INTRODUZIONE
2
Questo è dovuto alla presenza nei prodotti di materiali utili e recuperabili per usi successivi,
nonché di sostanze altamente inquinanti che rappresentano un rischio per l’ambiente e la
salute e che possono contaminare altri rifiuti con i quali vengono in contatto. Nel 1998 in
Europa sono state prodotte ben 6 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche
ed elettroniche, il 4% del totale dei rifiuti. L’incremento previsto è del 3-5% annuo,
percentuale destinata a salire al 16-28% in cinque anni, raddoppiando nei successivi 12.
Il 90% di questi beni divenuti rifiuti non subisce alcun pretrattamento o messa in sicurezza
delle sostanze nocive. In Germania sono accumulate al momento 800 mila tonnellate di rifiuti
tecnologici e l’Europa ogni anno sostituisce circa 10 milioni di PC. Dati di Federinformatica
ed Ecoqual’it stimano circa 750 mila PC ad uso domestico dismessi (i rifiuti più difficili da
gestire perché le famiglie, essendo fuori dai tradizionali circuiti di riciclo dei quali si servono
le imprese, sono poco informate sulle modalità corrette di dismissione) oltre a 100 mila
portatili per i quali la destinazione prevalente resta ancora la discarica.
Purtoppo, la realtà è ancora lontana dall’ideale: al momento circa il 90% dei RAEE viene
smaltito in modo tradizionale insieme agli altri rifiuti urbani. Ciò significa che i beni durevoli
vengono perlopiù destinati alle discariche e agli inceneritori.
Gli otto mesi impiegati nel produrre questa tesi mi hanno consentito di approfondire un tema
che già da tempo suscita il mio interesse e stimola la mia curiosità.
Sono sempre stato attratto dal rifiuto, inteso non come entità “scomoda e imbarazzante”, ma
piuttosto come un fenomeno naturale con il quale convivere nel migliore dei modi.
Mesi di studio, e anni di interesse, sul tema dei rifiuti mi hanno consentito di scoprire come
questo non sia solo fonte di problemi, ma apra le porte verso un mondo di iniziative
imprenditoriali estremamente virtuose, perché consentono di coniugare tutela ambientale e
sviluppo economico. Non mi vergogno a prendere in prestito il termine “new economy” per
definire le attività che si occupano della gestione dei rifiuti: è una continua evoluzione, alla
ricerca di soluzioni all’avanguardia per migliorare le performance ambientali ed economiche.
Dal punto di vista imprenditoriale, le potenzialità tecnologiche e il know-how acquisito in
anni di esperienza sono già in grado di garantire un’adeguata risposta ai problemi ambientali
legati ai rifiuti.
Ciò che manca ancora è un’adeguata incisività e fermezza dei governi nella legislazione
ambientale e, soprattutto, una diffusa ed entusiasta partecipazione dei cittadini ai sistemi di
raccolta rifiuti. Tutti noi siamo chiamati in causa, poiché tutti noi produciamo rifiuti. Il rifiuto
è qualcosa che ci appartiene, poiché deriva dal nostro vivere quotidiano. Paradossalmente,
INTRODUZIONE
3
però, quando il bene diventa rifiuto, tendiamo a disconoscerne la proprietà, pretendiamo che
siano altri a prendersene cura e diamo per acquisito che ciò sia possibile senza alcun
accorgimento da parte nostra (neanche il più semplice). Da questo punto di vista, molte cose
sono destinate a cambiare (in meglio) e ce ne possiamo già rendere conto guardandoci
intorno.
Come anticipato, all’interno della categoria rifiuti negli ultimi anni sono saliti alla ribalta i
beni durevoli dismessi, e questa tesi si pone l’obiettivo di illustrare l’argomento seguendo un
percorso logico.
