4
questo fenomeno utilizzando esclusivamente i dati a nostra disposizione. Si è scelto
quindi di utilizzare metodi basati sul potente e flessibile paradigma delle reti neurali che
costituiscono un modo del tutto diverso di affrontare un problema rispetto a quello su
cui si fonda la modellizzazione classica. Invece di scrivere esplicitamente le regole
matematico-fisiche che definiscono il fenomeno, una rete neurale apprende il modello
attraverso una sorta di apprendimento di tipo imitativo esaminando dati che descrivono
il comportamento esterno del sistema di interesse.
Le reti neurali si dimostrano infatti particolarmente adatte per la risoluzione di problemi
aventi le seguenti caratteristiche [BISHOP95]:
• ampia disponibilità di dati da utilizzare nella fase di addestramento;
• difficoltà nell'individuare a priori un modello adeguato;
• necessità di elaborare nuovi dati in tempi brevi, o per il loro volume cospicuo o a
causa di qualche particolare esigenza che richiede risposte in tempo reale;
• necessità di un metodo di elaborazione "robusto" anche con dati in input "rumorosi".
Il principale svantaggio di una rete neurale consiste nella necessità di possedere
numerosi esempi per l’addestramento. Altri problemi possono derivare nel caso in cui si
cerchi di estrapolare risultati in regioni dello spazio di input che siano
significativamente differenti da quelle utilizzate in fase di addestramento.
La rete, tipicamente utilizzata in compiti di riconoscimento e classificazione, viene in
questo caso sfruttata per ricostruzione di funzioni o mapping. In particolare cerchiamo
di creare dei modelli di correlazione tra i dati utilizzati e la concentrazione nel futuro
dell'inquinante. Poiché tra i dati utilizzati vi sono frequentemente anche valori storici
della quantità di interesse, le reti eseguono in questo caso un compito di stima di serie
temporali.
Data la complessità del problema, la struttura della funzione ricostruita non è lineare,
quindi sono utilizzate reti con unità a valori continui e funzioni di trasferimento non
lineari.
I modelli di reti implementati e sperimentati per questo compito includono le reti a
strati, le mappe auto-organizzanti di Kohonen e le reti di funzioni base radiali. Inoltre
questi paradigmi sono stati combinati in modelli ibridi per sfruttare al meglio gli
specifici vantaggi delle singole architetture [DELL96].
Si deve inoltre considerare come queste tecnologie possano essere di estremo aiuto se
integrate in sistemi esperti per il monitoraggio ambientale [MEDS94] [LAM94]. Questi
sistemi infatti presentano delle limitazioni che possono essere superate se cooperanti in
un'unica struttura, come per esempio un geographic information system (GIS)
[BONF99]. Tipicamente le reti neurali non forniscono la spiegazione dei risultati che
ottengono al contrario dei sistemi esperti. Questi ultimi d'altro canto non riescono a
scoprire strutture nei dati storici come riescono a fare le reti neurali. Le diverse
caratteristiche delle due tecnologie suggeriscono come possano migliorarsi a vicenda.
Sarebbe opportuno infatti utilizzare, specialmente in problematiche ambientali, le due
tecnologie per risolvere le complesse problematiche risultanti, in modo che ogniuno dei
due sottosistemi possa affrontare un diverso aspetto del problema e fornire supporto
all'altro.
5
La tesi presenta la seguente struttura.
Nel primo capitolo vengono presentate le principali caratteristiche dell’inquinamento
atmosferico. Sono riassunte la fisica e la chimica di questo fenomeno, rilevando al forte
correlazione delle condizioni atmosferiche con la qualità dell’aria. Inoltre vengono
descritte le sorgenti degli inquinanti e le situazioni in cui comunemente avvengono
episodi di inquinamento elevato. Vengono descritti inoltre i principali parametri
meteorologici e viene rapidamente illustrata la tossicità dei principali agenti inquinanti.
Nella seconda parte del primo capitolo vengono descritti i paradigmi matematici più
comunemente utilizzati per modellizzare l’emissione e la dispersione di inquinanti.
Infine viene esposta la legislazione italiana riguardante l’inquinamento atmosferico
urbano.
Nel secondo capitolo sono descritti i dati meteorologici e di inquinamento a nostra
disposizione. In particolare viene esposta la loro provenienza e formato numerico.
Quindi è descritto il trattamento cui le misure utilizzate sono sottoposte per adeguarle
agli algoritmi implementati.
Nel terzo capitolo vengono descritti i paradigmi di reti neurali utilizzati in questo
lavoro. Viene fornita inizialmente una prima esposizione generale della storia e della
struttura delle reti, poi sono descritte in dettaglio le architetture e gli specifici algoritmi
di addestramento. In particolare vengono esposte le caratteristiche delle reti a strati,
della mappa auto-organizzante di Kohonen e delle reti di funzioni base radiali (RBFN)
Il quarto capitolo descrive i possibili approcci al problema della previsione di inquinanti
e, in particolare, la possibilità di affrontarli con algoritmi basati sulle reti neurali.
