LA PENA DI MORTE
Come può uno Stato infrangere il diritto basilare della convivenza democratica, cioè il
diritto alla vita, condannando a morte qualcuno? Non mette forse in pericolo in questo
modo la sua stessa esistenza? D’altra parte, non può essere proprio la pena di morte a
testimoniare paradossalmente l’altissima importanza del valore della vita, che non può
essere violata impunemente da nessuno? Perché la Chiesa è sempre stata così severa
contro l’aborto e, oggi, contro l’eutanasia e altre violazioni della vita e dell’integrità
fisica, mentre ha accettato delle “eccezioni” al non uccidere, come la possibilità di
uccidere per legittima difesa o durante una guerra giusta o attraverso la pena capitale?
In definitiva, la vita umana è un assoluto oppure no? Se lo è, come è stato possibile per
secoli da parte della Chiesa ammettere la pena di morte? Se non lo è, su quali basi e
con quali argomentazioni il rifiuto della pena capitale può essere forte e ben fondato e
non solo occasionale o di circostanza?
Come si vede, si tratta di domande a cui non è certo facile dare una risposta in
termini semplici e coerenti. D’altronde il fatto che ci siano tante battaglie sulla pena di
morte indica come ci si trovi di fronte ad una realtà complessa, che appare tanto più
complessa quanto più la si studia in profondità. In questo lavoro si cercherà dunque di
affrontare i nodi della questione, senza avere la pretesa di risolverla definitivamente,
questo è ovvio, ma anche senza sottrarci al compito di trattare gli aspetti più scottanti
del problema, che, come si sa, tocca diversi ambiti della riflessione teologico-morale.
Se, infatti, da una parte è naturale la collocazione del tema della pena di morte
all’interno del trattato sull’etica della vita fisica, d’altra parte appare necessaria anche
una riflessione attorno alla natura e alla competenza dello Stato, in generale, e del
sistema democratico, in particolare, come sistema politico privilegiato di riferimento
per le moderne società; questa riflessione si deve applicare poi al rapporto tra autorità
dell’istituzione pubblica e diritto alla vita del singolo.
Allo stato attuale delle riflessioni e degli studi, la questione della pena di morte si
trova in una situazione molto fluida, di notevole evoluzione. Infatti in questi ultimi
decenni, praticamente dal periodo del Concilio Vaticano II, ci sono stati molti scritti
attorno alla pena capitale, sia da parte di teologi moralisti, che da partedi vari
episcopati nel mondo, soprattutto nell’area geografica europea e nordamericana, senza
citare, ovviamente, le tante prese di posizione del mondo laico, a livello di intellettuali,
INTRODUZIONE
pubblicisti, rapporti di organizzazioni che lottano contro la pena di morte
4
. La
tendenza netta, sebbene non unanime, che si è osservata all’interno della Chiesa
cattolica è certamente verso un giudizio negativo sulla pena capitale, che superi le
incertezze o le esplicite approvazioni di essa che ci sono state in passato e porti i
cristiani ad impegnarsi concretamente per l’abolizione della pena di morte, in modo
che la loro attività di difesa e promozione della vita umana, di tutta la vita e della vita
di tutti, sia più coerente e credibile.
Nell’aspettativa di molti, ormai anche il Magistero avrebbe dovuto allinearsi su
queste posizioni e dichiarare così l’immoralità della pena capitale. Ma così non è stato,
perché prima il Catechismo del 1992 e poi l’enciclica Evangelium Vitae del 1995,
prendendo una posizione esplicita sulla questione, non hanno negato in assoluto la
legittimità della pena capitale, sebbene abbiano ristretto a tal punto le condizioni per la
sua lecita applicazione, che praticamente essa appare ormai come sempre illecita di
fatto. In ogni caso, la mancata condanna della pena di morte ha provocato numerose
reazioni, studi, ricerche, che hanno riportato questo tema al centro della riflessione
teologico-morale.
Molto quindi è stato detto e scritto, ma non ancora sufficiente, così pare, per poter
dare un giudizio definitivo sul problema, anche perché spesso i contributi che vengono
portati sono troppo dipendenti dalla posizione personale di chi scrive, in genere
contrario, a volte solo per “correttezza politica”, alla pena capitale. Ciò rende il
discorso complessivamente poco profondo e gli argomenti non sufficientemente
fondati. Si tratta dunque di studiare la questione della pena di morte analizzando
dettagliatamente e criticamente tutti gli aspetti del problema, per vedere se è possibile
giungere ad una posizione che sia consistente e solida.
