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Fenomeno, dunque, quello del lavoro tra i giovani, che pu� essere
preso come cartina al tornasole di processi sociali ed economici pi� ampi
che inevitabilmente e in maniera possente si manifestano nei singoli
percorsi individuali, tutti diversi l�uno dall�altro, eppure legati da fattori
comuni ad un vivere collettivo.
Proprio l�indagine di questo affascinante connubio tra individuo e
processi che riguardano il sociale e le sue manifestazioni nell�attuale
mercato del lavoro � uno degli scopi della presente ricerca.
La curiosit� rispetto agli ultimi risvolti del mondo attuale del lavoro, la
possibilit� di ascoltare la voce reale dei lavoratori nel dare senso ai loro
percorsi professionali e di vita ad esso correlati, insieme all�interesse e alla
voglia di approfondire gli approcci e gli strumenti mediati dalla Psicologia
di Comunit�, sono alla base della mia motivazione.
Inoltre sono stato attratto dalla possibilit� di inserirmi in un gruppo di
lavoro sull�argomento presso la cattedra di Psicologia di Comunit� della
Prof.ssa Donata Francescato e di apportare il mio contributo ad una ricerca
di pi� ampio respiro gi� avviata da tale cattedra che ha visto e vede tuttora
impegnati altri laureandi nell�indagine di tale macro settore.
Nel primo capitolo si introduce l�argomento, con particolare
attenzione al percorso storico che ha portato dal fordismo all�era della New
Economy, e si pone l�accento sulle varie chiavi interpretative dei fenomeni
trasformativi in atto. Inoltre si fa menzione delle previsioni di noti studiosi
riguardo al futuro del lavoro in una societ� altamente informatizzata come
la nostra.
Nel capitolo secondo si focalizza l�attenzione pi� specificamente sulle
forme di lavoro subordinate e autonome, tenendo conto dei mutamenti
6
contestuali ed economici degli ultimi anni. Partendo da una situazione
planetaria di globalizzazione economica, si arriva alla condizione specifica
dei giovani lavoratori italiani alle prese con il lavoro dipendente, o ci� che
rimane di esso, e con le sempre pi� diffuse forme del mettersi in proprio a
livello lavorativo. Vengono menzionati i principali riferimenti normativi e
legislativi, le forme contrattuali, i vincoli e le possibilit� delle due forme
lavorative prese in considerazione: lavoro autonomo e lavoro dipendente.
Il capitolo si conclude riportando una serie di recenti indagini e
ricerche condotte sui giovani in riferimento a questo nuovo contesto sociale
di inserimento.
Nel terzo capitolo viene presentata le ricerca condotta dalla cattedra di
Psicologia di Comunit� che mira ad indagare non solo la relazione che
sussiste tra le nuove generazioni e il mercato del lavoro, ma anche diversi
ambiti, come la gestione del tempo libero, la gestione del denaro,
l�impegno politico, i vissuti e le influenze della famiglia di origine nella
scelta lavorativa, al fine di fornire un quadro generale e al contempo
specifico di quali siano le caratteristiche che determinano la qualit� della
vita delle nuove generazioni che si trovano da poco introdotte nel mondo
del lavoro.
Vengono, inoltre, descritti i primi risultati della ricerca verificati da tre
tesi portate a compimento presso la cattedra.
In tale contesto in trasformazione gli Psicologi di Comunit� hanno
l�opportunit� di contribuire ad un maggiore accordo psicosociale tra i
singoli individui e le comunit� in cui essi sono inseriti, esaminando in
maniera costruttiva il presente e preparando, con la diffusione di
7
informazioni e mediante la formazione organizzativa, i lavoratori delle
nuove generazioni a mediare tra i contesti economici, sociali e personali.
Nel quarto capitolo viene riportata la ricerca esplorativa da me
condotta che mira ad indagare due gruppi di lavoratori: dipendenti e
autonomi.
Il quinto capitolo traccia le linee conclusive riportando i maggiori
risultati ottenuti dall�indagine oggetto di tesi.
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CAPITOLO I
LAVORO: UN MONDO IN CONTINUA TRASFORMAZIONE
1. L’era postindustriale: il postfordismo
Alla fine del XIX secolo Frederick Winslow Taylor inizi� una radicale
revisione critica dei processi lavorativi, elaborando un modello di
organizzazione scientifica del lavoro che egli stesso chiam� scientific
management, gettando le basi per quello che sar� definito periodo fordista.