Nel capitolo 1 si individua la “base di riferimento” dell’indagine (i beni durevoli) di cui si
fornisce inizialmente una definizione. Ci si accorge di quanto generico sia il termine “bene
durevole”, usato per indicare prodotti appartenenti a categorie merceologiche anche molto
diverse le une dalle altre. A tal proposito, si comunica il lavoro di “raffinazione” al quale è
stato sottoposto questo termine, con l’obiettivo di farvi rientrare soltanto i beni che, ai fini
dell’indagine, risultano in qualche modo omogenei. Un primo “criterio di raffinazione” è la
legge italiana (il decreto Ronchi del 1997), che considera beni durevoli solo frigoriferi e
congelatori, televisori, condizionatori d’aria, lavabiancheria e lavastoviglie, personal
computer. Per entrare in sintonia con la terminologia usata convenzionalmente dagli addetti ai
lavori (produttori e riciclatori) si rende necessaria una ripartizione dei beni durevoli in
“famiglie”, in base al loro aspetto esteriore (elettrodomestici “bianchi”, “bruni”, apparecchi
“grigi”, e piccoli elettrodomestici). Si ritiene opportuno “derogare” alla definizione di bene
durevole (ex decreto Ronchi) inserendo anche autoveicoli e motoveicoli, dal momento che
questi sono beni durevoli “per antonomasia”, che meritano quindi di essere tenuti in
considerazione. Relativamente ad auto e moto, così come per le altre “famiglie” di prodotti si
presenta (paragrafo 1.2) il mercato italiano, nelle sue caratteristiche quantitative e qualitative.
A questo punto si interrompe l’attenzione nei confronti di auto e moto, per concentrarsi sulle
altre categorie, oggetto di iniziative dedicate da parte del Governo italiano e dell’Unione
europea.
Sui veicoli si ritorna nell’appendice, a loro esclusivamente dedicata.
Nel capitolo 2 si cominciano a tracciare le dimensioni del problema, costituito dalla
dismissione dei beni durevoli. Al paragrafo 2.1 si illustrano le stime sulle quantità dismesse
relativamente ad alcuni dei prodotti più significativi. Si può così prendere atto degli enormi
volumi di beni durevoli che escono dal ciclo di utilizzo ogni anno in Italia. Il paragrafo 2.2 si
occupa, dapprima, delle sostanze pericolose contenute nei beni durevoli dismessi,
giustificando quindi, dal punto di vista ambientale, il recupero e l’adeguato trattamento degli
INTRODUZIONE
4
stessi. Successivamente, si indicano i materiali che possono essere recuperati da tali rifiuti e
destinati ad altri cicli produttivi, fornendo ulteriore giustificazione, stavolta in chiave
economica, per stimolarne il recupero ed il riciclaggio.
Nel capitolo 3 si compie un percorso impegnativo: ci si occupa innanzitutto delle attuali
opzioni esistenti per lo smaltimento dei beni durevoli dismessi, per addentrarci poi nello
studio degli approcci che vari paesi (europei e non) hanno adottato nei confronti del problema.
In particolare, il paragrafo 3.3 analizza con la dovuta attenzione lo scenario nel nostro paese,
iniziando con lo studio delle disposizioni di legge che interessano la gestione dei beni
durevoli dismessi (in primis, il decreto Ronchi). Una parte è poi dedicata alle iniziative
legislative intraprese spontaneamente da alcune regioni italiane per cercare di stimolare,
almeno a livello locale, attività di raccolta, recupero e riciclaggio, cosa che le leggi nazionali
non sono finora riuscite a fare in maniera adeguata. Si riporta, infine, un’interesante indagine
sulla situazione odierna della raccolta separata di beni durevoli dismessi in Italia. Emerge un
quadro che, a fianco di alcuni casi di eccellenza (soprattutto al nord), presenta realtà
allarmanti che richiedono interventi radicali ed urgenti.