La ricerca che vogliamo condurre e che intende portare luce sulla questione si
muove secondo due direzioni, che non corrispondono esattamente a due parti distinte
del lavoro, ma sono come due linee che si incontrano e che fanno da sfondo continuo
allo svolgersi del discorso.
La prima direzione è quella che possiamo chiamare cristiana: con questa parola
intendiamo tutto l’insieme della Rivelazione, comprendente Sacra Scrittura,
4
Pensiamo soprattutto a Amnesty International e Nessuno tocchi Caino, di cui si possono utilmente
vedere i siti in internet.
LA PENA DI MORTE
Tradizione, Magistero, teologia. Cercheremo di studiare nel modo più dettagliato
possibile il messaggio cristiano sulla pena di morte, senza passare sotto silenzio
nessuna fonte di rilievo. Inoltre cercheremo di vedere quale etica della vita umana ci
viene dalla Rivelazione, per trattare della pena di morte non solo come problema in se
stesso, ma inserito in questo contesto di etica della vita umana.
La seconda direzione è quella che può essere chiamata razionale: si tratta di
presentare e vagliare criticamente le argomentazioni razionali pro e contro lapena di
morte e, soprattutto, di valutare il senso e il fine dello Stato e quindi il potere della
autorità pubblica. In che modo devono interagire autorità dello Stato e vita umana del
singolo cittadino? Ci può essere una preminenza dell’uno dei due fattori sull’altro?
Sono queste le domande sottese a questa seconda linea di riflessione.
Il lavoro si presenta quindi così strutturato.
Nel primo capitolo vengono presentate ed esaminate in modo critico le
argomentazioni contro e pro la pena capitale. In modo dettagliato, documentato e il più
possibile imparziale, si mostrano i vari argomenti, a carattere religioso e razionale, che
abitualmente sono utilizzati contro la pena di morte, prima, e poi a suo favore. Per ogni
argomento si è cercato di assumere il punto di vista di coloro che lo sostengono, al fine
di mostrarne, per quanto possibile, la validità. Il punto di partenza è la constatazione
che la pena capitale, a causa della sua presenza praticamente in tutte le società fino a
tempi relativamente recenti, gode del “favore del diritto”, per cui l’onere della prova
sta a chi vuole mostrarne la immoralità. Per questo motivo le argomentazioni contro di
essa sono presentate in numero maggiore.
Gli argomenti contro la pena di morte sono suddivisi fra argomenti difatto e di
principio: i primi contestano praticamente il fatto della pena di morte, la sua
applicazione, i possibili rischi ed effetti negativi; gli argomenti di principio, invece,
attaccano radicalmente la legittimità della pena di morte, giudicandola in se stessa
negativa perché contro la dignità dell’uomo, il suo diritto alla vita, la sacralità della
stessa vita, che proviene da Dio. La seconda parte del capitolo è dedicata alla
presentazione e all’analisi delle argomentazioni a favore della pena di morte, che
vengono elencate senza ulteriori suddivisioni.
La conclusione del capitolo è che né le argomentazioni contro la pena di morte, né
quelle a suo favore appaiono decisive e definitive, per cui esso si apre alla prospettiva,
INTRODUZIONE
che sarà sviluppata nel secondo, dello studio della Tradizione ecclesiale, per vedere
quali elementi essa ci fornisce.
Il secondo capitolo tratta appunto del pensiero della Chiesa riguardo alla pena di
morte, per vedere se le recenti prese di posizione del Magistero possono essere
considerate una evoluzione nella continuità o un cambiamento netto della dottrina
classica.
Il punto di partenza è lo studio della Sacra Scrittura, soprattutto dei passaggi in
genere invocati dai sostenitori della pena capitale, e del messaggio evangelico nel suo
complesso. I testi sacri non ci forniscono né una condanna netta ed inequivocabile, né
un’approvazione della pena capitale quale noi oggi la intendiamo. Certamente il
messaggio di Gesù e lo spirito del Vangelo orientano verso un suo superamento.