Tra i singoli elementi del sistema moderno a base scientifica, quello
preminente era forse il principio di assegnare al lavoratore un compito ben
definito. Il lavoro di ogni prestatore d'opera veniva stabilito dalla direzione
in tutti i suoi dettagli e, nella maggior parte dei casi, ogni esecutore
riceveva complete istruzioni descrittive del compito affidatogli. Queste
prescrizioni specificavano non solo quello che si doveva fare, ma anche la
modalit�, e stabilivano esattamente il tempo assegnato per l'esecuzione.
Ogni volta che il prestatore d'opera riusciva a compiere il suo lavoro nella
forma prescritta e nei limiti di tempo stabiliti, riceveva un supplemento di
retribuzione.
Attraverso l�estensione delle capacit� manuali dei lavoratori concentrati in
un �unico luogo di produzione�, la fabbrica, questo modello mirava ad
aumentare la produttivit� agendo a livello organizzativo. La concezione
dell�uomo che derivava dal modello fordista era quella dell’Homo
economicus, mosso soltanto dalla molla del guadagno monetario
individuale; questa concezione costituisce uno dei capisaldi dell�ideologia
tayloristica.
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Molti autori sottolineano l�importanza e l�influenza del lavoro
dipendente-salariato, caratterizzante il modello fordista, sulla vita e sulle
abitudini dei lavoratori.
Il paradigma fordista � stato spesso rapportato ad un modello
meccanico basato su schemi lineari di causa-effetto: ripetibilit� dei
processi, prevedibilit� degli eventi futuri e dominabilit� dell�ambiente
rappresentano gli elementi caratteristici e peculiari di questo nuovo
assunto. L�impresa fordista si trova ad agire in un ambiente comunque
dominabile, sebbene complesso. Si vanno progressivamente creando
strutture imponenti e rigide, ma che permettono di esercitare un forte
controllo sulla tecnologia e sul mercato. La divisione del lavoro si sviluppa
per linee interne, il sapere � concentrato ai livelli superiori della gerarchia e
la catena del valore � governata da un unico centro di comando. Le
relazioni personali che si formano lungo tutta la scala sono inevitabilmente
di subordinazione e formali.
Negli ultimi cinquant�anni si � assistito all�abbandono dell�ormai
obsoleto modello fordista e al superamento della vecchia organizzazione
tayloristica del lavoro.
Il progressivo declino del fordismo lascia spazio a qualcosa di nuovo e
di pi� evoluto: il postfordismo.
Le cause principali del tramonto del fordismo sono senz�altro
complesse e soprattutto di varia origine: sociali, culturali, economiche,
tecnologiche e politiche. Un posto di prim�ordine � occupato
dall�innovazione tecnologica, in continua evoluzione ad un ritmo sempre
pi� incalzante, la cui applicazione offre al mondo economico ampie
opportunit� ritenute in precedenza impensabili o troppo costose.
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Le nuove tecnologie portano con s�, come naturale conseguenza, un
accesso pi� ampio e facilitato ai mercati e una progressiva caduta delle
barriere spazio-temporali; in sintesi conducono verso l�era della
globalizzazione e delle reti.
In seguito all�esaurimento dei �mercati vergini� sui quali si basava
l�assunto di sviluppo illimitato implicito nel modello fordista, l�impresa
odierna vede nel maggior coinvolgimento della forza lavoro un vantaggio
competitivo determinante, focalizzandosi su quello che De Masi chiama
�progresso organizzativo�, definendo cos� la tendenza verso organizzazioni
pi� flessibili, snelle, e pi� aperte al mercato.
�L�organizzazione di successo diventa perci� pi� orizzontale con una
leadership impegnata, oltre che nella direzione, nella crescita e
nell�autonomia dei suoi collaboratori� (Francescato, Tomai, riv. n.2, 1999).
L�esigenza di essere un�organizzazione pi� flessibile e pi� snella
nasce per poter affrontare la sfida della complessit�, dell�incertezza,
dell�indeterminatezza dei nuovi mercati.
L�impresa, sotto la spinta di queste forze, tende sempre di pi� a
delegare all�esterno vari cicli di lavorazione o di servizi interni,
mantenendo sotto la gestione diretta solo il core business, fenomeno
organizzativo che � stato definito outsorcing.
Nasce un nuovo contesto di cooperazione tra le imprese, e il flusso di
informazioni sostituisce progressivamente il flusso delle cose.
