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Nel secondo capitolo analizzeremo il contesto giuridico che regola la permanenza del
richiedente asilo sul territorio italiano, evidenziando in particolare come si traducano
norme, leggi e decreti nella quotidianità del richiedente.
La seconda parte si sviluppa invece intorno ai due obiettivi specifici di questa
ricerca. Con il primo di questi, cui è interamente dedicato il terzo capitolo, si intende
portare a conoscenza pubblica la nascita del Centro Naga-Har, il primo in Italia per
richiedenti asilo, rifugiati politici e vittime della tortura. Un Centro pensato intorno
alla realtà degli esiliati, deve considerare sia la realtà che questi vivono nel presente,
a Milano, sia il trauma che hanno subito nel passato: per questo motivo si è dato
anche ampio spazio alla trattazione di una pratica disumana, quella della tortura, che
per molti richiedenti asilo è stata parte integrante della loro esperienza pregressa.
" Dar voce a chi si vuol far tacere" sintetizza l'ultimo obiettivo, il più importante, di
questa ricerca. Come vivono i richiedenti asilo a Milano? Cosa pensano della loro
attuale situazione? Quali difficoltà incontrano in questa nuova realtà? Cosa fanno
durante il giorno, chi sono? Noi, siamo solitamente pronti ad emettere giudizi che
riguardano i migranti o i rifugiati con grande rapidità, eppure la loro voce non giunge
mai alle nostre orecchie, perché è troppo distante dagli interessi del discorso
pubblico. Il percorso esplorativo che viene fatto lungo tutto questo lavoro di tesi mira
a colmare questo vuoto.
Il quarto capitolo è interamente dedicato alle parole dei richiedenti asilo che
raccontano la loro personale esperienza milanese, focalizzando l'attenzione su alcuni
argomenti delicati della loro vita, nel presente. Allo scopo, sono state condotte tre
interviste in profondità con richiedenti asilo e due interviste ad osservatori
privilegiati. L'approccio utilizzato è di tipo qualitativo: riteniamo che solo attraverso
il racconto diretto si possa accedere ad una realtà altrimenti inconoscibile. Questo è il
primo e indispensabile passo, per qualsiasi tentativo di comprensione.
Per concludere dobbiamo fare una precisazione sui termini utilizzati in questo testo.
Richiedente asilo e rifugiato politico, definiscono giuridicamente la stessa persona in
due momenti distinti del suo iter burocratico in Italia. Si diventa rifugiati politici,
infatti, solamente dopo che un'apposita Commissione ha deciso di concedere al
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richiedente asilo, lo status di rifugiato. Le due condizioni giuridiche hanno
implicazioni differenti dal punto di vista psicologico e dei diritti che vengono
riconosciuti, e in questo senso verranno utilizzati in modo specifico e separato.
Nel momento in cui si parlerà, in generale, della persona che è in Italia in cerca di
rifugio, utilizzeremo il termine rifugiato, anche in mancanza del relativo status
giuridico. Infatti, se ad un richiedente asilo non viene riconosciuto lo status di
rifugiato, ciò non toglie che lo stesso sia un rifugiato de facto, cioè una persona che
non possa fare ritorno al proprio paese. La decisione espressa dalla Commissione è
una decisione molto terrena, legata a condizioni politiche e culturali storicamente
determinate.
Verranno anche utilizzati i termini esule ed esiliato che, meglio di altri, identificano
la condizione psicologica in cui si trova la persona che ha abbandonato la propria
terra. Da ultimo, migrante sarà preferito ad immigrato, vocabolo che ha assunto un
preciso significato nel senso comune che rimanda a rapporti di subordinazione
economica e politica tra società differenti, ben lontano dal neutrale: "chi si è stabilito
in un paese straniero, o in un altra regione della propria nazione", che troviamo nei
dizionari [Zingarelli, 2001, pag. 854]. Il termine immigrato sarà invece utilizzato
quando ci riferiremo espressamente al modo in cui la società, etichetta e tratta i
migranti.