Il capitolo 4 è dedicato alla disciplina normativa che l’Unione europea riserva alla gestione
dei beni durevoli dismessi. Si tratta di due proposte di direttiva che si riferiscono, però, non
più ai cosiddetti beni durevoli, ma alle apparecchiature elettriche ed elettroniche (e ai rifiuti
costituiti dalle stesse a fine vita). Nel corso della tesi ci si trova quindi a ragionare su due
termini formalmente diversi (beni durevoli dismessi/BDD e Rifiuti di Apparecchiature
Elettriche ed Elettroniche/RAEE), ma che nel linguaggio convenzionale degli “addetti ai
lavori” significano la stessa cosa. Non deve quindi essere interpretato come un errore o una
superficialità l’utilizzo indifferente dei due termini. Altra dicitura usata, in alternativa, è rifiuti
elettrici/elettronici. La prima proposta di direttiva (denominata WEEE, Waste of Electric and
Electronic Equipment) è finalizzata ad assicurare un adeguato tasso di raccolta separata di
rifiuti elettr(on)ici, nonché a garantire un idoneo trattamento degli stessi volto a raggiungere
percentuali minime di recupero e riciclaggio. Interessante il principio seguito per la
predisposizione della direttiva: si tratta della “Responsabilità del produttore”, secondo il
quale i fabbricanti di apparecchi elettrici ed elettronici devono finanziare le operazioni di
recupero e riciclaggio. In questo modo li si incentiva a realizzare prodotti meno inquinanti e
più facilmente riciclabili, permettendo così la riduzione dell’impatto ambientale degli stessi e
procedure di trattamento dei rifiuti meno costose. La seconda direttiva (denominata ROHS,
Reduction of Hazardous Substances) vuole l’eliminazione/sostituzione delle principali
sostanze pericolose contenute nei prodotti elettr(on)ici.
INTRODUZIONE
5
Il fatto che anche l’Europa si sia mobilitata per risolvere il problema costituito dai beni
durevoli dismessi ufficializza l’importanza che questo tema ha assunto a livello internazionale
e rende la tesi estremamente attuale e sperimentale in senso stretto, poiché segue in tempo
reale il work-in-progress tuttora in corso per la definitiva approvazione delle due proposte di
direttiva. A tal proposito, il paragrafo 4.6 evidenzia il percorso compiuto finora dalle due
proposte che, rispetto alle versioni originali (di cui ai paragrafi 4.2 e 4.3) sono state discusse,
emendate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, nonché modificate dalla Commissione
europea. L’iter procedurale deve essere considerato ormai concluso, e si attende entro la fine
del 2002 la definitiva approvazione delle due proposte.
Questo porterà alla creazione in tutta Europa di sistemi dedicati alla raccolta dei RAEE e al
loro recupero e riciclaggio. L’implementazione di tali sistemi comporterà la nascita di
soluzioni altamente innovative per la gestione dei rifiuti: a parte la responsabilizzazione
finanziaria dei produttori verso la gestione dei propri beni a fine vita, si richiederà una
partecipazione massiccia dei consumatori, che per la prima volta nella loro storia di
“produttori di rifiuti” si vedranno chiamati a pagare consapevolmente per il riciclaggio dei
loro vecchi elettrodomestici. Proprio così: all’acquisto di un nuovo apparecchio pagheremo
una somma aggiuntiva (separata rispetto al prezzo di vendita del prodotto) che servirà a
finanziare il sistema che permetterà di disporre di questi beni a fine vita secondo procedure e
trattamenti ambientalmente compatibili. L’importo di tale premio è destinato a ridursi nel
tempo, a patto che il consumatore adempia ai suoi doveri di cittadino responsabile,
consegnando tutti i propri rifiuti elettr(on)ici ai soggetti o alle strutture preposte, seguendo le
modalità corrette. E’ una sorta di benevolo ricatto a favore dell’ambiente: vuoi pagare meno
per l’acquisto dei tuoi prodotti elettrici ed elettronici? Allora impegnati a consegnare i vecchi
apparecchi che non ti servono più al soggetto che sai potrà garantirne un adeguato
smaltimento e riciclaggio. In linea di massima, un atteggiamento contrario è destinato ad
essere punito “in moneta”:se continuerà l’abitudine diffusa di destinare i vecchi prodotti a
modalità di smaltimento non corrette, il sistema si vedrà sottrarre ingenti quantità di materiale
da trattare, e il funzionamento dello stesso non raggiungerà gli elevati livelli di efficienza
