7
Nel primo capitolo, si tracceranno una serie di profili della
pubblicità, in relazione ad una serie di contesti storici, economici, e
sociologici. In altri termini, si descriverà lo scenario su cui la pubblicità ha
operato in passato, opera al giorno d’oggi e opererà nel futuro. Attraverso
queste “visioni” sarà ancora più facile comprendere come questa forma di
comunicazione si sia evoluta nel corso dei decenni, di come siano cambiati i
costi relativi alla realizzazione degli spot e come il pubblico abbia accettato
queste continue trasformazioni, ovvero diventando spettatore passivo e
spettatore attivo, nel momento in cui la pubblicità stessa ha fatto la sua
comparsa sul mondo. Molti dei termini che si incontreranno nel corso di
queste descrizioni, pur essendo diventati quotidiano, hanno un significato
meramente tecnico per gli addetti ai lavori; questo spiega perché alla fine
della tesi sia presente un’appendice, in particolare per la parte relativa alla
parte tecnologica, dove il grande pubblico sta cominciando ad affacciarsi
solo in questi ultimi anni.
Nel secondo capitolo, dopo aver illustrato perché è stata scelta la
Armando Testa come punto focale di questa tesi, verranno illustrati i ruoli
dei vari soggetti che è possibile incontrare in un’agenzia. Sempre in
relazione alle agenzie, verrà mostrato il ruolo che esse ricoprono oggi
all’interno di un contesto sempre più globale. Grazie al supporto avuto dalla
stessa Agenzia, verranno illustrate quali sono le varie strategie di
comunicazione perseguite nel corso degli anni, al fine di realizzare
campagne di successo.
8
Attraverso l’evoluzione dello spot nell’agenzia stessa verrà quindi a
delinearsi un profilo storico della società. Grande attenzione verrà riservata
ai casi di spot curati, in particolare negli ultimi 40 anni, in cui sono stati
inventati tutti quei personaggi (Caballero, Pippo Carpano ecc.) che hanno
contribuito al successo dell’agenzia stessa ed alle società produttrici dei beni
reclamizzate, che hanno concesso, insieme all’Agenzia Testa,
l’autorizzazione alla riproduzione delle immagini presenti in appendice e i
filmati (per la parte relativa alla versione digitale della tesi).
Nel terzo capitolo, dopo analizzato parlato ampiamente del caso
aziendale alla luce dei contesti storici, economici e tecnologici, descritto gli
spot classici ed evidenziate le prospettive future, verrà dedicato spazio tanto
ai destinatari della pubblicità (in altri termini alle così dette “categorie di
riferimento”), quanto agli operatori.
A questa analisi sui personaggi degli spot e sulle classi sociali che
con essi si identificano, seguirà nel quarto ed ultimo capitolo una
spiegazione di cosa siano le sempre più attuali “campagne integrate”, in
particolare alla luce delle trasformazioni tecnologiche che si sono avute nel
corso degli anni, in particolare relative alla radio e televisione fino ad
arrivare ad Internet. Sarà poi dato spazio ad un esempio di realizzazione di
una campagna pubblicitaria e anche allo spazio ricoperto dall’Armando
Testa, a mio avviso, in un contesto sempre più globale, tanto a livello
economico, quanto tecnologico. Rimanendo in quest’ambito si parlerà,
9
infine, degli aspetti giuridici che regolamentano, e per certi versi limitano, il
mercato, in termini di restrizioni dei prodotti da pubblicizzare.
Infine, come già anticipato, al quarto capitolo, seguirà una parte in
cui verrà dato spazio ad un glossario tecnico ed anche alle appendici, tanto a
livello di rappresentazione degli spot citati nel secondo capitolo, quanto
dell’aspetto giuridico, riportando, il codice di regolamentazione
pubblicitaria attualmente in vigore in Italia.