L’attenzione viene poi rivolta alla Tradizione ecclesiale e al Magistero: si parte dai
Padri della Chiesa, il cui pensiero è esposto in forma dettagliata e critica, con
particolare attenzione ad Agostino, di cui si cerca di dare un’interpretazione il più
possibile obiettiva e lontana da ogni lettura ideologica o polemica. Si passa poi al
Medio Evo, con i primi pronunciamenti ufficiali del Magistero e con la grande figura
di S. Tommaso: i due testi principali relativi alla pena di morte (in Summa Theologiae
e in Summa contra Gentiles), sono presentati e commentati con accuratezza. Il periodo
successivo è costituito dall’età moderna, con alcune voci come il Catechismo Romano
e S. Alfonso, per passare poi al Novecento: dal Catechismo di S. Pio X fino al
Concilio Vaticano II e poi alcune voci del Magistero episcopale post-conciliare.
Infine ci si concentra sul Magistero di Giovanni Paolo II, studiando
sistematicamente i due passaggi del Catechismo e di Evangelium Vitae dedicati alla
pena di morte. Si considera tuttoil peso delle affermazioni che sono state fatte dal
Pontefice, soprattutto cercando di cogliere una eventuale novità o discontinuità rispetto
al passato.
La conclusione del capitolo è che la Tradizione cristiana non ci fornisce certamente
un no chiaro alla pena di morte, ciò che è abbastanza pacifico, data la sua pratica
legittimazione dalla Chiesa per tanti secoli, ma nemmeno una sua indiscutibile e
unanime approvazione.
Nel terzo capitolo la questione della pena di morte è inserita in un contesto più
ampio di sensibilità attuale verso la vita umana. L’enciclica Evangelium Vitae pone,
LA PENA DI MORTE
tra i segni di speranza di una cultura della vita, l’avversione alla guerra e la sensibilità
verso l’ecologia. Partendo dal Concilio Vaticano II e utilizzando testi del Magistero
pontificio ed ecclesiale, si mostra l’accrescersi di questa sensibilità anche all’interno
della Chiesa, considerando prima la questione della guerra e della pace e poi la
questione dell’ecologia e dell’ambiente.
Nel corso di questi ultimi decenni si può notare una ostilità crescente dei cristiani
verso la guerra ed un’attenzione maggiore verso le questioni ecologiche. Si mostra
come il motivo di tutto ciò non è legato solo alla novità dei problemi che vengono
posti dalla realtà nella quale si vive o ad una acritica assunzione di categorie di
pensiero della società odierna, ma dipende anche da un approfondimento del valore e
dell’importanza della vita umana.
Il quarto capitolo è dedicato alla presentazione di alcuni elementi di etica della vita.
Si parte dalla Sacra Scrittura, in particolare dal Vangelo di Giovanni, data la
singolare importanza che esso ha all’interno della enciclica Evangelium Vitae. Dal
quarto Vangelo si traggono alcuni spunti significativi per l’elaborazione di un’etica
della vita forte e consistente. Si passa poi a S. Tommaso, di cui si colgono le
affermazioni principali che egli fa a proposito della vita umana, nella questione in cui
parla del suicidio. Si giunge quindi al recente Magistero ecclesiastico, in particolare la
Evangelium Vitae, già studiata riguardo alla pena di morte ed ora di nuovo analizzata
per la sua proposta di etica della vita. Si cerca di ritenere quelli che sono gli elementi
principali, secondo il testo pontificio, del valore della vita umana (vita come bene,
vitacome valore religioso per la sua origine e la sua finalizzazione in Dio, vita come
realtà sacra ed indisponibile). Infine si studia il pensiero di teologi morali
contemporanei, che hanno prodotto delle riflessioni sulla vita umana. Si considerano
autori di diverse aree linguistiche e di diversa formazione e impostazione teologica,
presentando il loro pensiero in modo da far risaltare alcuni elementi comuni ed alcuni
aspetti che ritornano maggiormente nella riflessione teologica contemporanea.