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PARTE PRIMA
CONTESTO TEORICO, CONTESTO SOCIALE
28 settembre 2001: cittadino svizzero irrompe armato durante una seduta
del parlamento cantonale, sparando all'impazzata: 14 morti.
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Capitolo primo
Presupposti epistemologici alla presente ricerca
1.1 MIGRAZIONI E OPINIONE PUBBLICA: COSTRUZIONE DEGLI
ATTEGGIAMENTI VERSO I MIGRANTI
Se esaminiamo quale sia il contesto in cui si vengono a trovare i richiedenti asilo cha
giungono nel nostro paese, possiamo iniziare a distinguere tra contesto sociale e
contesto giuridico; certo una semplificazione che ci però permette di analizzare in
profondità il tessuto complessivo in cui il richiedente cerca di inserirsi. Con
"contesto sociale" ci riferiamo all'insieme di atteggiamenti diffusi nella società verso
i migranti e alle conseguenze che questi hanno nella gestione del fenomeno
migratorio (possibilità di inserimento nel tessuto sociale, strutture rivolte ai migranti
presenti sul territorio, processi di inclusione/esclusione nella vita di tutti i giorni).
Con "contesto giuridico" si intendono specificatamente le norme, gli obblighi, le
leggi, di cui si dota l'apparato istituzionale al fine di regolamentare il fenomeno
migratorio. Queste due categorie non devono però essere osservate separatamente in
quanto la loro caratteristica fondamentale è invece quello di influenzarsi e
determinarsi reciprocamente. Atteggiamenti diffusi, campagne mediatiche,
promulgazione di leggi e comportamenti effettivi traggono origine dallo stesso
insieme di sistemi simbolici e culturali che costruisce, cambia, si rigenera senza
soluzione di continuità in un processo in cui l'inizio e la fine si fondono,
scomparendo.
Analizziamo come viene costruita l'immagine del migrante, processo in cui un ruolo
importante è rivestito dai mezzi di comunicazione. Caratteristica propria di tali
strumenti è quella di drammatizzare e amplificare situazioni, eventi singoli che,
diventando exempla, vengono poi utilizzati come unica chiave di lettura di realtà
molto eterogenee. In oltre la capacità di imporre particolari temi all'attenzione
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collettiva, come "I" temi rilevanti e di interesse pubblico (agenda setting), evidenzia
ancora di più l'importanza del ruolo svolto dai media [Arcuri, Castelli, pag.72, 1996].
Come vedremo si è imposta negli ultimi anni una precisa griglia interpretativa per
leggere le questioni relative ai migranti, condivisa dalla quasi totalità dei mezzi di
comunicazione e "cavalcata", se non pre-confezionata da soggetti in posizioni di èlite
professionali e politico- sociali [Van Dijk, pag.50,1994].
Leggendo la stampa nazionale di quest’ultimo decennio, un abitante di un'altra
galassia potrebbe pensare che una catastrofe di proporzioni bibliche si sia abbattuta
sul nostro paese. L'"invasione extracomunitaria" è il filo conduttore di articoli di
giornale, servizi televisivi, volantini e discorsi politici. Indipendentemente
dall’orientamento politico il lessico utilizzato è molto spesso lo stesso, alcuni
esempi:
L’ITALIA E’ INVASA DA UN POPOLO IN FUGA ( La Repubblica, 15 Marzo
1997);
EMERGENZA PROFUGHI. E’ ORMAI UN ESODO: ARRIVA ANCHE UNA
NAVE CARICA DI BAMBINI. SBARCANO A MIGLIAIA, CHIUSO IL PORTO
DI BRINDISI (La Repubblica, 16 Marzo, 1997);
PROFUGHI E BANDE CRIMINALI (Il Messaggero, 19 Marzo 1997);
USANO BAMBINI COME PASSAPORTI. MOLTI ALBANESI SI PORTANO
DIETRO ORFANELLI PER OTTENERE PIU’ FACILMENTE IL VISTO (Il
Giornale 19 Marzo, 1997);
UNA MAREA DI PROFUGHI IN PUGLIA. RAGGIUNTA LA QUOTA DI 9000,
E' EMERGENZA (L'Unità, 18 Marzo 1997).