10
I CAPITOLO
11
1.1 Globalizzazione e pubblicità
La pubblicità è stata vista, fin dal suo apparire, alla fine del XIX
secolo come il migliore mezzo di comunicazione persuasiva e nel corso degli
anni ha raffinato tecniche, metodologie, strumenti per convincere le masse
ad acquistare prodotti e servizi. Andando a ritroso nel tempo dobbiamo,
comunque, annoverare la prima forma di comunicazione pubblicitaria,
addirittura in un periodo che risale a 5000 anni fa, ovvero nell’antica
Babilonia, quando gli artigiani costruivano delle apposite insegne da
affiggere sulle porte delle loro botteghe. Raffiguravano il prodotto di loro
fabbricazione, vantavano le qualità e le pregiate prerogative dei beni per
attrarre i clienti. Oggi ci sono reperti nei musei, come simboli raffiguranti,
forbici, anfore, iscrizioni e geroglifici che dimostrano come già allora si
ponevano il problema di indurre l’acquirente a fermarsi nelle loro botteghe
1
.
Un esempio è costituito da alcuni mosaici e pitture raffiguranti il pane di un
forno ritrovato negli scavi di Pompei ed è sorprendente, come già allora si
erano posti il problema di attrarre anche gli analfabeti, evitando cosi di
utilizzare parole scritte, o enunciati, comprensibili solo dalle famiglie più
colte
2
.
Con il trascorrere dei secoli, le tecniche per attrarre la popolazione
diventavano sempre più particolari e ricercate, l’obiettivo era sempre lo
1
Codeluppi Vanni, “Pubblicità”, Zanichelli Bologna 2000;
2
Ibidem;
12
stesso: convincere il maggior numero di persone ad acquistare beni o
servizi offerti presenti sul mercato. Nelle città medioevali del IX secolo d.C.,
un piccolo artificio, o se vogliamo un piccolo accorgimento, permetteva di
migliorare la visibilità delle insegne mostrate dai piccoli venditori
dell’epoca. Vengono sostituiti e in certi casi affiancati ai cartelli collocati sulle
porte, delle bandiere, o delle affissioni in verticale, così da aumentare la
prospettiva visiva anche da coloro che si trovavano lontano dalla bottega.
Nel Rinascimento, pur non esistendo ancora la stampa, col
diffondersi dei primi mercati internazionali e delle fiere principale mezzo di
diffusione era il passaparola tra i vari clienti e commercianti. Gli stessi
banditori ricorrevano molto spesso alla loro voce al fine di elencare le qualità
dei beni in vendita.
Nel XV secolo, grazie all’invenzione della stampa ad opera di
Johannes Guttenberg, fecero la loro comparsa nelle città i primi manifesti
cartacei. Questa innovazione fu però presto oggetto di regolamentazione da
parte della classe politica, che vedeva nella libertà di stampa una sorta di
limite dei propri poteri. Il più famoso dei manifesti di quel periodo può
essere considerato quello realizzato nel 1477 dall’Inglese William Caxton, al
fine di reclamizzare le cure termali di Salisbury
3
.
3
Ibidem;
13
Nel Seicento, invece, ebbero grandissima diffusione nei paesi
europei le prime gazzette, dei settimanali riportanti i principali eventi
nazionali ed in internazionali, ma soprattutto i primi annunci economici e di
pubblica utilità. In questo ambito ebbero grandissima importanza prima il
“Mercurius Britannicus” del 1625, seguito quattro anni dopo (nel 1629) dal
“Feuille de Bureau d’adresse”.
Per quello che riguarda invece la situazione nostrana il primo
giornale a contenere réclame pubblicitarie fu il “Protogiornale Veneto
Perpetuo” risalente alla fine del XVII secolo (1691). Va inoltre posto l’accento
sul fatto che questo giornale ebbe molto successo presso i salotti delle
famiglie più abbienti e di una certa cultura (si pensi per esempio alla Regina
d’Ungheria
4
), riuscendo così ad introdurre con un successo tale che continua
ancora oggi, la figura del testimonial.