Da tutti gli elementi raccolti nello studio effettuato, vengono individuati alcuni
passaggi nevralgici, alcuni concetti chiave che necessitano di essere ulteriormente
sviluppati. Si propongono quindi delle riflessioni critiche su quanto emerso dai dati
biblici, magisteriali e teologici, al fine di poter elaborare un’etica della vita che sia
basata su principi chiari, non equivoci e sufficientemente fondati. Infine si traggono
INTRODUZIONE
alcune conclusioni generali, raccogliendo gli elementi comuni e più fondamentali
evidenziati dalla ricerca svolta per edificare un’etica della vita forte, coerente e
consistente.
Il quinto capitolo tratta del rapporto tra autorità dello Stato e diritto alla vita.
Si studiano il carattere e le strutture fondamentali dello Stato, soprattutto nella
forma democratica, se ne considera la comprensione recente, con la sempre maggiore
tendenza a fare di essa non un sistema politico con una finalità, ma semplicemente una
procedura che garantisca il rispetto di tutti. Il punto decisivo consiste in ciò che
dovrebbe essere a fondamento della democrazia e ciò che dovrebbe essere la sua
finalità, cioè rispettivamente il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo,
primo fra tutti il diritto alla vita, e la promozione del bene comune. Si esamina poi
anche la questione della distinzione fra innocente e non innocente. Tutto questo
discorso viene applicato alla pena di morte, mostrando come la sua legittimazione in
pratica rischia di minare il fondamento dello Stato di diritto ed essere pregiudizievole
per il conseguimento della finalità sua propria.
Nel sesto ed ultimo capitolo si rivolge l’attenzione alla novità e al valore profetico
del messaggio cristiano, alla necessità della coerenza dell’etica cristiana sulla vita, al
ruolo che sono chiamati a svolgere la Chiesa ed i cristiani nella promozione di un
mondo nuovo, al Vangelo come principio di rinnovamento e di evoluzione morale
dell’umanità. La conclusione non può che essere l’affermazione della necessità che i
cristiani siano oppositori della pena di morte, se vogliono essere realmente coerenti
con il Vangelo e capaci di annunciare e anticipare una società nuova.
Come conclusione del capitolo e di tutto il lavoro, ci si interroga su possibili o
prevedibili sviluppi del Magistero sulla pena di morte: senza lasciarsi troppo
condizionare da quello che si spera che venga detto dal Magistero della Chiesa, si
presenta in modo realistico quello che potrebbe essere, in base ai passi fatti negli
ultimi tempi, lo sviluppo futuro della posizione ufficiale della Chiesa.
Le fonti utilizzate nello svolgimento dell’elaborato sono le fonti classiche della
teologia: la Sacra Scrittura, prima di tutto, studiata sia in riferimento alla pena di
morte, sia per la proposta di un’etica della vita; la Tradizione ecclesiale, con
particolare attenzione agli autori più significativi, cioè i Padri e S. Tommaso; il
Magistero, specialmente quello più recente, a partire dal Concilio fino ai nostri giorni,
LA PENA DI MORTE
in cui spicca l’enciclica Evangelium Vitae. È stato studiato e presentato anche il
contributo che la teologia morale contemporanea ha offerto non direttamente sul tema
della pena capitale, ma riguardo al tentativo di elaborazione di un nuovo paradigma di
etica della vita. Infine si è fatto ricorso anche a studi specifici nell’ambito del pensiero
giuridico e politico, limitatamente agli autori più importanti, nel trattare del tema della
pena capitale in una visione dialettica tra diritto alla vita e autorità dello Stato.
Un ruolo del tutto particolare ha nel lavoro l’enciclica Evangelium Vitae, cui si è
fatto riferimento più volte: prima, ovviamente, per una presentazione ed un giudizio
sulla “novità” dell’insegnamento in essa contenuto riguardo alla pena di morte; una
seconda volta, nella analisi degli elementi fondamentali che il documento presenta per
l’elaborazione di un’etica della vita umana; infine, per la proposta positiva di una
cultura della vita, cui sono chiamati soprattutto i cristiani, assumendo il Vangelo come
criterio di giudizio e guida nell’agire.