attesi a seguito di un’attività su larga scala, con grandi volumi di rifiuti da gestire. In tale
scenario, il riciclaggio degli elettrodomestici sarà sempre molto costoso, e questi costi sono,
alla fine, destinati a pesare direttamente sul portafogli di noi consumatori. Sono sicuro che
molti vedranno con diffidenza questo nuovo modo di incentivare l’atteggiamento
ambientalmente corretto dei consumatori, “ricattandoli” su ciò che sta loro più a cuore (i
soldi): c’è da aspettarsi una sorta di “rivolta popolare” contro questo espediente che
INTRODUZIONE
6
contribuisce, come tanti altri, ad alleggerire il portafogli (anche se in maniera decisamente
trascurabile). Tuttavia, la posta in gioco è alta e non ci si può affidare alla sola volontà e
buona fede del consumatore: è necessario un meccanismo di incentivo/disincentivo di tipo
economico. La salvaguardia dell’ambiente val bene l’introduzione di questa sorta di
“ecotassa”. Per tranquillizzare i più scettici si potrebbe citare l’esperienza olandese (paragrafo
3.2). L’Olanda è stato uno dei primi paesi europei ad implementare un sistema complesso per
la gestione dei rifiuti elettr(on)ici a fine vita, addirittura in anticipo rispetto agli obblighi
introdotti dalla proposta di direttiva WEEE, non ancora approvata. In Olanda i consumatori
sono abituati a pagare già dal 1999 un piccolo sovrapprezzo all’atto di acquisto di un bene
durevole. Questo sovrapprezzo serve a garantire l’intero processo di smaltimento
ecocompatibile dei prodotti a fine vita; il funzionamento a pieno regime di questo sistema,
oltre al miglioramento delle tecnologie di riciclaggio, ha permesso di esentare diversi
apparecchi (quelli di piccole dimensioni) dal pagamento del sovrapprezzo. Questo è stato
possibile dopo soli tre anni dalla creazione del sistema.
A proposito di sistemi per la gestione dei beni durevoli dismessi, il capitolo 5 è interamente
dedicato all’illustrazione di quanto sta avvenendo in Italia per il raggiungimento di una simile
struttura. Lo svolgimento del capitolo vuole essere quanto più ordinato possibile, per facilitare
la comprensione di una realtà ancora in fase di valutazione. Si comincia (paragrafo 5.1) ad
individuare il “motore” attraverso il quale il sistema prenderà vita, cercando di riassumere gli
aspetti tecnici, organizzativi e finanziari dello stesso (paragrafo 5.2). A seguire, si lascia
spazio ad una serie di considerazioni da parte di soggetti “istituzionali” relative all’evolversi
della situazione, sia sul piano normativo che su quello tecnico-pratico. A tal proposito si
ascoltano le associazioni rappresentanti i produttori di apparecchi elettrici ed elettronici, i
distributori/rivenditori e i riciclatori/recuperatori. I paragrafi successivi preparano le basi per
arrivare alle conclusioni. In sostanza, vengono evidenziati i problemi e gli ostacoli che devono
essere superati per poter permettere al futuro sistema un funzionamento efficace ed efficiente.
Sarà interessante notare che la situazione odierna non presenta solo ostacoli allo sviluppo del
sistema: sono infatti presenti potenzialità inespresse che, se opportunamente sfruttate, saranno
di grandissimo aiuto.
Nell’appendice si riprende il discorso prima interrotto riguardante i veicoli a fine vita. Il
motivo per cui l’argomento è “ghettizzato” all’interno dell’appendice è semplice: non si vuole
creare confusione sugli aspetti normativi e tecnici della gestione di due tipologie di rifiuti
(elettrodomestici e veicoli) che pur appartenendo alla “grande famiglia” dei beni durevoli,
sono interessati da due “realtà” diverse in fase di dismissione e successivo smaltimento.
INTRODUZIONE
7
Riguardo alla bibliografia di riferimento, ritengo opportuno precisare di essermi dovuto
basare quasi esclusivamente su documenti forniti ad-hoc da aziende, associazioni di categoria,
specialisti del settore, nonché agenzie pubbliche ed enti. L’estrema novità dell’argomento
determina infatti la mancanza di una letteratura consolidata: anziché fare lunghe sessioni di
ricerca in biblioteche, mi sono dovuto armare di telefono e tanta pazienza per andare alla
ricerca (spesso non facile) di documenti preziosi. Questo mi ha permesso di reperire il
materiale direttamente “dalla fonte”, stabilendo un contatto preferenziale con i vari operatori
del settore, che mi hanno sempre fornito grande aiuto.
