofia
occidentale. Tale filosofia è diventata importante perché ha fatto da modello alle
discipline economiche, al management e alla teoria organizzativa, che a loro volta
hanno influito sul pensiero manageriale riguardo alla conoscenza e all’innovazione
dei nostri giorni.
2
Definizione tratta da: Gestire la conoscenza di Carlo Sorge, Sperling & Kupfer Editori (2000),
pag.5.
3
Definizioni tratte dal sito: www.bus.utexas.edu/kman/answers.htm
4
Definizione tratta da: Introduzione allo studio della conoscenza in economia aziendale di Alberto
Quagli, Giuffrè Editore 1995, pag.67.
5
Definizione tratta da: Il sapere al lavoro di T. H. Davenport e L. Prusak, ETAS 2000, pag.6.
LA CONOSCENZA
4
La ricerca filosofica della conoscenza è definita “epistemologia”, in seno ad essa si
sono sviluppate due grandi tradizioni di pensiero: il razionalismo e l’empirismo
6
. La
prima sostiene che la vera conoscenza non deriva dall’esperienza sensibile ma da un
processo ideativo interno alla mente; esisterebbe cioè una conoscenza a priori che
non necessita, per giustificare se stessa, dell’esperienza sensibile e che quindi la
verità assoluta può essere dedotta attraverso il ragionamento logico a partire da
assiomi (es. la matematica). L’empirismo afferma invece l’impossibilità di una
conoscenza a priori e ritiene che l’esperienza sensibile sia l’unica fonte di
conoscenza: ogni aspetto del mondo ha un’esistenza oggettiva intrinseca, ciò che
conta è ciò che viene percepito dai sensi (es. la scienza sperimentale). Queste due
tradizioni differiscono per: il modo di intendere l’origine effettiva della conoscenza e
il metodo attraverso il quale essa viene raggiunta. Il razionalismo afferma la
possibilità di acquisire la conoscenza per “via deduttiva” richiamandosi a costrutti
mentali, concetti, leggi e teorie. L’empirismo invece ritiene che la conoscenza derivi
per “via induttiva” da specifiche esperienze sensibili. Solo Platone (razionalista),
definendo la conoscenza come “una credenza dimostratasi vera”, riuscì a far
concordare questi due filoni filosofici che nel proseguo dei secoli ebbero vari
sostenitori illustri ma contrapposti fra loro: da Aristotele (empirista), a Cartesio
(razionalista) e Locke (empirista) fino ai tentativi di sintesi delle due teorie da parte
di Kant, Hegel e Marx.
Bisogna in questa sede ricordare, come fanno Nonaka e Takeuchi, che esiste anche
una visione giapponese
7
della conoscenza contrapposta al modello occidentale (di
pensiero) visto in precedenza. Questa tradizione intellettuale rileva tre aspetti
importanti: 1) la credenza nell’unità dell’umano e del naturale; 2) la credenza
nell’unità del corpo e della mente; 3) la credenza nell’unità del sé e dell’altro da sé.
In sintesi, l’ideale giapponese di vita è di esistere in armonia con gli altri e di
costruire con essi un sé collettivo mentre la visione occidentale, alla base delle
scienze sociali (economia, management e organizzazione), è fondata sul dualismo
cartesiano fra soggetto e oggetto, fra mente e corpo e fra mente e materia ovvero a
porre nella realizzazione del sé individuale lo scopo dell’esistenza.
6
I. Nonaka e H. Takeuchi, The knowledge-creating company, GUERINI E ASSOCIATI (2001),
pag.52.
7
I. Nonaka e H. Takeuchi, opera cit., pag.59-66.
LA CONOSCENZA
5
Nelle teorie economiche, la conoscenza ha sempre ricoperto, tacitamente o
esplicitamente un ruolo importante; Marshall
8
, noto economista classico, fu uno dei
primi ad affermare l’importanza della conoscenza nell’attività economica sostenendo
che “il capitale consiste in larga parte di conoscenze e organizzazione […] la
conoscenza è il più robusto motore della produzione […] l’organizzazione favorisce
la conoscenza”, ma questo non era riconosciuto dalla teoria neoclassica per la quale
la conoscenza era rappresentata essenzialmente dall’informazione di prezzo: tutte le
imprese avevano, in condizioni di mercato, la stessa quantità determinata di
conoscenza che consentiva loro di massimizzare i profitti, di conseguenza non si
prendeva in considerazione tutta la mole di conoscenza tacita ed esplicita che si
veniva a creare all’interno dell’impresa.