Vengono giustificate le motivazioni di tale approccio e sono sintetizzati alcuni lavori
correlati alle tematiche di interesse.
Il quinto capitolo presenta una descrizione dettagliata dell’implementazione delle tre
architetture utilizzate: EST_MLP, EST_KOHO, EST_RBFN. Inoltre sono presentati i
data set selezionati per la sperimentazione ed i risultati delle prove eseguite con le
diverse architetture.
Segue una discussione sulle conclusioni raggiunte.
6
CAPITOLO 1
INQUINAMENTO ATMOSFERICO
1.1 Fisica dell'inquinamento
L'aria è una miscela eterogenea formata da gas e particelle di varia natura e dimensioni.
La sua composizione si modifica nello spazio e nel tempo per cause naturali e dovute
all'uomo, cosicché risulta arduo definirne le caratteristiche di qualità.
L'impossibilità di individuare le proprietà di un ambiente incontaminato di riferimento
induce ad introdurre il concetto di inquinamento atmosferico stabilendo uno standard
convenzionale per la qualità dell'aria.
Si ritiene quindi inquinata l'aria la cui composizione eccede limiti stabiliti per legge allo
scopo di evitare nocivi effetti sull'uomo, sugli animali, sulla vegetazione, sui materiali o
sugli ecosistemi in generale.
I fenomeni di inquinamento sono il risultato di una complessa competizione tra fattori
che portano ad un accumulo degli inquinanti ed altri che invece determinano la loro
rimozione e diluizione in atmosfera. L'entità e le modalità di emissione (sorgenti
puntiforme, sorgenti diffuse, altezza dell'emissione, ecc.), i tempi di persistenza degli
inquinanti, il grado di mescolamento, sono alcuni dei principali fattori che producono
variazioni spazio-temporali della composizione dell'aria.
I principali meccanismi di rimozione possono essere di tipo fisico (lavaggi dovuti alle
piogge, assorbimento su solidi o nel terreno, assorbimento nei diversi sistemi idrici), di
tipo biologico (reazioni prodotte dalla respirazione delle piante e dei batteri presenti nei
terreni), di tipo chimico (reazioni chimiche semplici, catalitiche o fotochimiche). Non
sempre l'evoluzione chimica degli inquinanti va nel senso di favorire la riduzione
dell'inquinamento, talvolta i prodotti delle trasformazioni sono più nocivi di quelli
originari.
1.1.1 Sorgenti inquinanti
Anticamente le uniche sorgenti di inquinamento atmosferico erano quelle di origine
naturale. Tra queste sono da citare gli incendi, le erosioni eoliche dei terreni senza
vegetazione, le eruzioni vulcaniche e i processi degradativi di tipo biologico della
sostanza organica.
Le sorgenti di origine antropica sono però la vera causa dell'inquinamento atmosferico.
La gran quantità di veleni immessi in atmosfera dalle attività umane ha, infatti,
compromesso il complesso equilibrio della biosfera minacciando le forme di vita
presenti sulla terra.
Le emissioni possono essere suddivise in tre categorie principali a seconda della
sorgente che le genera:
7
- attività produttive di tipo industriale, artigianale o di servizio;
- traffico veicolare;
- processi di combustione per la produzione di calore (impianti termici industriali e
domestici).
Nelle aree urbane le principali sorgenti di inquinamento sono il traffico veicolare e il
riscaldamento degli edifici. A queste sorgenti di tipo diffuso spesso si aggiungono
sorgenti puntiformi quali industrie, inceneritori di rifiuti, impianti per la produzione di
energia, ecc., che per la loro localizzazione, interna o relativamente prossima all'area
urbana, contribuiscono all'inquinamento della zona.
Il traffico veicolare, con il progressivo aumento del numero di veicoli circolanti, è una
delle sorgenti di inquinamento più importanti, soprattutto nelle aree urbane. Le
emissioni da traffico veicolare hanno una distribuzione abbastanza omogenea lungo le
principali vie di comunicazione e sono quindi assimilabili a sorgenti lineari a livello del
suolo.
In ambiente urbano, il traffico veicolare è responsabile della quasi totalità delle
emissioni di monossido di carbonio (CO), della maggior parte degli ossidi di azoto
(NO
X
) e dei composti organici volatili non metanici (COVNM) nonché di buona parte
delle particelle totali sospese (PTS) con granulometria inferiore ai 2 µ m.
A causa di una combustione mai perfetta i motori a combustione interna producono
emissioni inquinanti, soprattutto idrocarburi, monossido di carbonio e ossidi di azoto. A
questi, poi, si aggiungono le emissioni delle autovetture a gasolio, ossidi di zolfo (SO
2
)
e particolato costituito in prevalenza da particelle carboniose e fosfati mentre, per le
emissioni da motori a benzina, contaminanti tossici come benzene, butadiene, aldeidi ed
idrocarburi policiclici aromatici (IPA), tra cui il benzo(α )pirene.