A questo proposito, mi è gradita l’occasione per dedicare alcune righe al ringraziamento di
tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito ad arricchire la mia tesi di dati, informazioni,
esperienze. Un piccolo dettaglio, un suggerimento, o una paziente assistenza: tutto è risultato
assai prezioso per preparare questo elaborato, che si concentra su una tematica così nuova e,
in parte, ancora inesplorata.
Aloisi, Alberto – Responsabile Laboratorio Condizionamento – De’Longhi SpA
Bagni, Ermi – Ufficio Agricoltura – CCIAA Modena
Bakker - de Ronde, Lisenka – Directiersecretaresse NVMP – Olanda
Basile, Carmen – Product Manager, Business Unit Consumer Care – Merloni
Elettrodomestici SpA
Beone, Teresa – Consorzio Tecnopolo – Roma
Bosso, Giuseppe – Amministratore Delegato Falck Ambiente Srl
Capaccioli, Daniela – Responsabile Servizio Centrale Ambiente – ANIE Federazione
Caroleo, Maria Teresa – Responsabile Unità Normativa Tecnica – Azienda Recupero
Risorse Regione Toscana SpA
Cesco, Paolo – Responsabile Settore Assoambiente – FISE Federazione
INTRODUZIONE
8
Cipolla, Lidia – Area Legale – Arpa Bologna
Cola, Mauro – Ricerca & Sviluppo, Settore Cottura – Merloni Elettrodomestici SpA
Corridori, Riccardo – Servizio Centrale Ambiente – ANIE Federazione
De Caria, Debora – Direzione Comunicazione e Relazioni Esterne – Omnitel Vodafone
Fasoli, Diego – Divisione Raccolta e Igiene del Suolo – AMSA SpA
Grandi, Giuseppe – Responsabile del Sistema di Gestione Integrato – Olidata SpA
Grazioli, Stefania – Marketing – Ecosquare SpA
Gropallo, Raffaella – Responsabile Progetto ELV (End of Life Vehicle), Direzione Ambiente
e Relazioni Istituzionali – FIAT Auto SpA
Guerra, Massimo – Segretario Osservatorio Nazionale Rifiuti – Ministero dell’Ambiente
Guidetti, Emilio – Coordinatore gruppo di lavoro “BDD” – FISE Assoambiente
- Amministratore Delegato TRED CARPI Srl, TRED SUD Srl
- Direttore REFRI Srl
Lamonaca, Cristina – Ufficio Comunicazione - PadovaFiere
Laraia, Rosanna – Direttore Unità Normativa Tecnica – ANPA, Roma
Levizzari, Alessandro – CRF (Centro Ricerche FIAT)
Marchi, Elena – Area Epidemiologica Ambientale – ARPA Modena
Marini, Giovanna – Vice-Direttore Fiscalità Locale – ANCI
INTRODUZIONE
9
Panerai, Francesco – Presidente ANCRA
Paradiso, Davide – Area Tecnica – CONAI
Piatto, Luca – Area Tecnica – CONAI
Pinotti, Brenno – Presidente TRED CARPI Srl
- Membro CdA AIMAG Spa
Sacchetti, Sauro – Funzionario, Servizio Rifiuti e Bonifica Siti – Assessorato Agricoltura,
Ambiente e Sviluppo Sostenibile – Regione Emilia-Romagna
Saetti, Gian Franco – Coordinatore gruppo di lavoro “BDD” – Federambiente
- Membro CdA TRED CARPI Srl
- Presidente Comitato “Direttori e Dirigenti” – Confservizi Emilia-
Romagna
- Vice-direttore AIMAG SpA
Sassu, Peppino – Capo Impianto Termovalorizzatore – Meta SpA
Turchetti, Eugenio – Direttore ASSOFERMET
Vonkemann, Bert – Managing Director NVMP - Olanda
11
CAPITOLO 1 – I BENI DUREVOLI
1.1. Il significato di bene durevole
Un bene è “durevole” nel momento in cui la sua utilità in capo all’utente si protrae per un
periodo di tempo superiore all’anno; in particolare, il bene durevole in senso stretto è
destinato ad un utilizzo minimo di 3-5 anni. Per periodi inferiori si è soliti introdurre un
“ibrido”: trattasi del bene semidurevole, la cui vita utile è indicativamente 2-3 anni.