Cooperazione e fiducia diventano i nuovi principi cardine contrapposti al
principio fordista del controllo: le reti esterne di relazioni consentono
all�azienda di rinunciare ad un�ampia dose di controllo che prima si
11
esercitava lungo la catena del valore, e questa ricerca di flessibilit� e di
struttura snella si riflette anche entro i confini aziendali.
Ad esempio l�accresciuta importanza del nuovo ruolo del manager
consiste nel saper stimolare attraverso l�ascolto e la comunicazione le
migliori qualit� delle persone con cui interagisce e nel favorire
l�interazione del gruppo. Egli � sostenitore emotivo, intermediatore e
custode di conoscenze in ambienti altamente instabili e quindi
intrinsecamente fonte di stress.
Nel passaggio dall�era industriale all�era post-industriale, definita da
Toffler �la terza ondata� (Toffler, 1987), si pu� notare dunque un
cambiamento nella concezione del lavoro. Infatti mentre prima si parlava di
lavoro da svolgere unicamente in vista del guadagno, in tutta la sua fisicit�,
senza soffermarsi sulle sfumature ad esso connesse, oggi invece si parla di
realizzazione dell�individuo sul posto di lavoro, e del fatto che esso possa
contribuire a migliorarne la qualit� della vita.
La qualit� della vita di un individuo risulta essere infatti la risultante
dell�interazione di numerosi fattori sia oggettivi che soggettivi che
caratterizzano l�inserimento di un soggetto in un determinato contesto
sociale. Essa quindi pu� essere raggiunta tramite l�impostazione di
condizioni lavorative oggettivamente facilitanti, permettendo ai lavoratori
di percepire il loro ruolo attivo nel contesto sociale e ambientale di
riferimento e basandosi sulla cooperazione e sulla partecipazione in prima
persona.
Ci� che risalta � che �quando un individuo si attribuisce una certa
responsabilit� attiva e locus of control interno tende a conseguire misure
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pi� alte di soddisfazione personale, a parit� di gratificazioni obiettive
ricevute.� (Francescato, 1993, p. 233)
Tutto ci� comporta un lento declino della grande fabbrica come unit�
di tempo e spazio, scrive De Masi: �ne deriva la difficolt� di mobilitare
masse compatte di lavoratori creando il clima e la ridondanza emotiva con
cui era possibile prima mettere in agitazione un reparto, un�azienda, un
intero settore� (De Masi, 1999, p.152).
2. L’era della New Economy
�Con l�espressione rivoluzione industriale si intende un processo di
rapida e intensa trasformazione nell�organizzazione tecnico-economica
delle lavorazioni di materie prime accompagnato dalla meccanizzazione�
(www.itis-setificio.co.it)
La prima rivoluzione industriale cominci� in Inghilterra verso la met�
del Settecento, attraverso una diffusa meccanizzazione attuata grazie
all�applicazione della macchina a vapore in vari settori industriali e nei
trasporti, e mediante l�utilizzazione di una nuova fonte di energia: il carbon
fossile.
La seconda rivoluzione industriale ebbe luogo tra il 1860 e la prima
Guerra Mondiale e si basava invece sullo sfruttamento di una nuova fonte
di energia, il cosiddetto �carbone bianco�, cio� l�elettricit�.
All�alba del terzo Millennio � in atto un�interazione di sei nuove
tecnologie � microelettronica, informatica, telecomunicazioni, nuovi
materiali di sintesi, robotica e biotecnologia � per la creazione di ci� che gli
storici dell�economia chiameranno la terza rivoluzione industriale.
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La terza rivoluzione industriale, dunque, � quella tuttora in atto nei
paesi �avanzati� e si associa all�introduzione delle tecnologie informatiche
nel mondo della produzione e degli scambi.
Il termine New Economy designa proprio questa nuova rivoluzione
industriale avente come perno lo sviluppo tecnologico e telematico.
Termine introdotto nel 1997 da un giornalista americano del Business
Week, sta ad indicare il superamento della vecchia economia per una
nuova.
� Le ferrovie ridussero le distanze tra i mercati, Internet le annuller�. Il
mondo non ha ancora capito che il Duemila � l�anno primo dell�economia
globale� (Druker, www.its.co.it).