La recente eliminazione del piombo dalle benzine non ha quindi risolto il problema
dell'emissione di "veleni" dalle automobili; anzi, le cosiddette benzine "verdi" si stanno
rivelando più insidiose che quelle tradizionali poiché contengono una maggior quantità
di idrocarburi aromatici (benzene, toluene, xileni, ecc.) in grado di esercitare effetti
tossici sull'organismo anche a basse concentrazioni.
Le emissioni degli impianti per il riscaldamento degli edifici hanno altezze variabili e
una distribuzione spaziale omogenea nei centri urbani, in quanto legate ai consumi
residenziali. Con la metanizzazione diffusa queste emissioni costituiscono attualmente
una fonte di scarso rilievo, grazie alla ormai completa sostituzione degli impianti che
impiegavano combustibili con presenza rilevante di zolfo. Rimangono comunque
responsabili di immissioni non trascurabili di ossidi d'azoto.
8
1.1.2 Cicli dell'inquinamento
La concentrazione dell'inquinamento è estremamente influenzata dal ciclo diurno. In
generale, per qualsiasi tipo di sorgente inquinante, le emissioni sono minori durante la
notte rispetto al giorno. Le ovvie motivazioni sono legate all'attività antropica. Un'altra
importante caratterizzazione periodica delle emissioni avviene durante il week-end.
Questa regolarità è influenzata dalle diverse abitudini della popolazione nei giorni
festivi.
Infine, vi è un ciclo stagionale associato ai cambiamenti meteorologici durante le
quattro stagioni, che influenzano le intensità delle emissioni così come il trasporto e la
diffusione degli inquinanti. Il fenomeno dello smog fotochimico, principale
responsabile dell’inquinamento da ozono, avviene principalmente d’estate mentre gli
inquinamenti urbani da diossido di azoto sono fenomeni tipicamente invernali.
1.1.3 Inquinanti primari ed inquinanti secondari
La possibilità che gli inquinanti reagiscano porta a distinguere tra inquinanti primari,
emessi direttamente in atmosfera, ed inquinanti secondari che si originano nell'aria per
trasformazione chimica. Gli inquinanti primari possono essere di tipo gassoso o
particellare. Tra i gas si segnalano in particolare [ZANN90]
- composti dello zolfo (SO
2
, H
2
S);
- composti dell'azoto (NO, NH
3
);
- composti del carbonio (idrocarburi, HC, CO);
- composti alogenati (HCI, HF, HBr, CFC);
Il particolato si classifica in ragione del diametro delle particelle: si considerano
grossolane quelle con diametro maggiore di 2.5 µ m. Si distinguono, inoltre, come
inalabili le particelle con un diametro minore di 10 µ m (PM10).
I principali inquinanti secondari di tipo gassoso sono:
- NO
2
formato da NO primario
- O
3
formato per via fotochimica
Entrambi questi gas intervengono nei complessi meccanismi di reazione che
costituiscono il cosiddetto smog fotochimico.
Naturalmente gli inquinanti atmosferici, sia primari che secondari, si caratterizzano per
la loro grande mobilità indotta dal trasporto convettivo e dispersivo.
9
1.1.4 Meteorologia dell'inquinamento atmosferico
Pressoché la totalità dei fenomeni di inquinamento atmosferico avviene nella porzione
più bassa dell'atmosfera chiamata Planetary Boundary Layer (Strato Limite Planetario),
o PBL. Il PBL comprende la parte di troposfera nella quale la struttura del campo
anemologico risente dell'influenza della superficie terrestre e si estende fino a oltre 1
km. di altezza.
I più importanti fattori meteorologici che interessano i fenomeni di inquinamento
atmosferico sono [ZANN90]:
- il vento orizzontale (velocità e direzione), generato dalla componente geostrofica e
modificato dal contributo delle forze d'attrito del terreno e da effetti meteorologici
locali, come brezze marine, di monte e di valle, circolazioni urbano-rurali, ecc.;
- la stabilità atmosferica, che è un indicatore della turbolenza atmosferica alla quale
si devono i rimescolamenti dell'aria e quindi il processo di diluizione degli
inquinanti;
- la quota sul livello del mare;
- le inversioni termiche che determinano l'altezza del PBL;
- i movimenti atmosferici verticali dovuti a sistemi baroclini od orografici.
L'importante ruolo assunto dalla stabilità atmosferica nella dispersione degli inquinanti
induce alcuni cenni su questo concetto.
Nella troposfera la temperatura normalmente decresce all'aumentare dell'altitudine. Il
profilo di temperatura di riferimento per valutare il comportamento delle masse d'aria è
quello osservato per una particella d'aria che si innalza espandendosi adiabaticamente.