Con la rivoluzione industriale inglese dei primi del XVIII secolo,
nacque la produzione in serie e principali mezzi di diffusione della
reclamizzazione di nuovi prodotti furono nuovamente i giornali, in
particolare gli inglesi “Tatler” (1709) e “Spectator” (1711). Pertanto se da un
lato si favoriva il diffondere di notizie sui prodotti, dall’altro bisognava
mantenere la possibilità per chiunque di poter reclamizzare i propri prodotti
senza danneggiare economicamente gli altri; per questo nel 1711 venne
introdotta in Inghilterra una tassa sulla pubblicità. Anche la monarchia
francese tentò di introdurre una legislazione analoga, ma con scarso
4
Ibidem;
14
successo, dato che la rivoluzione del 1789 annullò tutti gli sforzi
precedentemente fatti.
Negli Stati Uniti, grazie ad una cultura favorevole alla
liberalizzazione del commercio non ci furono problemi come quelli
precedentemente descritti, tant’è che già nel 1729 Benjamin Franklin
pubblicava annunci pubblicitari sulla “Pennsylvania Gazzette”, divenuta in
seguito di sua proprietà
5
. Sempre in America nel 1841, fu fondata, ad opera
di Volney B. Palmer la prima agenzia che vendeva spazi pubblicitari,
riportando un notevole successo: va rilevato inoltre che le ragioni di questa
crescita relative ai piccoli e medi annunci sono da imputare ad una bassa
tassazione sui giornali stessi. E ciò avveniva con grande entusiasmo da parte
degli inserzionisti che pagavano tariffe notevolmente più basse del previsto.
A Parigi, in Francia, una situazione analoga a quella statunitense
avvenne nel 1836 quando Émile de Girardin creò “la Presse”, vendendolo a
circa la metà delle riviste concorrenti. Questa situazione di imbarazzo creò
non pochi problemi al direttore, il quale arrivò anche a duellare con la
pistola contro Armand Carrel, direttore responsabile di una rivista
avversaria. Sempre in Francia, la pubblicità influenzò notevolmente la
narrativa, al punto che Honoré de Balzac vi ambientò, nel 1837, il suo
romanzo César Birotteau.
5
Ibidem;
15
Circa trent’anni dopo (nel 1863), grazie ad un ulteriore
miglioramento delle tecniche di stampa Moïse Polydore Millaud creò il
“Petit Journal”, che venne considerato da molti il primo quotidiano
caratterizzato da un basso prezzo e da una larga tiratura (alla fine del XIX
secolo raggiunse, infatti, il milione di copie circa).
Tornando negli Stati Uniti, verso la seconda metà dell’Ottocento
nacquero numerosissime concessionarie ed agenzie di pubblicità; la figura
stessa dell’agente pubblicitario, grazie a George Rowell e J. Walter
Thompson, arrivò quasi ad essere mitizzata.
In Inghilterra, nel 1833, fu abolita la tassa sulla pubblicità riuscendo
ad espandersi notevolmente sia in campo economico che industriale. Per
quel che riguarda l’Italia, il primo agente pubblicitario fu considerato Attilio
Manzoni, il quale fondò nel 1863 la prima concessionaria, ancora oggi
operante con successo. A parte le industrie farmaceutiche, presso cui
lavorava lo stesso Manzoni, grande impulso venne anche dai quotidiani, in
particolare dal Corriere della Sera, dal 1876 al 1886. Sulla scia del successo
americano, fecero poi la loro comparsa i primi “creativi”
6
, che come prime
campagne realizzarono quelle per le acque minerali Fiuggi e Santa Caterina
Valfurva. Intorno al 1880 la tecnica litografica di Aloys Senefelder (inventata
nel 1796) fu ulteriormente migliorata, fino ad arrivare nel 1893, grazie alla
società Mellin, alla stampa in quadricromia, ovvero a quattro colori. In Italia,
6
Cfr. 2.2 La struttura organizzativa - organigramma ruoli persone, pag. 63;
16
le prime riviste a colori fecero la loro comparsa nell’ultimo decennio
del 1800.