E� proprio di questi anni lo sviluppo del terziario avanzato in cui le
aziende esplicano servizi di informazione basati sull�uso dell�elettronica e
della telematica. La rivoluzione tecnologica ha favorito il decentramento
delle produzioni industriali e la divisione internazionale del lavoro. I
collegamenti informatici permettono i movimenti finanziari e la
conseguente mobilit� dei capitali sfruttata dalle multinazionali. Nel mondo
del nostro tempo il decentramento produttivo si manifesta dunque nel
fenomeno dell�industrializzazione diffusa o Globalizzazione.
Secondo De Masi � La globalizzazione non � un fenomeno recente.
Quella di cui si parla oggi � soltanto l�esito pi� elaborato di una perenne
tendenza umana ad esplorare e poi colonizzare tutto il territorio che si
ritiene esistente, fino a farne un unico villaggio sotto controllo� (De Masi,
1999, p. 63).
La rapidit� delle telecomunicazioni ha trasformato il mondo in un
unico villaggio globale, anche se, paradossalmente, si assiste alla
14
controtendenza del riconoscimento delle specificit� e dell�autonomia
politica di singole realt� regionali all�interno delle singole nazioni.
L�insieme di questi fenomeni determina una �Globalizzazione
psicologica� (De Masi, 1999, p. 168), cio� una uniformazione su scala
planetaria dei gusti e degli stili di vita. Viviamo in un� Europa che ingloba
pezzi provenienti da ogni altro continente, dialoghiamo in tempo reale
attraverso la posta elettronica, riusciamo ad avere informazioni su qualsiasi
argomento ed in qualsiasi momento grazie alla rete informatica Internet,
aprendo cos� la nostra finestra sul mondo. Tutto questo pu� provocare le
vertigini dell�onnipotenza, ma svela anche la nostra umana fragilit�,
gettando i lavoratori, le aziende, gli Stati in una gara sempre pi� assillante,
fra concorrenti sempre pi� numerosi e scaltri, con la probabilit� crescente
di perdere la posta in gioco.
3. Il lavoro cambia l’uomo: spazi e tempi della modernità
Le pi� grandi personalit� dell�economia mondiale, come l'economista
americano Lester C. Thurow, docente al Massachusetts Istitute of
Technology (MIT) e Jeremy Rifkin, Presidente della Foundation on
Economic Trends di Washington, concordano sul fatto che in questi ultimi
anni si sta assistendo ad una trasformazione estremamente rapida, sia
dell�economia mondiale sia del lavoro, a causa di quella che viene definita
terza rivoluzione industriale.
�Piaccia o meno, � questo il panorama della terza rivoluzione
industriale: la microelettronica, i computer, le telecomunicazioni, i
materiali per la progettazione, la robotica e la biotecnologia. Qui si decide
il presente e il futuro� (Thurow, 2000, www.ilsole24ore.it).
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L�uso sempre maggiore della tecnologia nella nostra vita quotidiana ci
sta portando verso un mondo che, sicuramente gi� fino a poco tempo fa, era
impensabile.
Con il processo che abbiamo definito di outsorcing , cio� la spinta da
parte delle aziende a delegare all�esterno vari cicli di lavorazione o di
servizi interni, assistiamo nell�era della New Economy all�affermarsi del
lavoro �indipendente� come nuovo paradigma lavoristico e ad un
progressivo fiorire di attivit� lavorative autonome.
La societ� dell�informazione ha �modificato l�atteggiamento
psicologico, antropologico dell�individuo, rendendolo fortemente
partecipativo alla realt� globale. Tale trasformazione psico-antropologica �
il sintomo di come l�informazione sia divenuta un bene di carattere
primario, di cui l�uomo non pu� fare a meno� (Frosini, 2001,
www.mediamente.rai.it).
La percezione dello spazio del lavoratore salariato nel modello taylor-
fordista era riferita a due "luoghi" nettamente distinti, due sistemi di regole
e culture separati, la casa e la fabbrica, l'abitazione e l'ufficio, il luogo della
vita privata, della famiglia, degli affetti, e il luogo del lavoro.
Con il postfordismo e la conseguente era della New Economy
assistiamo a una destrutturazione dei confini spazio-temporali del lavoro.
Il lavoro, nonostante le profonde modificazioni non ha perso la sua
rilevanza soggettiva ed esperienziale per la vita delle persone. Esso rimane
ancora il fattore pi� significativo per la costruzione di certezze sociali; si
configura inoltre come fattore di integrazione sociale; continua a
rappresentare uno spazio importante per la costruzione di relazioni
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interpersonali, per l�identit� individuale e la valorizzazione delle qualit�
personali.