Quando il profilo reale coincide con quello di riferimento, una particella d'aria, a
qualsiasi altezza venga portata, si trova in equilibrio indifferente, cioè non ha alcuna
tendenza né a salire né a scendere (atmosfera neutra). Quando la temperatura decresce
con l'altezza più velocemente del profilo di riferimento, le particelle d'aria ad ogni quota
si trovano in una posizione instabile poiché se vengono spostate sia verso il basso che
verso l'alto continuano il loro movimento nella medesima direzione allontanandosi dalla
posizione di partenza. Se, invece, la temperatura decresce con l'altezza più lentamente
del profilo adiabatico, o addirittura aumenta (situazione detta di inversione termica), le
particelle d'aria sono inibite sia nei movimenti verso l'alto che verso il basso e la
situazione è detta stabile.
Condizioni neutre sono dunque caratterizzate dalla presenza di un gradiente di
temperatura adiabatico e si verificano tipicamente durate le transazioni notte-giorno, in
presenza di copertura nuvolosa, o con forte vento.
Condizioni instabili si verificano quando il trasporto di calore dal suolo verso l'alto è
notevole, come accade nella giornate assolate.
Le condizioni stabili, che si verificano tipicamente in limpide notti continentali con
vento debole, sono più favorevoli ad un ristagno ed accumulo degli inquinanti.
I più gravi fenomeni di inquinamento si verificano in condizioni di inversione termica;
in questi casi, infatti, gli inquinanti emessi al di sotto della quota di inversione (a meno
di possedere un'energia meccanica sufficiente a forare l'inversione), non riescono ad
10
innalzarsi poiché risalendo si trovano ad essere comunque più freddi e dunque più
pesanti dell'aria circostante.
Concetto connesso a quello di stabilità atmosferica, e di diretto interesse nella
previsione degli inquinanti atmosferici, è la diffusione turbolenta. Il rapido ed irregolare
movimento di macroscopiche porzioni di fluido che caratterizza questo fenomeno
avviene a scale più grandi di quelle coinvolte nella diffusione molecolare, e perciò il
contributo di quest'ultima nella dispersione di inquinanti è trascurabile. Il livello di
turbolenza del PBL cresce al crescere della velocità del vento, della rugosità della
superficie terrestre e dell'instabilità atmosferica. La turbolenza, infatti, è indotta sia da
componenti meccaniche che da componenti termiche (forze di galleggiamento dovute
alla differenza tra la forza gravitazionale e la spinta di Archimede).
1.1.5 Parametri meteorologici e loro misure
La determinazione del tipo di clima fornisce indicazioni sul tipo di inquinamento a cui
può essere soggetta un'area geografica. A tal fine è necessario studiare il campo di
temperature, il campo anemologico, la turbolenza atmosferica nonché la frequenza delle
precipitazioni e delle nebbie.
Questi fenomeni meteorologici vengono usualmente definiti tramite la caratterizzazione
dei seguenti parametri: temperatura, pressione, umidità, radiazione solare, direzione
e velocità del vento.
La temperatura dell'aria viene espressa in °C; secondo le norme dell'Organizzazione
Meteorologia Mondiale il sensore si deve collocare tra 1.25 e 2 m dal suolo [WMO83].
Per stimare l'altezza dello strato di rimescolamento e per verificare la presenza o meno
di strati di inversione termica, valutandone lo spessore e l'altezza dal suolo, è
necessario rilevare il profilo verticale di temperatura. La misura del gradiente termico
verticale può essere condotta in continuo mediante sensori situati su "torri
meteorologiche", o in maniera discontinua con lanci di palloni a perdere, o ancora con
sensori al suolo per il telerilevamento, come il Radio Acoustic Sounding System
(RASS).
La velocità e direzione del vento sono misurate rispettivamente in metri/secondo e in
gradi sessagesimali rispetto al Nord. La quota standard per le misure al suolo è 10 m.
[WMO83]. Per il calcolo della direzione di provenienza del vento vengono utilizzati
prevalentemente tre metodi:
- la direzione prevalente, cioè il settore nel quale si verifica la massima frequenza di
eventi durante l'intervallo di tempo dell'osservazione;
- la media vettoriale della velocità del vento;
- la media aritmetica della direzione del vento.
Condizioni di calma e di vento variabile vengono attribuite rispettivamente quando
l'intensità del vento è molto bassa e quando la deviazione standard della direzione del
vento risulta elevata.
La stabilità atmosferica può essere caratterizzata con diversi metodi, in particolare
quelli basati su:
11
- il numero di Richardson dei flussi, R
f
, ovvero il rapporto tra il tasso dissipazione (o
produzione) di una turbolenza termica e il tasso di turbolenza dovuta a sforzi
tangenziali di scorrimento (rispettivamente R
f
< 0, = 0 e > 0 per condizioni instabili,
neutre e stabili);
- la lunghezza di Monin-Obukhov, L che può definirsi come l'altezza sopra il livello
del suolo per cui la produzione di turbolenza meccanica eguaglia quella termica
(1/L < 0, = 0 e > 0 rispettivamente per condizioni instabili, neutre e stabili);
- metodi empirici, tra cui il più famoso è lo schema di Pasquill, i cui parametri di
riferimento sono l'intensità del vento al suolo, la radiazione solare e la copertura del
cielo.