Data l’ampiezza merceologica della categoria trattata, manca una classificazione
universalmente riconosciuta su quali prodotti vadano considerati beni durevoli.
Ci sono al proposito vari approcci: alcuni soggetti includono in questa categoria un numero
molto elevato di articoli, rendendo di fatto impossibile qualsiasi elaborazione o ricerca; altri,
al contrario, restringono la prospettiva su una quantità esigua di prodotti.
A titolo di esempio, riportiamo la classificazione fornita dall’ISTAT relativamente ai beni
durevoli e semi-durevoli: ci si accorge della enorme quantità e varietà di prodotti considerati.
1.2.0 SEMI – DUREVOLI
1.2.1 Vestiario, biancheria intima e calzature
1.2.2 Biancheria ed altri articoli tessili per la casa
1.2.3 Cristalleria, vasellame, minuterie varie e materiale elettrico per
la casa
1.2.4 Materiale e forniture da scrivere e da disegno. Libri, giochi e
giocattoli, articoli personali
1.3.0 DUREVOLI
1.3.1 Mobili, articoli d’arredamento, tappeti e rivestimenti per mura
e per pavimenti
1.3.2 Elettrodomestici, apparecchi radio-TV, di registrazione e di
riproduzione del suono e delle immagini; apparecchi vari per la
casa
1.3.3 Autovetture per uso privato e accessori
1.3.4 Altri mezzi di trasporto per uso privato
1.3.5 Utensileria meccanica ed altre apparecchiature per la casa.
Apparecchi fotografici e ottici. Apparecchi e materiale
terapeutico
1.3.6 Bigiotteria e gioielleria, strumenti di musica ed altri articoli
ricreativi e di sport e relativi pezzi di ricambio; altri articoli
personali; armi personali e per sport.
In pratica, però, nella predisposizione di tabelle e relazioni su rilevazioni statistiche, ISTAT
semplifica, eliminando dalle analisi quei beni “…che, pur rientrando tra i beni durevoli
(mobili, bigiotteria, gioielli, ecc….) presentano valori estremamente eterogenei, per cui il
loro possesso, in termini quantitativi, risulta poco significativo” (ISTAT, Rapporto annuale,
1997). In definitiva, ISTAT focalizza la sua attenzione su elettrodomestici in generale, su auto
e motoveicoli, nonché su apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni.
All’estremo opposto si colloca il legislatore italiano che, attraverso il Decreto “Ronchi”
numero 22 del 5 Febbraio 1997, all’articolo 44, comma 5 stabilisce che
“ In fase di prima applicazione i beni durevoli……sono:
a) frigoriferi, surgelatori e congelatori;
b) televisori;
c) computer;
d) lavatrici e lavastoviglie;
e) condizionatori d’aria.”
Prima di procedere, è opportuno riservare alcune righe introduttive riguardo questa
disposizione di legge; riuscirà più agevole al lettore comprendere i contenuti successivi.
Il Decreto Legislativo n. 22 del 5 Febbraio 1997 è una novità assoluta per l’Italia. Si potrebbe
definire una sorta di “legge quadro” in materia di gestione e smaltimento di rifiuti, contenendo
le linee guida da osservare negli adempimenti ambientali. E’ un primo tentativo intrapreso dal
legislatore per cercare di porre rimedio ad alcune problematiche divenute ormai insostenibili;
tra queste c’è proprio la gestione dei beni durevoli dismessi. Alcuni di questi prodotti
costituiscono infatti un vero pericolo per l’ambiente, a causa delle sostanze e materiali
inquinanti di cui sono composti. Nel Decreto, il legislatore considera i beni durevoli solo in
funzione della loro pericolosità per l’ambiente; ecco quindi spiegato perché ne abbia inserito
un numero così esiguo: si tratta infatti di quei prodotti ritenuti più bisognosi di procedure
adeguate di smaltimento a tutela ambientale. Inoltre, il fatto che l’articolo 5 riporti l’elenco
“in fase di prima applicazione”, lascia supporre che lo stesso sia suscettibile di modifiche e
integrazioni.