La scuola economica austriaca, rappresentata da Frederich von Hayek e da Joseph A.
Scumpeter, pose maggiore attenzione al fattore conoscenza nell’attività economica,
assumendone il carattere “soggettivo” e l’impossibilità di considerarla come quantità
fissa. Essi si sforzarono di descrivere le dinamiche che regolano il cambiamento
economico prestando attenzione alla conoscenza particolare posseduta da ciascun
soggetto economico più ancora che alla conoscenza comune condivisa dai diversi
soggetti.
Hayek
9
sottolineò per primo l’importanza della conoscenza tacita, specifica del
contesto e della particolarità delle circostanze spazio-temporali, distinguendole dalla
conoscenza scientifica che concerneva le regole generali; la sua tesi è che il
cambiamento delle circostanze modifichi di continuo a favore dell’uno o dell’altro le
differenze fra gli individui in termini di conoscenza. Egli è approdato a una
interpretazione “statica”, sostenendo unicamente la necessità di un utilizzo efficiente
della conoscenza “esistente”.
Schumpeter
10
ha invece evidenziato l’importanza di una ricombinazione continua
della conoscenza esplicita e ha notato come l’emergere di prodotti, di metodi di
produzione, di mercati, di materiali e di organizzazioni innovative fosse l’esito di
nuove “combinazioni” di conoscenza.
8
A. Marshall, Principles of Economics, Macmillan , London 1965, pag.115.
9
F. von Hayek, “The Use of Knowledge in Society”, American Economic Review (1945), 35, n. 4,
pag.519-530.
10
J. A. Schumpeter, The Theory of Economic Development, Harvard University Press, Cambridge
1951, pag.66.
LA CONOSCENZA
6
Altri studi sono stati effettuati da Penrose, la quale si è focalizzata sull’analisi dello
sviluppo di singole imprese, considerate nello stesso tempo come “organizzazioni
formali e come insiemi di risorse produttive umane e materiali” (E. P. Penrose
11
);
secondo le sue teorie, “non sono mai le risorse in sé considerate a costituire gli input
del processo produttivo, ma i servizi che dette risorse possono rendere” (E. P.
Penrose
12
), i servizi sono a propria volta l’esito dell’esperienza e della conoscenza
accumulate nell’impresa, e pertanto a essa peculiari quindi l’azienda è depositaria di
conoscenza.
Nelson e Winter
13
, nell’ambito della loro teoria evoluzionistica del cambiamento
economico e tecnologico, vedono nell’impresa un deposito di conoscenza; tale
conoscenza è immagazzinata sotto forma di “schemi di comportamento regolari e
prevedibili” delle imprese economiche, dagli autori denominate routine e paragonate
ai geni. L’innovazione è una mutazione strutturalmente imprevedibile di routine. Essi
riconoscono che l’essenza della tecnologia va posta nella conoscenza, ma non
giungono ancora a definire un collegamento esplicito fra creazione della conoscenza
tecnologica e processi organizzativi complessi.
Concludiamo il nostro profilo storico con un accenno a Drucker
14
, il quale fu il primo
a coniare i termini knowledge work e knowledge worker negli anni Sessanta e a
ritenere che la risorsa economica fondamentale non fosse più rappresentata dal
capitale né dalle risorse naturali e neppure dal lavoro, ma dalla “conoscenza” e dai
soggetti che la generano; si sta quindi entrando nella società della conoscenza. Per
Drucker una delle più importanti sfide alle quali ogni organizzazione deve rispondere
nella società della conoscenza, è la costruzione di procedure sistematiche per gestire i
propri processi di trasformazione interni. L’impresa deve essere disposta ad
abbandonare le conoscenze divenute obsolete e ad apprendere come crearne di nuove
attraverso:
1) il miglioramento continuo di ogni attività;
2) lo sviluppo di nuove applicazioni a partire dai propri successi;
3) un processo organizzativo di innovazione continua.
11
E. P. Penrose, La teoria dell’espansione dell’impresa, Franco Angeli, Milano 1973, pag.31.
12
E. P. Penrose, opera cit., pag.31.
13
R. R. Nelson, S. G. Winter, An evolutionary theory of economic change, Harvard University Press,
Cambridge 1982, pag.14-18/258-259.
14
P. F. Drucker, Post-Capitalist society, Butterworth Heinemann, Oxford 1993, pag.7.
LA CONOSCENZA
7
Questo permetterà alle imprese di migliorare le proprie performance competitive, ma
soprattutto costituirà il vero vantaggio per la società e determinerà la qualità della
vita di ogni nazione industrializzata
15
.