Agli inizi del Novecento, il numero degli spazi pubblicitari aumentò
esponenzialmente: basti pensare al caso della rivista “Cosmopolitan” che
arrivava a contare oltre 100 pagine
7
. Questo primato fu ben presto superato
“Ladies’ Home Journal”, considerata una sorta di rivista culto presso tutte le
donne americane. In Italia le prime riviste femminili contenenti pubblicità
(per esempio “Grazia” o “Gioia”), fecero la loro comparsa verso gli anni
Trenta, anche se il vero e proprio successo si ebbe nel secondo dopoguerra.
Da non sottovalutare furono anche, alla fine del secolo scorso, le
pubblicità nei cinema
8
e della vendita per corrispondenza.
Rosser Reeves negli anni Cinquanta propose di utilizzare parole
semplici incentrate sulla sola vendita del bene in questione, in modo che il
consumatore fosse in grado di andare nel negozio sapendo a priori che cosa
voleva acquistare. Nel “Bel Paese”, causa i redditi pro capite ancora bassi, le
prime pubblicità ebbero scarso successo: in particolare quelle relative agli
elettrodomestici, e una mentalità chiusa da parte delle casalinghe non
facilitò il compito dei pubblicitari. Le massaie vedevano infatti nelle lavatrici
o nelle lavastoviglie non degli aiutanti per semplificare le faccende
domestiche, ma dei potenziali “nemici” che avrebbero lasciato le stesse
senza nulla da fare.
7
Codeluppi Vanni, op. cit.;
8
Cfr. 1.2 Aspetti storici – evoluzione dello spot ed esperienze aziendali, pag. 23;
17
Il vero boom in Italia si ebbe verso la fine degli anni Cinquanta: il 3
Febbraio del 1957 iniziarono le prime trasmissioni televisive e di lì a poco
cominciò “Carosello”, in pratica una serie di scenette o brevi cortometraggi
pubblicitari, i cui personaggi diventavano delle vere e proprie icone
dell’immaginario collettivo. Gli altri media, ovvero la radio ed i giornali,
intervenivamo a loro volta a parlare delle vicende di questi personaggi di
fantasia e autori musicali (come Garinei e Giovannini) o scrittori, come
Mario Soldati, prestarono le loro conoscenze a renderli più veri di quanto
non accadesse in precedenza.
Figura 1 Il logo della trasmissione televisiva "Carosello"
9
Questa stretta collaborazione tra la televisione e la radio e i giornali,
creò per la prima volta nella storia un contesto “globalizzante”, al punto che
l’inizi di “Carosello” coincise con un’espansione della pubblicità nel mondo
intero. Negli Stati Uniti, grazie a personaggi come Leo Burnett, David
Oglivy e Bernbach, vi fu la cosiddetta “rivoluzione creativa degli anni
Sessanta, dove furono introdotte idee e concetti che esistono ancora
9
Codeluppi Vanni, op. cit.;
18
oggi. Tra il 1959 e il 1969 il tasso medio degli investimenti netti
crebbe dell’11,2%.
Con il crescere esponenziale delle domande da parte degli
acquirenti, le industrie non riuscivano a tenere il passo con tutti i produttori
che chiedevano di essere reclamizzati, pertanto la SIPRA (Società Italiana
Pubblicità Radiofonica Anonima), la concessionaria di pubblicità della RAI)
si vide costretta a ridurre il tempo delle réclame, cominciando ad uniformare
la situazione pubblicitaria Italiana a quella internazionale: all’estero infatti
una spot durava una trentina di secondi circa, contro gli oltre sessanta
nostrani. Pertanto fecero la loro comparsa nel nostro paese le prime agenzie
internazionali: la Oglivy e Mather nel 1962, seguita due anni dopo dalla Ted
Bates e la FCB
10
.