Il lavoro è stato condotto non partendo da una posizione di impossibile neutralità,
ma dall’avversione alla pena capitale da parte di chi scrive. Tuttavia si è cercato, nel
modo più obiettivo possibile, di cogliere le ragioni a suo favore, nella convinzione che,
se essa è stata ammessa da tanto tempo da parte di tutta l’umanità e anche dalla
Chiesa, ciò deve essere avvenuto sulla base di argomenti e motivazioni che
razionalmente hanno una loro validità. Inoltre è contraria alla personale indole
dell’autore di questo lavoro la critica superficiale del passato, specialmente per quanto
riguarda la Chiesa, e la presunzione di essere noi, oggi, più attenti ed evangelici nel
giudizio su tante questioni controverse, a differenza di quelli che ci hanno preceduto,
spesso con troppa facilità giudicati negativamente.
La speranza è di contribuire a portare un po’ di luce su un tema controverso, ma
soprattutto di favorire, in qualche modo, il cammino dell’umanità verso la totale
abolizione della pena di morte nel mondo.
CAPITOLO 1
Argomenti contro e pro la pena capitale
Iniziamo la nostra riflessione sulla pena di morte presentando, in modo critico e
documentato, le argomentazioni in genere addotte dagli abolizionisti per la sua
immoralit� e la conseguente cancellazione dai codici penali e dai sostenitori per la sua
legittimit� e quindi per il mantenimento. Abbiamo cercato di raccoglierne il pi�
possibile, differenziandole anche quando si tratta di argomenti in parte simili, per
mostrare in modo completo il quadro della situazione, senza passare sotto silenzio ci�
che appare essere meno importante. Questo comporta a volte una certa
sovrapposizione e conseguente ripetizione di alcuni argomenti, tuttavia � pi�
funzionale allo scopo che ci siamo proposti, perch� consente di poter esprimere una
valutazione pi� completa ed obiettiva sul valore complessivo delle varie
argomentazioni. Nel presentare queste ragioni contro e pro la pena capitale, si � partiti
da un dato di fatto: la pratica legittimazione che ad essa viene dalla storia, almeno fino
a qualche decennio fa. Questo significa che, a parit� di altre condizioni, la pena
capitale gode di un certo favore, dovuto al fatto concreto di esistere, o di essere
esistita, pressoch� in tutti i tempi e in tutti i popoli. Sta a chi invoca la sua abolizione
fornire delle ragioni sufficienti (�onere della prova�), per cui le argomentazioni che
presenteremo contro la pena di morte saranno pi� consistenti e numerose di quelle a
favore.
1. Argomenti contro la pena di morte
Le argomentazioni che in genere si portano contro la pena di morte sono molte, di
diverso genere, tenore e validit�, influenzate da presupposti etici, religiosi, ideologici o
anche politici differenti; sostanzialmente si possono raggruppare in due categorie:
1.1 Argomenti pragmatici, fattuali
LA PENA DI MORTE
Chi ricorre a questo tipo di argomentazione in genere accetta praticamente la pena
di morte in linea di principio, cio� la legittimit� dello Stato o della pubblica autorit� di
ricorrere alla pena capitale per alcuni delitti di particolare gravit�, primo fra tutti
l�omicidio, ma sostiene che oggi, nella situazione dell�odierna societ�, considerando
l�efficienza del sistema carcerario, essa � di fatto superata, inopportuna, anacronistica.
Per questo se ne auspica l�abolizione.
In pratica questa � la posizione del Catechismo della Chiesa Cattolica, nella sua
prima versione del 1992 dove si sostiene che:
�L�insegnamento tradizionale della Chiesa ha riconosciuto fondato il diritto e il dovere
della legittima autorit� di infliggere pene proporzionate alla gravit� del delitto, senza
escludere, nei casi di estrema gravit�, la pena di morte [�] Se i mezzi incruenti sono
sufficienti per difendere le vite umane dall�aggressore e per protegger l�ordine pubblico e
la sicurezza delle persone, l�autorit� si limiter� a questi mezzi, poich� essi sono meglio
rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono pi� conformi alla dignit� della
persona umana�
1
.
Anche l�enciclica Evangelium Vitae del 1995, pur essendo stata considerata da
qualcuno come una sorta di smentita del Catechismo in tema di pena di morte, in realt�
non ne contesta la legittimit� teorica, ma si limita a dire che i casi in cui non �
possibile ricorrere a metodi incruenti �sono ormai molto rari, se non addirittura
praticamente inesistenti�
2
.