Metodi alternativi a quello di Pasquill utilizzano il valore della deviazione standard σ
della direzione orizzontale del vento, il cosiddetto "sbandieramento", oppure la
valutazione del gradiente termico verticale, ∂ dT/∂ dz , grandezza direttamente connessa
al significato fisico di stabilità atmosferica.
1.1.6 Influenza delle caratteristiche morfologiche e climatiche del territorio
L'inquinamento atmosferico dipende certamente dalla natura, dall'entità e dalla
distribuzione delle emissioni, ma se le sostanze inquinanti si distribuissero
uniformemente nell'atmosfera la loro presenza non contribuirebbe a variarne in modo
rilevante le caratteristiche.
Il problema dell'inquinamento atmosferico di origine antropica è quindi legato alla
scarsa diffusione degli inquinanti; questi rimangono concentrati in aree limitate sia a
causa di barriere geomorfologiche o artificiali che ne limitano la diffusione laterale
come i canyon stradali cittadini, sia per le caratteristiche meteoclimatiche della zona
considerata.
Nella pianura modenese, ad esempio, sono spesso presenti situazioni di scarsa
diffusione atmosferica prodotte dall'instaurarsi di periodi di forte stabilità. Le ragioni di
questa stabilità atmosferica sono da ricercarsi nel fatto che la Pianura Padana, chiusa tra
le Alpi e l'Appennino Tosco Emiliano, è caratterizzata da venti di debole entità: questi
vi giungono solo a seguito di forti perturbazioni atlantiche, in grado di scavalcare la
barriera delle Alpi, o del Mare Adriatico.
Durante il periodo invernale l'alta pressione e le inversioni termiche favoriscono
l'accumulo al suolo di particelle sospese (polveri), monossido di carbonio e di ossidi di
azoto, in gran parte generati dal traffico veicolare.
Nel periodo estivo, il consolidarsi dell'anticiclone delle Azorre sul Mediterraneo
Occidentale e sull'Italia, favorisce la produzione e la concentrazione di ozono al suolo
(ozono troposferico) il cui inquinamento è governato dai complessi fenomeni dello
smog fotochimico.
12
1.1.7 Ambiente urbano
Il problema dell'inquinamento atmosferico desta particolari preoccupazioni nelle aree
urbane dove è elevata la produzione di inquinanti e maggiore è la popolazione esposta al
rischio di danni alla salute.
Le fonti diffuse, soprattutto autoveicolari, rappresentano dal punto di vista sanitario il
rischio principale. Infatti, mentre i grandi impianti termoelettrici ed industriali sono
generalmente localizzati alla periferia delle città o lontano da esse, e le loro emissioni
avvengono attraverso alti camini che ne favoriscono la diluizione, le emissioni diffuse
dei piccoli impianti e degli scarichi del traffico autoveicolare avvengono all'interno dei
centri urbani e spesso nelle condizioni peggiori (stati di inversione termica a bassa
quota, funzionamento non a regime dei motori nel traffico congestionato e nei canyon
stradali, ecc.).
Il grado di esposizione della popolazione è pertanto assai elevato, soprattutto perché gli
inquinanti vengono rilasciati a livello del suolo (autoveicoli) o a livello del primo piano
delle abitazioni (autobus) o dei tetti (riscaldamento domestico).
Gli episodi acuti di inquinamento urbano si manifestano prevalentemente in inverno con
elevate concentrazioni di CO e NO
2
; queste situazioni si verificano il più delle volte in
concomitanza di particolari situazioni meteorologiche, caratterizzate da regime
anticiclonico e forte stabilità al suolo, in cui i moti delle particelle d'aria vengono
smorzati.
Tipiche del periodo invernale sono le inversioni termiche notturne determinate dal
raffreddamento del suolo che, provocando un abbassamento della temperatura degli
strati d'aria prossimi al terreno, causano un aumento della temperatura con la quota e un
conseguente ristagno degli inquinanti al suolo.
Questa situazione risulta estremamente critica nelle aree urbane dove abbiamo in
concomitanza la cosiddetta "isola di calore", ovvero una cappa che trattiene tutti gli
inquinanti emessi all'interno dell'area urbana.
Questo fenomeno, illustrato in figura 1.1, si verifica in presenza di regime anticiclonico
in quota e forte stabilità al suolo. In tali condizioni il calore prodotto da tutte le attività
antropiche (traffico, attività industriali, riscaldamento degli edifici ecc.) contrasta con
l'inversione termica presente nella campagna circostante, senza però riuscire a
distruggerla completamente. Si instaura così sulla città una cupola di aria (la cui altezza
massima si ha in corrispondenza delle zone più densamente abitate) ad andamento
irregolare, con attenuazioni e rinforzi legati alla morfologia urbana sottostante.