Questi commenti sono relativi ad un periodo storico preciso, il collasso del sistema
economico albanese dopo la caduta del governo Berisha nel 1997.
Allontanandoci dai commenti contingenti, il tono utilizzato dai media rimane
sostanzialmente simile anche in situazioni di minor consistenza numerica o di minor
impatto mediatico. Quello che si vuole fare notare è la comunanza di vedute nel
trattare un fenomeno verso cui ci si aspetterebbero toni almeno in parte divergenti,
11
considerando il diverso orientamento dei quotidiani considerati. L'argomento
"immigrazione" sembra essere il primo intorno al quale esiste questa tendenza
uniformante nei discorsi; vediamo come si è modificata l'attenzione verso il
fenomeno.
Se l'interesse verso l'argomento immigrazione tra la fine degli anni ottanta e i primi
anni novanta rimane pressoché costante, sono invece i toni dei discorsi e delle
tematiche affrontate ad essere cambiati. Si può parlare a tale proposito del passaggio
da un' "emergenza razzismo", ad un' "emergenza-criminalità" [Maneri,1998, p.238].
Tabella 1. Temi per anni. 1988-89 / 1992-93
0 102030405060
Criminalità, repressione
Immigrazione
Razzismo, xenofobia
Assistenza sociale
Educazione, formazione
Salute
Vicende umane
Cultura
Lavoro
Problemi giustizia
Altro
1988-89
1992-93
Fonte: Maneri, cit. in Dal Lago, 1998.
I dati sopra riportati (relativi ad una indagine su sette quotidiani nazionali effettuata
con il metodo dell'"analisi di contenuto", e integrati da strumenti qualitativi
dell'"analisi del discorso") vengono supportati da altre indagini ad hoc ed interviste
effettuate nel 1996 con giornalisti e organi di polizia [Maneri, pag.237, 1998].
Il passaggio dall'"emergenza-razzismo" all'"emergenza-criminalità" ha quasi l'effetto
di un mutamento di paradigma scientifico. La nuova griglia nella quale inquadrare e
leggere episodi di cronaca che coinvolgono i migranti, diventa quella della devianza,
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della criminalità, orientando giudizi su situazioni spesso ambigue. Iniziano a
moltiplicarsi i titoli di quotidiani dove il furto "sembra" essere stato commesso da
"extracomunitari", "probabilmente albanesi", fino al paradossale titolo (uno tra i
tanti) del Corriere del 13 ottobre 1995, in cui si legge: "Agguato e stupro sulla
strada", accompagnato dall'occhiello: "Notte d'incubo per un'impiegata lodigiana:
'Li ho sentiti parlare, non erano extracomunitari'" [Corriere, 13 ottobre 1995]. Il
modo in cui vengono formulate le frasi, è fondamentale nel determinare il tipo
inferenze che verranno prodotte da chi legge. Sappiamo dalla psicologia della
comunicazione come l'utilizzo di un termine ("extracomunitari" nel nostro caso)
anche se in forma negativa o interrogativa abbinato ad un evento (stupro, nell'
esempio), produca nell'immaginario di chi legge l'effetto di connetterli [Arcuri,
Castelli, pag.192,1996]. Il titolo, sopra riportato, esemplifica molto bene la tendenza
a considerare i fenomeni criminali strettamente connessi all'immigrazione, tanto che
l'autore dell'articolo si è sentito in dovere di sottolineare che gli stupratori ( questa
volta ) non erano extracomunitari.