La nuova e definitiva edizione del Catechismo, del 1997, riprende alla lettera
l�enciclica appena citata, mantenendo quindi, in linea di principio, la legittimit� della
pena di morte, pur facendo capire che oggi non ha pi� senso questa sanzione
3
.
� questa anche la posizione che si riscontra in alcuni teologi soprattutto a partire
dagli anni �60, quando non si metteva in discussione il principio accettato dalla Chiesa
1
Catechismo della Chiesa Cattolica, 8 dicembre 1992, nn. 2266-2267.
2
GIOVANNI PAOLO II, �Enciclica Evangelium Vitae�, 25 marzo 1995, n. 56.
3
Cfr. Catechismus Ecclesiae Catholicae, Editio Typica, 15 agosto 1997, nn. 2266-2267.
CAP. I ARGOMENTI CONTRO E PRO LA PENA CAPITALE
di poter infliggere la pena capitale, ma si faceva notare l�inopportunit� attuale di tale
sanzione penale.
4
1.2 Argomenti di principio
A questo livello la pena di morte viene contestata pi� radicalmente: si sostiene
infatti che non sia legittimo da parte dell�autorit� pubblica mettere a morte qualcuno,
poich� la vita umana � un bene indisponibile e quindi non pu� essere considerata come
un mezzo in vista di un fine, sia pur buono. Il dovere di promuovere il bene comune e
di garantire la difesa dei cittadini e quindi, per quanto possibile, la pace sociale, non
pu� mai legittimare la soppressione deliberata di un essere umano. Questa posizione si
radica sul riconoscimento del valore della dignit� umana, che comporta il dovere di
rispettare sempre e comunque la vita di ogni uomo, anche quando si fosse macchiato
di gravi delitti.
Questo argomentazioni si ritrovano nella Chiesa in alcuni teologi come L. Rossi,
Concetti, Aubert, Bl�zquez, in alcuni articoli di Civiltà Cattolica, nella presa di
posizione di alcuni episcopati negli anni �70 e �80 ed anche nel pensiero �laico� a
partire dall�Illuminismo fino ai nostri giorni, nelle associazioni umanitarie che lottano
per i diritti umani, come �Amnesty International� e �Nessuno tocchi Caino�
5
.
Cominciamo dunque con la presentazione e l�analisi delle argomentazioni di tipo
pragmatico.
4
Cfr. A. MESSINEO, �Il diritto alla vita�; J. VERNET, �Peine capitale, peine perdue�; G. PERICO,
�La pena di morte�.
5
Cfr. L. ROSSI, �Pena di morte�; G. CONCETTI, �Pu� ancora ritenersi legittima�; ID., �Inviolabilit�
della vita umana�; COMMISSIONE SOCIALE DELL�EPISCOPATO FRANCESE, �Elementi di
riflessione�; J.M. AUBERT, Chr�tiens et peine de mort; �Riflessioni sulla pena di morte�; N.
BL�ZQUEZ, Estado de derecho; AMNESTY INTERNATIONAL, Un errore capitale.
LA PENA DI MORTE
1.1.1 La pena di morte non ha effetto deterrente
Il primo argomento parte dalla considerazione di quella che deve essere una delle
funzioni della pena, cio� il suo valore esemplare o dissuasivo o deterrente.
6
Siamo nel
campo della cosiddetta prevenzione generale: lo Stato deve difendersi dai criminali sia
mettendoli nella condizione di non nuocere, sia cercando di dissuadere altri dal
commettere delitti. Si ritiene che la pena di morte possa svolgere la sua funzione
preventiva ed intimidatoria attraverso tre meccanismi: l�eliminazione, la
moralizzazione e la deterrenza, appunto. L�eliminazione del reo � certamente un
metodo sicurissimo per neutralizzare per sempre il criminale e prevenire altri eventuali
delitti, tuttavia esso sarebbe veramente efficace se �la pena capitale fosse applicata
ampiamente e frequentemente, essa fosse il solo mezzo di effettiva neutralizzazione
per assassini pericolosi, gli assassini come gruppo fossero noti per avere un alto grado
di recidiva
7
�. Secondo gli studiosi, tutte e tre queste condizioni non si verificano,
perch� essa � in realt� applicata raramente e a volte quasi con vergogna nei Paesi
mantenitori, non � il solo mezzo usato per neutralizzare i criminali, anzi, � un mezzo
straordinario, non esiste un alto tasso di recidiva tra gli assassini
8
. Dunque il primo
meccanismo di prevenzione e di intimidazione fallisce. Riguardo al secondo, la
cosiddetta moralizzazione, parleremo pi� diffusamente in seguito; per ora accenniamo
solo al fatto che si pensa che la denuncia ela punizione di gravissimi delitti attraverso
la pena di morte possa portare la popolazione ad aborrire il crimine e tenere in alta
considerazione la vita umana. Ma in realt� la pena capitale ha un effetto brutalizzante e
negativo su tutti coloro che vi sono coinvolti.