13
Se d'inverno l'isola di calore umana è essenzialmente imputabile al riscaldamento degli
edifici, d'estate essa trae origine soprattutto dal particolare tessuto cittadino, costituito
prevalentemente da cemento e asfalto, materiali che, rispetto ad un suolo ricoperto di
vegetazione, assorbono il 10% in più di energia solare. Ad accrescere il calore nella
città, poi, contribuisce anche al tipica conformazione urbana, con prevalenza di strade
relativamente strette in confronto all'altezza degli edifici. In un tale ambiente, rispetto
ad una superficie non edificata, viene catturata una maggior quantità di radiazione
solare poiché intrappolata nei canyon cittadini dalle riflessioni multiple subite dai raggi
sulle pareti dei fabbricati. Inoltre la verticalizzazione degli edifici è responsabile di una
sensibile attenuazione del vento
1.1.8 Smog fotochimico
Nella stagione estiva, in seguito all'elevato irraggiamento solare, si forma il cosiddetto
smog fotochimico il cui tracciante principale è l'ozono.
L'ozono è un inquinante secondario la cui concentrazione al suolo è il risultato di un
equilibrio dinamico che dipende da numerosi fattori. Il principale processo di
formazione è legato alle reazioni chimiche che, attivate dalla radiazione solare,
coinvolgono altri inquinanti come gli ossidi di azoto (NO
x
) e le sostanza organiche
volatili. Queste reazioni implicano la formazione di altre sostanze tossiche secondarie.
Le massime concentrazioni di ozono si osservano nei mesi estivi e nelle ore centrali
della giornata, in corrispondenza del massimo irraggiamento solare.
Le variazioni spaziali dell'ozono sono più graduali rispetto a quelle osservate per gli
inquinanti primari. I sistemi meteorologici e il vento tendono, infatti, a distribuire
l'ozono e i suoi precursori sia orizzontalmente che verticalmente in atmosfera,
interessando aree notevolmente estese e determinando concentrazioni elevate nelle aree
urbane periferiche e nelle aree rurali circostanti le aree urbane. Nella maggior parte dei
casi è proprio nelle aree rurali che si riscontrano i valori più elevati.
Le concentrazioni di ozono sono infatti più basse nelle vicinanze di sorgenti estese di
NO, quali per esempio le strade a grande traffico, a causa delle reazioni chimiche tra le
due sostanze che ne impediscono di fatto la coesistenza a concentrazioni elevate.
Temperatura
Temperatura
Urbana
Area Urbana Campagna
Caldo CaldoFreddoFreddo
Temperatura
Rurale
Figura 1.1 L'isola di calore
14
Il costante incremento delle concentrazioni al suolo è dimostrato dal confronto tra i
livelli di fondo attuali misurati in Europa, mediamente superiori a 80 µ g m
-3
, e misure
effettuate nel secolo scorso nei pressi di Parigi, che indicavano valori di 20 µ g m
-3
.
Questo incremento, che si osserva nelle aree più popolate, indica una modifica
dell'equilibrio chimico della troposfera che deve essere attentamente seguita e studiata
al fine di una migliore comprensione dei fenomeni in gioco.
1.1.9 Tossicità dei principali inquinanti
Il monossido di carbonio è un gas tossico, invisibile e inodore. La pericolosità del CO
è dovuta al suo rapido assorbimento per via polmonare, dove si fissa all'emoglobina del
sangue impedendo il trasporto dell'ossigeno ai tessuti corporei. Si determinano così
danni agli organi ad alta richiesta d'ossigeno quali cervello e cuore. Il tempo di
comparsa dei sintomi di intossicazione è dovuto, oltre alla concentrazione, anche
all'attività fisica, poiché l'assunzione del CO aumenta con la ventilazione polmonare.
L'inalazione del biossido d'azoto determina un'intensa irritazione delle vie aeree.
L'inspirazione del gas a concentrazioni elevate può portare a bronchiti, edema
polmonare, enfisema o fibrosi. Inoltre studi sperimentali hanno dimostrato che
l'esposizione a NO
2
indebolisce il sistema immunitario perché riduce il numero di
cellule produttrici di anticorpi nella milza.
A causa della sua volatilità il benzene viene facilmente inalato ed assorbito dagli
eritrociti e dalle proteine plasmatiche e trasferito a tutti gli organi e tessuti ricchi di
lipidi esercitando effetti tossici. In particolar modo esso colpisce il sistema nervoso
centrale generando euforia, vertigini, cefalea, nausea e depressione. L'International
Agency for Research on Cancer [IARC83] ha classificato il benzene nel gruppo 1, cioè
tra le sostanze per le quali esiste un'evidenza accertata sull'induzione di tumori
nell'uomo.
A differenza del benzene, toulene e xileni non inducono lo sviluppo di cellule
cancerogene, ma svolgono anch'essi azione depressiva sul sistema nervoso centrale, con
effetti di tipo inebriante o anestetico. L'esposizione al toulene durante il periodo di
gravidanza può provocare malformazioni teratogeniche.