1.2 Dati, informazione e conoscenza
La conoscenza affonda le sue radici in tre aree principali, tutte da tenere in
considerazione ogni volta che si vuole sviluppare una soluzione di Knowledge
Management (gestione della conoscenza). Le persone acquisiscono conoscenze dalle
loro esperienze, dalle competenze dei propri pari e dall’analisi dei dati aziendali.
Dalla sintesi di questi tre elementi emergono nuove conoscenze e nuove opportunità.
Ciò che caratterizza le strategie di Knowledge Management efficaci, è quindi una
notevole capacità di gestire e promuovere tutte le seguenti fonti
16
:
• I Dati Aziendali sono generalmente caratterizzati da una serie di fatti
discreti concernenti gli eventi e il mondo. La maggior parte delle
organizzazioni raccolgono quantità di dati significative in database
altamente strutturati. Inoltre, molte società attingono da fonti esterne le
informazioni demografiche, le statistiche competitive e di altra natura
concernenti il mercato. L’attività centrale che fornisce valore aggiunto ai
dati aziendali, consiste nella capacità di analizzare, di sintetizzare e,
quindi, di trasformare i dati in informazioni e conoscenze.
• Le Informazioni sono il risultato finale di un lavoro di individuazione e
contestualizzazione delle esperienze e delle idee. Le informazioni, o
esperienze esplicite, sono normalmente archiviate come contenuti semi-
strutturati in documenti, posta elettronica, posta vocale e supporti
multimediali. L’attività centrale che permette di aumentare il valore
aggiunto delle informazioni, consiste nel gestirne il contenuto in modo
che questo possa facilmente essere rintracciato e riutilizzato
15
P. F. Drucker, opera cit., pag.69.
16
www.microsoft.com/italy/industry/km/kmpratica_2.htm
LA CONOSCENZA
8
nell’apprendere dalle esperienze affinché non si ripetano gli errori e non
sia duplicato il lavoro.
• La Conoscenza si compone anche delle esperienze tacite, alle quali
contribuiscono le idee, le intuizioni, i valori e i giudizi individuali. Questo
tipo di sapere ha una natura dinamica ed accessibile soltanto tramite la
collaborazione diretta e la comunicazione con esperti che ne sono
depositari. I sistemi di Knowledge Management devono fornire gli
incentivi culturali alla condivisione delle esperienze personali, che
storicamente hanno costituito il valore individuale di un’azienda. Oggi, il
contributo di un individuo ad un’azienda consiste dunque nel creare
nuove conoscenze, collaborando con gli altri e sintetizzando informazioni
e dati esistenti.
Si può desumere dalle definizioni appena riportate, che la conoscenza non è
l’informazione ma un elaborato di quest’ultima, e non bisogna cadere nel facile
errore di confondere i due termini. Sono le persone (il capitale intellettuale) che
operano in un’azienda ad aggiungere valore all’informazione, trasformando i dati
“grezzi” in vantaggi per il business; accedere alle informazioni e condividerle, è solo
l’inizio del processo di trasformazione dell’informazione in conoscenza.
Saper gestire l’informazione è il vero problema delle aziende in questi ultimi anni
dato che esse devono cimentarsi con una mole di dati, notizie, numeri che hanno
origine dall’incessante sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche
contribuendo a creare una situazione di overflow
17
. La vera evoluzione, però, al di là
dei problemi creatisi con il progresso della tecnologia, è stata quella che ha permesso
di tradurre i dati, quelli elementari (quelli che presi in se stessi non hanno
un’importanza particolare), in informazioni, cioè in dati che opportunamente
aggregati tra loro, forniscono una chiave di lettura ed un’interpretazione della realtà
utili per dare giudizi e prendere decisioni aziendali. La diffusione e la disponibilità
delle informazioni sono ormai traguardi (quasi) raggiunti ed è una conquista non solo
delle aziende ma anche dell’intera società (information society); nonostante tutto ciò
ancora qualcosa sfugge alle capacità di “cattura” e di rappresentazione dei sistemi
17
C. Sorge, Gestire la conoscenza, Espansione, Sperling & Kupfer Editori 1999, n°5-pag.78.
LA CONOSCENZA
9
informatici: l’esperienza delle persone e quella intrinseca delle organizzazioni.
Quindi il problema è quello di trovare il modo di far emergere anche questo tipo di
informazioni, organizzarle, classificarle, memorizzarle e facilitarne il reperimento;
insomma, bisogna passare dalle informazioni alla conoscenza
18
.