Terminata questa necessaria premessa, specifichiamo come sia nostra intenzione optare per
una metodologia intermedia che consideri dapprima, per completezza, le categorie
merceologiche introdotte dall’ISTAT, provvedendo già a predisporre e motivare le
aggregazioni necessarie per il proseguimento della ricerca. Successivamente ci si concentra
sui prodotti che sono all’origine di certe problematiche, le quali richiedono soluzioni
urgenti e di vasta portata.
Un’analisi accurata sul comparto beni durevoli viene annualmente compiuta da Findomestic,
le cui elaborazioni sono spesso mutuate da altri organi e soggetti, pubblici o privati che siano
(ricordiamo a tal proposito il Ministero dell’Ambiente e suoi organi nonché numerose
associazioni di categoria). Ciò dimostra la fiducia e l’attendibilità riconosciuta ai dati
provenienti da tale fonte, e ci si sente perciò tranquilli nel fare riferimento ad essi.
Vengono quindi individuate le categorie merceologiche entro le quali si inseriscono i beni
durevoli; il criterio di assegnazione dei prodotti alle varie classi è duplice, contemplando sia
l’aspetto esteriore del bene, sia il bisogno che questo consente di soddisfare.
I segmenti sui quali si procede analiticamente sono quindi:
™ elettrodomestici “bianchi”
™ elettrodomestici “bruni”
™ elettrodomestici “piccoli”
™ apparecchi “grigi”
™ autoveicoli
™ motoveicoli
L’aggregazione di cui sopra si rende indispensabile per entrare in sintonia con i termini usati
per convenzione dagli “addetti ai lavori”; si vuole cioè agevolare la possibilità di interfaccia
con gli interlocutori esterni.
ELETTRODOMESTICI “BIANCHI”
Rappresentano il segmento di prodotti più voluminosi. Vi troviamo lava–asciugabiancheria,
frigoriferi, congelatori, surgelatori, lavastoviglie, apparecchi per cottura e per riscaldamento,
condizionatori d’aria.
L’involucro esterno dei prodotti è solitamente di colore bianco (o comunque chiaro), da qui il
nome attribuito al comparto.
Le funzioni svolte da questi beni sono quasi tutte attribuibili al soddisfacimento di necessità
primarie (conservazione e preparazione cibi, lavaggio indumenti). Con ciò si spiega l’elevata
diffusione nelle famiglie di questi prodotti.
La diffusione di alcuni elettrodomestici BIANCHI nelle famiglie italiane
PRODOTTO 1996 1997 VARIAZIONE 96/97
Frigorifero 98% 98.1% + 0.1%
Lavatrice 94.3% 96.3% + 2.1%
Lavastoviglie 23.3% 29.1% + 24.9%
Condizionatore N. C. 7.8% N. C.
Fonte: dati ISTAT 1997-2000
Il ciclo di vita di un prodotto “bianco” è di 7-10 anni; è difficile assistere a durate inferiori a
tale media, mentre non sono infrequenti i casi di apparecchi (soprattutto lavatrici) che
vengono mantenuti per periodi superiori (addirittura 15-20 anni).
ELETTRODOMESTICI “BRUNI”
In questo segmento si raccolgono prodotti quali TV color, sistemi hi-fi, videoregistratori,
autoradio, radioregistratori, lettori CD e DVD, TVR, amplificatori.
Il design di questi beni impone quasi sempre un colore scuro per l’involucro dell’apparecchio
e le funzioni a cui questi prodotti sono deputati si legano a necessità certamente non
indispensabili; tuttavia, lo stile di vita e le mode hanno fatto si che la diffusione, per molti
degli apparecchi considerati, fosse altissima.
La diffusione di alcuni elettrodomestici BRUNI nelle famiglie italiane
PRODOTTO 1996 1997 VARIAZIONE 96/97
TV color 97.1% 96.1% - 1%
Videoregistratore 52% 62% + 19.2%
Impianto hi-fi N. C. 47.7% N. C.
Videocamera N. C. 17.1% N. C.