Per la deterrenza in senso stretto, spesso la convinzione che la pena capitale,
essendo la pi� grave delle sanzioni penali, abbia il massimo effetto dissuasivo � basata
su una supposizione non dimostrata, su un�impressione emotiva. Infatti questa
6
Ad essere precisi, l�esemplarit� di una pena � una realt� leggermente diversa dal suo effetto
deterrente, perch� consiste nel comminare una sanzione penale esagerata rispetto al delitto, perch�
serva di esempio. Si parla invece di effetto deterrente per una condanna che in s� � giusta, ma che
svolge anche questa funzione dissuasiva.
7
E.A. FATTAH, �Il dibattito in corso�, 200
8
Cfr. E.A. FATTAH, �Il dibattito in corso�, 201.
CAP. I ARGOMENTI CONTRO E PRO LA PENA CAPITALE
funzione deterrente nei confronti di potenziali criminali non � stata mai provata
scientificamente. Molte ricerche statistiche sono state realizzate per vedere se
l�abolizione o la reintroduzione della pena capitale abbiano causato una diminuzione o
un aumento dei delitti, ma non si � mai giunti a risultati definitivi, anche perch� in
genere l�abolizione della pena di morte dall�ordinamento giuridico di un Paese �
preceduta da diversi anni di moratoria delle esecuzioni. Questo rende difficile
un�analisi statistica precisa, richiede molti anni di ricerca, anni duranti i quali
cambiano tante situazioni nel contesto sociale ed economico e quindi un eventuale
aumento o diminuzione dei delitti potrebbe essere ascritto a molteplici fattori. �
comunque certo un dato: �La pena di morte non presenta in generale una maggiore
efficacia deterrente rispetto alla carcerazione a vita. [Anzi], talune ricerche sembrano
addirittura suggerire un effetto criminogeno di detta pena�.
9
D�altronde gi� Cesare Beccaria, considerato l�iniziatore del movimento, sorto ai
tempi dell�Illuminismo, contrario alla pena di morte, sosteneva che non � la severit�
della pena a scoraggiare i criminali, ma la certezza di essa
10
. Un potenziale criminale �
molto pi� intimidito dall�alta probabilit� di essere preso e punito, nel caso in cui
commette un delitto, che non dal sapere che il codice penale prevede la pena di morte,
ma � molto facile sfuggire alla legge.
Inoltre il presunto effetto deterrente della pena di morte viene in pratica negato dagli
stessi fautori della pena e dagli Stati in cui essa si applica. Infatti, affinch� l�effetto
dissuasivo sia pi� forte, l�esecuzione della pena dovrebbe essere il pi� possibile
pubblica, mentre oggi si assiste, in genere, alla tendenza a nasconderla sempre di pi�. I
casi in cui l�esecuzione avviene pubblicamente sono esecrati dagli stessi sostenitori
della pena capitale.
Sulla totale inefficacia pratica della pena di morte a distogliere i criminali dal
commettere reati � nota, fra l�altro, l�osservazione ironica di Voltaire, che osservava
come la maggior parte di furti avveniva proprio durante l�esecuzione delle pene
9
G. PIFFER, �L�efficacia general-preventiva�, 370; cfr. anche S. FEMMINIS, �La pena di morte�,
429: �Non esiste alcuna prova scientifica del fatto che le esecuzioni abbiano un effetto deterrente
maggiore rispetto all�ergastolo ed � improbabile che si ottenga mai questa prova� (grassetto nel testo).