Il biossido di zolfo è un potente agente broncocostrittore. La gravità dell'intossicazione
dipende da vari fattori quali la concentrazione e l'umidità dell'aria inalata, il grado di
reattività individuale, ecc. L'associazione del biossido di zolfo con il particolato
atmosferico è in grado di produrre fenomeni fisiopatologici anche a bassissime
concentrazioni.
Il 3-4-benzo(α )pirene, della famiglia degli idrocarburi policiclici aromatici, una volta
emesso (soprattutto dal gas di scarico degli autoveicoli) si diffonde nell'aria sotto forma
di fuliggine o legato al particolato. Il 3-4-benzo(α )pirene che si associa al particolato
più fine può facilmente venire inalato poiché i tempi di esposizione sono piuttosto
lunghi. L'International Agency for Research on Cancer ha riconosciuto il 3-4-
benzo(α )pirene come causa certa di mortalità per cancro al polmone [IARC83].
L'ozono è un gas a forte azione irritante per le mucose. Fra gli effetti acuti, dipendenti
dalla concentrazione e dalla durata dell'esposizione, si evidenziano irritazione agli
occhi, al naso, alla gola e all'apparato respiratorio. In caso di sforzi fisici l'azione
irritante risulta più intensa. Per gli effetti a lungo termine esistono indicazioni in base
15
alle quali esposizioni ripetute e frequenti all'ozono, in concomitanza con altri inquinanti
spesso ad esso associati, quali aldeidi e perossiacetilnitrato, possono avere un'influenza
sull'insorgere e sul decorso di malattie dell'apparato respiratorio. Inoltre, le più recenti
indagini mostrano che lo smog fotochimico e l'inquinamento atmosferico in generale
possono portare ad una maggiore predisposizione alle allergie delle vie respiratorie.
1.1.10 Prospettive di intervento
I rapporti causali tra le caratteristiche dei profili delle emissioni inquinanti, le condizioni
meteoclimatiche, i diversi comparti ambientali, da una parte, e i rischi sanitari per la
popolazione, dall'altra, assieme agli stress a cui sono continuamente sottoposti
l'ambiente, i manufatti ed il patrimonio artistico, sono ormai stati messi in chiara
evidenza dalle attuali conoscenze scientifiche e dai numerosi dibattiti tecnici e
scientifici. Il miglioramento della qualità dell'aria può essere ottenuto soltanto con
adeguate strategie di controllo e di riduzione delle emissioni. I piani di riduzione delle
emissioni, però, risultano in generale molto onerosi poiché implicano la sostituzione di
intere tecnologie, la variazione di cicli produttivi e di sistemi di approvvigionamento
nonché la costruzione o ristrutturazione di impianti e infrastrutture.
È proprio in tale scenario che divengono essenziali per programmare piani di intervento
efficaci due strumenti tra loro complementari e relativamente "economici": i modelli
matematici e le reti di misura dei dati ambientali, rispettivamente per l'interpretazione e
per il monitoraggio dei fenomeni fisici coinvolti. Certamente questi due strumenti, di
per sé, non riducono l'inquinamento atmosferico, ma costituiscono un'opportunità di
predeterminare costi e benefici degli interventi.
Le strategie di intervento possono essere schematizzate in due classi principali, a
seconda che mirino alla riduzione pianificata su medio e lungo periodo dei livelli di
inquinamento, oppure alla limitazione su tempi brevi degli effetti sanitari e ambientali
dovuti agli episodi acuti. Modelli matematici adeguati risultano indispensabili sia nella
scelta, pianificazione e stima dell'efficacia dei provvedimenti sul medio e lungo periodo,
sia, sul breve periodo, nella previsione degli episodi di inquinamento acuto.
Certamente non possono esistere soluzioni semplici per il fenomeno dell'inquinamento
atmosferico urbano che è altamente complesso, tuttavia attuare con un certo anticipo
appropriati provvedimenti a carattere contingente (come ad esempio la chiusura del
traffico veicolare di determinate aree) può limitare sia l'esposizione della popolazione al
rischio sanitario, sia lo sviluppo di episodi acuti.
L'efficacia degli interventi dipende innanzitutto dalle caratteristiche degli inquinanti
coinvolti. Infatti, mentre le concentrazioni degli inquinanti primari hanno un
comportamento che dipende molto strettamente dalla localizzazione a microscala delle
emissioni, quelle degli inquinanti secondari presentano un andamento spaziale più
omogeneo e meno dipendente dalla posizione delle singole sorgenti. Interventi sulle
sorgenti di emissione locali permettono quindi di ottenere degli effetti diretti su
inquinanti primari come il monossido di carbonio, ma per la riduzione delle
concentrazioni degli inquinanti secondari quali l'ozono sono necessari interventi con
campo d'azione più vasto. Infatti la formazione di O
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avviene in periodi di tempo che
possono variare da alcune ore a parecchi giorni, in dipendenza delle condizioni
meteorologiche (in special modo irradiamento solare, temperatura, direzione e velocità
del vento, condizioni di stabilità atmosferica e altezza dello strato di rimescolamento).