E’ bene perciò chiarire ora, con alcune osservazioni di studiosi, somiglianze e
differenze fra i concetti di conoscenza e d’informazione.
1.2.1 Informazione e conoscenza: differenze concettuali
Nonaka e Takeuchi
19
osservano che la conoscenza, diversamente dall’informazione,
concerne le credenze e il coinvolgimento; è cioè in funzione del punto di vista, della
prospettiva o dell’intenzione del singolo. La seconda osservazione è che la
conoscenza, diversamente dall’informazione, riguarda l’azione; è sempre diretta a un
fine. La terza osservazione è che la conoscenza, come l’informazione, concerne
significati; è specifica del contesto e relazionale.
Machlup
20
afferma che l’informazione offre una nuova prospettiva d’interpretazione
di eventi e oggetti, che permette di cogliere significati in precedenza nascosti e di
gettare luce su relazioni inattese; essa rappresenta pertanto un fattore di mediazione o
un materiale necessario a produrre e costruire conoscenza, e influisce su quest’ultima
ristrutturandola o integrandola con nuovi elementi.
Dretske
21
sostiene che “l’informazione è un bene capace di produrre conoscenza” e
che “l’informazione veicolata da un segnale è ciò che possiamo apprendere da esso
[…] la conoscenza è credenza prodotta dall’informazione (o ritenuta tale)”.
Secondo Berger e Luckman
22
, le persone che interagiscono entro un contesto sociale
storico determinato condividono informazioni, a partire dalle quali elaborano una
conoscenza socialmente condivisa che ha per essi valore di realtà e da cui sono
influenzati nelle loro valutazioni, nella loro condotta e nei loro atteggiamenti.
18
www.microsoft.com/italy/impresa/B&S/rivista2/artD.htm
19
Nonaka e Takeuchi, opera cit., pag.95.
20
per un approfondimento si veda: F. Machlup, The study of information, John Wiley & Sons, 1983.
21
F. Dretske, Knowledge and the flow of information, MIT Press, Cambridge 1981, pag.44/86.
22
per un approfondimento si veda: P. L. Berger e T. Luckman, La realtà come costruzione sociale,
Il Mulino, Bologna 1974.
LA CONOSCENZA
10
Analogamente, la visione di un’organizzazione che un leader presenta come strategia
ambigua viene trasformata in conoscenza su un piano organizzativo attraverso
l’interazione dei membri dell’impresa con il contesto, interazione che a sua volta
influisce sul comportamento economico dell’impresa. L’informazione e la
conoscenza sono specifiche del contesto e relative ad esso, in quanto dipendendo
dalla situazione e dall’esito dinamico dell’interazione sociale fra le persone.
Se ci si pone da un punto di vista filosofico o gnoseologico, si può analizzare la
coppia di termini (e i relativi concetti sottostanti) cercando di porne in rilievo il
“contesto” nel quale vengono usati, oppure lo “scopo” del loro uso. Viceversa, dal
punto di vista del comportamentismo o del pragmatismo, possiamo cercare di
estrarne indicazioni di concreta operabilità.
Un interessante contributo ed analisi sulla questione sono offerti da un Forum
23
di
esperti sul Knowledge Management. Sotto l’impulso iniziale di Ofer Meilich
24
il
quale, osserva che i teorici dell’organizzazione parlando, decenni prima, di
“informazione”, si riferivano indifferentemente all’uno o all’altro termine mentre, da
quando sono sorte le tematiche del Knowledge Management, la definizione di
“conoscenza” pare racchiuderle entrambe: “Non si stanno forse usando due
sinonimi?”.
Karl M. Wiig
25
risponde sostenendo che la conoscenza consiste di fatti, verità,
credenze, prospettive e concetti, giudizi e aspettative, metodi e saper fare. Se la
conoscenza è accumulata, integrata e mantenuta nel tempo per gestire situazioni e
compiti specifici, l’informazione consiste, quindi, in fatti e in dati organizzati per
descrivere una particolare situazione o condizione; si usa in altre parole la
conoscenza per attribuire un significato ad una situazione specifica: la conoscenza
interpreta l’informazione relativa ad una situazione, per decidere come gestirla.
23
Brian D. Newman, The Knowledge Management Forum, 1996, al sito:
www.km-forum.org/t000008.htm; si veda anche: www.uniroma1.it/index/W3query.asp
24
www.sfc.usc.edu
25
www.krii.com