5
l’apertura dei mercati può offrire alternativamente un’occasione di crescita,
od una penalizzazione, causata dalla difficoltà a competere al livello
internazionale con imprese di stampo anglosassone, storicamente più avvezze
ad intrattenere fitti e continuativi rapporti con la comunità finanziaria.
1.2 L’efficienza dei mercati finanziari
3
E’ convinzione diffusa che i mercati finanziari nel lungo periodo, inteso di
solito come un arco temporale superiore ai cinque anni, siano efficienti, cioè
premino quelle società che sono in grado di generare maggiore ricchezza. Si
ritiene, infatti, che tutte le inefficienze, o le anomalie dovute ad esuberanze
irrazionali
4
, limitino i propri effetti nel breve periodo, dato che nel lungo
periodo le alterazioni, dovute ad asimmetrie informative od a divergenze nelle
aspettative, si esauriscono
5
.
In campo economico e finanziario, il fenomeno dell’efficienza può essere
esaminato e misurato sotto differenti angolature. L’efficienza non è definita in
modo univoco e si parla di:
™ Efficienza allocativa.
™ Efficienza operativa.
™ Efficienza informativa.
3
Fonte: Foresti-Mottura, “il sistema finanziario”, EGEA, 1998.
4
R. Shiller, “Irrational Exuberance” Princeton Press, 2000; l’autore ha anticipato il crollo
delle borse sospinte al rialzo da un’euforia incontrollata e non da valutazioni razionali.
5
Si veda a tale proposito l’abstract del white paper “Markets efficiency, Long-terms
returns, and Behavioral finance”di E.F.Fama del 1997; l’autore dimostra con una serie di
applicazioni matematiche come le anomalie estrinsechino i loro effetti solo nel breve
periodo, e non influenzino l’efficienza di lungo.
6
Efficienza allocativa
Al mercato finanziario, nelle sue componenti creditizia e mobiliare, viene
attribuita la funzione primaria di garantire un’efficiente allocazione delle
risorse disponibili che devono essere distribuite tra i soggetti richiedenti in un
ordine di priorità basato sui rendimenti attesi degli impieghi possibili. In
sostanza, perché l’allocazione delle risorse possa definirsi efficiente, è
necessario che la produttività marginale del capitale sia la medesima per tutte
le forme di impiego in modo tale che non vi sia alcuna convenienza alla
riallocazione
6
.
Questa è un’esemplificazione teorica, alla quale i mercati devono
tendenzialmente avvicinarsi, facendo in modo che tutti gli attori siano
adeguatamente informati sulle opportunità disponibili, così da poter
ottimizzare la propria struttura finanziaria, e contemporaneamente premiare
quei prenditori che orientano le proprie funzioni obiettivo alla
massimizzazione del valore.
I criteri di selezione degli investimenti sono fondati su di un sistema di
prezzo (rendimenti) che svolge una triplice funzione:
1. Funzione allocativa, facendo affluire le risorse là dov’è più conveniente
l’impiego.
2. Funzione distributiva, in base alle risorse disponibili ed alle quantità
scambiate.
3. Funzione informativa, aggregando tutte le informazioni presenti sul
mercato in un unico indicatore sintetico: il prezzo.
6
Questa è la conclusione a cui arrivano i Marginalisti nel loro modello di mercati
perfettamente concorrenziali; ma tale risultato è vincolato alle forti ipotesi di partenza:
omogeneità del prodotto, imprese price-taker, perfetta mobilità dei fattori produttivi,
informazione perfetta.
7
Efficienza operativa
Possiamo distinguere in:
A) Efficienza tecnica: a livello macroeconomico, si riferisce alla necessità
che gli intermediari, o gli investitori finali, siano in grado di ridurre, il
più possibile il peso degli oneri di transazione (in questa direzione con il
trading on-line si sono abbattuti decisamente i costi per il piccolo
risparmiatore).
B) Efficienza funzionale: a livello di mercato, intende esaminare tutte quelle
condizioni atte ad agevolare l’incontro tra domanda ed offerta, dando
maggiore significatività e valore informativo al sistema dei prezzi.
L’efficienza del mercato può essere stimata sulla base dell’osservazione
congiunta di parametri quali:
• Lo spessore: dipende dall’esistenza di ordini di acquisto o di vendita basati
sui prezzi sia superiori che inferiori a quelli correnti, con una distribuzione
più ampia possibile, così da evitare brusche variazioni dei prezzi di
mercato.