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Alte concentrazioni di ozono possono essere rilevate anche a distanza di centinaia di
chilometri dall'origine (le perdite degli inquinanti per deposizione possono essere
compensate dalla loro produzione lungo la traiettoria compiuta dalle masse d'aria),
mentre i più alti valori solitamente si registrano sottovento alle grandi aree urbane a
distanze dell'ordine di decine di chilometri. Ciò accade perché l'ozono vicino alla
sorgente è abbattuto dalle grandi quantità di NO emesso dai processi di combustione
veicolari, o da altre reazioni concorrenti.
1.2 Metodi tradizionali di modellazione della qualità dell'aria
Presentiamo ora una veloce rassegna dei più diffusi modelli matematici utilizzati per la
schematizzazione delle complesse correlazioni tra variabili nel contesto
dell'inquinamento atmosferico.
1.2.1 Metodo Gaussiano
Il modello chiamato "Gaussian plume model" rappresenta il più importante sistema di
equazioni empiriche per stimare le concentrazioni di inquinanti provenienti da una fonte
puntuale. Viene utilizzato un sistema di riferimento cartesiano centrato sulla sorgente
puntiforme le cui assi sono dirette nelle seguenti direzioni: lungo la direzione del vento
(x), ortogonale alla direzione del vento (y) e in direzione verticale (z). Si suppone che le
concentrazioni risultanti siano proporzionali all'intensità di emissione continua, che
questa concentrazione sia diluita dal vento nel punto di emissione in rapporto
inversamente proporzionale alla velocità del vento, e che la sezione dell'inquinante
lungo l'asse x sia descritta sufficientemente bene dalla distribuzione Gaussiana. Le
deviazioni standard lungo le altre due assi (y e z) sono empiricamente correlate al livello
di turbolenza nell'atmosfera e aumentano con la distanza dalla sorgente inquinante.
Abbiamo, infatti, dei vortici nel composto inquinante sia in prossimità del suolo che in
prossimità dell'altezza di rimescolamento. Questi vortici vengono "riflessi" in quanto
non riescono a superare queste barriere e provocano turbolenza.
La concentrazione di inquinante χ ad un ricettore posizionato in (x,y,z) rispetto alla
sorgente posta in (0,0,H) è dato dalla seguente formula (nel caso di altezza di
rimescolamento illimitata):
=
zy
gg
u
Q
σπσπ
χ
22
21
dove:
+
−+
−
−=
−=
2
2
2
2
2
2
2
1
2
)(
exp
2
)(
exp
)
2
exp(
zz
y
zHzH
g
y
g
σσ
σ
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e i vari parametri rappresentano:
χ , concentrazione di inquinante,
Q, forza di emissione,
u, velocità del vento,
σ
y
, deviazione standard della distribuzione orizzontale di inquinante,
σ
z
, deviazione standard della distribuzione verticale di inquinante,
L, altezza di rimescolamento,
h, altezza del camino,
H, altezza effettiva di emissione,
z, altezza del recettore sul terreno,
Se invece si hanno condizioni atmosferiche instabili o neutre, con δ
z
maggiore di 1.6L
la concentrazione di inquinamento è data da:
L
g
u
Q
y
1
2
1
=
σπ
χ
In questo caso le turbolenze verticali sono talmente estese che l'espansione verticale è
uniforme in L.
Per condizioni atmosferiche instabili o neutre con δ
z
minore di 1.6L abbiamo altre
equazioni leggermente più complesse.
I parametri di dispersione δ
z
e δ
y
devono essere valutati sperimentalmente utilizzando
forza e direzione del vento contingente.
1.2.2 Box model
Sono modelli che assumono rimescolamento uniforme nel volume di un parallelepipedo
tridimensionale (box). Sono utili specialmente per fornire delle prime approssimazioni
sulla concentrazione della sostanza inquinante. Supponendo emissioni e condizioni
meteorologiche stazionarie, la concentrazione dell'inquinante è data da:
uz
q
xY
i
a
∆=
dove Y è la concentrazione stazionaria, ∆ x è la distanza dalla sorgente, q
a
è l'intensità di
emissione dell'area, z
i
è l'altezza di rimescolamento e u è la velocità media del vento
attraverso le pareti verticali del box. Se vi è una maggiore concentrazione
dell'inquinante in direzione del vento Y
b
e se l'altezza di rimescolamento tende a salire
col tempo verso uno strato superiore con concentrazione Y
a
, l'equazione di continuità è:
() ()
i
a
i
bja
xz
YY
t
z
xYYuzxq
t
Y
∆
−
∆
∆
∆+−+∆
=
∂
∂
Questo modello è particolarmente adatto per sorgenti diffuse come ad esempio le
sorgenti veicolari in ambiente urbano.