Si è finora fatto riferimento ai mezzi di stampa, ma anche gli altri mezzi di
informazione non sono da meno in questa costruzione del "nemico". Non è compito
di questo lavoro effettuare un'analisi specifica dei sistemi di comunicazione, per la
quale si rimanda ai lavori citati in precedenza, è comunque utile, per concludere
questo primo viaggio nella costruzione dell'immagine del migrante, analizzare alcuni
recenti episodi.
1.1.1 Discorsi e razzismo post 11 Settembre 2001
Due boeing di linea vengono dirottati e si schiantano contro le twin towers di New
York, un altro aereo di linea si abbatte su di un'ala del pentagono, mentre un quarto
aereo, dirottato, precipita in Pensilvania. Atto terroristico, criminale, che porta alla
morte di migliaia di persone e alla distruzione di uno dei simboli degli Stati Uniti. Le
conseguenze politiche di questi terribili atti li vedremo nel tempo e coinvolgeranno
tutti, ma è evidente che subito qualcuno, che nulla ha a che fare con questi episodi,
ha iniziato a pagarne le conseguenze.
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Due giorni dopo gli attentati il Tg5 delle ore 13, dopo avere lasciato spazio ai
commenti relativi alla tragedia consumatasi, dedica un ampio servizio all'espulsione
di "immigrati clandestini" albanesi. Il servizio, introdotto da una dichiarazione del
ministro degli interni, mostra un aereo pronto al decollo, due cordoni di agenti di
polizia al cui interno, ad uno ad uno, sfilano gli "irregolari" che stanno per essere
rimpatriati. La notizia in se non aggiunge nulla a quella che era la situazione prima
degli attentati, ma la posizione della notizia all'interno del telegiornale, l'enfasi data
all'espulsione, la lunghezza del servizio, e la cura con cui è stato confezionato,
devono far riflettere. Un nuovo modello sembra pronto per la sua discesa in campo:
immigrazione (soprattutto dai paesi arabi) = terrorismo. Nelle dichiarazioni ufficiali,
tutti i paesi della Comunità Europea e gli Stati Uniti si sono prodigati nel dichiarare
assolutamente non condivisibile una tale equazione anche se qualcosa è comunque
cambiato nei confronti dei migranti. Si registra una serie di attentati verso i migranti
in gran parte del mondo "occidentale": un morto in Gran Bretagna (aveva un turbante
in testa, simbolo religioso), aggressioni a comunità arabe negli Stati Uniti. I toni
allarmistici e il panico sono alimentati ovunque. Il 17 settembre, presso gli
ambulatori dell'associazione NAGA, un ragazzo egiziano con il quale mi trovo a
parlare mi dice:
" non è giusto, vado in metropolitana e tutti mi guardano, in strada tutti ti guardano;
esco da pregare con altri arabi e li vedo sugli autobus che scuotono la testa, che
fanno i commenti. Chi ha fatto quelle cose non è musulmano, non siamo
terroristi"[Testimonianza raccolta personalmente, 17 Settembre 2001, NAGA].
Le dichiarazioni ufficiali oltre ad escludere, in quanto inesistente, uno scontro fra
civiltà (cristiana vs islamica), concordano però nell'esigere un maggior rigore e
controllo degli stranieri e delle frontiere in generale. I primi commenti vanno tutti in
questa direzione, il noto politologo americano Luttwak a cui, subito dopo la tragedia,
viene concesso molto spazio sulle reti nazionali, ha modo di auspicare "che venga
rivista la politica europea sull'immigrazione, e che ci siano maggiori e più rigorosi
controlli delle frontiere"[Tg 5 edizione straordinaria, 11 settembre 2001]. In un clima
già pessimo nei confronti del "diverso", dello straniero, osserviamo un irrigidimento
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della posizione. Non a caso, associazioni come Amnesty Intenational, hanno dovuto
auspicare che tra le conseguenze di questi tragici fatti non vi sia alcuna restrizione
dei Diritti Umani".[Amnesty International,2001].