• L’ampiezza: è in funzione della consistenza del volume di ordini da
eseguire per ogni possibile livello dei prezzi.
• L’elasticità: del mercato dipende dalla tempestività con cui il mercato
reagisce ai segnali impliciti nelle variazioni dei prezzi, stabilizzando i corsi
grazie ad un repentino riequilibrio di eventuali eccessi di domanda od
offerta.
Tra le condizioni di funzionalità del mercato ed efficienza informativa vi è
un rapporto di biunivocità : infatti spessore, ampiezza ed elasticità sono
influenzati dal processo di diffusione delle informazioni nel mercato, ma
queste a loro volta, conferiscono liquidità al mercato accrescendo l’efficienza
dei meccanismi di pricing e la loro valenza informativa, favorendo così la
migliore allocazione.
8
Efficienza informativa
L’efficienza allocativa presuppone che tutte le informazioni rilevanti siano
liberamente ed economicamente disponibili per tutti i potenziali investitori.
Non esiste evidentemente piena identità tra il concetto di efficienza allocativa
suggerito dalla teoria economica (con riferimento ai Marginalisti, richiamati
nella nota 6) ed il concetto di efficienza informativa proposto dagli studiosi di
teoria finanziaria con particolare attenzione al contesto dei mercati mobiliari.
In questa seconda concezione dei mercati in termini dinamici, infatti, il livello
di efficienza è inversamente proporzionale ai tempi di diffusione necessari per
integrare nei prezzi le nuove informazioni; ed inoltre si possono verificare
delle inefficienze dovute: o ad un diverso set informativo a disposizione degli
scambisti, o perché questi operano in condizioni di razionalità limitata
7
, e
quindi attribuiscono un peso diverso alle stesse informazioni (si ha una
divergenza di aspettative sui rendimenti attesi).
Il principio dell’efficienza informativa non va interpretato in modo assoluto,
ma, in relazione alle informazioni contenute nel sistema dei prezzi; infatti
secondo la teorie “dell’Efficient Capital Market Hypothesis”
8
possiamo
identificare tre diversi livelli:
™ Efficienza debole: le attese su rendimenti degli investitori, e di
riflesso i prezzi incorporano tutte le informazioni di tipo storico.
™ Efficienza semiforte: le aspettative in merito ai rendimenti e ai
prezzi futuri si fondano su tutta l’informazione di dominio
7
Si veda: Simon H. A. “A behavioral model of rational chiose” , Quaterly jurnal of
economics, 1957.
8
E.F.Fama è uno di principali studiosi di queste teorie; in seguito varrà proposta una
classificazione delle diverse tipologie di informazione da lui elaborata (ed ormai di
diffusissima applicazione) nell’opera :”Efficient Capital Market: a review of theory and
empirical work” Journal of Finance, 1970.
9
pubblico; quindi si basa sugli annunci circa gli utili, operazioni
straordinarie, operazioni sul capitale, eccetera. Questo tipo di
efficienza è soggetta a fenomeni insider trading, dato che vi sono
molti soggetti che per le loro funzioni istituzionali o aziendali sono
a conoscenza dell’informazione prima che questa venga resa
pubblica.
™ Efficienza forte: i prezzi incorporano tutta l’informativa proponibile,
sia pubblica che privata, sia storia che prospettica. Questa ipotesi è
un modello ideale al quale i mercati dovrebbero tendere.
La situazione attuale è certamente da ricomprendere nella seconda tipologia
di efficienza informativa, anche se è da ravvisare una sempre maggiore
richiesta da parte del mercato di dati previsionali e di informazioni da
insider; al fine di rendere il più tenue possibile il confine tra efficienza
semiforte e forte.
Questa tendenza è frutto sostanzialmente di tre fenomeni.
o globalizzazione dei mercati: per attirare capitali dell’estero, si deve offrire
un’informazione il più puntuale possibile per convincere gli apportatori di
capitali della bontà dell’investimento.
o New-ecomony: le imprese operanti in questi campi sono soggette ad
un’altissima variabilità dei flussi di cassa dovuta all’instabilità e alla
rapida crescita del settore. In questi casi un’informazione continua ed
approfondita è necessaria per comprendere, il prima possibile, eventuali
situazione patologiche, che di frequente si sono rivelate irreversibili,
causando grosse perdite soprattutto ai piccoli investitori.
o Internet: consente un accesso molto rapido (anche in tempo reale) e a
basso costo alle informazioni, consentendo anche ai piccoli risparmiatori
una partecipazione più attiva alla vita aziendale.