La tesi sostenuta da H. Ford era: �Quando lavoriamo dobbiamo
lavorare, quando giochiamo dobbiamo giocare. Non serve a nulla cercare di
mescolare le due cose. L�unico obiettivo deve essere quello di svolgere il
lavoro e di essere pagati per averlo svolto. Quando il lavoro � finito, allora
pu� venire il gioco, ma non prima� (De Masi, 1999, p. 107). Sembra essere
un discorso remoto e totalmente atemporale in questa nuova era permeata
dall�uso delle alte tecnologie che sembrano smaterializzare i confini spazio-
temporali tipici del lavoro inteso in senso tradizionale.
Infatti nel mondo del lavoro contemporaneo non ci si basa pi�
esclusivamente sulla mera produzione materiale, ma sulla produzione di
idee e conoscenze, in un nuovo contesto dove spazio di lavoro e di non
lavoro sembrano perdere le barriere che li separano.
Mutano quindi i contesti socioeconomici, i modi di produrre e di
organizzare le imprese, l�ambiente di lavoro e l�uso del tempo, che tende
progressivamente a perdere la netta distinzione auspicata da Ford.
La velocit� con cui avvengono tali trasformazioni, che non ha
precedenti nella storia dello sviluppo umano, non permette la
sedimentazione delle esperienze e dell�apprendimento: si scopre che
l�accumulo di sapere di intere generazioni perde rapidamente importanza.
Al giorno d�oggi nella vita di ogni lavoratore, compresi quadri
intermedi e dirigenti, � frequente verificare cambiamenti di collocazioni
lavorative ripetute, oltre ad interruzioni continue dell�accumulo di
esperienza specifica. Tutto ci� comporta a livello personale il dover far
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fronte a situazioni altamente stressanti e ad alto rischio per la salute fisica e
psichica.
�Diminuiscono le possibilit� di impiego a vita in una stessa azienda, e
soprattutto le possibilit� di trovare un posto fisso, statale o garantito. Ma la
cultura della dipendenza, del posto fisso, degli aiuti statali ha spesso
contribuito al sottosviluppo individuale e collettivo.� (Francescato, 1998,
p.172)
Nella societ� industriale era possibile individuare una persistente
identit� all�insegna della scissione: del lavoro dalla casa, del proletariato
dalla borghesia, della pratica dall�estetica, della quantit� dalla qualit�, della
forma dal contenuto. Con il termine �postindustriale� si indica ormai in
tutto il mondo un modello nuovo di societ�, che si muove all�insegna della
connessione e della ricomposizione: tra lavoro e vita, tra casa e ufficio, tra
quantit� e qualit�, tra etica e affari, tra beni e servizi.
Di conseguenza si vanno sempre pi� affermando modelli di lavoro
�indipendente�, vale a dire meno legati ad un concetto di lavoro salariato,
con tempi e luoghi di lavoro meno rigidamente prestabiliti. E� il trionfo di
nuovi lavori che spesso sfuggono alle definizioni e ai canoni di valutazione
ufficiali. Si pensi al mondo dei collaboratori, dei lavoratori interinali, degli
autonomi e dei liberi professionisti.
�La prima caratteristica del lavoro indipendente � la domestication del
luogo del lavoro, � l'assorbimento del lavoro nel sistema di regole della vita
privata, anche se i due spazi, dell'abitare e del lavorare sono tenuti distinti.
Non occorre che il lavoro sia lavoro a domicilio o lavoro effettuato con
cooperanti familiari perch� ci sia domestication; è sufficiente che il luogo
di lavoro sia concepito come luogo dove vigono regole stabilite dal
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lavoratore indipendente medesimo, affinch� la cultura e le abitudini della
vita privata si trasferiscano sul luogo di lavoro. La prima conseguenza �
che l'orario di lavoro segue le abitudini, i cicli vitali, della vita privata.�
(Bologna, 1997, p.17)
Una inedita pervasivit� del lavoro nella vita privata, dunque, che porta
come diretta conseguenza il mutamento delle abitudini mentali rispetto a
diverse coordinate della vita civile.