Al di la delle dichiarazioni ufficiali a non considerare come nemici e ancor meno
come terroristi gli immigrati, si registrano però episodi come quelli sotto riportati.
Testuale da due volantini della Lega Nord, settembre 2001:
"immigrati clandestini = terroristi islamici", con fotografia del nemico pubblico
numero uno: Osama Bin Laden;
"terra padana, terra cristiana".
Il presidente del consiglio italiano in visita a Berlino il 26 settembre 2001:
"dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà. (...) Una civiltà
che garantisce il rispetto dei diritti umani, religiosi e politici. Rispetto che
certamente non esiste nei paesi islamici"[Il Messaggero, 27 settembre 2001]
Dichiarazioni che hanno sollevato critiche in tutti i paesi della "nostra civiltà", e che
hanno un importanza per il nostro ragionamento perché sono espresse da un "leader
d'opinione", o meglio da un rappresentante in posizione di élite politico-sociale. I
risultati degli studi di van Dijk [van Dijk, pag.60,1994], ci mostrano come le prime
formulazioni dei pregiudizi etnici circolanti nella società siano fornite dalle élites,
che pre-formulano le categorie, le priorità, le argomentazioni, i criteri di valutazione
concernenti le minoranze etniche. Da posizioni di maggior visibilità si mette in moto
un meccanismo di diffusione, ripetizione del pregiudizio e di legittimazione che si
ritrova a circolare e auto-riprodursi nei discorsi quotidiani(barzellette, discorsi al bar,
episodi isolati e relativi commenti). Questi due livelli (élite, discorso quotidiano), si
intrecciano e "non determinano soltanto la (tras)formazione dei modelli e degli
schemi cognitivi applicati a tutti i gruppi etnici o razziali che non fanno parte della
comunità bianca. Tali discorsi possono anche essere visti come una forma di difesa
di gruppo contro le "minacce" culturali o socioeconomiche, come una efficace
strategia volta a diffondere pregiudizi all'interno dell'intero gruppo, come un modo
per accrescerne la solidarietà ed infine come legittimazione di azioni razziste. Tutte
queste funzioni svolgono un ruolo all'interno del contesto strutturale in cui la
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posizione dominante della comunità bianca è confermata e legittimata".[Van Dijk,
1994, pp.11-12].
1.1.3 Progressisti e uniformità degli atteggiamenti
Il panorama italiano non è costituito solo da atteggiamenti e rappresentazioni dello
straniero come quelle descritte in precedenza. Associazioni di volontariato,
giornalisti, uomini politici, rappresentanti delle élite a vario titolo che utilizzano
linguaggi differenti, che si oppongono ad una visione del migrante come criminale o
comunque come problema, esistono. Probabilmente in questo periodo storico sono
una minoranza; sicuramente sono voci lontane dalla ribalta dei riflettori, voci
(forzatamente tenute) nascoste ma che esistono e cercano di creare un sapere altro
dalla produzione di senso dominante.
Resta comunque vero che buona parte delle forze progressiste ha gradualmente
messo in secondo piano temi quali la solidarietà o la questione dell'integrazione nel
senso più ampio del termine, rispetto al tema della "sicurezza", classico cavallo di
battaglia dei discorsi politici della destra, e che sembra essersi imposto nel senso
comune come primo problema della nostra società [V. Tabella n.2].