10
CAPITOLO II
DISCIPLINA GIURIDICA
2.1 Evoluzione storica
1
La disciplina previgente in materia di informazione societaria, pur avendo
avuto una genesi successiva, a seguito dei diversi interventi normativi
succedutisi nel tempo, andava interpretata, già prima dell’entrata in vigore del
T.U.F.
2
, come un insieme di norme unitario
3
.
In particolare, questo corpus risultava fondato su una serie di adempimenti
che trovavano la loro fonte nel codice civile (bilancio individuale e
consolidato, relazione semestrale, informazione prevista per le fusioni, le
scissioni, gli aumenti di capitale, ecc.), nella legge n. 216/74 (trasparenza
della gestione societaria e degli assetti di proprietà, prospetto informativo
nelle sollecitazioni del pubblico risparmio, ecc.), nel D.P.R. n. 138/75
(prospetto informativo relativo all’ammissione alla quotazione) e nella legge
n. 157/91 (informazione continua, disciplina in materia di « insider trading »
4
).
Ulteriore motivo d’informazione al mercato si verificava, inoltre, nelle
ipotesi di effettuazione di offerte pubbliche di acquisto e di acquisto e
scambio, ai sensi della legge n. 149/92.
Completava il quadro della disciplina societaria, infine, l’obbligo posto dal
1
Fonte: Commentario al T.U. della intermediazione finanziaria a cura della prof. Carla
Rabitti Bedogni, Giuffrè, 1998.
2
D.lg. 24/2/1998 n. 58 (T.U. dell’intermediazione finanziaria)
3
De Vitis 1998
4
Chiappetta-Tofanelli, Informazione societaria e mercato mobiliare, Giuffrè, 1993.
11
D.P.R. n. 138/1975 a capo degli emittenti quotati di provvedere ad
assoggettare il bilancio d’esercizio ed il bilancio consolidato, se redatto, alla
certificazione effettuata da società di revisione iscritte nell’apposito Albo
tenuto dalla CONSOB. Tali società, come noto, sono chiamate ad accertare ed
attestare l’attendibilità di taluni dei documenti contabili obbligatori.
E’ da sottolineare come già in occasione dell’emanazione del D.P.R.
n. 136/1975 non fu attribuito alle stesse società di revisione il compito di
verificare altri documenti contabili, quali, ad esempio, le relazioni semestrali,
le situazioni infrannuali, i dati consuntivi, le stime nonché, in ultimo, le
informazioni finanziarie contenute nei prospetti informativi.
Dal contesto normativo sopra richiamato si evinceva che un soggetto, in
quanto emittente titoli quotati, era tenuto ad assolvere gli adempimenti
previsti, trasmettendo al vaglio preventivo della CONSOB e successivamente,
divulgando (con le integrazioni eventualmente richieste dalla stessa
CONSOB) ai soci e/o al mercato le informazioni indicate nelle menzionate
disposizioni. Scopo ultimo di tali adempimenti era quello di fornire
periodicamente, a scadenze canoniche (informativa periodica), ovvero
occasionalmente, in particolari momenti della vita aziendale (informativa
episodica), elementi informativi idonei a consentire l’apprezzamento del
valore dei propri strumenti finanziari.
Nella stessa previgente disciplina si attendeva, in particolare, che
l’emittente, al fine di acquisire lo status di società con strumenti finanziari
quotati, doveva redigere un prospetto informativo volto a rendere note al
mercato le informazioni più importanti di carattere economico-patrimoniale e
finanziario, atte a consentire la rappresentazione, appunto, del valore degli
strumenti finanziari emessi.
5
In seguito all’ammissione alla quotazione, anche al fine di consentire
5
FERRARINI, Sollecitazione del risparmio e quotazione in borsa, nel Trattato delle so-
cietà per azioni di COLOMBO-PORTALE, n. 10, Utet, 1993.