Nel 1963 si tenne ad Ischia il Settimo Congresso nazionale di
pubblicità, dove i principali operatori decisero di istituire il Codice di Lealtà
Pubblicitaria, divenuto tre anni dopo il Codice di Autodisciplina
Pubblicitaria
11
.
Sempre in questi anni fecero la loro comparsa in Italia i primi
testimonial “made in Italy”, in particolare attori, come Vittorio Gassman o
Ugo Tognazzi, o scrittori, come Dario Fo, ma anche registi cinematografici
come Sergio Leone o Damiano Damiani prestarono la loro esperienza per
divertire il pubblico di casa.
10
Ibidem;
11
Cfr. Appendice Giuridica, Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria Italiana, pag. 160;
19
Dopo questi anni di vero e proprio boom, i pubblicitari furono
oggetto delle prime critiche da parte di studiosi di teorie anticonsumiste
12
,
creando una pesante situazione di crisi; inoltre il problema petrolifero del
1973 rallentò lo sviluppo industriale, portando ad un rallentamento degli
investimenti delle aziende in pubblicità.
Il pubblico più giovane rimase però il principale beneficiario ed
interlocutore delle campagne, al punto che molto spesse le campagne
parlavano un linguaggio quasi esclusivamente a loro, il cosiddetto
“giovanilese”: l’esempio più classico in questo senso è costituito dalla
Piaggio
13
con frasi celebri sul tipo “Bella chi CIAO” o “Chi ‘Vespa’ mangia le
mele (chi non ‘Vespa’ no”).
Nel 1977 si assistette ad una nuova trasformazione del panorama
comunicativo: la RAI interruppe la programmazione di “Carosello”, perché
incapace di accontentare tutte le imprese che facevano richiesta di esser
rappresentate. Nel Febbraio dello stesso anno, la RAI cominciò a trasmettere
a colori, allargando quindi le possibilità espressive del linguaggio
pubblicitario stesso e in più arrivarono le prime TV commerciali.
Nel 1984, con l’acquisto da parte di Silvio Berlusconi di Rete 4, si
venne a creare il secondo polo televisivo, dove le tre reti statali erano
fronteggiate da quelle dell’imprenditore milanese (Canale 5, Italia 1 e Rete
4), che si reggevano interamente sugli introiti pubblicitari, derivati dalla
12
Cfr. 1.2.4 Aspetti antropologici e sociali – fenomeno culturale, pag. 46;
13
http://www.piaggio.it/ , casa motociclistica Piaggio;
20
vendita di spazi appositi prima, durante e dopo le trasmissioni. Grande
importanza ebbero poi le “telepromozioni”, dove il pubblico prendeva parte
attivamente, invece di rimanere semplice spettatore passivo.
Questa entrata in gioco di nuovi operatori televisivi, oltre ad
allineare per certi versi l’Italia ad altri paesi, quali ad esempio gli Stati Uniti
(dove le TV commerciali esistevano da tempo), riuscì ad allargare il giro
d’affari delle agenzie, al punto che ci furono moltissime fusioni. Sul piano
internazionali molte società furono quotate in borsa con grande riscontro
economico. L’inglese Saatchi & Saatchi si sviluppò notevolmente, merito
anche del linguaggio particolarmente aggressivo che era utilizzato nelle
varie campagne. Come era stato negli anni Settanta, i riferimenti a film e
l’impiego di testimonial sotto regie affermate a livello internazionale, furono
una fonte di ispirazione praticamente inesauribile.
Dal 1985 la pubblicità ha cominciato ad assumere un carattere
sempre più internazionale, perché a parte le fusioni e gli accordi tra le varie
agenzie, veri protagonisti sono stati gli spot, pensati per un ‘target’ di
destinatari che non si identifica con tutti e con nessun paese: in altri termini,
si è pensato ad una fascia di destinatari che potessero riguardare l’intero
pianeta, senza differenze di carattere sociale o religioso.