Le ricerche riportate, evidenziano una tendenza uniformante dei toni e una certa
omogeneità dello stile utilizzato dai media per lo specifico argomento
"immigrazione". Caratteristica che risulta evidente leggendo i titoli dei quotidiani
nazionali sopra riportati, relativi allo "sbarco" del 1997. L'equazione immigrazione
clandestina uguale pericolo e/o devianza è condivisa da buona parte della stampa
nazionale. La repulsione sempre più diffusa in Italia nei confronti dei migranti è
dimostrata da analisi comparative dell'atteggiamento degli europei verso gli stessi. Se
il 34% di intervistati nel 1988 riteneva che "ci fossero troppi immigrati", cinque anni
più tardi si arriva alla percentuale più alta d'Europa il 64%. In oltre l'indice di
etnocentrismo che era il più basso d'Europa nel 1988 (1,51 in una scala da 0 a 5), nel
1992 diventa 2,75, facendo raggiungere all'Italia il gruppo di testa[cfr. Munz, 1997,
pp.296-297, cit. in Dal Lago, 1999].
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Ad ulteriore conferma di quanto sopra si legga la tabella n.2, che riporta i dati di un
sondaggio pre-elettorale svolta nel nord Italia [cit. in Biorcio, 1997, p.158].
Tabella n. 2. Opinioni sugli immigrati e voto (%)
Simp.
Lega Lega An Fi Ppi Pds
Troppi immigrati disturbano 66.0 58.1 58.1 47.1 30.1 25.6
Gli immigrati fanno aumentare
la delinquenza 70.7 66.9 63.1 58.7 41.0 44.1
Gli immigrati dovrebbero andarsene 60.5 52.6 54.7 43.5 32.8 26.3
Fonte: Sondaggi Abacus 1996
Da una parte gli atteggiamenti verso i migranti, dall'altro i toni allarmistici dei
quotidiani e i commenti politici ufficiali, dalla fine degli anni '80 in avanti, subiscono
un inasprimento a livello di contenuti in generale con un avvicinamento di vedute
(nella direzione di una maggiore chiusura nei confronti dello straniero), tra persone
di differente estrazione politica.
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TAUTOLOGIA DELLA PAURA
Risorsa simbolica: "Gli stranieri sono una minaccia per i cittadini"(perché
genericamente clandestini, criminali, etc.)
Definizioni soggettive degli attori legittimi: "Abbiamo paura.Gli stranieri ci
minacciano" (come dimostra il degrado dei nostri quartieri, singoli episodi di
violenza, etc.)
Definizione oggettiva dei media: "Gli stranieri sono una minaccia, come risulta dalle
voci degli attori[legittimi](sondaggi, inchieste, etc.), nonché dai fatti che stanno
ripetutamente accadendo".
Trasformazione della risorsa simbolica in "frame" dominante( è dimostrato che gli
immigrati clandestini minacciano la nostra società, e quindi"le autorità devono
agire", etc.).
Conferma soggettiva degli attori legittimi: " Non ne possiamo più, che fanno i
sindaci, la polizia, il governo?".
Intervento del "rappresentante politico legittimo":"Se il governo non interviene, ci
penseremo noi a difendere i cittadini, etc.".
Eventuali misure legislative, politiche e/o amministrative che confermano il "frame
dominante".
La riprova di quanto appena detto lo troviamo concretamente applicato nella legge
n.40 del 6 marzo 1998 convertita nel d.l. 25 luglio 1998, n.286[Gazzetta ufficiale
18
n.191, 18 agosto 1998], legge che è espressione della visione sul tema
dell'immigrazione da parte delle forze di centro-sinistra allora al governo. Se da un
lato la legge prevede degli strumenti di parificazione tra stranieri regolari e italiani, e
strumenti per l'integrazione prima assenti[in particolare d'obbligo all'istruzione dei
minori e d'assistenza sanitaria], dall'altro contribuisce però a consolidare e inasprire
strumenti di chiusura delle frontiere, di espulsione (che vedono nascere i campi di
detenzione), in parte ereditate dal precedente decreto Dini del novembre 1995.