12
l’aggiornamento sistematico dell’apprezzamento del valore dei propri
strumenti finanziari, l’informazione che l’emittente quotato era tenuto a
fornire al mercato faceva perno fondamentalmente sul bilancio d’ esercizio ed
il bilancio consolidato; e se redatta, sulla relazione semestrale, nonché sulla
informativa episodica connessa ad operazioni di finanza straordinaria, che era
finalizzata principalmente all’informazione dei soci nelle assemblee ordinarie
e straordinarie e dei creditori aziendali, più che per rendere edotto il mercato.
In particolare, in occasione di operazioni di finanza straordinaria, si
inserivano le informazioni organizzate in prospetti informativi (ad esempio: il
prospetto di fusione/scissione), nonché sporadicamente, al ricorrere di eventi
c.d. price sensitive, le ulteriori informazioni venivano diffuse principalmente
mediante comunicato stampa, ai sensi del regolamento emanato con delibera
CONSOB n. 5553/91 (non più in vigore; la normativa corrente si riferisce al
reg. n. 11971).
In linea con tali obblighi informativi, si collocava l’intervento della
CONSOB in funzione di integrazione e vigilanza sulla correttezza
dell’informazione societaria fornita ai soci ed al mercato, ruolo che la
CONSOB ha svolto in questi anni (si vedano le relazioni annuali ed i
bollettini CONSOB) in modo concreto e sistematico, tramite un’opera, non
sempre nota in tutta la sua portata, che ha contribuito non poco, nel tempo, a
modificare in positivo la propensione media del mercato alla disclosure, che
nel nostro Paese, come noto, non era molto elevata.
Nello specifico, la CONSOB effettuava un’opera di verifica preventiva e
sistematica di tutta la documentazione informativa redatta dagli emittenti
quotati in occasione delle assemblee ordinarie di approvazione dei bilanci o
straordinarie, chiamate ad approvare operazioni di finanza straordinaria.
Successivamente all’approvazione dei bilanci da parte delle assemblee, alla
CONSOB restava ancora il potere di procedere, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R.
n. 136/1975, all’eventuale impugnativa dei bilanci medesimi, entro sei mesi
13
dal deposito degli stessi presso la cancelleria del Tribunale (come stabilito
anche dal T.U.F. nell’art 157 comma 2).
Le suddette informazioni, rese note dagli emittenti a partire dalla
ammissione a quotazione degli strumenti finanziari, ed anche le informazioni
e i dati diffusi antecedentemente alla ammissione alla quotazione, ed in
particolare al momento dell’eventuale preliminare offerta al pubblico di detti
strumenti finanziari, costituiscono un flusso continuo, avente connotati di
organicità e teso teleologicamente a conseguire il risultato di assicurare un
informazione idonea a consentire l’apprezzamento del valore del titolo da
parte del mercato.
Non appare dubitabile la sussistenza di un nesso logico che unisce i veicoli
dell’informazione societaria sopra indicati (il prospetto informativo, il
bilancio d’esercizio ed il bilancio consolidato, la relazione semestrale nonché
i comunicati stampa diramati ai sensi della disciplina dell’ insider trading) ed
i connessi compiti di regolamentazione e vigilanza (regolamentazione degli
schemi di prospetto, intervento integrativo dell’informazione sui prospetti,
dell’informazione per le assemblee e di quella per il mercato, impugnativa: di
bilancio e vigilanza ed attività di indirizzo sull’attività delle società di
revisione).
L’informazione societaria rappresenta, dunque, un fenomeno unico, che
assume modalità e contenuti più o meno analitici, ma che consiste nella
presentazione iniziale al mercato dell’emittente e del prodotto finanziario
emesso da tale emittente, corredata da una sequenza di successivi
aggiornamenti degli elementi di informazione originariamente in possesso del
mercato.
Tale ultima considerazione è confermata dall’esperienza statunitense, ove il
prospetto informativo è lo strumento d’iniziale conoscenza da parte del
mercato, della realtà aziendale delle società che effettuano offerte al pubblico
14
e che richiedono l’ammissione alla quotazione dei propri strumenti finanziari.
Successivamente all’ammissione, il prospetto viene costantemente
aggiornato con i dati trimestrali e di bilancio; diversamente da quanto accade
nel Regno Unito dove le società sono sottoposte ad una disciplina generale di
c.d. informazione continua, infatti, è prevista l’elaborazione di un flusso
continuo di informazioni necessarie per consentire ai possessori dei titoli di
apprezzare il valore degli stessi.
Si può ritenere che all’informazione sia attribuito dalla norma un rilievo
peculiare, in termini di tutela costituzionalmente garantita del risparmio.