Rispetto al lavoratore salariato del passato, che era abituato a
trascorrere la maggior parte della sua vita attiva in uno spazio non suo, ma
appartenente ad altri e che altri avevano plasmato e organizzato e dove altri
avevano scritto le regole da rispettare al suo interno, il nuovo lavoratore
indipendente sviluppa un senso di maggiore "propriet�" delle regole vigenti
all'interno degli spazi, quindi di minore accettazione delle regole altrui.
Mentre l'"alienazione" del lavoro salariato divideva l'individuo in due cicli
socio-affettivi, il ciclo della vita privata e il ciclo della vita lavorativa, la
(apparente) non alienazione del lavoro indipendente riduce l'esistenza a un
unico ciclo socio-affettivo, quello della vita privata.
Il sistema capitalistico, resosi conto che la domestication del lavoro ne
pu� accrescere la produttivit� e pu� evitare al lavoratore la fastidiosa
sensazione di essere "alienato", che la mobilit� abitazione-ufficio pu�
essere un costo sociale pesante e diventare un costo per l'impresa, guarda
oggi con favore a forme, come il telelavoro, che consentono di ricomporre
l'unit� tra luogo dell'abitare e luogo del lavorare.
Inoltre nel lavoro autonomo anche il senso del tempo assume sempre
pi� un carattere di specificit�. Si potrebbe dire che la differenza
fondamentale tra lavoro salariato e lavoro autonomo consiste nella diversa
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organizzazione del tempo di lavoro. Il tempo di lavoro del salariato � un
tempo di lavoro regolamentato, quello dell'indipendente � un tempo di
lavoro senza regole, dunque senza limiti.
Nel postfordismo diventa estremamente complesso il calcolo degli
orari di lavoro, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori autonomi, dove
la forma della retribuzione non � pi� commisurata a unit� di tempo
elementari (ora, mese), ma a una prestazione della quale viene determinato,
spesso in maniera generica, solo il risultato, cio� il prodotto, e il termine di
consegna del medesimo.
Un altro fattore di identificazione della giornata lavorativa sta nelle
cosiddette "regole non scritte del mercato", per cui se un lavoratore
autonomo si sottrae ai termini di consegna richiesti "esce dal mercato",
ossia subisce una forma di licenziamento temporaneo che gli consentir� di
riflettere sulla sua debolezza contrattuale e, nella maggior parte dei casi, lo
costringer� a tornare a testa bassa dal committente per vendersi a un prezzo
inferiore.
L'intensificazione dei ritmi di lavoro pu� essere provocata inoltre dalla
spinta al sempre maggior guadagno, opportunit� che il mercato consente al
lavoratore autonomo, mentre � negata al lavoratore salariato.
Una giornata lavorativa senza limiti non � la sola differenza nella
percezione del tempo di lavoro tra salariati e indipendenti.
Una seconda differenza riguarda la percezione del tempo inserita nella
progettualit� dell'esistenza. Il rischio immanente di fallimento � costitutivo
dello statuto del lavoro autonomo, la sensazione di camminare sul filo del
rasoio, con la possibilit� di passare rapidamente da benessere del ceto
medio all'indigenza, il cosiddetto "rischio povert�" dei lavoratori
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indipendenti, producono un abito socialpsichico incapace di progettare a
lungo termine.
Sarebbe fuorviante, tuttavia, caratterizzare la percezione del tempo di
lavoro del lavoratore indipendente solo in maniera negativa, come
intensificazione dello sfruttamento e insicurezza permanente. La rottura
dell'orario di lavoro normato e l'autorganizzazione del tempo di lavoro
hanno consegnato a una fetta importante della societ� moderna un nuovo
senso della libert�, un nuovo abito mentale nei confronti delle istituzioni e
dei processi di disciplinamento, hanno dislocato le frontiere della
democrazia e imposto all'individuo un governo della propria esistenza
capace di creare sistemi di vita migliori di quelli del lavoro salariato. E'
difficile tuttavia cogliere il senso "collettivo" di questa trasformazione, la
capacit� plasmatrice di una nuova civilizzazione, se ne colgono per ora gli
effetti a livello individuale.
�Ma qualunque ritorno indietro alla organizzazione tayloristica dello
spazio del lavoro possa essere immaginato, non sar� possibile cancellare
pi� il nuovo abito mentale del lavoro autonomo, nato dalla sovrapposizione
tra sfera socioaffettiva domestica e sfera del lavoro.
La domestication del lavoro � una condizione dell'uomo moderno, che
sta a lui saper usare come terreno di maggior libert� o maggior schiavit�.�
(Bologna, ibidem, p. 21)