Il rapporto con il fenomeno migratorio è visto comunque come un problema; le
parole di Salman Rushdie (relative all' esperienza britannica), sono significative: "Ma
ho tenuto per ultimo lo stereotipo peggiore e più insidioso: la caratterizzazione della
gente nera come un Problema. Voi parlate del Problema razziale, del Problema
dell'immigrazione, di ogni tipo di Problemi . Se siete progressisti, dite che i neri
hanno dei problemi; se non lo siete dite che essi stessi sono il problema. Ma i
membri della nuova colonia hanno un solo problema effettivo e cioè i bianchi. Il
razzismo britannico, naturalmente, non è un problema nostro. E' vostro. Noi
subiamo semplicemente le conseguenze del vostro problema".[Rushdie 1994, p.151].
1.1.4 Fortezza Europa
" Cacciò dunque l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i
cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire
l'accesso all'albero della vita"
(Genesi 3,21-24)
Ci fa notare Balbo [Balbo, Manconi 1992 p.48-49] come il maggior pericolo per la
nascente comunità europea sia identificato negli "immigrati illegali" e nei "falsi
rifugiati" che nei discorsi ufficiali vengono accostati a terroristi, trafficanti di droga,
o in generale ad altri "pericoli pubblici". Gli strumenti e il linguaggio da
utilizzare/utilizzati sono quelli della guerra(all'immigrazione, alla droga, al
terrorismo), verso chi sempre di più "viene considerato, e trattato, come nemico".
Oltre a questo notiamo il costante utilizzo di definizioni che richiamano eventi
19
naturali inarrestabili: si parla di "marea", di "flussi" , di "ondate". ". Un parallelo
quello tra catastrofi naturali e immigrazione che ritroviamo anche nelle soluzioni
proposte e/o adottate nel gestire tale fenomeno. Sistemi anti-intrusione, innalzamento
di muri, barriere, sono la risposta che molti paesi adottano tanto per i migranti quanto
per lo straripare dei fiumi. Barriere normative e barriere semantiche vanno di pari
passo, si veda l'uso e il significato del termine "fortezza Europa" dopo l'entrata in
vigore del trattato di Maastrich prima e degli accordi di Schengen poi. Questi accordi
insistono sulla necessità dell' elaborazione di una politica comune dell'immigrazione
che preveda un "contenimento della pressione migratoria; potenziamento delle
misure di integrazione degli immigrati residenti legalmente; gestione dei flussi,
soprattutto alle frontiere esterne della Comunità (...) Da un lato, le frontiere esterne
verranno di fatto chiuse ai gruppi non desiderati ed i controlli esterni verranno
rinforzati con l'adozione di misure comuni rivolte contro i paesi da cui provengono
gli immigrati e i richiedenti asilo (...)" Misure che prevedono ad esempio il visto
comune europeo( da allargare ad un maggior numero di paesi), liste comuni di
"indesiderabili", sanzioni per vettori poco attenti riguardo i documenti dei passeggeri,
scambio di informazioni per fronteggiare gruppi emergenti di richiedenti asilo,
pervenire ad una definizione comune di "domande di asilo palesemente infondate",
etc... Inoltre viene esteso il rafforzamento dei controlli interni per i non-cittadini
attraverso"l'istituzione di un sistema computerizzato di informazione(Sistema di
Informazione di Schengen, SIS e/o il Sistema si Informazione Europeo, EIS). Sarà
consentita la libera circolazione agli extracomunitari in regola, ma con restrizioni su
lavoro e residenza e con l'obbligo di segnalare la propria presenza alle stazioni di
polizia"[Pastore, cit. in Balbo, Manconi, pp. 48-49,1992].
Barriere semantiche dicevamo: l'immagine della fortezza, del castello, ci ricorda
qualcosa di non facile accesso, fortificato e costantemente controllato per evitare
l'intrusione dello straniero. La protezione della fortezza non è esclusivamente
protezione di un luogo fisico e dei suoi tesori materiali, è anche protezione di regole
e costruzioni simboliche che ne regolano il funzionamento.