L’informazione, infatti, finisce con il rivestire una funzione pubblica, meri-
tevole di una particolare protezione, dato che la stessa informazione assume
nell’ordinamento la valenza di public good (bene pubblico), in quanto
strumento necessario ad assicurare ai risparmiatori un accesso consapevole ai
mercati finanziari. Ne consegue che il controllo delle informazioni, di tutte le
informazioni rese nelle più diverse forme al mercato, ai fini della loro
coerenza interna e completezza, compete naturalmente ad un’autorità
indipendente quale la CONSOB, dunque ad un ente esente da potenziali
conflitti di interesse, pur restando necessariamente la responsabilità per la cor-
rettezza e la veridicità delle affermazioni riportate nei documenti contenenti
l’informazione societaria di esclusiva imputabilità ai redattori dei medesimi
documenti.
La CONSOB si pone in tale materia, dunque, come una sorta di “custode”
dell’informazione societaria, quale garante di un bene, sempre più arduo da
assicurare nella sua completezza e correttezza (da notare che alla CONSOB
non è richiesto l’accertamento della veridicità dell’informazione).
In tal senso si riscontra anche l’esperienza di taluni importanti paesi
occidentali, che si sostanzia, nella coesistenza, in un sistema di c.d.
autoregolamentazione, che prevede la delega alle entità private che gestiscono
i mercati, di vaste e pregnanti competenze in ordine alla materia
15
dell’informazione societaria, attribuite ad un’autorità di vigilanza a carattere
pubblico
6
. Tale coesistenza è stata replicata e mantenuta in Italia, anche alla
luce rilievo costituzionale assegnato alla tutela del pubblico risparmio
dall’articolo 47 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Sia il modello di informazione societaria previsto dal codice civile, che
quello successivo della legge n. 216/1974 non esprimevano chiaramente la
finalità innovativa introdotta, invero, dalla legge n. 157/1991 ed, in
particolare, dal relativo regolamento di attuazione emanato con delibera
CONSOB n. 5553/91 e successive modificazioni.
La legge n. 157/1991, infatti, ha spostato l’enfasi dalla tutela dell’azionista e
dei creditori, alla garanzia di una tempestiva disclosure per il mercato,
avendo riguardo alla “sensibilità” dei prezzi rispetto all’informazione.
In particolare, ciò che caratterizzava la precedente disciplina era la
finalizzazione dell’informazione societaria alla diffusione del valore generato
dall’azienda emittente
7
.
La teoria dell’impresa dimostra, infatti, che la gestione deve tendere a
massimizzare lo “shareholder value”; creare valore, significa accrescere la
dimensione del capitale economico, ovvero della bontà stessa dell’impresa
intesa come investimento. Il valore viene percepito e misurato dal mercato, e
dovrebbe trasferirsi sul corso delle azioni, che però è influenzato anche da
altri fattori (ad esempi: il contesto macroeconomico, o fasi di euforia del
mercato) e quindi nel breve periodo vi potrebbero essere delle alterazioni.
Logicamente la creazione e la diffusione del valore sono momenti
complementari, poiché un insufficiente trasferimento di valore sui prezzi e,
dunque, un tasso insufficiente di diffusione del valore, potrebbe ripercuotersi
6
CONSOB, Documento di consultazione in materia di Informazione Societaria, Roma;
1998.
7
Fonte: Rosati, L’informazione societaria e diffusione del valore: un’opportunità per le
imprese quotate, Aiaf, 1995.
16
negativamente sulla gestione aziendale, ad esempio sulla capacità di reperire
ulteriori mezzi finanziari. Ciò premesso, è evidente che l’informazione
societaria riveste un duplice ruolo. Essa, infatti, assume da una parte una
connotazione tradizionale, più che altro a carattere contabile, di
rappresentazione storica dell’andamento economico-finanziario dell’azienda,
sotto il particolare profilo di consentire la verifica e corretta a posteriori della
legittimità dell’operato degli amministratori nella gestione, per il tramite della
rappresentazione veritiera della gestione stessa nella documentazione
contabile.
Dall’altra parte, sempre l’informazione societaria, si pone come prodromica
rispetto all’estrapolazione di trend, al fine di misurare la capacità della stessa
azienda di affrontare le sfide future, sino a consentire la definizione di budget
e piani previsionali sulla base di ipotesi di sviluppo di scenari futuri.