10
Cfr. C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, 81: �Non � l�intensione della pena che fa il maggior
effetto sull�animo umano, ma l�estensione di essa�.
LA PENA DI MORTE
capitali, ai danni degli �spettatori�!
11
Infatti diverse ricerche mostrano come, negli
Stati dove vige la pena di morte ed � (o era) pubblica, la gran parte dei criminali aveva
assistito ad un�esecuzione, a volte commettendo furti proprio a danno delle altre
persone che erano distratte dallo �spettacolo� della condanna.
12
La convinzione che la pena capitale possa avere un effetto deterrente conduce a
conseguenze paradossali; se infatti essa � capace di distogliere i potenziali criminali
dal commettere il male, allora dovrebbe essere applicata il pi� possibile: pi�
esecuzioni, pi� forte la dissuasione. Cos� da una parte la pena di morte dovrebbe
portare ad una diminuzione dei delitti, ma d�altra parte il calo dei delitti, e quindi delle
relative condanne e applicazioni della pena capitale, avrebbe l�effetto di non rendere
frequente l�uso di un mezzo dissuasivo efficace. La conseguenza sarebbe, in definitiva,
un aumento dei reati. Tutto ci�, evidentemente, � contraddittorio.
Oltre a tutto questo, occorre dire che la contestazione dell�effetto deterrente della
pena di morte tocca anche un livello pi� profondo, cio� la considerazione che l�essere
umano non pu� mai essere trattato come un mezzo in vista di un fine, come sosteneva
I. Kant (che per� accettava la pena di morte per altri motivi). Difendere la pena
capitale come strumento che serve per dissuadere altri potenziali criminali, oltre che
praticamente falso, � anche profondamente ingiusto, perch� significa considerare la
punizione che si infligge ad un essere umano non tanto a partire dalla sua �giustezza�,
ma in relazione al fine buono che ne pu� derivare. Se anche si dimostrasse che questo
fine buono si pu� effettivamente perseguire, ci� non potrebbe autorizzare a sopprimere
una vita umana. Non ogni mezzo � infatti lecito per ottenere un fine buono.
Al termine della presentazione del primo argomento usato dagli abolizionisti contro
la pena di morte, occorre fare un�osservazione: questo argomento ha un certo impatto,
dovuto alla conferma delle ricerche statistiche, ma anche una sua debolezza. Se infatti
�si potesse dimostrare in modo inconfutabile che la morte ha, per lo meno in
11
Cfr. J. TOULAT, Un combat pour la vie, 89: �A l��poque o� les voleurs � la tire �taient pendus, les
pickpockets exer�aient leurs talents parmi les badauds qui entouraient la potence�Trois bourreaux
eux-m�me qui avaient souvent mani� la corde fatale commirent par la suite des crimes passibles de la
potence�.
12
Cfr. F. TARGOŃSKI, �La pena di morte�, 215: �Una statistica, stabilita in Inghilterra all�inizio del
secolo, dimostra che su 250 impiccati, 170 avevano gi� assistito personalmente ad una o a due
esecuzioni capitali. Ancora nel 1866, su 67 condannati a morte, che erano sfilati nella prigione di
Bristol, 64 avevano assistito almeno ad una esecuzione�.
CAP. I ARGOMENTI CONTRO E PRO LA PENA CAPITALE
determinate situazioni, un potere di dissuasione maggiore di altre pene, dovrebbe
essere mantenuta o ripristinata. Non ci si pu� nascondere la gravit� dell�obiezione
13
�.
Non� quindi opportuno insistere su questo argomento, anche se per il momento sembra
confermato dai fatti, perch� � troppo legato ai dati empirici che si hanno a
disposizione. Questo spiega anche la �delusione� degli oppositori della pena capitale
per la posizione recente della Chiesa espressa nel Catechismo e in Evangelium Vitae,
di cui abbiamo dato conto all�inizio del capitolo: dire che oggi i casi i cui i metodi
incruenti non sono sufficienti �sono rari, se non inesistenti�, per quanto limiti quasi
del tutto la liceit� dell�applicazione pratica della pena di morte, la lascia pur sempre
soggetta al giudizio della storia e delle diverse situazioni politiche o culturali.
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N. BOBBIO, L�et� dei diritti, 199-200.