Fonte: dati ISTAT 1997-2000
Il ciclo di vita di questi apparecchi è inferiore rispetto ai “bianchi”: circa 5-8 anni; si assiste
senza problemi anche a durate maggiori, specie per TV e videoregistratori. Deve però essere
considerata l’elevata obsolescenza che grava su tutto il segmento; questa è legata a fattori
soggettivi e di moda più che a reali necessità di aggiornamento tecnologico.
APPARECCHI “GRIGI”
Questo segmento viene costituito aggregando le apparecchiature informatiche (PC, monitor,
stampanti, scanner) e quelle per telecomunicazioni (telefonia fissa e mobile, fax). Tuttavia, è
doveroso precisare l’abitudine diffusa a considerare separatamente gli apparecchi “grigi”
(intesi esclusivamente come prodotti informatici) da quelli per telecomunicazione. Per
comodità, e poiché questo non pregiudica assolutamente lo svolgimento della tesi, si opta per
l’aggregazione sopra descritta.
All’interno del comparto beni durevoli questi prodotti costituiscono il segmento in assoluto
più dinamico e soggetto alla maggiore obsolescenza. Nel caso dei computer sono soprattutto
le aziende, per esigenze operative, a sostituire le macchine con frequenza sempre maggiore.
La stessa obsolescenza si riscontra nella telefonia cellulare, ma la causa è ben più futile:
trattasi infatti dell’elevato contenuto moda insito nel “telefonino”, il quale più che un bene
durevole sembrerebbe quasi diventato un bene di consumo.
La diffusione di alcuni apparecchi GRIGI nelle famiglie italiane
PRODOTTO 1996 1997 VARIAZIONE 96/97
Telefono cellulare 9.5% 48.3% + 408.4%
Personal computer 11.6% 23.1% + 99.1%
Modem N. C. 5.3% N. C.
Fax N. C. 4.7% N. C.
FONTE: dati ISTAT 1997-2000
A questo proposito, parrebbe qui opportuno considerare il ciclo di vita di questi prodotti: non
è possibile indicare una durata media per gli apparecchi del segmento, essendo
caratterizzati da cicli differenti. Per il cellulare è difficile osservare durate superiori ai 2-3
anni. Riguardo ai PC, se nel 1997 la vita media era di 4-6 anni, per il 2005 ne sono previsti
solo 2. I monitor hanno una durata che si aggira intorno ai 3-4 anni (erano 5-6 nel 1997). Il
fenomeno obsolescenza si accanisce meno nei confronti di stampanti e telefoni di rete fissa,
riservando una vita media di 5 anni per le prime e di circa 6-8 anni per questi ultimi.
PICCOLI ELETTRODOMESTICI
Il segmento è composto da prodotti decisamente eterogenei, caratterizzati dal fatto di avere
dimensioni ridotte; ne sono un esempio aspirapolvere e apparecchi per la pulizia della casa,
ferri da stiro, macchine da caffè, rasoi, radiosveglie, friggitrici, asciugacapelli, mini-robot da
cucina, frullatori.
Data la varietà dei prodotti qui trattati, non è possibile stimare il ciclo di vita medio e
mancano dati attendibili sulla diffusione di tali apparecchi nelle famiglie italiane.
AUTOVEICOLI
All’interno dei beni durevoli è senz’altro il segmento che ha meno bisogno di presentazione.
Le auto sono molto diffuse nelle famiglie italiane, con maggior copertura al nord e al centro
(dove si nota anche una certa incidenza di “seconde auto”) e minore al sud, dove il parco
veicoli presenta inoltre una maggiore vetustà.
La diffusione degli AUTOVEICOLI nelle famiglie italiane
PRODOTTO 1996 1997 VARIAZIONE 96/97
Autoveicoli 79.8% 80.1% +0.4%
Fonte: dati ISTAT 1997-2000
Pare inopportuno azzardare stime sul ciclo di vita degli autoveicoli, a causa di forti
differenze esistenti a livello nazionale tra aree geografiche, fasce di reddito e anche a causa
della notevole eterogeneità esistente tra i modelli in commercio.
MOTOVEICOLI
Comparto molto dinamico, con al suo interno un’ulteriore segmentazione in veicoli non
targati e veicoli targati. Nei primi si includono i veicoli entro i 50cc. di cilindrata. Le moto
dai 51cc. in poi rientrano nel secondo segmento.