2.2 Normativa vigente: Decreto Draghi e
regolamenti attuativi
Nell’ambito della disciplina dell’informazione societaria, particolarmente
rilevante appare la delegificazione prevista dal T.U. nel campo della
disclosure, da fornire al mercato ed alla CONSOB successivamente
all’ammissione alla quotazione.
Resta immutata, inoltre, rispetto alla previgente disciplina l’attribuzione alla
CONSOB del potere di regolamentare, in via generale, i prospetti di
ammissione alle negoziazioni.
Alla Commissione è demandato il potere di emanare disposizioni
regolamentari con riferimento alle seguenti materie:
• Contenuto del prospetto di ammissione alla quotazione e relative
modalità di pubblicazione (art. 113 T.U.).
17
• Contenuto e modalità dell’informazione societaria c.d. continua
(sui fatti idonei ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti
finanziari) nonché dell’informazione societaria periodica ed episodica
(art.114 T.U.).
• Identificazione dei casi e delle modalità di diffusione al pubblico
delle statistiche e degli studi sull’emittente e sull’andamento degli
strumenti finanziari (art. 114, ultimo comma T.U.).
• Contenuto e modalità delle informazioni che devono essere rese
alla CONSOB (art. 115).
• Criteri di individuazione degli emittenti strumenti finanziari
diffusi tra il pubblico in misura rilevante (art. 116 T.U.).
In via preliminare, si precisa che il Testo Unico all’art. 116, con riferimento
agli obblighi di trasparenza, introduce alcune novità importanti, quali
l’estensione dell’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 114 e 115,
anche agli emittenti strumenti finanziari che, sebbene non quotati in mercati
regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante.
8
Di particolare rilievo appare, inoltre, la previsione contenuta nell’art. 117
del T.U. che consente alle società quotate di redigere il bilancio consolidato
secondo criteri uniformi di generale accettazione.
Prima di passare alla trattazione più articolata del Capo I, Sez. I del Titolo
3°sugli emittenti, si evidenzia, che l’art. 118 definisce, tramite il rinvio
all’art. 100 del T.U. lett. d) ed e),limita l’ambito di applicazione delle norme
concernenti gli obblighi di trasparenza, precisando che le disposizioni
contenute nello stesso Capo I, non si applicano ai soggetti che: emettono
strumenti finanziari emessi o garantiti dallo Stato Italiano o da Paesi membri
8
In base al reg. 11971 sono diffusi tra il pubblico, quegli strumenti, di un emittente con un
patrimonio netto > di 10 miliardi di lire, e che sono detenuti un numero di possessori > di
200.
18
della Unione Europea, da Organismi internazionali a carattere pubblico di cui
facciano parte Paesi Membri dell’Unione Europea, ovvero dalla Banca
Centrale Europea o da Banche Centrali di Paesi Membri dell’Unione Europea.
Lo stesso art. 118 prevede, facendo rinvio all’art. 100, lett. f), che gli
obblighi di cui all’art. 116 (informazione societaria degli strumenti finanziati
diffusi tra il pubblico) non si applichino nel caso dei prodotti finanziari,
emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che
permettono di sottoscrivere o di acquisire azioni ovvero da prodotti assicu-
rativi emessi da imprese di assicurazioni.
2.3 Articolo 113 Prospetto di quotazione
9
L’art. 113, comma 1, subordina l’inizio delle negoziazioni su un mercato
regolamentato, alla precedente pubblicazione del prospetto informativo
contenente le informazioni indicate nell’art. 94, comma 2. Quest’ultima
norma richiede che gli investitori possano riuscire a comprendere (“fondato
giudizio”) la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’emittente,
l’evoluzione dell’attività del medesimo, nonché le caratteristiche degli
strumenti finanziari ed i relativi diritti.
Il principio della pubblicazione del prospetto informativo precedentemente
prescritto dall’art. 8 del D.P.R. n. 138/75, discende dalla direttiva n.
80/390/CEE, e comporta l’attribuzione alla CONSOB del potere di
regolamentare in via generale il contenuto del prospetto di ammissione alle
negoziazioni e delle procedure relative, nonché di concedere il nulla osta alla
pubblicazione del prospetto informativo, richiedendo l’inserimento delle
informazioni integrative di volta in volta ritenute necessarie.
9
Si veda l’appendice per consultare il testo integrale degli articoli.